La pazienza del blu.
“Pillola azzurra:
fine della storia, domani ti sveglierai in camera tua e crederai a
quello che vorrai;
pillola rossa: resti nel paese delle meraviglie e vedrai
quant'è profonda la tana del bianconiglio”.
Quasi smette di respirare, Thomas Anderson – quasi smette di respirare.
Le due pillole stanno lì, appoggiate con noncuranza su palmi
delle mani di quello strano personaggio – un certo Morpheus
– strano nome, Morpheus.
Le due pillole stanno lì, con i loro colori accesi
– e chi lo sa
qual'è quella giusta.
Ma, alla fine, ce n'è davvero una giusta?
E' nervoso, Anderson, sente il tempo correre e scorrere – tic tac – quasi sente i battiti di un
orologio che non c'è – mentre le due
pillole ghignano piano alla sua indecisione – quale deve scegliere?
La pillola di sinistra è di un rosso acceso, deciso
– è
un colore che assomiglia terribilmente ad un ordine, quello
– c'è qualcosa che potrebbe quasi essere
sorprendente nella sua necessità di farsi notare, di essere
scelta.
La pillola di destra stà lì –
semplicemente – e aspetta pazientemente la sua scelta. Pazientemente.
E' un colore davvero paziente il blu – si limita ad osservarlo, come un
occhio inespressivo.
Ora, questa sua pazienza rassegnata bisogna capirla
– il rosso,
adagiato lì accanto, urla,
cerca di essere scelto con tutte le sue forze, mentre il tizio lo
osserva con un espressione indecifrabile (Anderson vorrebbe capirla
quell'espressione, vorrebbe, ma non può. Il suo sguardo
scivola sul nero compatto delle lenti); e il battito
costante di un orologio inesistente continua a farsi sentire, proprio
lì, nella
sua testa, incredibile
colonna sonora di un mondo alla deriva – e
lì davanti a lui, in mezzo a tutto quel caos, l'attesa paziente del blu.
C'è qualcosa che potrebbe quasi commuoverlo in quella calma
– potrebbe.
Il gesto di avvolgere le dita attorno a quel blu diviene assolutamente
logico – essenziale
– è semplicemente la conseguenza ovvia e naturale
di quell'attesa un po' rassegnata.
“Capisco”
Le labbra di Morpheus sono piegate in un modo strano, formando delle
fossette ai lati della bocca – capisco.
Dice solo questo. Capisco.
Chissà se ha capito anche la logica perfetta di quel gesto
essenziale.
Anderson, con il blu tra le dita, riesce solo a pensare che lui, un
eroe, non lo è mai stato – un eroe come quelli che nei
fumetti salvano il modo – lui non ci tiene
proprio a salvarlo, il mondo – Per Dio! - non
è capace nemmeno di salvare se stesso!
Lui non
è un eroe, tutto qui.
La pillola è totalmente insapore – per un attimo, solo per uno, aveva
pensato che avrebbe avuto il sapore del cielo.
La strana smorfia che colora le labbra di Morpheus (se non l'avesse appena
incontrato, avrebbe pensato alla delusione), è
l'ultima cosa che vede – c'è
da non crederci, ma è così –
proprio la piega delle labbra di – Di chi? La piega
delle labbra di... La piega. La piega? La piega
di cosa? Cos'era quel blu che aveva tra le dita? Blu. O era verde?
Cos'era quel... Quel. ... Buio.
La piega delle labbra di Morpheus è l'ultima cosa che vede
– c'è
da non crederci, ma è vero – prima di
svegliarsi.
Peccato che
Anderson non possa saperlo.
Mentre il Sole gioca con gli orli della tenda, Anderson pensa
pigramente che quello è l'ennesimo giorno uguale a tanti
altri.
Solo che il cielo sembra appena più blu.
Fine.
N.B.
Thomas Anderson, ovviamente, è Neo: ho voluto usare il suo
"vero" nome perché mi sembrava adatto al contesto, visto che
lui stesso decide di continuare ad essere Thomas Anderson,
anziché diventare Neo.
Volevo provare a scrivere qualcosa su Matrix, e questo
è il risultato.
Mi fate sapere cosa ne pensate? <3
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