Ehm,
ciao ragazzi!
Io ho visto l’alba traducendo questa roba, sono quasi 12 ore che non faccio
altro che tradurre (perché poi? Avrei potuto benissimo continuare l’altra,
quella che state aspettando). …Mentre aspettate Tales
of Nighttime, potete leggere questa OS immensa!
Se volete leggerla in lingua originale, cliccate il sito web di questo profilo
e la prima storia – quella più in fondo – è questa.
È la prima storia pubblicata da OwlHooots, è stato
più facile tradurla e Frank, secondo me, è davvero idiota: dopo aver ascoltato
la voce di Gerard per quella che sembra una buona mezz’ora non la riconosce
quando si mettono a flirtare °-°
La trama è abbastanza semplice, però vi consiglio la lettura – che poi perché
mi sto mettendo a recensire questa storia? È il vostro compito… io dovrei
dormire…
Piccola
nota, ho tradotto “hazel” come “nocciola”, ma può
indicare anche degli occhi che cambiano da marrone a verde.
Avvertimento:
Frank è abbastanza stupido, ma nel mio ruolo di traduttrice non ho potuto fare
niente per cambiare questa cosa.
Grazie
per l’attenzione, divertitevi.
The Boy With The Hazel Eyes
“Tra poco
continueremo la lezione,” disse una professoressa alla propria classe del
secondo anno “ma ora il presidente del corpo studentesco verrà a fare un annuncio.”
Due ragazzi seduti
nei banchi più lontani, verso il fondo, si lamentarono rumorosamente nello
stesso momento. La classe ridacchiò silenziosamente.
“Frank, John,” la
prof si rivolse con fermezza ai due studenti “c’è qualche problema?”
“Affatto” John scosse
le spalle, appoggiando i propri gomiti sul banco.
“Esatto, non
continueremo la lezione per, tipo, cinque ore prima che il signor Presidente
finisca di parlare.” Aggiunse Frank alla frase di John.
La classe rise
esprimendo il proprio accordo. Il presidente del corpo studentesco era
conosciuto per parlare molto più del necessario. Gli studenti avevano una
relazione di odio e amore con lui – amavano il fatto che ostacolasse la maggior
parte delle loro lezioni, ma odiavano doverlo stare ad ascoltare davvero.
“Be’, voi due potete
passare le prossime cinque ore davanti” disse la professoressa, indicando i due
banchi vuoti in prima fila. “Su. Prendete le vostre cose. Adesso.”
Frank e John fecero ciò
che era stato detto loro, brontolando e lamentandosi per tutto il tragitto dal
fondo della classe alla parte opposta. C’era un posto proprio al margine della
prima fila ed uno dietro di esso. John e Frank si spintonarono tra di loro
lungo il cammino, nel tentativo di non finire nel posto in prima fila. Vinse
John, mettendo facilmente Frank da parte. Frank sbuffò e cadde pesantemente al
proprio posto.
Proprio mentre si
stavano sistemando, il presidente del corpo studentesco camminò dentro la
classe e sorrise allegramente alla professoressa.
“Ah, tempismo
perfetto” lo accolse l’insegnante. “Fai pure il tuo annuncio, Gerard. La classe
è tutta tua.”
“Grazie” Gerard fece
un cenno alla professoressa, e poi prese posto di fronte alla classe, sorridendo
alle facce poco entusiaste che aveva davanti. I suoi capelli neri cadevano appena
sopra gli occhi – non erano abbastanza lunghi per coprirgli gli occhi nocciola –
e contrastavano contro la sua pelle brillante. Sistemò il davanti della giacca
di pelle che stava indossando, e sorrise agli alunni. A parte qualche ragazza
che guardava Gerard con fare sognante, la classe non sembrava interessata.
Gerard iniziò
velocemente un lungo discorso sulla “coesione studentesca” e sul non essere “suddivisi
in base alle classi o ai compiti sociali”, al quale sbadigliarono tutti. Frank
si intrattenne con la pelle intorno alle proprie unghie – erano molto più
interessanti di qualunque cosa Gerard avesse da dire.
Frank sentì un forte
colpo al centro della schiena e trasalì sul posto, sobbalzando all’improvviso.
Si girò per vedere John con un sorriso malvagio in faccia, per avergli piantato
un piede nella schiena. Frank mimò: “Fottiti” con le labbra e si rigirò verso
la lavagna, prendendosi un momento per guardare davvero quel presidente
loquace.
Frank non riusciva a
capire come a qualcuno potesse piacere parlare tanto animatamente a persone che
erano chiaramente non interessate, a meno che, concluse Frank, non amasse altro
che l’attenzione. Probabilmente era questo. Sembrava che a Gerard piacesse il
suono della propria voce più di qualsiasi altra cosa.
Mentre Frank faceva
cattive osservazioni mentali su Gerard, gli occhi di questo si spostarono verso
la sua direzione. Era quel tipo di occhiata generale della classe che chi
parlava in pubblico aveva il dovere di fare, tranne per il fatto che i suoi occhi
non tornarono velocemente a scrutare il resto della classe. Si incastrarono a
quelli di Frank e rimasero lì.
“E, uh…. il, um, il ballo…” Gerard borbottò e balbettò, buttando
completamente all’aria il proprio ritmo e compostezza naturale.
“Sembra che la bocca
del signor Presidente si sia finalmente asciugata, huh?”
Sibilò John nell’orecchio di Frank.
Frank si portò una
mano alle labbra per coprire il proprio sorriso, con gli occhi puntati proprio
in quelli di Gerard.
Mentre Gerard si
incespicava nelle proprie parole ci fu un silenzio imbarazzante. Era normale
vedere uno studente diventare nervoso quando arrivava il momento di recitare un
discorso ad un mare di facce ed occhi essenzialmente annoiati. Per Gerard,
comunque, di solito non era un problema. Avrebbe potuto parlare a delle persone
concludendo dopo ore senza rovinare troppo la propria sicurezza. I discorsi – quelli
dolorosamente lunghi – erano la sua specialità.
Frank non era sicuro
che qualcun’altro avesse notato come gli occhi di Gerard fossero bloccati nei
suoi; aveva troppa paura per guardarsi intorno e controllare, quindi sostenne
coraggiosamente lo sguardo del presidente, ed aggiunse persino un sopracciglio
inarcato. Frank non conosceva personalmente il presidente e non se ne era mai
preoccupato, neanche. Per quello che ne sapeva Frank, lui era lo stereotipo di
un secchione – presidente del corpo studentesco, capitano della squadra di
lacrosse, una media troppo alta per essere considerata normale – con una grande
testa piena di arroganza.
Gerard sbatté le
palpebre un po’ di volte verso Frank fino a quando questo non roteò gli occhi e
guardò da un’altra parte. Il presidente recuperò il filo, si schiarì la gola e
ritornò al solito fiume di parole.
“Ci sarà un ballo in
maschera aperto a tutti gli studenti. Abbiamo notato che ci sono molti eventi e
balli, ma di solito sono divisi a seconda dell’anno. Non abbiamo mai avuto un
ballo per tutti gli studenti. Normalmente sarebbe difficile fare una cosa del
genere a causa del costo della attuazione di un evento che riguarda così tanti
studenti, ma dopo un’accurata organizzazione e una raccolta fondi, siamo
finalmente riusciti a realizzarlo. Stiamo girando personalmente per informare
tutti così chiunque potrà partecipare. Sarà fantastico.”
“Sembra divertente”
la professoressa si illuminò, applaudendo dolcemente. “È tutto, Gerard?”
“Sì” Gerard annuì,
volgendo la propria attenzione verso l’insegnante e poi di nuovo alla classe.
“Spero di vedervi tutti lì.”
La classe applaudì
educatamente; non suonava per niente entusiasta. Prima di uscire Gerard sorrise
un’ultima volta, e i suoi occhi si soffermarono un po’ su Frank. Ancora una
volta, notò Frank, ma non gli interessava abbastanza per chiedersene il motivo.
**
Gerard non aveva mai
perso il controllo in quel modo. Quando andò via da quella classe, si fece
scorrere le mani tra i capelli, aggrappandocisi alla fine, e prese dei respiri
profondi. Era sempre calmo e preciso quando si trattava di fare discorsi.
Niente era mai stato capace di distrarlo durante un discorso. Questa volta,
comunque, qualcosa l’aveva distratto. Quell’alunno in prima fila, che Gerard
neanche conosceva. Quando aveva notato i grandi e tondi occhi nocciola di
quello studente, tutto ciò che aveva voluto era stato fissarli.
C’era qualcosa in
loro che smuoveva qualcosa in Gerard, praticamente forzava i suoi occhi in
quella direzione solo perché così lui potesse guardarli più attentamente. In
mancanza di una parola più adatta, erano belli, e lo ammaliavano. Non sapeva
niente sullo studente che aveva fatto l’impossibile facendo venire a Gerard la
voglia di smettere di parlare, ma lo voleva. Aveva bisogno di sapere più cose
che poteva sul ragazzo dagli occhi nocciola.
**
Durante la noiosa
lezione in corso, Frank non poté fare altro che chiedersi perché il signor
Presidente fosse stato a fissarlo in quel modo. Fortunatamente, nessun altro
l’aveva notato, altrimenti l’avrebbe saputo perché John aveva la tendenza di
parlare liberamente di qualunque cosa gli venisse in mente. L’unica cosa su cui
John fu insistente quando lasciarono l’aula fu su quanto male gli facessero le
chiappe dopo essere stato seduto così vicino alla prima fila – secondo lui,
quelle sedie erano più dure.
“Che ne pensi di
questa storia della festa in maschera?” Chiese John a Frank mentre erano vicini
ai loro armadietti a sprecare un po’ di tempo prima della lezione successive.
“Sarebbe il tuo modo
di chiedermi di essere il tuo accompagnatore?” Frank fece un sorrisetto. “È
così poco romantico, John. Non sono colpito.”
“Ti piacerebbe eh” Lo
derise John, tirandosi via dal proprio armadietto per poterlo aprire. “Alle
ragazze piace un casino questa merda, quindi se lo chiedessi ad una di loro
impazzirebbe. Un’occasione perfetta per una sveltina.”
