Sbatté
le palpebre, destandosi dallo stato di dormiveglia in
cui era caduto. Avevano bussato alla porta. Si alzò dalla
poltrona, chiedendosi
chi fosse, indeciso tra un parente che aveva voglia di rovinare una
tranquilla
serata e una delle persone che aveva incontrato durante
l’avventura da cui era
tornato circa un anno fa ormai. Era da tanto che non vedeva i nani e
gli elfi,
seppur si tenesse in contatto con alcuni di essi. Una loro visita lo
avrebbe
reso felice, benché già avvertisse
l’agitazione salire al pensiero che fosse il
Re sotto la montagna. Portò la mano sulla maniglia, aprendo,
sbattendo le
palpebre nel rendersi conto che aveva completamente sbagliato ogni
pronostico.
“Buonasera.
Non sono del posto e temo di essermi perso.
Potrei chiederle un bicchiere d’acqua se non è di
troppo disturbo?”
Prima
scosse piano la testa, solo dopo parlò.
“Nessun
disturbo… prego.”
Disse, facendolo
entrare, osservandolo un poco, pensando che aveva qualcosa di diverso
rispetto
agli umani che aveva conosciuto a Pontelagolungo.
“Da
questa parte, sedetevi pure.”
Lo
condusse fino alla cucina, prendendogli un bicchiere
d’acqua, porgendoglielo, vedendolo fare un piccolo cenno con
il capo e
ringraziare. Stette in silenzio, aspettandosi da parte sua una
presentazione,
che però non avvenne. A dire il vero, non disse
nient’altro. Si schiarì perciò
la gola, prendendo parola.
“Da
dove venite, se posso domandare?”
“Un
posto molto distante da qui. Come si chiama questo
luogo?”
Si
sentì chiedere e poi adocchiare con fare discreto.
“Contea.
La zona della Terra di Mezzo abitata dagli hobbit.
Avevate mai visto un hobbit?”
Parlò
d’istinto, pensando già di ricevere una risposta
negativa.
“No.”
Disse
infatti, portando una mano in
grembo.
“Gli
hobbit sono… così.” Concluse,
indicandosi. “Creature
assolutamente pacifiche e tranquille. Non abituate agli stranieri, ma
avete
scelto di bussare alla casa dell’unico hobbit non
più tanto… nella norma
diciamo.”
Concluse,
pensando che agli occhi di tutti pareva strano
e senza rispetto.
L’umano
d’istinto lo guardò, accennando un breve
stiramento
delle labbra.
“Lei
è il primo hobbit che incontro.”
“Non me ne sorprendo. Voglio dire, avevo pensato a questa
ipotesi.” Si corresse, non volendo sembrare scortese.
“Il mio nome è Bilbo
Baggins. Piacere di conoscervi.”
Il
ragazzo sembrò quasi ponderare su quel nome, per poi
presentarsi a sua volta.
“Uchiha
Itachi.”
Bilbo
pensò nel giro di poco che quel nome era totalmente
diverso da quello
degli umani che aveva
conosciuto, per poi notare che fino a quel momento gli aveva dato del
voi e Itachi
del lei. Inoltre, si era presentato prima con il cognome.
“Bene,
Itachi… gradite anche qualcosa da mangiare?”
Chiese,
osservandolo assumere una piccola espressione quasi
sorpresa.
“Non
voglio disturbarla oltre, Bilbo-san. Se mi potesse
indicare un alloggio per la notte, lo considererei un ultimo favore di
cui la
ringrazierò.”
“Bilbo…
san? Ah, in realtà qui nella Contea non penso
troverete un alloggio… men che meno a quest’ora.
Ma se volete, potete restare
qui.”
Offrì,
vedendolo aggrottare le sopracciglia.
“Le
recherei disturbo. Inoltre mi conosce da meno di
un’ora.”
“Vi
sorprenderà allora sapere che tempo fa mi sono ritrovato
tredici persone a tavola che conoscevo da pochi minuti e sembravano
più padroni
di me di casa Baggins.”
Disse
senza pensarci, schiarendosi poi la gola. Vide con la
coda dell’occhio Itachi sbattere le palpebre e restare in
silenzio.
“Era
un modo per dirvi che siete il benvenuto e che non mi
recate alcun fastidio.”
Itachi
indugiò, facendo poi un cenno affermativo con il
capo.
“Mi
permetta però di ricambiare la sua gentilezza,
Bilbo-san.”
“Ah,
a questo proposito, so già cosa chiedervi. Anzi,
chiederti. Nessun voi o lei tra noi. Inoltre… mi pare di
capire che aggiungi un
suffisso al mio nome. Di cosa si tratta?”
“Nel
mio paese è segno di rispetto.”
