TO
FALL DOWN
Il
vento era forte, e il grande albero al centro della foresta cedette. Il rumore
forte del legno che si dilaniava lo svegliò di soprassalto, facendolo sobbalzare
nel suo sacco a pelo; accese la lampada a olio, e distinse appena i contorni
della propria tenda.
Luce. Tuono.
Di
nuovo luce.
Il
rombo che seguì fu come l’urlo di un uomo in agonia, e qualcosa nella foresta si
illuminò.
La
grande quercia sotto cui aveva consumato il suo pranzo era stata colpita a morte
e poi incendiata.
Doveva uscire di lì, o sarebbe bruciato vivo anche
lui.
Raccolse in fretta e furia le sue poche cose e si gettò
sotto la pioggia battente.
Akane si svegliò di soprassalto, ansimando. Aveva fatto
un sogno, un brutto sogno. Anzi, un vero incubo.
“Ranma…” Bisbigliò alla stanza vuota, con una voce che
non riconobbe come propria. Aveva sognato che…aveva sognato che
lui…
“Akane?” la voce interrogativa e preoccupata della
sorella maggiore la fece sobbalzare.
“Ho
provato a bussare, ma non mi rispondevi, e così sono entrata” Spiegò chiudendo
la porta dietro di sé. Aveva una candela in mano.
“La
luce è saltata per via del temporale – spiegò – Ma dimmi…tu stai
bene?” ”Io…sì…devo aver fatto un brutto sogno, niente di più. E’ tutto a
posto, tranquilla Kasumi” La ragazza annuì “Ti ho sentita gridare e mi sono
spaventata. Cos’hai sognato?” Akane si passò una mano sulla fronte sudata
“Io…non me lo ricordo, era…tutto così buio e confuso. Mi dispiace di averti
svegliata” Kasumi la liquidò con un alzatina di spalla e un sorriso
“Tranquilla sorellina. Vuoi un bicchiere di latte?” ”No, no…grazie Kasumi,
credo che proverò a dormire ora” La sorella annuì e si diresse verso la
porta. Poi tornò indietro, come ripensando a qualcosa “Sei sicura di non
ricordare cosa stavi sognando?”
Akane scosse la testa “No, perchè? Ho forse parlato nel
sonno?” Lei ci pensò su un istante, poi disse “Bè…ecco…veramente hai gridato
il nome di Ranma”
Akane trasalì, poi cercò di tergiversare “Figurati,
magari stavo sognando che quel baka mi insultava!” Kasumi sorrise un poco,
poi aprì la porta “Buonanotte Akane” ” ‘ notte”.
Si
ridistese sul letto cercando di controllare la propria respirazione. Il cuore le
batteva ancora troppo forte. Non aveva sognato di litigare con
Ranma.
Un
altro tuono esplose.
Quando si svegliò era mattina. Le ossa gli dolevano da
matti, e il suo corpo femminile non lo faceva star meglio.
“Kuso” mormorò contrariato tentando di alzarsi senza
troppo successo “Che diavolo…” Poi alzò gli occhi, schermandosi con una mano dal
sole debole del mattino. La sua tenda, stropicciata e bruciacchiata, era troppo
in alto, ne vedeva solo una piccola porzione blu. “Che diamine…?” Si risolse che
doveva riuscire a tirarsi in piedi se voleva capirci qualcosa. Starsene lì a
imprecare non gli sarebbe servito a niente.
Quando guardò di nuovo in alto si accigliò. Ora capiva
perché sentiva tutti quei dolori un po’ ovunque; era precipitato per qualcosa
come trenta metri rotolando sulla dura pietra del pendìo. Si toccò le spalle, i
fianchi, le braccia (Sono tutto intero…?!) Pensò (Dev’essere un miracolo che non
mi sia ammazzato stavolta).
Si
risolse a mettersi in cammino per rimediare dell’acqua calda, e si mise a
cercare lo zaino. Ricordava perfettamente di averlo raccattato velocemente prima
di fuggire dall’incendio, ma non riusciva proprio a
trovarlo.
“Kuso!” Esclamò ancora più
contrariato.