“Be’ allora fottiti,
non sarò il terzo incomodo.” Frank sospirò, guardandosi i piedi.
“Non sei un terzo
incomodo, coglione, verrai anche tu” Insistette John.
“Non senza qualcuno.”
“Ancora nessun
affascinante cavaliere alla tua porta, Cenerentola?”
“L’uomo di
Cenerentola era un principe, non un cavaliere” Lo corresse Frank.
“E questo significa
no.”
“Se non l’avessi
notato,” borbottò Frank “qui i ragazzi gay sono più femminili di qualsiasi
ragazza io conosca, e non mi interessa quella roba. Sono gay perché voglio un
ragazzo, non una ragazza col cazzo.”
“Fa rima” John rise,
sbattendo la porta dell’armadietto per chiuderlo. “Scrivici una canzone.”
Frank gli mostrò il
dito medio e si incamminarono verso l’aula successiva. Anche se Frank non era
per niente entusiasta dell’ultimo ballo organizzato dalla scuola, era sempre
scoraggiante sapere di essere senza qualcuno un’altra volta. Aveva sempre
pensato che dichiararsi gay sarebbe stata la parte più difficile dello stesso
essere gay, ma sembrò succedere senza intoppi. Il vero problema ora era trovare
qualcuno che chiunque sapeva fosse gay. Ogni volta che John ne parlava,
comunque, Frank ci rideva sopra, ignorando il pensiero nascosto nel fondo della
propria mente che gli urlava che almeno John aveva un sacco di opzioni tra cui
scegliere.
**
Senza dubbio, la parte
migliore dell’essere presidente del corpo studentesco era che Gerard conosceva
persone che conoscevano persone che lui non conosceva. Ogni volta che doveva
indagare su qualcuno della scuola, non era difficile fare domande in giro e
trovare chi fosse.
A pranzo, Gerard arrivò
furtivamente al tavolo in cui si sedeva di solito; tutti gli studenti che
facevano parte del comitato studentesco erano a quel tavolo.
“Come sta la mia vicepresidentessa
preferita?” Gerard sfoggiò ciò che riteneva essere un sorriso gentile verso una
ragazza dai corti capelli ondulati e neri. Indossava un paio di occhiali, che
le stavano scivolando giù dal naso mentre leggeva attentamente ad alta voce il
libro che aveva di fronte.
“Cosa vuoi, Gerard?” mormorò
senza alzare lo sguardo dal libro.
“Oh, andiamo, Kat, mi ritengo offeso” Gerard si finse scioccato, con una
mano drammaticalmente sul petto e tutto il resto.
Kat alzò lo sguardo dal suo libro e si aggiustò gli
occhiali. Fissò Gerard con uno sguardo che praticamente diceva “sputa il rospo o
il mio libro finirà in uno dei tuoi organi.” Ed era così spaventoso che avrebbe
fatto confessare a Gerard i propri segreti più profondi ed oscuri se ne avesse
avuti.
“Okay, okay,” disse
velocemente “c’è questo ragazzo e non ho idea di chi sia.”
Kat roteò gli occhi ma tuttavia sorrise. Perlomeno
era contenta di poter approvare o bocciare le persone prima che Gerard le
avvicinasse. Le rendeva più facile prendersi cura di lui, quindi non si lamentò
di essere la sua ficcanaso personale.
“Classe, insegnate, e
ora in cui l’hai visto” Ordinò Kat, segnando la
pagina a cui era arrivata e mettendo via il libro. Tirò fuori il telefono dalla
propria tasca.
“Seconda ora, secondo
anno, e penso che fosse la signora Flynn, o qualcosa
del genere” la informò Gerard.
Kat annuì mentre Gerard parlava, digitando
velocemente cose al telefono, andando dagli orari di una classe all’atra, a cui
aveva accesso essendo la vice presidentessa di Gerard, e la responsabile delle
questioni studentesche.
“Okay, conosci metà
di questi ragazzi.” Disse Kat, scrutando
diligentemente lo schermo del telefono.
“Allora inviami i
nomi di quelli che non conosco e controllerò nell’annuario quando sarò a casa.”
Disse Gerard.
“Okay, fatto” Kat annuì e appena lo disse, Gerard sentì il proprio
telefono vibrargli in tasca.
“Sei fottutamente
fantastica, lo sai?” Gerard era contentissimo.
“Sì, sì” Kat scosse le spalle. “Però fammi sapere chi è quando lo
scopri così lo posso controllare.”
“Lo farò, mamma”
Gerard sorrise in modo ironico.
“Morirei se tu fossi
mio figlio” Kat scosse la testa, ritirando il libro
fuori dallo zaino. “Troppo stronzo.”
Gerard le sorrise e
rimase in silenzio, permettendole di reimmergersi nella lettura del libro. Le
altre persone del tavolo parlavano tra di loro e Gerard provò a partecipare
alle conversazioni; la sua mente era molto lontana, comunque. Ogni tanto, i
suoi occhi si guardavano intorno nella mensa, nella speranza di catturare in
qualche modo lo sguardo del ragazzo dagli occhi nocciola. Il pranzo finì, e non
l’aveva visto. La scuola finì e non l’aveva visto. Il tempo di tornare a casa e
aveva già riempito il quaderno di schizzi degli occhi che quel giorno l’avevano
conquistato con uno sguardo. Sembrava che fossero stati scolpiti nella sua
mente. La loro forma perfetta, la grandezza che permetteva a Gerard di vederne
chiaramente il colore, e le sopracciglia perfette, inarcate al modo giusto.
Gerard non vedeva
l’ora di arrivare a casa e aggiungere il colore ai tanti schizzi che aveva
accumulato, e cosa più importante, dare un nome agli occhi che non gli uscivano
dai pensieri.
**
Per giorni, Frank
dovette forzare il sorriso mentre tutti intorno a lui erano eccitati durante i
preparativi per il ballo in maschera. Non importava quante volte le persone li
avessero definiti “stupidi” o “noiosi”, erano sempre felici quando i balli
arrivavano, e questo sarebbe stato il più grande.
“Ancora nessun
bell’accompagnatore per te, Frankie?” Disse John mentre un mercoledì mattina
entravano a scuola. Il ballo sarebbe stato venerdì sera. In pratica Frank aveva
perso la speranza.
“Nah,
sarò troppo impegnato ad essere figo per tutti.” Disse semplicemente Frank.
“Oh, sei troppo
fottutamente premuroso” Rise John.
Ci provo” Frank alzò
le spalle. “Hai già trovato qualcuno?”
“Sì, questa ragazza
che ci gira sempre intorno eccetera.” Disse John come se non fosse un gran
affare. “Si chiama Sady. È sempre qui ma non le ho
mai parlato. Sembra interessante, comunque. Voglio dire, ha accettato di venire
con me, quindi deve esserlo.”
“O matta” Suggerì
Frank. “Sicuramente più matta che interessante.”
“Geloso” Sogghignò John
scherzosamente. Frank dovette obbligarsi a ridere. Si sentiva così stupido per
essere davvero geloso. “Comunque, amico, vado in classe.”
“Va bene, ci vediamo
dopo” Frank fece un cenno con la testa, e le loro strade si divisero.
Mentre John si
precipitava in classe, Frank prima si fermò al proprio armadietto per poter
alleggerirsi lo zaino del casino di libri che aveva. Quando si avvicinò
all’armadietto, notò un pezzo di carta sbucare da una delle aperture. Si fermò
davanti all’armadietto e si guardò intorno, provando a capire chi l’avesse
messo. Erano rimasti solo pochi studenti nell’ingresso, che camminavano
velocemente nelle loro classi.
Frank fissò il
pezzetto di carta per qualche altro secondo prima di finalmente arrendersi e
tirarlo fuori. Risultò essere una busta con le parole: “Al ragazzo con gli
occhi nocciola” scritte sul davanti. Frank si guardò intorno di nuovo, come se
la persona dietro la busta stesse appoggiata casualmente al muro a guardarlo.
Fece cadere lo zaino
sul pavimento ed aprì la busta. Dentro, c’erano due cose. Una era il bellissimo
disegno di due occhi, fatto con pastelli ad olio. Frank dovette fissarlo per
qualche secondo per capire che quelli erano i suoi occhi. Erano disegnati così
bene da togliergli il fiato. Fece scorrere delicatamente le dita sui ruvidi
pastelli ad olio. Per un minuto, si dimenticò che ci fosse un’altra cosa da
guardare perché era come ipnotizzato dal disegno. Alla fine tolse mani ed occhi
dal disegno per guardare di nuovo nella busta e tirò fuori il secondo oggetto.
Era un foglio con la scritta:
“Frank Iero,
Ho notato i tuoi occhi non molto tempo fa e non sono riuscito a smettere di
pensare a loro. Sono tutto ciò a cui io sia riuscito a pensare e disegnare.
Potrà sembrare sdolcinato, ma sono belli. Ho una proposta per te. Credo di
essere così innamorato dei tuoi occhi da poterli riconoscere anche se fossero
l’unica parte visibile del tuo viso. Quindi, vai al ballo in maschera questo
venerdì, indossa qualunque maschera tu voglia purché i tuoi occhi siano
chiaramente visibili, e se riuscirò ad identificarti, dovrai essere il mio
accompagnatore. Abbiamo un accordo? Scrivi la tua risposta su un foglietto e
attaccalo dove vuoi sul tuo armadietto. Spero di avere il piacere di vedere i
tuoi occhi da vicino.”
Il tempo di finire di
leggere la piccola lettera che Frank aveva già un gran sorriso in faccia. Tutto
ciò che riguardava il pensiero era così dolce. Il fatto che chiunque fosse
questa persona non conoscesse altro che gli occhi di Frank, e il fatto di
essere tanto sicura di sé da pensare di poter identificarli al ballo in
maschera: chiunque fosse stata la persona misteriosa, era già riuscita a far
arrossire Frank. E Frank non arrossiva quasi mai.
Era già inginocchiato
sullo zaino, in cerca di qualcosa su cui scrivere la propria risposta, quando
notò qualcos’altro scritto sul retro del foglio. Diceva: “PS In caso te lo
stessi chiedendo, sono un ragazzo.”
