Correvo
come una saetta sui tetti delle case di Los Angeles, mentre il vento
mi sferzava quasi con violenza; sentivo l'adrenaina a mille, cercando
di velocizzare la mia corsa.
«Prendetela!
Non lasciatevela sfuggire!» questa voce riecheggiò
alle mie spalle,
mentre dei passi si affrettavano per raggiungermi.
Non
rallentai per nulla, saltando sulla casa successiva, mentre sentivo
un bambino chiamare la madre ed indicarmi.
Era
molto raro vedere qualcuno che praticava Parcour, ed in quella
splendida e, a volte, rumorosa città era un evento
più unico che
raro, a causa della polizia e della vigilanza.
Una
volta atterrata, feci leva sulle gambe, riprendendo la mia sfrenata
corsa, come al solito ben meritata.
Ero
cambiata molto nell'ultimo periodo...
Non
facevo altro che cacciarmi nei guai, spesso e volentieri frequentavo
pessime compagnie e abbastanza raramente evitavo di ascoltare i
consigli di mio fratello.
Con
un balzo finii sul tettuccio di un'auto blu scuro, e pochi secondi
dopo mi ritrovai coi piedi sull'asfalto.
Ripresi
la mia corsa contro il tempo, sfrecciando tra le auto bloccate nel
traffico, cercando fra le tante qualcuna familiare in cui
nascondermi.
Presa
dai miei pensieri, mi scontrai contro qualcuno, perdendo
l'equilibrio.
Fortunatamente
per me, la mia "vittima" mi afferrò una mano, avvolgendomi
la vita con l'altro braccio.
Fu
allora che lo guardai per la prima volta...
Aveva
la carnagione lievemente abbronzata ed un profilo che lo faceva
assomigliare ad un latino, e non avevo idea se lo fosse o meno; due
occhi profondi come pozze di petrolio e spettinati capelli nero.
Mi
regalò uno dei sorrisi più belli che avessi mai
ammirato, ma subito
dopo, mi riscossi sentendo le voci dietro di me aumentare.
«Eccola!»
urlò con tutta la voce che aveva in corpo, per farsi sentire
da
tutti i componenti della sua banda.
Sorrisi
al ragazzo, correndo via e saltando su una macchina poco lontana, per
arrampicarmi su un edificio non molto alto.
Trascorsi
più di un'ora dopo quel fatidico incontro a correre,
cercando di
passare per le stradine secondarie e più nascoste,
intenzionata a
concludere in gran bellezza.
Mi
fermai davanti ad un immenso edificio, guardando alle mie spalle, per
assicurarmi non mi avessero ancora raggiunta.
Sorrisi,
entrando all'interno del palazzo ed allontanandomi velocemente dalle
porte di vetro, per non farmi vedere, semmai fossero passati di
lì.
Tirai
un sospiro di sollievo, gironzolando per la struttura, senza una meta
precisa.
Non
ero mai stata lì, e ne ebbi la certezza quando mi
spuntò davanti
un'insegna con la scritta "Roque Records"; era seguita da
poster di vari gruppi musicali, Boy Band, per l'esattezza.
Da
lontano intravidi un divano rosso, che sembrava essere parecchio
comodo ed accogliente.
Presi
la rincorsa, buttandomici di peso ed incrociando le braccia dietro la
testa.
Chiusi
gli occhi per qualche secondo, intenzionata a riposarmi per un bel
pò.
Dopo
nemmeno una decina di minuti, sobbalzai a causa di grida che si
susseguivano, stordendomi quasi.
Deglutii
voltandomi verso la porta che si trovava alla destra del divano,
poggiando i piedi sul tavolo e beandomi dell'atmosfera.
«Questo
succede perchè VOI, stupidi cani scimmia, non fate altro che
distrarvi, spesso e volentieri trascurando il vostro la-»
l'omone
non molto alto e dalla barba non troppo folta, interruppe il suo
discorso, puntandomi lo sguardo addosso e squadrandomi da capo a
piedi.
Notai
che aveva un paio di occhiali da sole ed uno strano cappello in
testa; immaginai fosse il "proprietario" di quel posto
immenso.
Dopo
un primo attimo di smarrimento, si avvicinò a me di qualche
passo,
con una strana espressione in viso.