“Una ragazza perbene non dovrebbe dire queste parole!”
Lo ammonì una strana ragazzina dai corti capelli violacei. Era seduta in cima al
ramo di uno dei pochi alberi rimasti in piedi dopo il temporale. Era pallida, e
pareva molto triste. Vestiva di stracci, e a Ranma fece quasi pena; ma non si
lasciò intenerire più che tanto, infatti l’apostrofò “E tu chi sei?!” La
strana ragazza saltò giù dal ramo con un’agilità e una leggerezza che lo
sbalordirono. Sembrava che volasse. Era forse un’artista marziale? Eppure doveva
avere almeno tre anni meno di lui! No, forse anche quattro o
cinque.
“Mariko…mi chiamo Mariko…e voglio la mia mamma”
Cantilenò lei. Ranma sbattè le palpebre, e rimase interdetto (Si è persa nel
bosco?). Senza pensarci le tese la mano “Vieni, ti aiuto a cercare casa tua” La
ragazzina gli sfiorò la mano, poi si ritrasse. A Ranma sembrò che il suo labbro
tremasse, sul punto di piangere “Tu sei come me” Mormorò prima di fuggire via e
scomparire dalla sua visuale.
“ASPETTA! Ti perderai!!!” Gridò. Ma come poteva essere
stata così veloce?! Era come…scomparsa. E poi quelle parole “Tu sei come me” Si
ripetè “Che sia caduta anche lei nelle Sorgenti di Jusen?”. Si riscosse dai suoi
pensieri quando vide che il sole era già alto. Doveva mettersi in cammino a
cercare un bagno caldo e delle provviste. Il suo zaino era andato perduto, e
ormai aveva deciso di rinunciare a cercarlo.
Fece parecchia strada prima di trovare una piccola
sorgente termale alle pendici della montagna.Era stremato, e moriva di
fame.
Mentre si rivestiva vide, trai cespugli, uno zaino noto
e udì distintamente i grugniti di Ryoga che si allenava (Bene…credo che mi farò
offrire la cena da P-chan stasera, dopotutto quante volte ha mangiato a casa
Tendo lui?)
Gli
si parò davanti con un salto agile, e cominciarono a lottare. Ma la lotta era
noiosa, il ragazzo con la bandana sembrava distratto, e Ranma non riuscì a
trarre piacere dal combattimento.
“Sei troppo lento per me, P-chan!” Lo provocò sperando
in un miglioramento. Ryoga tirò un calcio in aria gridando il suo disappunto “Ti
ucciderò Ranma Saotome!!” ”Ma come sei ripetitivo!” Stranamente neanche
lui riusciva a colpirlo, però. Era come se gli sfuggisse; era diventato
velocissimo. Utilizzò il suo Kachu Tenshin Amaguriken varie volte, ma Ryoga
riusciva a schivarlo senza problemi; un pugno in pieno stomaco lo fece cadere
malamente, e Ranma imprecò.
(Diavolo, sono a digiuno da troppe ore, anche Ryoga
riesce ad avere la meglio!) così, approfittando di un attimo di distrazione da
parte del nemico/amico, Ranma gli sottrasse dallo zaino una di scatola ramen
istantaneo e una generosa porzione di riso al curry.
Quella notte dormì sotto le stelle, in un punto ben
lontano da quello in cui Ryoga si chiedeva che fine avesse fatto la sua cena, e
sognò un caldo futon e un paio di occhi color nocciola. Nella sua mente il viso
contratto di un’Akane arrabbiata gli gridava con quanto fiato avesse in gola
“Ranma, NO BAKA!”.
Lui
emise un grugnito nel sonno “Mmmhhh….non sei…niente….carina….me…”.
La
mattina dopo aveva deciso di tornare a casa e godersi una vera e propria vacanza
estiva senza scuola, a poltrire tutto il giorno, e magari a litigare con la sua
fidanzata che, nei più reconditi meandri della sua mente, già gli mancava da
morire.
Non
si aspettava di trovare tutto il suo mondo sottosopra, al suo
ritorno.
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