“Ancora meglio” Frank
rise da solo, scuotendo la testa. Trovò un post-it da qualche parte in fondo al
suo zaino disordinato, tirò fuori una penna, e scrisse un gigante “Sì!”
Frank attaccò il
post-it all’armadietto, fece scivolare attentamente la lettera e il disegno
nella busta, e corse in classe senza svuotare il proprio pesante zaino. Arrivò
tardi alla lezione, ed affrontò il rimprovero dell’insegnante con un sorriso in
faccia.
**
Frank si sentiva come
una ragazzina. Per il resto della settimana, fu di umore completamente diverso
da quello della prima metà della settimana. Piuttosto che guardare gelosamente
i propri amici prepararsi per il ballo, si unì a loro. Le decorazioni e i
manifesti colorati disseminati per la scuola erano stati un triste promemoria
di come Frank non avesse nessuno. Adesso, erano un conto alla rovescia che
anticipava il giorno in cui avrebbe incontrato il suo accompagnatore
misterioso.
La ragazza con cui
sarebbe andato John, Sady, aiutò Frank a scegliere
una maschera, puntando su qualcosa che mettesse bene in mostra i suoi occhi,
proprio come aveva chiesto il misterioso accompagnatore.
“Sei raggiante,
piccolo stronzo.” Gli disse John con tono calmo un giorno mentre perquisivano
il centro commerciale in cerca di una maschera. Sady
e qualche altra persona stavano camminando davanti a loro.
“Cosa–” Aveva
iniziato Frank, ma John fu veloce ad interromperlo.
“Sei tutto eccitato e
cazzate varie per questo appuntamento” Disse John. “Non ti ho mai visto così
felice per qualcosa.”
“Be’, non è un vero e
proprio appuntamento.” Frank alzò le spalle.
“Sono felice per te,
amico” John diede una gomitata a Frank.
“E io sarei gay?”
Frank alzò le sopracciglia, sorridendo con le labbra serrate.
“Fottiti” John rise,
colpendo la testa di Frank. “Non posso dirti niente di carino senza essere
preso per il culo.”
“Sto scherzando”
Disse Frank, massaggiandosi la nuca dove John lo aveva colpito. “Sono felice. E
grazie. Spero solo che vada bene.”
“Sarà meglio,” John scosse
le spalle “o assalirò quel tizio.”
“Aww,
sei così carino quando sei protettivo.” Lo provocò Frank, gettandogli un braccio
intorno alle spalle in una sorta di mezzo-abbraccio.
John roteò gli occhi
e seguirono il gruppo con cui erano in un negozio di accessori, in cui si
vedevano delle maschere appese in esposizione.
**
Il giorno era
arrivato. L’eccitazione che si era sviluppata in Frank venne trasformata in un
ammasso di farfalle nel suo stomaco, minacciando di indurlo a vomitare in
qualsiasi momento.
Frank era sicuro di
aver battuto qualche sorta di record per la quantità di volte in cui guardò lo
specchio prima di andarsene. Tutte le preoccupazioni arrivarono in piccoli
attacchi ogni volta che si dava un’occhiata, fino a quando la sua mente non si
riempì di altro che negatività.
Davvero, chi era quel
ragazzo? Tutto ciò che conosceva e amava di Frank erano gli occhi. Non sapeva
nient’altro su di lui. E se alla fine Frank non gli fosse piaciuto? E se Frank
l’avesse poi deluso? E se quel ragazzo avesse deluso Frank? Quando John e Sady furono alla sua porta, Frank stava pensando a cosa
l’avesse spinto a farlo.
“Frank! John e la sua
amica sono qui!” Lo chiamò sua mamma dal salotto.
“È stupido” Sospirò
Frank al proprio riflesso.
Indossava un paio di
jeans neri attillati, abbastanza scuri da essere scambiati per un paio di
pantaloni molto attillati. Li aveva abbinati ad una semplice maglietta con il
collo a v ed una giacchetta nera. Aveva detto a Sady
di voler puntare su un look alla “Ci ho provato, ma non troppo, ma sono figo
comunque” e quello era ciò che lei aveva messo insieme per lui.
Frank tenne la maschera
in mano e guardò il pezzo di carta attaccato all’angolo dello specchio. Il
disegno dei suoi occhi. Avrebbe incontrato l’artista quella notte, o così
sperava, se quello fosse davvero riuscito a trovare Frank mentre indossava la
maschera.
“Fottiti, misterioso
stronzo” Mormorò Frank, mostrando il medio al disegno e lasciando finalmente la
propria camera.
“Ragazzi,” disse Frank
entrando in salotto “non credo di doverlo fare.”
“Cazzo no, amico, non
gli darai buca!” Rispose subito John. Era vicino alla porta con un braccio
intorno a Sady. Stavano indossando entrambi le
maschere e lui aveva camicia e cravatta della stessa sfumatura di blu del
vestito di Sady.
“Non essere nervoso,
Frankie” Lo confortò sua mamma, controllandogli e sistemandogli i capelli. “Andrà
bene.”
“E se dovesse fare
schifo?” Si lamentò Frank come un bambino.
“Allora ti divertirai
con noi, duh” Lo sbeffeggiò John.
“Andiamo, Frank, eri
così entusiasta di questa cosa.” Provò ad aiutarlo Sady.
“E stai da Dio.”
“Ha ragione, tesoro”
La mamma di Frank sorrise, con le mani appoggiate sulle sue spalle in modo
confortevole.
“Okay, okay, bene”
Sospirò Frank.
Sua madre sorrise e
gli prese la maschera di mano. Gliela mise addosso e sistemò i capelli sulla
corda elastica che la tenevano ferma. La maschera era nera come la maggior
parte del suo abbigliamento, ed aveva una forma dalla fantasia ondulata. I
buchi per gli occhi erano grandi, lasciando gli occhi e le sopracciglia di
Frank in bella vista.
Sua madre gli
aggiustò i capelli un altro po’ di volte, prima di abbracciarlo un’ultima volta
e dirgli qualche parola di incoraggiamento, e poi uscirono.
La sala in cui si
sarebbe tenuta la festa era immensa. La maggior parte degli eventi scolastici
erano tenuti nella palestra della scuola, ma avevano affittato una struttura
completamente diversa per ospitare tutti gli studenti. Il cuore di Frank perse
qualche battito quando vide quante persone ci fossero. Come diavolo avrebbe
fatto quel ragazzo a trovarlo?
John e Sady provarono a distrarre Frank, trascinandolo al tavolo
ricoperto di dolci, e poi sulla pista da ballo dove ondeggiò stupidamente
intorno a loro fino a quando non misero su un lento, e dovette andarsene perché
era solo.
Frank era seduto ad
un tavolo, intrattenendosi con il merletto drappeggiato sopra la tovaglia, ed
infilava le dita tra i buchi. Per tutta la durata della gran quantità di lenti,
Frank aveva mantenuto lo sguardo verso il basso fino a quando non sentì
qualcuno picchiettargli sulla spalla. La sua testa scattò con entusiasmo, ma la
sua espressione cadde quando vide che era solo Sady.
“Oh, cavolo, non
essere così felice di vedermi” Lo prese in giro.
“Scusa,” sospirò,
tornando a guardare per terra “è che–”
“Lo so” sorrise,
sedendosi di fianco a lui, “Sto scherzando. So che credevi fossi lui.”
Frank stette in
silenzio.
“Ehi” disse,
spintonandogli la spalla. La guardò in modo interrogativo. “Cosa diceva la
lettera che ti ha dato?”
“Che avrebbe provato
a trovarmi,” mormorò Frank “e se ci fosse riuscito, allora sarebbe stato il mio
accompagnatore.”
“E come fa a
trovarti?” Chiese.
“Lo sai già” Si
lamentò Frank.
“Rinfrescami la
memoria.” Alzò le spalle.
“Con i miei occhi.”
Disse Frank “Avrebbe saputo che si trattava di me solo dai miei occhi, persino
se avessi indossato una maschera. È fottutamente stupido, lo so.”
“No, in realtà, è
romantico e lo sai” disse “Ma non gli stai rendendo facile il lavoro.”
“Cosa vuoi dire?” Chiese
Frank, sedendosi un po’ più dritto. Proprio allora, John arrivò da loro con due
bicchieri di punch in mano. Ne diede uno a Sady e lei
lo prese continuando a guardare Frank. John si appoggiò alla sedia di lei mentre parlò.
“Voglio dire,” iniziò
“che questo ragazzo sta guardando negli occhi di ogni ragazzo che vede, ma sei
stato qui tutto triste a guardare per terra per tipo mezz’ora. Come fa a
vederti gli occhi?”
“Oh” Disse Frank. “Oh.”
“Già” John rise. “È
un genio, vero? Le è venuto in mente mentre stavamo ballando.”
“Ha senso” Frank
sorrise, ritrovando improvvisamente un po’ della speranza che ci fosse ancora
una possibilità.
“Quindi alzati, fai
un giro, mantieni gli occhi completamente visibili, e dai al ragazzo la
possibilità di trovarti.” Disse Sady, lasciando il
bicchiere sul tavolo ed alzandosi. Prese le mani di Frank e lo tirò su, giù
dalla sedia.
“Grazie” Frank le
sorrise grato e le premise di tirarlo sulla pista da ballo. John li seguì
stando loro molto vicino.
“Te l’avevo detto che
questa ragazza mi piaceva” Sussurrò John da dietro Frank. Frank girò la testa
ed annuì. L’approvava al cento per cento.
Frank riuscì a
divertirsi senza i pensieri assillanti su dove potesse essere il misterioso
accompagnatore. Ballarono qualche canzone, John e Sady
lo fecero sentire a suo agio e non un terzo incomodo.
Appena un’ora prima
del coprifuoco, Frank e Sady stavano chiacchierando
vicino ad un tavolo, in attesa che John tornasse dal bagno. Sady
gli stava spiegando quali colori gli avrebbero messo in risalto gli occhi, e
lui la stava ascoltando attentamente senza vergogna in modo da poter poi
indossare solo quei colori per il resto della propria vita una volta incontrato
il misterioso accompagnatore.
