Empatia
Erano
trascorse alcune settimane, ma,
dopo l'ultima missione, erano sembrate soltanto ore volate via in un
soffio. Doveva nuovamente ripartire per tornare chissà
quando,
rimettere il mantello da viaggio, riarmare lo zaino. Ma se l'ultima
volta, più di dieci anni prima, era stato facile, questa
volta le
braccia gli erano sembrate pesanti e il silenzio in casa sua
innaturale, mentre aveva raccolto le ultime cose.
Sarada
aveva smesso di parlare già da
giorni, anche se non le aveva detto nulla; doveva aver capito tutto
da un po', perché
era un Uchiha.
Aveva continuato a passeggiare avanti e indietro per la casa,
annuendo distrattamente a sua madre e lanciandogli sguardi in
tralice. Non aveva battuto ciglio quando Sakura aveva detto che era
ora di andare e, senza chiederle né dove né
perché, si era avviata
verso la porta, aprendo il corteo dell'ancora per poco unita famiglia
Uchiha.
L'empatia
non era una qualità che
poteva accostarsi al suo nome e mai aveva immaginato di poter provare
a pensare come un'altra persona. Eppure, in quel momento, poggiando
per terra un piede pesante dopo l'altro, non riusciva a staccare gli
occhi da sua figlia e il suo cervello era in sovrattività
mentre
cercava di immaginare i suoi pensieri: soltanto il suo viso
dimostrava la tristezza che la animava, perché, da brava
Uchiha,
cercava di dissimularlo con la sua andatura diritta e fiera. Doveva
pensare che Sasuke Uchiha, suo padre, non teneva a
lei.
Mentre
una strana idea gli balenava
all'improvviso in testa, intorpidendogli le braccia, con uno scatto
dettato dal timore di quel pensiero la superò e prese a
camminarle
davanti.
Aveva
visto Sarada piangere più volte
durante l'ultima, imprevista missione in cui si erano ritrovati, e
dentro di sé sapeva che lei avrebbe fatto lo stesso una
volta
tornata a casa, nella sua stanza, lontano dagli occhi indiscreti di
Sakura, e soltanto pensare di doverla lasciare di nuovo gli stringeva
stranamente il cuore. Sarada gli assomigliava davvero molto,
più di
quanto avrebbe mai immaginato, e guardarla risvegliava in lui
sentimenti che non credeva avrebbe potuto mai provare. Non lo muoveva
il senso di colpa per non averla mai conosciuta prima dei suoi dodici
anni, si trattava di un sentimento diverso che scavava dentro di lui
fin sul fondo del suo stomaco, rendendolo triste quanto lei e
permettendogli persino di leggere in quegli occhi.
“Per
quanto tempo starai via?”
pronunciò Sarada con voce sottile, come se non volesse farsi
sentire. Si voltò a guardarlo, non riuscendo a portare
avanti quella
recita di distacco un momento di più, e Sasuke vide una
ragazzina
imbarazzata, incapace di reggere il suo sguardo per aver fallito
nella missione di apparire forte davanti a suo padre. Chissà
cosa le
avevano raccontato di lui e delle sue imprese, chissà quanto
doveva
essere a disagio.
La
fissò dispiaciuto, senza riuscire a
non curvare le labbra verso il basso, mentre le braccia riprendevano
a formicolargli: gli sembrò l'unica soluzione possibile e,
chiudendo
gli occhi, la abbracciò per un attimo che sembrò
un'eternità.
Non
era bravo a parlare, ad esprimere
quello che sentiva, quanto si sentisse legato a lei,
ma sapeva
sarebbe bastato: Sarada era un Uchiha, era sua figlia,
avrebbe capito.
Note:
In
questa flash ho voluto analizzare sia il cambiamento di Sasuke, da
persona che continua ad andarsene in giro per il mondo a un padre che
comincia a provare certi sentimenti a cui non sa dare il nome
– il
passaggio da Sasuke Uchiha a padre, insomma, sia il cambiamento del
suo modo di vedere Sarada: da un “semplice” membro
della famiglia
con cui condivide sangue e cognome, la sua unica vera
identità
durante la serie, l'unica cosa a cui abbia continuato ad attaccarsi,
a “sua figlia”, per cui è pronto a dare
la vita e a dismettere
la sua “durezza” caratteriale, come ha dimostrato
nel manga.
Tutto questo perché, in quella vignetta del Gaiden in cui la
guarda prima di
salutarla, Sasuke sembrava davvero
dispiaciuto di andarsene e lasciarla. Spero che questa analisi possa
risultare plausibile: mi piace molto il rapporto tra Sasuke e sua
figlia che Kishimoto ha tratteggiato e spero vivamente di non averlo
rovinato. Non posso fare a meno di ringraziare, in particolare, Moko,
che con i suoi contest riesce sempre a farmi riprendere a scrivere su
questo fandom dopo i miei momenti "basta, non scriverò mai
più su Naruto".
Un altro grazie per gli eventuali pareri, mi sarebbero molto graditi. ^^
Alla
prossima! ^^
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