Disse
con una nota quasi autoritaria, e lo hobbit temette di
averlo in qualche modo offeso.
“Il
rispetto lo colgo dalla tua persona, Itachi. Non da un
suffisso.”
Affermò
convinto, notando l’altro guardarlo con un pizzico
di divertimento.
“Non
mi conosci, Bilbo. Potresti aver accolto in casa tua un
criminale.”
Pronunciò
a bassa voce, assumendo uno sguardo serio.
“Se
per criminale intendi qualcuno che ha ucciso delle
persone… l’ho fatto anch’io. Erano
orchi, sì, ma pur sempre delle vite. Se invece
oltre questo intendi le motivazioni che hanno spinto a tale
azione… allora su
questo punto potrei dissentire. D’altronde, l’hai
detto tu. Non ti conosco.”
Proferì,
pensando dentro di sé che non era davvero più
l’hobbit rispettabile di un tempo.
Itachi
non riuscì a mascherare del tutto un’altra
espressione sorpresa di fronte a quelle parole, chiedendosi
internamente se il
fatto che fosse uno sconosciuto aiutasse quell’hobbit a
parlare così.
“Non
posso darti torto.”
Elargì allora per
il
momento, concedendosi di osservarlo meglio.
Bilbo
sorrise, contento per quella risposta.
“Carne
o pesce? Per la cena intendo.”
“Mi
è indifferente.”
Lo
hobbit sbatté le palpebre, sospirando piano. Non poteva
credere
che non avesse una preferenza oppure un cibo che quella sera gli
andasse più di
un altro.
“Vieni
con me.”
Gli
disse allora, uscendo dalla cucina, aspettandolo.
Itachi
parve confuso, per poi comunque alzarsi e seguirlo,
ritrovandosi in una grande e fornita dispensa.
“Come
vedi, ho una buona scelta da offrire. Oh, e non fare
complimenti. Una volta è stata completamente
svaligiata…”
Il
ragazzo incrociò le braccia al petto, dando
un’occhiata
ai vari ingredienti.
“Pesce.”
Concluse
poi, guardandolo.
“Per
contorno?”
“Basta
il pesce.”
“Perché qualcosa mi dice che non sei un tipo che mangia
molto?”
Lo
vide trattenere un sorriso, alzando le spalle.
Bilbo
non aggiunse altro, recuperando il pesce e tornando in
cucina, iniziando a prepararlo in silenzio, sentendo d’altro
canto che nemmeno
Itachi pareva voler intavolare una discussione. Apparecchiò
la tavola, servendo
poi il cibo in un piatto, posandolo al posto che occupava Itachi.
“Tu
non mangi?”
“Ho
mangiato prima. E mi basta così.”
Affermò
con un sorriso, pensando che ancora non aveva
recuperato l’appetito di sempre.
“Mi
sento un intruso a mangiare in casa tua da solo.”
“Devi
sentirti un ospite. È ciò che sei. Mi fa piacere
averti qui.”
Mormorò
l’ultima frase, accorgendosi solo in quel momento di
quanto si fosse sentito solo durante quell’anno a casa
Baggins. L’avventura lo
aveva proprio cambiato.
Itachi
parve trattenere appena il fiato, per poi
ringraziare.
“Itadakimasu.”
Pronunciò,
prendendo
poi le posate, e Bilbo notò che sembrava avere
difficoltà nell’utilizzarle. Lo
guardò, chiedendosi da dove venisse visto che sembravano
parecchio diversi per
alcune usanze.
“Come
mai ti trovi qui nella Contea?”
“Una
missione. Lavoro per un’organizzazione.”
“Oh,
allora questa è la vostra divisa!”
Non
poté fare a meno di esclamare, osservando le nuvolette
rosse sullo sfondo nero.
“Deduco che tu sia sollevato da ciò.”
“Ah,
cielo, io… è che non avevo mai visto un simile
abbigliamento. Non fraintendermi, ti sta bene.”
Il
ragazzo rimase in silenzio, mangiando con fare calmo il
pesce, limitandosi a osservarlo a quelle parole.
“Ti va di raccontarmi qualcosa di te? Senz’obbligo
naturalmente.”
“Cosa
vorresti sapere?”
“Oh,
beh, cose semplici. Cosa ti piace, cosa non ti
piace…”
“Dango.”
“Prego?”
Itachi
finì di mangiare, allontanando un poco il piatto,
creandosi lo spazio necessario per appoggiare i gomiti sul tavolo.
“Sono
il mio piatto preferito. Delle piccole palline dolci
tipiche del mio paese.”
“Non
ne avevo mai sentito parlare. Come si preparano?”
Chiese interessato, guardandolo. “Ho una passione per la
cucina. Ereditata da
mia madre.”