“Uh, scusami,”
qualcuno interruppe la domanda di Frank in cui chiedeva se tingersi i capelli
sarebbe stata o meno una buona idea, e sia Frank che Sady
si girarono per guardare quella persona “Frank?”
La bocca di Frank si
asciugò e si chiese quando tutte le ossa presenti nel proprio corpo si fossero
trasformate in gelatina perché era quasi certo di non riuscire a rimanere
dritto.
Il ragazzo era più
alto di Frank solo di qualche pollice – il che non era una sorpresa
considerando quanto fosse basso Frank – ed indossava una semplice maschera nera
che gli incorniciava gli occhi e la maggior parte del naso. Aveva capelli neri
tenuti indietro dal gel, che toccavano a malapena il colletto della sua camicia
nera infilata a metà nei suoi jeans neri attillati. Quell’insieme nero era spezzato
dallo sprazzo rosso causato dalla cravatta che indossava.
“T-tu sei–” Iniziò a
chiedere Frank, quando il ragazzo guardò improvvisamente nei suoi occhi e
sorrise, perché lo sapeva. E Frank sapeva che lui sapeva.
“Sì” il ragazzo
sorrise. “Sì, sono io.”
Sady guardava in modo eccitato prima Frank e poi il
suo misterioso accompagnatore, provando a contenersi dal mettersi ad urlare per
la felicità.
“Buona fortuna”
Sussurrò a Frank prima di lasciarli soli con disinvoltura.
“Wow” Frank sospirò,
senza parole. “Mi hai trovato davvero.”
“Già” Il ragazzo
ridacchiò nervosamente. “Cazzo, ero così nervoso.”
“Tu?” Frank rise. “Io
ho quasi lasciato perdere.”
“Ehi, tu non avevi
molto da fare” il ragazzo iniziò ad esporre i fatti “Tutto ciò che dovevi fare
era venire ed aspettare che ti trovassi. La pressione era tutta su di me.”
“Sì, ma…” Frank si
fermò, senza essere pronto a sembrare un idiota e raccontare al ragazzo
misterioso quanto fosse stato agitato nel provare ad impressionarlo per poi
finire con l’essere una delusione. “Be’, ce l’hai fatta.”
“Quindi” il ragazzo
fece uno stupido sorrisetto che significava palesemente che stesse cercando di
evitare di sorridere. Frank se ne stava già innamorando. “Significa che sarai
il mio accompagnatore?”
“È un accordo,” Frank
scosse le spalle “quindi sì. Ad essere onesti, lo sono da quando ho trovato
quella lettera.”
“Ti è piaciuta?” Chiese
il ragazzo. “Il disegno?”
“Cazzo sì” Frank annuì.
“Era fantastico. Davvero l’hai disegnato da solo? Andando solo a memoria?”
“Sì” il ragazzo alzò
le spalle, arrossendo leggermente. “Non riuscivo, uh, non riuscivo proprio a
togliermi i tuoi occhi dalla testa. Quindi non è stato difficile da ricordare.”
“Oh,” Frank si morse il labbro, questa volta
era lui a contenere il sorriso che gli avrebbe diviso in due la faccia. “Quindi
riuscirò almeno a sapere il tuo nome?”
“Lasciamolo per la
fine della serata.” Il ragazzo sorrise. “Mi piace questa storia dei misteri”
“Okay, immagino di
potermene fare una ragione,” Frank annuì “anche perché finalmente sei qui.”
Frank ed il suo
accompagnatore misterioso erano ad un’imbarazzante distanza l’uno dall’altro,
sembrando estranei, che sarebbe ciò che erano. Dal modo in cui stavano lontani
non sembrava un appuntamento, ma Frank non sapeva come annullarla, quindi
ondeggiò imbarazzato sul posto.
Il suo
accompagnatore, comunque, sembrò cogliere il messaggio perché fece un passo
avvicinandoglisi molto. Frank trattenne il respiro mentre il ragazzo misterioso
si allungò per prendere la sua mano.
“Un lento” disse,
indicando la pista da ballo con la testa. “Vuoi ballare?”
“Sì” Esalò Frank,
buttando fuori tutto il fiato che stava trattenendo, e ricambiando la stretta
che l’altro aveva della sua mano. Guidò Frank fino alla pista ed appoggiò
subito le mani sui suoi fianchi. Frank unì le mani dietro al collo del suo uomo
misterioso e non poté far altro che arrossire al modo in cui gli stava
sorridendo. Fece cadere lo sguardo sulle proprie scarpe, imbarazzato.
“Ehi,” disse dolcemente
il suo accompagnatore “è tutta la notte che muoio per riuscire a guardare per
bene i tuoi occhi. Adesso non puoi nasconderli.”
Questo rese Frank
anche più imbarazzato e legò con un filo invisibile i suoi occhi alle scarpe.
Sapere che il suo accompagnatore avrebbe prestato così tanta attenzione ai suoi
occhi rese molto più difficile guardarlo.
“Andiamo” Lo
incoraggiò di nuovo.
“Sono un fottuto
idiota” Si lamentò Frank, permettendo alla propria fronte di cadere sulla
spalla del ragazzo mentre ondeggiavano dolcemente alla musica sconosciuta.
“Non ti avevo preso
per uno timido” Il suo accompagnatore rise piano. Frank poté sentire le sue
guance appoggiarsi a lato della propria testa. Quello poteva sopportarlo; il
contatto visivo, no.
“Di solito non lo
sono” Disse Frank. “Non so neanche perché ora lo sono.”
“Be’, sono uno
sconosciuto che è tipo ossessionato dai tuoi occhi ed ora all’improvviso sono
il tuo accompagnatore” Spiegò a Frank. “Ha senso.”
“Sì, ma è da un po’
che aspetto questa sera e adesso non posso neanche guardarti senza diventare
nervoso” Sospirò Frank.
“Ti rendo nervoso” Disse
il suo accompagnatore. Frank riusciva a sentire il sorriso dal modo in cui
parlava.
“Stupido, lo so”
Frank sospirò di nuovo. Si stava rendendo ridicolo, lo sapeva eccome. Il suo
accompagnatore se ne sarebbe andato perché Frank non riusciva a mettersi in
pace con se stesso abbastanza per mantenere una conversazione come si deve.
“Non lo è” lo contestò
lui. “Okay, rompiamo il ghiaccio. Qual è la tua band preferita?”
“È difficile” Disse Frank,
sorridendo interiormente al fatto che avesse detto “band” e non “cantante”
perché questo aumentava le possibilità che stesse parlando del tipo di musica
che piaceva a Frank. “Ne ho un sacco.”
“Dinne una a caso,
allora.”
“Um”
Frank pensò per un momento. “The Descendents, immagino.
Li stavo ascoltando a casa.”
“Oh, cavolo” il suo
accompagnatore sospirò “Ero fottutamente certo che avresti avuto dei buoni
gusti musicali.”
Frank non poté far
altro che alzare la testa a quella frase ed il sorrisetto che il suo
accompagnatore aveva in faccia diventò un vero sorriso quando diede un’occhiata
agli occhi di Frank. Ora che gli aveva catturato lo sguardo, Frank non riusciva
a distoglierlo.
“Anche a te piacciono?”
Chiese Frank, con gli occhi spalancati dall’eccitazione.
“Li amo” Sorrise. I
suoi occhi non lasciarono mai quelli di Frank. “Album preferito?”
“Oh, di sicuro ‘Milo
Goes to College’.” Rispose subito Frank.
“Cazzo, anche il mio!”
Esclamò felicemente il suo accompagnatore.
“Stai zitto” Frank inclinò
la testa all’indietro. “È ovvio che lo dici solo per fare colpo su di me!”
“Non è vero”
Ridacchiò. Ridacchiò, cazzo. Frank non riuscì a spiegarsi perché lo trovò tanto
tenero, anche se ci provò.
“Okay, okay, dici la
tua canzone preferita al tre?” Suggerì Frank.
“D’accordo.” Il suo
accompagnatore annuì. “Uno, due, tre.”
Entrambi dissero: “I’m Not a Loser”
nello stesso esatto momento e scoppiarono anche a ridere nello stesso esatto
momento.
“Okay, questo è
troppo fantastico” Frank sospirò quando ebbero finito di ridere. Solo minuti
fa, era così in imbarazzo da non riuscire a guardarlo negli occhi. Con solo
qualche parola, comunque, era riuscito a mettere Frank a proprio agio come se
si conoscessero da anni.
“Tu
sei fantastico.” Convenne il suo accompagnatore.
“Oh,
andiamo” Si lamentò Frank, abbassando di nuovo lo sguardo. “Stavo per smetterla
di essere in imbarazzo, non puoi dire stronzate del genere.”
“Non
posso farci niente” Scosse le spalle. “Ma okay, proverò a non metterti più in
imbarazzo. Però smettila di guardare in basso.”
Frank fece proprio
quello e guardò dritto negli occhi del proprio accompagnatore. Erano di una
sfumatura nocciola molto simile a quella di Frank, ma erano diversi per forma e
grandezza.
“Okay, visto che sei
fantastico,” il ragazzo continuò la conversazione “devono piacerti i Queen.”
“Cazzo sì” Frank
annuì. “A chi non piacciono?”
“Canzone preferita?”
Frank annuì di nuovo.
“Okay. Uno, due,
tre.”
Le loro risposte non
furono in sincrono come lo erano state la prima volta. Frank disse: “Bicycle
Race” e l’altro disse: “Bohemian Rhapsody.”
“Oh, andiamo” Lo
schernì Frank. ‘“Bohemian Rhapsody’??
È troppo prevedibile!”
“Oh, per favore, ‘Bicycle
Race’ è bella, ma chi diavolo non sceglie ‘Bohemian Rhapsody’ come propria
canzone preferita dei Queen?”
“Esattamente” Frank roteò
gli occhi. “È troppo dannatamente prevedibile. È, tipo, anche se non sei un fan
dei Queen, sceglieresti quella canzone perché tutti la conoscono.”
“La conoscono tutti
perché è bellissima,” Contestò il suo accompagnatore. “quindi sceglierla ha
solo senso.”
“Non sono d’accordo”
Frank premette le labbra una contro l’altra, scuotendo la testa ostinatamente.
