Nient'altro che una donna
Premessa:
Io non sono solita fare introduzioni, penso tolgano
quell'impersonalità obbligatoria di cui ogni storia dovrebbe
essere provvista, ma tant'è.
Il personaggio che tratto nel (racconto? considerazione? riflessione?)
subito qui sotto viene descritto secondo un punto di vista forse non
condiviso da tutti. Volendo costruire frammenti del passato di questa
donna, ho immaginato. Non credo di "turbare" nessuno, ma forse non
tutti condivideranno le mie scelte. Pazienza.
Ho utilizzato quest'accortezza della premessa perchè io non
sopporto quando mi rovinano un personaggio. Magari non sarete tutti
fanatici come me, ma ho creduto più corretto avvertirvi in
tempo, sperando, comunque, di non rovinare niente.
Inoltre, vorrei aggiungere che in alcuni punti ho fatto chiari (almeno
secondo me) riferimenti ad alcune fanfiction di Spheater e Virginbel.
Non metto i riferimenti in evidenza nel testo, perchè non
sono collocati in una riga precisa. Se per caso le autrici ritenessero
non opportuna questa mia scelta, io eliminerò la fanfiction.
Non voglio creare problemi e qualsiasi lamentela sarà ben
accetta.
Grazie mille per aver letto e, spero, per aver l'intenzione di andare
avanti e dare un'occhiata.
FallenAngelsGoToHell
La vita è un insieme di casualità. Scelte
impreviste e imprevedibili, che si cerca sempre di prevedere. Non
decidiamo mai niente: accettiamo ciò che non possiamo
cambiare, nel bene e nel male. Schiavi di un gioco, del quale ci
crediamo i padroni.
Ma che assurdità!
E la gente deve arrangiarsi, trovare quello che può per
scaldarsi, sfamarsi. Noi, i padroni del mondo, non facciamo altro che
sopravvivere. Non importa quello che pensiamo, il momento di
consapevolezza arriva per tutti. Alcuni comprendono subito, altri
impiegano cinquant'anni.
Lei invece aveva appena vent'anni. E capì ogni cosa.
Certo, bisogna considerare che avere un figlio è
un'esperienza che cambia la vita. Un altro dei tanti imprevisti. Ma
Goldie O'Gilt era una donna come tutte le altre, solo più
ambiziosa, forse meno onesta, ma certamente estremamente bella. Non se
l'aspettava, ecco. Ma quella sua bambina, che assomigliava a lei, tanto
quanto era simile a lui, la faceva pensare. Chi era. Chi poteva ancora
essere. E come si era trasformata la sua intera esistenza.
Goldie O'Gilt non era Glittering Goldie. L'aveva lasciata a Dawson,
precisamente sulla soglia del Blackjack ballroom, diversi anni fa,
quando se n'era andata. Parigi le era sembrata una meta stupenda per
dimenticare. Semplicemente ... forse non era il momento
giusto. Ma lei era stata bravissima, ci aveva messo tutto il suo
impegno ed era riuscita a costruirsi una nuova vita. Non era quella che
si aspettava o che popolava i suoi sogni ambiziosi e ormai lontani, ma
era pur sempre una sua conquista. Non le importava di vivere in uno
squallido appartamento sopra il saloon dove lavorava. Non le importava
di non potersi permettere vestiti nuovi o di moda, che assecondassero
le tendenze parigine. E, soprattutto, non le importava affatto di
doversi prostituire di nuovo per vivere. Perchè ora ogni sua
azione, ogni suo pensiero, avevano come unico punto di riferimento lei,
la sua piccola gioia, la sua amatissima Dora. Per sua figlia avrebbe
venduto anche l'anima, figuriamoci il corpo. Quindi, alla fine, a chi
importava? Era un lavoro come un altro e a quell'epoca non era strano
che una saloon girl prima di andare a dormire ricevesse degli uomini.
Era una cosa abbastanza comune, soprattutto in una grande
città come Parigi. Almeno adesso lo poteva fare al sicuro in
un locale, lontano dalla strada e soprattutto lontano dalla sua dolce
bambina. Non voleva che lei venisse contaminata da quel mondo sporco,
di cui non avrebbe mai dovuto far parte. Goldie aveva costruito un
mondo bello, pulito, sicuro attorno a lei e mai nessuno avrebbe dovuto
distruggerlo. Sperava in tempi migliori, perchè si rendeva
conto benissimo di non poter sostenere quella situazione a lungo. Ma
per il momento andava bene così. Le bastava tornare a casa
da sua figlia con abbastanza soldi per vivere. In fondo,
perchè avvilirsi? Non era la prima volta che le capitava, ma
sperava con tutto il cuore che fosse anche l'ultima.
Glittering Goldie era la sua copertura. La sua protezione dalla
crudeltà della vita. E lei l'amava. Amava questa parte di
sè, perchè era l'unica cosa a cui poteva
aggrapparsi. Il suo alibi, colei che la proteggeva in ogni circostanza.
Tutti noi abbiamo bisogno di qualcuno su cui appoggiarci. E quando non
lo abbiamo ce lo creiamo. Fingiamo e magari ad un certo punto ci
convinciamo pure della sua esistenza. Per Goldie, forse, il gioco era
stato un po' diverso. Non si era trattato di inventarsi
alcunchè. Semplicemente si era resa conto di dover mettere
da parte la ragazzina impaurita e lasciare spazio alla donna
agguerrita. Non si può crescere a Dawson senza rendersene
conto. E lei era una tipa sveglia. Ma finchè vivi con tua
madre, sai che lei ti vuole bene e tu ne vuoi a lei e nessuno vi
importuna, almeno non eccessivamente, la vita non sembra poi
così difficile. Purtroppo, però, la fortuna non
ci sorride sempre. La dea bendata si distrae ed ecco che si accende la
miccia e la fiamma è pronta ad innescare una serie di
reazioni a catena. Un raffreddore che poi diventa febbre. Una febbre
che diventa polmonite. E la morte che non guarda in faccia nessuno,
nemmeno una bambina di quindici anni costretta a vedere sua
madre portata via e sepolta sotto sette metri di terra. No, alla Grande
Mietitrice non interessavano quegl'occhi azzurri pieni di lacrime. Le
sue orecchie erano sorde a quei singhiozzi rotti e disperati. E Goldie
non aveva l'aiuto di nessuno.