«E
tu saresti?» chiese inarcando un sopracciglio, senza togliere
gli
occhi dai miei piedi sul tavolo.
Mi
morsi un labbro, scostando i piedi e rivolgendogli uno strano
sorriso, che nemmeno io sapevo ben definire.
Mi
scappò una risatina, continuando ad osservare il suo viso,
lievemente rosso dalla rabbia che cercava di controllare.
«Chi
diavolo sei?!» sbraitò ormai al limite; se con uno
sguardo fosse
possibile ferire, a quest'ora mi avrebbe completamente ucciso.
Notai
solo allora quattro ragazzi alle sue spalle e riconobbi il secondo,
alla sinistra dell'uomo.
Lo
squadrai appena, sorridendo al ragazzo che poche ore prima mi aveva
"salvata" da una bella caduta.
Gli
sorrisi allegramente, e lui fece lo stesso.
Fu
un'istante che sentii delle grida provenire dal corridoio, e sbiancai
vedendo un uomo alto e parecchio ben piazzato.
Sollevai
lo sguardo, osservando il condotto dell'aria; potevo passarci
tranquillamente.
Saltai,
dando un colpo sullo sportellino che si aprì, con un rumore
metallico; con un secondo balzo afferrai il bordo del condotto e
riuscii a salire appena il tempo, mentre una mano cercava di
afferrare la mia gamba.
«STOP!
Cos'è questo?! Chi era quella ragazzina sul set?»
Sentii una voce
sbraitare, diversa da quella del tizio con gli occhiali
«Dobbiamo
rigirare questa scena, da poco prima che apri la porta ed il
continuo.»
Ridacchiai
appena, scuotendo la testa; ero finita su un set cinematografico a
quanto pareva, e riconobbi solo in successione la voce di
Andrès.
Scesi
da dove ero passata poco prima, atterrando sul tavolo evitando di far
rumore; non diedi il tempo ai presenti di avvertire il regista, che
tra l'altro, mi voltava le spalle, e gli saltai addosso.
«Ma
che-» lo sentii esclamare, cominciando a girare
vorticosamente su se
stesso.
«Andrès
mi deludi» affermai senza riuscire a trattenere le risate
«non mi
riconosci nemmeno?» gli tirai appena le guance, mentre mi
sistemò
su di se, prendendo le mie gambe, per non farmi cadere.
Lo
sentii ridere appena, mentre mi fece scendere dalla sua schiena.
«Finalmente
ti sei fatta viva, dopo tutto questo tempo» mi
rimproverò appena,
senza perdere il sorriso, poi si rivolse al resto dei presenti che
osservavano la scena tra il curioso ed il divertito «voi
prendetevi
pure una pausa, possiamo continuare anche dopo.»
Mi
indicò la porta rossa da cui, pochi istanti fa era uscito
quel
gruppetto, avanzando ed entrando nella stanza; lo seguii a ruota,
passando davanti ai presenti e tirando leggeri schiaffetti sulle
guance dell'uomo con occhiali e cappelli.
Trattenne
a stento la rabbia, mentre mi affrettai a chiudere la porta.
La
sala era molto spaziosa e di colore rosso cremisi, ospitava vari
macchinari che servivano a registrare canzoni ed audio.
Andrès
si mise comodo su una delle sedie che erano sistemate nella sala, e
mi invitò a sedermi sul divano in pelle nera che aveva di
fronte.
«Allora,
qual buon vento ti porta qui?» ridacchiò appena,
mentre mi lasciai
andare alla comodità di quel magnifico divano «E'
da molto che non
ho tue notizie...»
Storsi
appena il naso, scuotendo la testa.
«Il
lavoro va come al solito, però sto cercando di superare il
blocco
dello scrittore che mi ha assalito da una settimana» mi
lasciai
sfuggire una risatina dove era possibile scorgere una nota nervosa.
«Tranquilla,
supererai anche questa» sorrise rassicurante, sporgendosi per
darmi
una pacca sulla spalla «Una delle poche novità che
ti riguardano,
di cui sono a conoscenza, è il fatto che la tua fama da
"Dragone
Rosso" aumenta sempre più»
Mi
morsi il labbro inferiore, guardandolo colpevole «In effetti
si...
oggi mi stavano inseguendo i 66Route»
Inarcò
un sopracciglio, scrutandomi attentamente «Sai... sei
cambiata
parecchio, e non solo in aspetto. Non sei più quella che eri
prima
di»
Non
gli lasciai finire la frase, cercando di sviare il discorso, per
quanto mi fosse possibile «E con la tua carriera invece? Vedo
che ti
stai dando da fare!»