“E io non sono
d’accordo” Disse il suo accompagnatore con lo stesso tono. “Quindi accordiamoci
nel non essere d’accordo perché è davvero difficile non dirti quanto sei
fottutamente carino quando sei ostinato, e non metterti in imbarazzo.”
“Oh mio Dio” Frank rise,
ancora a testa alta, ma concentrandosi sulla cravatta rossa che aveva di
fronte. “Sei proprio uno stronzo.”
“Cosa? È vero.”
“Sì, Sì” Frank roteò
gli occhi, rafforzando la presa sul collo del proprio accompagnatore.
“Visto? Come adesso” gli
disse, abbassando la testa per incontrare lo sguardo di Frank. “Quando rotei
gli occhi. È ovvio che io provi qualcosa per i tuoi occhi, quindi non posso far
altro che amarlo.”
“Mi metterò una benda
sugli occhi per tutta la notte se non la smetti.” Disse Frank, provando il più
duramente possibile a mantenere un’espressione seria.
“Va beeene” Il ragazzo sospirò.
Frank stava per
parlare quando la musica cambiò in qualcosa di più veloce, ma né Frank né il
suo accompagnatore avevano voglia di ballarla, quindi ebbero una sorta di
comune accordo silenzioso di andare via dalla pista. Mentre si facevano strada
dalla folla danzante, Frank sorprese John e Sady a
fissarli curiosamente.
“Vuoi andare fuori?” Chiese
il suo accompagnatore a voce alta sovrastando la musica. “C’è troppo casino per
parlare.”
Frank annuì senza
dire parola e permise al ragazzo di guidarlo fuori dalla sala, con le loro mani
unite. C’era un piccolo atrio proprio fuori alla stanza dov’era tenuto il
ballo. Era decorato da eleganti lampadari appesi al soffitto. C’erano divani e
poltrone sparpagliati lì intorno e l’accompagnatore di Frank lo guidò verso un
divano davanti al camino.
Frank stava per
sedersi sul divano quando il ragazzo lo tirò per la mano ancora più vicino al
camino e si sedette sul pavimento.
“Il pavimento?” Frank
alzò un sopracciglio. “C’è un divano che sembra perfettamente comodo proprio
qui.”
“Lo so” il suo
accompagnatore scosse le spalle, guardandolo. “Voglio essere di fronte a te
mentre parliamo, comunque. E vederti chiaramente.”
Frank sorrise e non
gli fece domande. Odiava ammetterlo, ma quel ragazzo lo stava facendo diventare
un romantico senza speranza. Si sedette a gambe incrociate di fronte al proprio
accompagnatore, che era seduto nella stessa posizione.
“Okay, quindi parlare
di musica non è sicuro perché non saremo d’accordo e ci uccideremo a vicenda”
Convenne “Quindi, parlami di te.”
Frank rise
timidamente, fissando per un po’ il fuoco, prima di tornare a guardare il
proprio accompagnatore. “Non so cosa ci sia da dire” scosse le spalle.
“Qualsiasi cosa” Lo
esortò lui. “È solo che voglio conoscerti.”
Frank sorrise e
guardò in basso. “Non stai neanche provando a mettermi in imbarazzo, ti viene
fottutamente naturale e basta, vero?”
“Scusa” Il suo
ragazzo sorrise impacciatamente.
“Be’, vediamo” Iniziò
Frank, punzecchiando le cuciture dei propri jeans. “Ho sedici anni. Sai che
musica mi piace. Mi piacciono i film horror e tutto ciò riguardante gli zombie.
E leggere. Leggo molto. Uh, i miei genitori sono divorziati, ma sono ancora
amici, quindi va tutto bene e non è tipo ‘oh ehi sono traumatizzato.’ Il mio
migliore amico è John perché è l’unica persona ad essere sempre stata vera da
quando la conosco. Oh, e odio le persone false. Quindi, sì. Sembra un fottuto
‘cose su di me’ sdolcinato su un blog o una cosa del genere.”
“Be’, mi piacciono le
cose sdolcinate” Il suo accompagnatore scosse le spalle, il suo sorriso non
aveva esitato un momento mentre Frank aveva parlato. “Qual è il tuo film horror
preferito?”
“L’esorcista” Frank sorrise
“solo perché è stato fottutamente ridicolo ed esilarante.”
Il suo accompagnatore
rise, annuendo esprimendo il proprio accordo. “Più fanno schifo, meglio è.”
“Esatto!” Esclamò
Frank. “Le persone proprio non lo capiscono.”
“Lo so. È, tipo, ci
vuole davvero del talento per fare un film horror che ti dovrebbe spaventare
che ti fa ridere. Voglio dire, probabilmente l’intenzione non era quella, ma
ehi, per quello cinque stelle comunque.”
“Sì, cavolo, l’hai
capito perfettamente!” Disse convinto Frank. Come aveva fatto ad essere così
fortunato da avere un misterioso accompagnatore che condivideva le sue stesse
opinioni?
“È destino” Scherzò
il suo accompagnatore, e comunque riuscì a far arrossire Frank. Fortunatamente,
continuò la conversazione. “Cosa rende non vero chiunque tranne John?”
“Odio parlare troppo
di me” Frank sospirò. L’altro lo studiò con uno sguardo ed un sorriso e Frank
sapeva di non avere altra scelta. “Sei fottutamente cocciuto, quindi non c’è
bisogno di aggiungerlo al tuo ‘cose su di me’ quando mi parlerai di te.”
“Lo terrò a mente” Rise.
Frank prese un
profondo respiro prima di parlare. “Okay, be’, ho solo visto che un casino di
persone cambiano. E, voglio dire, cambiare è normale, lo so. Ma, tipo, per
cambiare intendo che le ho viste essere false. Si comportano in un certo modo
con certe persone, o tipo, hanno due fottute facce e non sai quale sia la parte
reale, o persino se ce n’è una. Sono tipo una persona ingenua, quindi non noto
merdate del genere. Ho iniziato a notarlo solo quando mi sono dichiarato gay a
tutti. L’ho solo detto in giro perché non volevo che fosse una gran cosa. Ma,
ho iniziato a notare che le persone intorno a me cambiavano. Non ho avuto a che
fare con, tipo, bullismo o altro, loro sono cambiati e basta. Potevo dire che
qualche mio amico si sentisse a disagio vicino a me, come se non volesse
neanche toccarmi. Ho persino scoperto che qualcuno di loro parlava male di me
alle mie spalle. Ho perso letteralmente ogni singolo amico che avevo prima di
fare coming out, tranne John.
“La cosa peggiore è
che hanno finto. Se fossero venuti da me dicendo di non voler più essere miei
amici perché sono gay, avrei avuto rispetto per loro o qualcosa. Ma, loro non
hanno fatto altro che fingere rendendo tutto peggiore. John non è cambiato per
un cazzo. Ed era amico di tutte le persone di cui ero amico io, ma ha smesso di
parlare con loro. Non volevo che lo facesse, perché era un mio problema, sai?
Ma l’ha fatto.”
“Sembra un amico fantastico” Disse il suo
accompagnatore, con un sorriso sincero in faccia.
“Lo è” Frank annuì. “Oh, cavolo, sto parlando di un altro ragazzo ad un
appuntamento. Non c’è, tipo, una regola sugli appuntamento o altro?”
Gerard rise e scosse la testa. “È il tuo ex?”
“Oh Dio, no! È etero. Anche troppo.”
“Allora, no, non hai infranto nessuna regola.”
“Okay, bene.” Frank
annuì. “Ora è il tuo turno.”
“Se pensavi di essere
poco interessante, allora ti addormenterai su di me.”
“Stai zitto” Frank roteò
gli occhi. “Anch’io voglio conoscerti, lo sai. Quindi racconta. Qualsiasi cosa.”
“Okay, hm, be’ ho
compiuto diciotto anni un paio di settimane fa. Mi piace disegnare – oh, be’, lo sapevi. Mi piace molto disegnare
fumetti, comunque. Non faccio quasi mai cose realistiche, come ho fatto con i
tuoi occhi. Ma dovevo farli il meglio possibile. Non riesco neanche a ricordare
l’ultima volta in cui ho disegnato qualcosa del genere. Ma, sì, di solito
faccio solo fumetti. Ho un casino di idee, non so neanche da dove iniziare,
quindi disegno sempre cose a caso. Ai miei vanno bene un sacco di cose, tipo il
fatto che io sia gay, ma quando si parla di fumetti mi trattano malissimo. Non
mi hanno neanche fatto iscrivere alla scuola d’arte, quindi ho dovuto farlo
segretamente. Mi hanno preso e loro ancora non lo sanno.”
“Quindi ci andrai e
basta senza dirglielo?” Chiese Frank.
“È il piano.” Annuì.
“Perché non gli piace?
Voglio dire, sei fottutamente bravo.”
“Le solite stronzate
da genitori, vogliono che mi concentri su qualcosa di ‘pratico’ e ‘realistico’.”
“Ma sei bravo…” Disse
semplicemente Frank.
“Grazie” Finalmente
il suo accompagnatore ebbe il compito di essere in imbarazzo, al posto di
Frank. “Spero solo che funzioni, perché farebbe schifo se avessi fatto tutto
questo per niente, capisci?”
“Ehi, basta che vada
bene a te” Disse Frank. “Non hai bisogno di ‘farcela’ o che so io, fin quando
ti rende felice.”
“È proprio quello che
mio fratello mi dice sempre. Mi aiuta a nascondere le cose e in pratica fa
sembrare che io stia per andare alla NYU.”
“Oh, hai un fratello?”
“Sì, non ha ancora
iniziato il liceo, comunque. Il prossimo anno sarà un primino.”
“Be’, mi piace perché
ti sta aiutando.” Convenne Frank. “Quindi posso aiutarlo ad affrontare le robe
da primini visto che tu non ci sarai.”
“Okay, ti piace la
buona musica, i film terribili, sei cocciuto, completamente incoraggiante, e
adesso sei sensibile e premuroso e proteggerai il mio fratellino per me? Penso
che ora sia tu quello che sta cercando di fare colpo.”
“Stai zitto” Rise
Frank. “Pensavo avessimo finito con l’imbarazzo.”