Una storia all'apparenza commovente, ma estremamente comune. Tuttavia,
quando un'esperienza si vive in prima persona sembra sempre preparata
su misura, apposta per noi. E quando per la prima volta in vita sua
Goldie si ritrovò costretta a battere i marciapiedi e venire
sbattuta, in un vicolo buio, da uno sconosciuto, per denaro ... non le
importava un accidente di sapere che in quel momento, ad appena due
isolati di distanza, un'altra donna stava subendo la stessa cosa. Anzi,
per dirla come si deve, non le importava un cazzo proprio di niente e
di nessuno. L'unico pensiero che aveva in testa era di essere una
puttana. Una donna scelta, comprata, usata e gettata via. Per quella
notte non volle farlo più. Si ritirò sotto un
portico e pianse. Pianse tutte le lacrime che aveva, si
disperò finchè non riuscì
più a respirare. Pensava di conoscerlo, il mondo, e invece
non sapeva niente. Credeva di aver visto cosa c'era là
fuori: in realtà aveva solo intravisto, attraverso il velo
di protezione e amore della madre. Ora le lacrime avevano lavato via
tutto. Non le sarebbe più importato. Che facessero di lei
ciò che volevano: si sarebbe riscattata. Un giorno ce
l'avrebbe fatta. Lei sarebbe stata al centro dell'attenzione e loro
costretti ad osservarla, dal basso, senza poterla sfiorare nemmeno con
un dito. Un posto da protagonista in questo mondo violento, iniquo,
sporco: ecco quello che voleva. Ed era certa che lo avrebbe ottenuto.
Sembrava tutto così irreale e distante, mentre, da sola,
cullava la sua bambina. Come tante altre volte Goldie si
ritrovò a contemplarla, immaginandola a scuola, magari in
una casa un po' più dignitosa di quella, con degli amici.
Voleva assicurarle la serenità, una famiglia stabile, un
nido in cui rifugiarsi. Dora era ciò che di più
bello le fosse capitato e l'avrebbe difesa a ogni costo. Come tutto,
anche lei frutto del caso. I più romantici avrebbero detto
frutto dell'amore, ma Goldie scacciò questo pensiero. Non
che non lo amasse, sia chiaro. Solo che non era usuale per lei un
linguaggio del genere. E le andava bene così.
Perchè sapeva quanto lo amava. Non aveva bisogno di stupide
frasi sdolcinate. E sapeva quanto lui l'amasse. Non poteva essere
altrimenti. Tuttavia ...
Goldie era afflitta. Sapeva di non poter assicurare a sua figlia la
solidità di una famiglia. Una figlia, una madre e un padre,
ma quest'ultimo non ci sarebbe mai stato. E lei avrebbe fatto domande.
Avrebbe iniziato fra poco, quando, a contatto con gli altri bambini, si
sarebbe resa conto che le mancava qualcuno. E avrebbe accettato
ingenuamente qualsiasi risposta, ma, altrettanto ingenuamente, avrebbe
continuato a fare domande. E poi avrebbe smesso. Ogni cosa sarebbe
stata spiegata e le menzogne, a cui purtroppo sua madre avrebbe dovuto
ricorrere, sarebbero state la verità.
Goldie si odiava per questo. Non riusciva a incolpare Scrooge per ogni
cosa. E mentalmente si rimproverava di non avergliene parlato. Quella
lettera era la sua ultima speranza. E quando non lo aveva visto tornare
indietro, aspettando fino all'ultimo, ritardando invano il momento di
andare a letto, tutto era stato distrutto. Poi, improvvisamente, quella
notte arrivò da lei. E ancora una volta si
ritrovò debole, completamente abbandonata a lui, alla sua
volontà e al suo desiderio. Aveva lottato contro la voglia
che la faceva tremare, aveva cercato di frenare la frenesia di lui,
già intento a spogliarla, assaporarla, morderla. Doveva
dirglielo. C'erano talmente tante cose di cui parlare: il loro amore,
la loro relazione, la loro figlia. E invece, per la seconda volta,
Goldie non ebbe la forza di opporsi. Sapeva che con lui non ci sarebbe
mai riuscita. Tuttavia, a conti fatti, dovette ammettere anche che
aveva paura. Sì, paura che lui la lasciasse. Paura di non
poter passare, non solo quella notte con lui, ma nemmeno i successivi
cinque minuti. E lei lo voleva. Non le importavano le conseguenze. Era
solo sua, lui la possedeva e Goldie non lo avrebbe mai respinto. In
quell'istante voleva solo bearsi della sua presenza, amarlo di quella
passione dirompente che li aveva vinti la prima volta nel Fosso
dell'Agonia Bianca. Voleva cullarsi nell'illusione che sarebbe rimasto
e che la mattina dopo lo avrebbe trovato al suo fianco addormentato.
Invece, la mattina dopo, era di nuovo sola.
- L'amore
è una motoslitta che corre attraverso la tundra e poi
all'improvviso si lancia nell'aria lasciandoti giù.
Di notte arrivano le donnole dei ghiacci. -
Matt Groening
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