«In
effetti si, questa stagione dei Big Time Rush ha aumentato di
parecchio gli ascolti» sorrise allegro, mentre ci scambiammo
un
cinque.
«Ma
complimenti» mi lasciavo spesso coinvolgere nell'allegria
degli
altri, quasi percependo le loro emozioni «Ed il mio caro
fratellino?
Come se la passa?»
Era
da molto che non vedevo mio fratello, e la cosa mi intristiva non
poco; mi ero allontanata da lui per evitare di coinvolgerlo nei guai
in cui ero incastrata spesso e volentieri.
«Se
la cava, soprattutto riesce ad interpretare alla perfezione il
personaggio che gli abbiamo assegnato nella serie» sorrise,
non
nascondendo la sua fierezza.
Continuammo
a parlare del più e del meno, non ci vedevamo da tanto.
Andrès
era una persona fantastica, come un secondo padre per me e David, mio
fratello maggiore.
Lo
conobbi quando la mia "metà" intraprese la via del
successo in televisione, cominciando ad interpretare ogni genere di
personaggio.
Da
allora si creò un legame come tra padre e figli, anche
perchè
spesso seguivo David alle riprese, nascondendomi nei condotti per non
apparire nell'inquadratura.
Amavo
sentirlo e vederlo mentre interpretava quei ruoli.
Dopo
quella lunga chiacchierata di un'oretta ed oltre, lasciammo quella
stanza, dirigendoci verso le telecamere di ripresa ed il resto dei
presenti.
Da
lontano intravidi i quattro ragazzi di prima discutere animatamente,
mentre mi fermai per scusarmi con "Gustavo Rocque".
«Bene,
ora dobbiamo girare la scena del Palm Woods, e tu» mi
puntò un dito
contro, sfiorandomi il naso «Potrai rivederlo se ti
va»
Sorrisi
allegra, ringraziandolo di cuore; non vedevo l'ora di fare una
sorpesa al mio fratellino adorato.
Mentre
parlavo con Andrès, uscimmo dall'edificio e lui mi
indicò una
limousine con cui dovevamo raggiungere la nuova meta.
«Che
ne dici di andare con i ragazzi? Così potete far
conoscenza.»
Sembrava entusiasta che interagissi con altri ragazzi, così
accettai
la proposta e mi incamminai verso il veicolo.
L'autista,
rimasto fino a quel momento in piedi e rigido, accanto all'auto, mi
aprì lo sportello; lo ringraziai, alquanto imbarazzata,
salendo e
mettendomi comoda sul sedile alle spalle del conducente.
Mi
sistemai più al centro, così potevo stare
più comoda, ma parlai
troppo presto.
I
quattro ragazzi di prima, entrarono come delle furie animali, mentre
due si mettevano comodi sul MIO sedile.
Rimbalzai
appena sul sedile, mentre uno dei due azzardò la cosiddetta
mossa
del "braccio sulle spalle di lei".
«Allora
splendore, il mio nome è James Maslow, il tuo
invece?» la sua voce
mi arrivò all'orecchio chiara e ferma, mentre mi voltai
verso di
lui.
Aveva
i capelli castano chiaro e due occhi verdi magnetici, che avrebbero
attirato l'attenzione di chiunque.
Storsi
appena il naso, prendendogli il polso «Piacere
Maslow» cominciai,
mentre gli sollevai appena il braccio, facendoci passare sotto la mia
testa «Io sono Spencer Cade» gli portai il braccio
disteso sul
fianco «e non provarci con me, grazie»
Gli
regalai un ampio sorriso, notando il suo faccino confuso e
trattenendomi a stento dal ridere.
«No
aspetta, mi stai rifiutando forse?» chiese ancora
più confuso «Sono
James Maslow io!» lo sentii affermare tra il deluso e
l'isterico.
«Si,
ti sto rifiutando soprattutto perchè non ti ho mai visto
prima d'ora
e non abbiamo mai parlato» risposi ovvia, senza abbandonare
la mia
espressione semi-divertita.