“Smettila di essere
fottutamente perfetto, allora!” Contestò il ragazzo.
“Non sono perfetto” Lo
derise Frank.
“Quanto sarebbe poco
credibile se ti dicessi che per me sei perfetto?”
La faccia di Frank
molto probabilmente dovette essere più calda del sole in quel momento. Ogni
complimento che il suo accompagnatore gli faceva lo faceva arrossire, ma di
solito erano detti con sorriso sarcastico o ironico, in attesa che Frank
arrossisse. Questa volta, l’aveva detto troppo timidamente e sinceramente,
dovendosi obbligare a continuare a guardare Frank negli occhi. Frank non riuscì
neanche a distogliere lo sguardo. O dire qualcosa, in effetti.
“Senti, Frank, Lo so
che non abbiamo passato molto tempo insieme e ci conosciamo a malapena, ma io
sto davvero… mi sto innamorando di te. Tu, come persona, e non solo i tuoi
occhi. Non sapevo come sarebbe andata questa serata, ma non ho mai sentito
questo… questo… legame con qualcuno tanto velocemente. Sei diverso. Questo è
diverso. Cazzo, mi sentirei davvero stupido se fossi l’unico a sentirlo.”
Frank scosse la testa.
Non riusciva a proferire parola. Vide il nervosismo coprire la faccia del
ragazzo, comunque, quindi diede velocemente voce ai propri pensieri.
“Non sei il solo” Sputò
fuori. “Cazzo, mi sento nello stesso modo. Avevo così tanta paura che questa
sera avrebbe fatto schifo, ad essere sincero, che tu non saresti stato come mi
ero immaginato, o cos’altro. Ma tu sei… tu ed io… è solo che noi – non lo so –
funzioniamo.”
“Dio, sei così carino
quando sei nervoso” Si lasciò sfuggire l’altro.
“Oh mio Dio!” Esclamò
Frank, agitando le mani, e arrossendo ancora. “Stai zitto e basta!”
Il suo accompagnatore
rise come un idiota, fino a quando la risata non si dissolse lentamente, e la
sua espressione diventò improvvisamente seria. “Costringimi” disse.
Frank stava per
aprire bocca e dire qualcosa di stupido come “come?” o “darti un pugno in
faccia fa parte di questa storia dell’appuntamento?” quando gli scattò in mente
cosa intendesse realmente il suo accompagnatore.
“Oh” Esalò Frank.
Il ragazzo annuì
semplicemente ed aspettò al proprio posto, senza muoversi. Stava permettendo a
Frank di prendere la decisione.
“Okay” Frank annuì, deglutendo
nervosamente. “Okay” ripeté, si mise in ginocchio e si avvicinò al ragazzo, che
era ancora seduto a gambe incrociate completamente immobile. Era così calmo e
composto, mentre Frank era un gran casino.
Ora Frank era in
ginocchio, proprio di fronte al proprio accompagnatore. Le sue ginocchia
toccavano le gambe dell’altro, e le loro facce erano separate solo da qualche
centimetro. Frank lasciò che le proprie mani si appoggiassero pigramente sulle
spalle del ragazzo prima di avvicinarsi definitivamente.
Il primo tocco delle
loro labbra fu solo un veloce bacino di Frank e poi ebbe bisogno di altro,
quindi baciò di nuovo quelle labbra. Una, due, tre volte prima che le labbra
che stava baciando lo stessero baciando in risposta e dovette ricordarsi di
respirare altrimenti sarebbe soffocato. Quindi rilasciò un lungo e profondo
respiro dal naso che il suo accompagnatore sentì su tutta la faccia. Ridacchiò
alla sensazione, e Frank si tirò indietro nervosamente, perché di solito ridere
durante un bacio non era un buon segno, ma il ragazzo non gli diede il tempo di
essere agitato perché aveva una mano nel davanti della sua maglietta e tirò
nuovamente Frank nel bacio.
I bacetti diventarono
lunghi baci. I lunghi baci diventarono scambi a bocca aperta che lasciarono entrambi
a ansimare e gemere uno nella bocca dell’altro. Frank non riusciva a
controllarsi. Continuò a spingersi in avanti, e in avanti, fino a quando non
spinse il suo accompagnatore e questo riuscì a malapena a salvarsi con una
mano. Tolse le gambe da sotto di lui e le allungò in modo che fossero ai due
lati delle ginocchia di Frank.
Frank tirò via le
proprie labbra per un breve momento, respirando pesantemente, e si mise a
fissare il ragazzo mascherato che gli stava davanti.
“Cazzo” Sospirò Frank.
“Già” Il ragazzo
misterioso annuì e poi ricominciarono. I loro denti si scontravano goffamente
ogni volta che provavano a sistemare le loro teste durante un bacio, e i loro
nasi si urtavano ad ogni movimento che facevano, ma il bacio – i baci – si
dimostrarono essere quello che loro avevano pensato sarebbe stato. Sentirono la
scintilla nell’ardore nei loro stomaci. Sentirono il loro legame diventare
fisico.
“Uh, okay, non so
quale sia il modo giusto per interrompere un bacio, MA FRANK DOBBIAMO ANDARE!”
Frank si costrinse ad
allontanarsi dalle labbra del ragazzo, e quando si separarono ci fu un suono
umidiccio che fece sorridere entrambi. Frank alzò lo sguardo e trovò John in
piedi vicino a Sady, che aveva un gran sorriso in
faccia.
“La mamma è qui” John
alzò le spalle. “Dobbiamo andare.”
Frank fissò il
proprio accompagnatore e poi di nuovo John. “Okay, dammi solo un minuto.”
“Va bene, ma non
metterci troppo o se la prenderà con me” Lo avvertì John. Iniziò ad
allontanarsi e Sady si trattenne indietro, fissando
Frank e il ragazzo con un sorriso palesemente esaltato in faccia. John roteò
gli occhi, tornò indietro, e la tirò via.
“Di già?” Sbuffò
l’accompagnatore di Frank. “Seriamente?”
“Lo so” Si lamentò
Frank, alzandosi in modo che il proprio culo si appoggiasse ai talloni.
“Coprifuoco. Se mi avessi trovato prima, avremmo avuto più tempo.”
“Ti ho visto proprio
mentre entravi” gli disse “stavo aspettando vicino alla porta, a guardare tutti
quelli che entravano, e ti ho trovato e sapevo che eri tu, ma poi mi sono
fottutamente agitato ed è stato fottutamente difficile trovarti di nuovo in
mezzo a tutta questa gente.”
“Be’, mi hai trovato”
Disse Frank “Ed abbiamo bisogno di rivederci presto, ma credo che avrò bisogno
di conoscere tutta la tua faccia perché accada.”
“Giusto” Il suo
accompagnatore rise. “Okay. Prima tu visto che so già chi sei.”
“Okay, è giusto” Disse
Frank. Si tolse la maschera, l’elastico gli arruffò i capelli dietro quando
venne via.
Il suo misterioso
accompagnatore, che entro poco non sarebbe stato un mistero, sorrise e fece
scorrere le proprie dita sotto la nuca di Frank, per sistemargli i capelli.
“È il tuo turno”
Frank fece un cenno, lasciò la maschera sul pavimento e si allungò per
toglierla al ragazzo. La maschera era tenuta da un nastro quindi Frank dovette
tirarlo delicatamente per slacciarlo. Prese un profondo respiro e chiuse gli
occhi mentre lasciò cadere la maschera. Quando aprì gli occhi, sicuramente non
si aspettava di trovarsi la faccia di Gerard Way di fronte.
“Aspetta, cosa?”
Frank sbatté le palpebre, guardando in basso la maschera sullo stomaco di
Gerard come se fosse una sorta di sbaglio. “Cazzo, no.”
Le sopracciglia di
Gerard si avvicinarono per la confusione; non era per niente la reazione che si
era aspettato da Frank. Frank guardò gli occhi di Gerard da più vicino; quelli
erano gli occhi del suo accompagnatore misterioso, ne era sicuro.
“Tu?” Disse Frank,
con in faccia un ritratto di confusione e disgusto che Gerard riusciva a
leggere molto chiaramente e lanciava dolorose pugnalate dritte al suo cuore. “Il
fottuto… Signor Presidente? Davvero?”
Gerard aprì un paio
di volte la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse. Non sapeva cosa dire. Non
sapeva come valutare la reazione di Frank.
“È uno scherzo?”
Chiese Frank. “Tu e i tuoi amici state cercando di giocarmi un brutto tiro?
Tutto quello che ti ho detto lunedì diventerà la barzelletta della scuola?”
“Che cazzo? Perché
dovrei fare una cosa del genere?” Gerard scosse la testa. “Non è uno scherzo,
Frank, pensavo che–”
“Cavolo, il mio
discorso sulle persone false dev’essere davvero fottutamente ironico adesso.”
Sbeffeggiò Frank. “Avrei dovuto saperlo.”
“Sapere cosa?? Perché
ti stai comportando così?”
“Smettila e basta”
Mormorò Frank, alzandosi dal proprio posto tra le gambe del fottuto presidente.
“Il gioco è finito. Puoi anche andartene ed iniziare a ridere, Non devi
aspettare.”
Gerard continuò ad
aprire la bocca per dire qualcosa ma l’unica cosa che riuscì a fare fu produrre
suoni strozzati, come se le parole gli si fossero incastrate in gola. Era
scioccato. Il dolce ed amabile Frank con cui era stato tutta la notte non era
il ragazzo che stava parlando con lui in quel momento. Quel Frank era crudele,
senza cuore, e critico. Il crudele, senza cuore, e critico Frank andò via da
lui senza un’altra parola, e a Gerard non rimase che guardare la sua schiena.
**
“Quindi, com’è
stato–” Iniziò a chiedere felicemente Sady quando Frank si sedette sul sedile posteriore
della macchina della mamma di John.
“Non voglio parlarne”
La interruppe Frank. Guardò fuori dalla finestra senza osare guardare nessuno. Il
resto del viaggio verso tutte le loro case fu silenzioso ed inquieto. Frank era
animato dalla rabbia e se avesse detto qualcosa sulla serata, sarebbero state
probabilmente parole per convincere la mamma di John a proibirgli di vedere
Frank.
Certo che era il
Presidente Gerard Way. Il ragazzo conosciuto per essere circondato da ragazze
stava cercando di prendersi gioco di lui facendogli credere di essere gay. Aveva
messo su uno spettacolo fantastico. Frank vi era stato trascinato e si era
davvero convinto che lui e l’uomo misterioso avrebbero potuto essere qualcosa
per molto più di quell’unica notte.
**
Frank non si
dimenticò di quella notte, comunque. Non importava quanto duramente provava a
superarlo e basta, non riusciva a liberarsi della delusione che lo tormentava ogni
secondo di veglia. La serata era stata fantastica e si era innamorato di
Gerard, ma era stato tutto finto. Non si era innamorato di Gerard, comunque, si
era innamorato del personaggio che stava recitando. A Frank non importava
proprio niente di Gerard Way; ciò che faceva male era il fatto che sperasse che
Gerard fosse davvero chi Frank aveva pensato essere.
Frank trascorse
l’intero fine settimana rimuginando in camera. Evitò tutti, senza curarsi delle
volte in cui John e Sady provarono a contattarlo. Sapeva
che avrebbe dovuto affrontare la propria stupidità lunedì quando le persone
avrebbero saputo quanto facilmente era impazzito per il signor Presidente,
quindi aveva preferito mantenere il dolore per quel momento.
Quando lunedì arrivò,
si prese il proprio tempo per andare a scuola, desiderando di poter fermare il
tempo e non permettere più al giorno di continuare. La prima ora passò
normalmente, con la solita ramanzina dell’insegnante sull’essere in ritardo, e
nessuna presa in giro dagli altri studenti. Frank ne fu sorpreso. Si chiese se
la notizia stesse ancora viaggiando e non avesse ancora raggiunto quelli del
secondo anno.
Durante la pausa tra
la prima e la seconda ora, John si imbatté in lui e lo trattenne per una spalla.
“Amico, cosa cazzo” Disse
semplicemente John e Frank credette che gli fosse arrivata la notizia.
“Guarda, John,
possiamo dimenticarci di questa cazzata e basta?” Frank sospirò, scuotendo via
la presa di John. Continuò a camminare e John lo seguì automaticamente. “Lo so
che è stato fottutamente stupido, ma solo… Non voglio insulti per quello. So
già che stanno arrivando.”
“Uh, sì è stato
stupido” Disse John. “Un secondo stavi limonando con il tuo uomo misterioso, e
poi siete tutti incazzati, e poi ti nascondi da tutti per l’intero weekend. Che
cazzo è successo?”
Frank si fermò, a
qualche passo dalla porta della loro aula. John si fermò con lui, ed incrociò le braccia, aspettando che Frank
si spiegasse.
“Aspetta, non sai chi
era?” Chiese Frank.
“Aveva una maschera” Disse
semplicemente e con calma John, come se stesse dicendo una cosa ovvia ad un
bambino idiota. “Come facevo a sapere chi era?”
“Vuoi dire che non
l’hai sentito dagli altri?”
“Altri? Tipo chi?”
“È stato… è stato uno
scherzo.”
“Cosa? Cosa cazzo? Quel
ragazzo ti stava facendo uno scherzo??”
Frank poté dire che John
si stava arrabbiando senza neanche conoscere esattamente cos’era successo. Non
poteva ancora spiegare niente, comunque. Era ancora imbarazzante e se nessuno
lo sapeva, preferiva mantenere le cose così.
“Te lo spiegherò più
tardi, va bene?” Disse Frank apaticamente. “La lezione sta per iniziare.”
Frank corse in classe
come se gliene importasse davvero qualcosa del ritardo. John non aveva altra
scelta che seguirlo e sperare di riuscire a fargli sputare il rospo più tardi.
Non ci riuscì, comunque, e a metà della seconda ora si stufò di provargli a
cavare qualcosa di bocca, quindi lasciò perdere. Frank sapeva di star irritando
John con il proprio silenzio ed isolamento. Lo sapeva. E sapeva che se fosse stato
al posto di John, sarebbe stato arrabbiato allo stesso modo. Non era al suo
posto, comunque; sperava di esserlo.
Per il resto della
giornata, John gli parlò a malapena. Frank se lo meritava quindi non aveva
obiezioni. Perfino Sady, quando Frank la vedeva, gli
rivolgeva un silenzioso sorriso e nient’altro. Non ne fu sorpreso. Era stato
uno stronzo quindi se lo aspettava. Ciò che lo sorprese fu che nessuno lo
sapesse. Si preparava a ricevere qualche commento stupido perfino ogni volta
che qualcuno lo guardava. Non ne arrivò nessuno.
Frank perlustrò la
mensa alla ricerca di Gerard quando arrivò l’ora del pranzo. Non voleva
ammetterlo neanche a se stesso, ma ci mise molto più tempo del solito per
prendere il proprio cibo. Quando finalmente trovò Gerard, sentì ribollire la
stessa rabbia di venerdì. Gerard era seduto scomposto ad un tavolo, a braccia
conserte. E c’era una ragazza – ovviamente – seduta di fianco a lui con un
braccio introno alle sue spalle.
Frank non poté far
altro che fissarlo per qualche secondo. Poteva vedere le labbra della ragazza
muoversi, dire qualcosa a Gerard, la cui faccia priva di emozioni si ruppe in
un piccolo sorriso per qualsiasi cosa la ragazza avesse detto.
“Muoviti, stronzo” disse
qualcuno da dietro Frank, svegliandolo dai propri vaneggiamenti. Digrignò i
denti ed uscì dalla mensa verso un tavolo all’aperto dove di solito si sedeva
con John ed il loro gruppo di amici. Mangiò il proprio pranzo silenziosamente. Nessuno
osò parlare con lui.
Frank non era geloso.
Non era per niente geloso. Continuò a ripeterlo a se stesso per renderlo vero.
La ragione per la quale era geloso era che Gerard stava dimostrando esattamente
ciò che Frank sapeva essere la verità e servì come promemoria della propria
stupidità.
Frank non fu geloso
neanche quando trovò Gerard con la stessa ragazza alla fine del pranzo, in
piedi nel corridoio fuori dalla mensa. Lei era praticamente appesa a lui, aveva
le mani intrecciate dietro il suo collo, e lo stava fissando. Frank andò
velocemente via senza guardare per non farsi notare da Gerard. Non voleva
essere disperatamente al posto di quella ragazza.
E sicuramente Frank non
era geloso ogni singolo giorno a pranzo quando Gerard era in posizioni simili
con altre ragazze. Non fece vedere a Frank altro che un rosso furente ogni
singola volta che vedeva la faccia di una ragazza diversa attaccata a Gerard.
La sua non-gelosia si era ammucchiata in un ammasso di rabbia nella sua testa
che lo lasciò in un umore inacidito. Se qualcuno provava a parlare con lui,
finiva con lui che se la prendeva con quel qualcuno.
“Okay, amico, ne ho
fin troppo di questa merda” Lo affrontò John giovedì. Era la fine del giorno ed
erano dagli armadietti. “Che cazzo ti sta succedendo, huh?
Da quando non mi dici che cazzo succede e invece ti comporti come un perfetto
stronzo?”
“Solo perché non ho
niente da dire non significa che io sia uno stronzo.” Borbottò Frank, trasportando
dei libri dall’armadietto dentro lo zaino.
“Sei stato uno
stronzo” Controbatté John. “Non puoi fottutamente negarlo.”
“Forse è solo che non
ho la fottuta voglia di parlare, John!” Urlò Frank, sbattendo forte la porta
dell’armadietto.
Gli occhi di John si
spalancarono per lo stupore e lui inclinò la testa all’indietro. “Seriamente?”
Alzò un sopracciglio alla crisi di Frank. “Bene, cazzo, come vuoi. Fai quel
cazzo che ti pare, Iero.”
Frank roteò gli
occhi, il che fece solo arrabbiare di più John e lui se ne andò infuriato,
senza dirgli un’altra parola. Frank sapeva di starsi comportando come uno
stronzo. Però era troppo arrabbiato e non ne poteva parlare perché era
arrabbiato con se stesso per essere tanto idiota.
Calciò l’armadietto
sotto il proprio, sollevò lo zaino dal pavimento, e se ne andò dalla scuola,
ignorando il male al piede causato dall’impatto con l’armadietto.
L’universo aveva
intenzione di alimentare la rabbia di Frank il più possibile, ne era sicuro,
perché nel momento in cui mise piede fuori dalle porte della scuola, non vide
niente di meno che Gerard nel parcheggio, che abbracciava già un’altra ragazza.
La ragazza liberò Gerard dall’abbraccio, salutò, ed andò via. Gerard esitò e si
appoggiò alla portiere della macchina, guardando la ragazza andare via.
Frank esplose.
Corse nel parcheggio.
Fortunatamente, non c’erano altri studenti intorno a loro. Il momento in cui
gli occhi di Gerard si posarono su Frank, Frank iniziò ad urlare.
“Seriamente?! Almeno
proverai a inscenare qualcosa?? O hai solo intenzione di continuare
intenzionalmente a dimostrare che tutto ciò che ho detto era vero?? Sei proprio
un bastardo falso e bugiardo! E fai schifo anche in quello!”
Frank lasciò cadere
lo zaino quando fu solo a qualche passo da Gerard, che si era sollevato dalla
propria macchina e stava fissando Frank ad occhi spalancati. La sua schiena
riprese familiarità con la portiere quando Frank ce lo spinse contro. Gerard lo
fissò e basta. Era ancora solo Frank l’unico a poterlo lasciare completamente
senza parole.
“In realtà, in quello
non fai schifo” Frank sospirò, la sua voce si ammorbidì. Era ancora imbevuta di
ostilità, comunque. “In quello sei stato fottutamente bravo venerdì. Me l’hai
fatta davvero. Avevo creduto che tu fossi questo ragazzo fantastico, e… ma
quale cazzo è il punto? Non l’hai neanche raccontato a qualcuno! Eri annoiato e
basta e volevi, tipo, un gioco buffo a cui giocare da solo? Cosa? Cos’era?”