«James...
mi deludi... Una Friendzone posso capirla anche, ma
questo...»
Cominciò serio, il biondo seduto di fronte, poi
ridacchiò appena,
presentandosi «Kendall Schmidt»
Aveva
anche lui degli occhi verdi, più chiari e sfumati di
azzurro; doveva
amare i braccialetti visto che ne aveva un bel pò al polso.
Il
moro doveva essere sull'orlo di una crisi isterica e non potei fare a
meno di scoppiare a ridere, cercando di nascondere il viso.
«Non
è mai stato così divertente Friendzonare un
ragazzo» mi voltai
verso di lui, e la sua espressione corrucciata non giovò
alla mia
risata.
Scossi
appena la testa, tirandogli una pacca sulla spalla, senza abbandonare
il sorriso che avevo dipinto in viso «Suvvia, c'è
sempre una prima
volta»
«E
dimmi, la tua prima volta c'è stata?» mi voltai
verso il moro
seduto accanto a Kendall.
Capelli
castano scuro come i miei, occhi castano scuro ed un'espressione
maliziosa in viso.
Ci
misi alcuni secondi per analizzare la frase, rimanendo in silenzio.
Scossi
la testa, voltandomi verso il ragazzo che mi aveva impedito di cadere
ed afferrai il casco da Hockey che aveva in testa, giocandoci appena
«Non penso che siano domande da fare ad una completa
sconosciuta»
sollevai il viso dal casco, guardandolo beffarda «E' questo
il tuo
scarso metodo di seduzione?»
Vidi
il suo sorriso scomparire per qualche istante, poi ritornò
come
prima.
«Touchè»
ridacchiai appena, mettendomi il casco, che mi andava leggermente
largo «In ogni caso sono Logan Henderson, dovresti conoscere
questo
nome» qui il suo sorriso si fece più ampio.
Finsi
di riflettere qualche minuto, poi scossi la testa «Spiacente
per te,
ma la mia conoscenza su questo "Logan Henderson" è tanto
approfondita quanto la mia conoscenza del greco.»
«E
quanto conosci il greco?» chiese il ragazzo alla mia
sinistra,
osservandomi divertito.
«Zero
assoluto» sorrisi, lasciandomi affondare nel sedile, quando
sentii
un braccio sulla spalla.
«Sicura
che non ti interessa nemmeno una serata con il tuo idolo?» mi
voltai, mentre James avvicinava appena il suo viso al mio.
Sorrisi,
sporgendomi verso di lui come per baciarlo, mentre sorrideva
soddisfatto.
A
pochi centimetri di distanza gli lasciai uno schiaffo sulla guancia,
mentre osservavo il rossore comparire sulla sua pelle non troppo
chiara.
«Questo
è per non avermi ascoltata» lo spinsi appena,
allontanandolo da me
ed osservando gli altri ridacchiare.
«Tu!
Come hai osato!» si voltò verso di me, con uno
scatto d'ira
improvviso.
Il
quarto ragazzo, si sovrappose tra me ed il castano, per evitare
l'imminente lite.
Si
voltò verso di me, sorridendo allegro e porgendomi la mano
«Ed io
invece, sono Carlos Pena»
Ricambiai
sia la stretta di mano che il sorriso «Piacere mio»
lo guardai
negli occhi, accorgendomi che erano davvero profondi «E
grazie per
stamattina» ridacchiai nervosa, mentre il casco mi
coprì appena gli
occhi.
Lo
scostai appena, guardando fuori dal finestrino, accorgendomi che
eravamo bloccati nel traffico; questa era uno dei lati negativi di
Los Angeles.
Scossi
la testa, aguzzando la vista e guardando sul tettuccio dell'auto
accanto; scorsi un ragazzo con il cappuccio della felpa che gli
copriva il viso, mentre sventolava uno zainetto verde militare.
Sbiancai,
accorgendomi che era il mio e mi sollevai di scatto avvicinandomi al
finestrino «Quello è mio!» urlai di
colpo, facendo sobbalzare i
ragazzi che mi tenevano compagnia.
«Cosa?»
chiese Kendall stralunato.