Frank stava tenendo Gerard
contro la macchina, con i pugni stretti intorno al tessuto della maglia di
Gerard.
“Io… Tu…” Gerard non
riusciva a mettere insieme pensieri, figuriamoci parole, perché era confuso.
Non aveva la più pallida idea di cosa Frank gli stesse dicendo. “Di che diavolo
stai parlando, Frank?”
“Stai ancora provando
a recitare, Gerard?” Lo derise Frank. “Davvero? Per un secondo, smettila di
essere un fottuto falso!”
“Non sono un fottuto
falso!” Gli rispose Gerard scattante, finalmente. La tristezza che l’aveva
abbattuto a causa del sapore amaro del rifiuto in quel momento si trasformò in
rabbia a causa delle continue accuse di Frank. Spinse le spalle di Frank,
riuscendo a liberarsi della sua presa. “Tu lo sei!”
“Io?!” Frank rise
aspramente. “Sarei quello falso? Come diavolo faccio ad essere falso? Tu sei lo
stronzo con una ragazza diversa intorno ogni cazzo di giorno e poi provi
seriamente a farmi pensare che venerdì fosse stato importante.”
“Oh mio Dio,
davvero?” Gerard socchiuse gli occhi. “Sei così fottutamente stupido.”
“Sì, lo sono,” convenne
Frank “per aver creduto a tutte le stronzate che mi hai detto.”
“No, lo sei per aver
pensato a tutto questo. Tutte quelle ragazze con cui mi hai visto? Sono amiche.
E hanno fatto quello che fanno gli amici quando le persone a cui tengono stanno
fottutamente male. Ed io sono stato fottutamente ferito da te quindi mi hanno
dovuto confortare!”
“Oh, giusto, amiche” Frank
roteò gli occhi. “È proprio così.”
“Sono gay, idiota.”
Gerard digrignò i denti. “Ogni mio singolo amico lo sa, cazzo.”
“Come vuoi” Frank sospirò,
piegandosi per prendere lo zaino. “Ormai non me ne frega più un cazzo.”
Gerard gemette ad
alta voce e balzò verso Frank. Girò entrambi in modo che la schiena di Frank
fosse contro la macchina di Gerard, il suo zaino gli volò dalla mano e cadde
per terra. Gerard tenne Frank contro la macchina risolutamente e Frank si
divincolò dalla sua presa.
“Dammi un cazzo di
secondo” Borbottò Gerard, usando una mano per frugarsi in tasca. Frank smise
davvero di divincolarsi solo per vedere cosa stesse combinando. Gerard tirò
fuori il proprio cellulare, compose un numero, e mise il vivavoce. Squillò un
po’ di volte prima poi partì la segreteria.
“Dannazione” Gerard sospirò,
componendo un altro numero. Questa volta, squillò un paio di volte ed una
ragazza rispose.
“Ti ho visto solo
un’ora fa, Gerard. “Cosa vuoi?”
“Kat,
qual è il mio orientamento sessuale?” Parlò Gerard al telefono, con gli occhi
puntati in quelli di Frank. Frank alzò un sopracciglio verso di lui.
“Uh, questa non
sarebbe una domanda per te ed il tuo pene, Gee?” Chiese
Kat.
“Rispondimi e basta, Kat” Gerard sospirò impaziente.
“Sei così strano.” Kat mormorò quasi incoerentemente nel telefono. “Sei gay. Ti
piace il cazzo. E non ho idea del perché lo stia confermando a te.”
“Ed il fatto che io
sia gay è un segreto?” Chiese Gerard, senza commentare ai suoi commenti extra.
“Nop”
rispose, facendo sentire la ‘p’ nella risposta. “Insomma, non vai in giro con
un bell’arcobaleno gay che ti esce dal culo, ma sicuramente non lo nascondi.”
“Grazie” Rispose
Gerard, guardando Frank con uno sguardo che praticamente urlava ‘Te l’avevo
fottutamente detto.’
“Stai bene, Gee?” Chiese Kat.
“Sì, sto bene” Disse
Gerard. “Ti spiegherò dopo.”
“No, ormai non provo
neanche più a capirti” Disse Kat. “Volevo dire stai
bene per la faccenda di Frank? Non sono riuscita a parlarti molto oggi.
Sembravi ancora un po’ spento.”
Frank fu sorpreso di
sentire quella ragazza parlare di lui anche se lui non aveva idea di chi fosse.
Gerard aveva davvero detto la verità? Non ci sarebbe stato modo per lui di sapere
che Frank gli avrebbe parlato, quindi non avrebbe avuto modo di pianificare la
chiamata.
“Già” Gerard sospirò,
guardando intensamente Frank un’ultima volta prima di guardare il telefono. “Ti
parlo dopo, okay?”
“Va bene. Puoi sempre
parlarmi quando ne hai bisogno. Ciao, Gee.”
Gerard attaccò e rimise
il telefono in tasca. Lasciò Frank e si mise a braccia conserte. “Quindi ancora
non mi credi? O dovrei chiamare tutti quelli che ho tra i contatti?
Risponderanno tutti allo stesso modo. E la maggior parte chiederà di te perché
tutto quello che ho fatto è stato deprimermi in giro su come la serata di
venerdì fosse stata un disastro e neanche sapevo perché. Ma adesso lo so. È
perché sei uno stronzo ipocrita.”
“Non sono ipocrita”
Frank scosse la testa. Era l’unica cosa che riusciva a contestare.
“Sì lo sei” Affermò
Gerard. “Hai fatto questo gran discorso su come le persone fossero cambiate per
averti giudicato, e poi è stata la cosa che hai fatto con me. Hai conosciuto il
vero me quella sera, ma poi hai deciso di credere a tutte quelle stupide idee
su di me che hai in testa, invece di credere alla persona con cui stavi
fottutamente parlando.”
“È che–”
“Non provare neanche
a difenderti, Frank, che cazzo” Lo interruppe Gerard. “Sei stato un ipocrita,
sei stato falso, sei stato ogni fottuta cosa che hai detto di odiare.”
“Mi dispiace” Si
arrese Frank. Discutere non aveva più senso. Gerard aveva ragione. Frank era
stato un ipocrita ed aveva giudicato Gerard allo stesso modo in cui la maggior
parte delle persone aveva giudicato lui. E soprattutto, aveva rovinato l’inizio
di qualcosa che avrebbe potuto essere una grande relazione.
Gerard si era
aspettato di sentire Frank continuare a discutere, ma fu sorpreso della lieve
scusa che lasciò la sua bocca. La sua faccia esprimeva un pentimento sincero,
le sopracciglia erano rovesciate, gli occhi rivolti verso il basso, il labbro
inferiore intrappolato tra i denti. Gerard dovette davvero ricordarsi di essere
arrabbiato con lui neanche un secondo prima.
“Fa fottutamente
schifo quanto velocemente ti voglia perdonare.” Gerard scosse la testa.
Frank lo guardò, con
la faccia ancora addolorata. “Fallo” Si lasciò sfuggire Frank, rimangiandoselo
subito dopo. “Voglio dire… Spero che lo farai. Se… se venerdì sera è stato
tutto vero voglio riprovarci. Lo capirei se non mi perdonassi, comunque, ma…
spero solo che lo farai.”
“Hai mai sentito di
me che tratto male altri ragazzi?” Chiese Gerard, facendosi scorrere una mano
tra i capelli. “Voglio dire, okay, la storia delle ragazze posso capirla, ma ho
la reputazione di quello che sfotte la gente in quel modo?”
“No” Ammise Frank
esitando. “Però sembrava l’unica cosa ad avere senso.”
“Il fatto che mi
piacessi non aveva senso?”
“Non se non eri gay.”
“Ora ci credi che lo
sono?”
Frank annuì.
“Avresti dovuto dire
di no” Gerard sorrise.
“No?” Frank piegò la
testa “Perché?”
“Così avrei potuto
dimostrartelo…”
“Oh.”
Gerard annuì. “Oh.”
Gerard incollò Frank alla
macchina usando tutto il proprio corpo. Le sue mani e braccia erano le uniche
cose a non toccare Frank, usate invece per tenersi contro la macchina. Le mani
di Frank erano strette intorno ai fianchi fi Gerard, tenendolo vicino. Gerard
appoggiò la fronte contro quella di Frank, con le labbra ad una vicina distanza
tentatrice.
“Questo significa che
possiamo ricominciare?” Chiese Gerard.
“Sì” Frank sorrise. “Assolutamente.
Dio, ultimamente sono stato stronzo con tutti a causa tua.”
“No, sei stato
stronzo perché lo sei di natura.”
Frank rise e fece
scivolare le mani sulla pancia di Gerard, sul suo petto, ed intorno al suo
collo. “Almeno avrò una bella storia da raccontare quando mi spiegherò con
loro.” Il sorriso si dissolse dalla sua faccia. “Mi dispiace aver rovinato la
serata.”
“È stata una bella
serata comunque” Disse Gerard dolcemente. “La fine ha fatto schifo, ma il resto
è stato comunque bellissimo.”
“Allora dimentichiamo
la fine?” Suggerì Frank, le sue dita scivolarono sotto il colletto della
camicia di Gerard.
“Sì” Gerard annuì. “Mi
piaceva il punto in cui eravamo prima della fine di merda, anche. Quindi
potremmo iniziare da lì.”
Così continuarono il
bacio che era stato interrotto quel venerdì sera. C’era ancora quella scintilla
familiare e travolgente nel modo in cui le loro bocche e lingue si
incontravano. Era abbastanza forte e luminosa da cancellare tutta la rabbia
accumulata nella settimana ormai finita. Era abbastanza per vincolare la
promessa per un nuovo e migliore inizio per loro due.
E così,
la storia è finita.
Io
aspetto speranzosa le vostre recensioni, ora devo davvero andare a letto, però.
Buon giorno a tutti!
P.S.
Ho ricontrollato tutto, ciò significa che se ci sono ancora degli errori vi
autorizzo a lanciarmi oggetti appuntiti.
P.P.S.
Ho ricontrollato ancora, a distanza di un anno, e ho trovato errori.
Fortunatamente nessuno dei vostri oggetti appuntiti mi ha raggiunta.