Aprii
il finestrino, sporgendomi appena «Ridammi quello
zaino.» sembrava
più un ordine che una richiesta, la mia.
«Vieni
a prenderlo» mi disse con voce profonda, saltando sulla
macchina
davanti.
Mi
imbronciai, uscendo dal finestrino ed arrampicandomi sul tettuccio
della Limousine.
«Ma
che fai?!» sentii la voce di Logan chiamarmi, mentre
raggiungevo con
un salto, la macchina su cui era l'incappucciato.
Lo
osservai appena; statura media, corporatura robusta e ricci neri che
uscivano dal cappuccio. Felpa larga e pantaloni non molto aderenti.
Doveva
fare anche lui Parcour, visto che comincio a saltare sulle auto, fino
a salire su un tetto.
Lo
seguii, lievemente titubante, aggrappandomi al davanzale di una
finestra con le mani e sollevandomi, per saltare sul tetto e
seguirlo.
Notai
che era rimasto lì, come se volesse farsi seguire.
«Che
vuoi?» chiesi squadrandolo da capo a piedi.
«Solo
restituirti lo zainetto» si calò il cappuccio,
osservandomi e
porgendomelo.
«Qual'è
il trucco?» ero sempre stata un tipo diretto, e di certo non
nascondevo quello che pensavo.
Lo
vidi farsi sfuggire una strana risatina, lanciando la sacca, che
afferrai al volo.
«Nulla,
volevo solo rivederti» vidi la sua espressione addolcirsi,
mentre
cominciò ad avanzare verso di me.
«Io
non volevo, però.» risposi con tutta
l'acidità in mio possesso.
Vidi
il sorriso scomparire, per far strada ad un'espressione triste e
malinconica.
«Spenny,
ti prego...» puntai i miei occhi nei suoi, scorgendo quel
velo di
tristezza che aveva caratterizzato me per quasi nove mesi.
Scossi
la testa, avvicinandomi al bordo del tetto e mettendomi lo zaino
sulle spalle «Mi dispiace, ma non è stata colpa
mia.»
Mi
lasciai cadere, atterrando su un'auto parcheggiata, mentre cominciai
a cercare la limousine bianca che avevo lasciato.
C'era
ancora traffico, quindi non dovevano essere lontani; mi lanciai a
capofitto tra le auto, saltando su alcune di esse di tanto in tanto,
per cercare il veicolo dall'alto.
Pochi
secondi e le auto ripresero la loro corsa, e riuscii a saltare in
tempo sul marciapiede accanto.
Sospirai, gonfiando le guance e rassegnandomi; ora
dovevo fare la strada a
piedi, senza nemmeno conoscere la direzione da prendere.
La
cosa mi avrebbe decisamente rubato non poco tempo.
Angolo
autrice
Allora,
premetto col dire che non ci saranno autolesionisti, Mary Sue, Gary
Stue e ancora non ho chiare tutte le idee per la storia.
Questo
capitolo è come un piccolo Prologo, dove Spencer incontra i
Big Time
Rush, anche perchè avevo voglia di fare una storia con tanto
di
incontro e non partire allo sbaraglio.
Inoltre,
dico già da ora che questa è la storia e non
saranno ben accette
lamentele del tipo "non mi piace la coppia", "non mi
piace il finale", "non mi piace la scena blablabla" o
altre di questo genere.
Questo
perchè essendo io l'autore, qui, ho il pieno controllo dei
personaggi, e lo stesso chiunque scriva.
Spero
di aver attirato la vostra attenzione verso la storia anche se come
inizio lascia un pò a deludere ( almeno me, non so voi)
Detto
questo, vi invito, se volete, a partecipare alla storia, questo
perchè volevo aggiungere una o due amiche/amici di Spencer,
per non
trasformarla nel classico "Lupo Solitario che manda il mondo a
quel paese".
In
pratica delle OC; se vi va potete scriverlo in una recensione e
mandarmi il personaggio in chat, ovviamente niente Mary Sue e Gary
Stue anche su questo lato.
(cioè
niente personaggi perfetti)
Con
questo concludo senza trattenervi oltre, e spero in qualche
recensione ;")
Come
ultima cosa, volendo potreste proporre idee se volete, così
da dare
spazio anche ai lettori.
Salutoniiiih (piccolo
sfogo visto che amo le "h")
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