Alle
sue ultime parole Itachi abbassò appena lo sguardo,
rialzandolo poco dopo. Cominciò subito a spiegargli la
ricetta, facendo
chiedere a Bilbo un minuto per recuperare il necessario per
scriversela. Lo
hobbit prese nota, annuendo via via ai vari passaggi, constatando che
avrebbe
dovuto recuperare certe componenti.
“Non
conosco proprio alcuni ingredienti. Spero di riuscire a
trovarli in qualche modo.”
“Intendi
prepararli?”
“Oh,
sì. Mi piace molto sperimentare. Magari se passi di qui
un’altra volta, vieni pure. Così avrò
il parere di un esperto.”
“Esperto?”
“È
il tuo piatto preferito, no? Non puoi non essere un
esperto.” Disse, sorridendo.
Itachi
assottigliò un poco gli occhi, cominciando a fissarlo
senza preoccuparsi di dare nell’occhio.
“Sei
una persona interessante, Bilbo Baggins.”
Lo
hobbit sbatté le palpebre, preso in contropiede, sentendo
per un istante le guance un poco più calde, portando
d’istinto la mano su una
di esse.
“Ti
ringrazio. Anche tu.” Mormorò quasi, per poi
cercare di
riprendersi.
Era
molto bello, lo aveva pensato fin da subito. Ma era
giovane e nonostante gli umani e gli hobbit avessero una media di vita
differente,
non voleva in alcun caso sembrare inappropriato. Anche se cominciava a
credere
che fosse destino per lui prendersi sbandate per qualcuno che entrava
dalla
propria porta di sera e poi restava a cena. Sospirò piano,
pensando
inevitabilmente a Thorin. Erano mesi ormai che la loro storia era
finita ed era
inutile cercare qualcosa che non esisteva più.
Quell’amore consumato e poi
bruciato lo aveva lasciato alquanto scosso, ma dopo un anno dal ritorno
nella
Contea era impossibile tornare indietro. La malattia aveva catturato
Thorin e
benché ora stesse bene, la distanza tra loro era diventata
incolmabile. Lo
aveva amato anche dopo la battaglia e sapeva di essere ricambiato, ma
non
riuscivano più a comunicare. Era stato il punto
più doloroso da accettare
quello. E se da parte sua poteva esserci una minima speranza, Thorin
non voleva
ferirlo ancora, glielo leggeva negli occhi. E così non
avevano fatto passi
avanti, rimanendo fermi e distanti a osservarsi, facendo delle brevi
chiacchierate quando le circostanze lo permettevano. Poi era tornato a
casa,
anche se aveva fatto molta fatica a chiamarla di nuovo casa. Certamente
casa
Baggins era la stessa, cose messe a soqquadro a parte. Ma era lui a non
essere
più lo hobbit di una volta. Eppure dopo un primo difficile
periodo, aveva
pensato che magari non era ancora quella la fine per lui, che fosse
destinato a
qualcos’altro. E forse, poteva essere Itachi la risposta. Per
Bilbo però era
difficile comunicare ogni emozione che aveva vissuto, tutt’al
più che si
conoscevano praticamente da pochissimo. E non era più un
ragazzino, non poteva
permettersi una cotta come quella e sperare che tra una parola e
l’altra
sortisse fuori qualcosa tra chissà quanto tempo.
“Sei
immerso nei tuoi pensieri. Deduco di essere una
presenza che induce alla noia.”
Bilbo
si risvegliò, sbattendo le palpebre, guardandolo
dispiaciuto.
“Ah,
no, affatto! Scusami.”
Itachi
non rispose, facendo un piccolo sorriso, guardandolo
come a dire che non c’era alcun problema.
Fu
quel sorriso forse a smuovere lo hobbit che aveva dentro
di sé il lato Took ereditato dalla madre, facendolo parlare
prima ancora che
potesse frenarsi.
“Io
ho… vissuto un’avventura. Mi ero perso un attimo
nei
ricordi.”
Itachi
si fece attento, mostrando più attenzione negli occhi
neri.
“Un’avventura?”
“Sì.
Nani, elfi, umani, stregoni… oh, avevo anche il drago.
Naturalmente se devo fare una cosa alternativa, la faccio in grande
stile.”
Disse
con una bassa risata, notando che l’altro si stava
davvero interessando.
“Raccontami
se desideri.”
Bilbo
inclinò il viso, pensando che sì, oltre che
voglia aveva
il bisogno di raccontare ogni cosa. E narrò la storia di
un’intera avventura,
parlando senza pause, mettendo enfasi in alcuni punti e dolcezza in
altri.
Itachi lo ascoltò per tutto il tempo, mostrando vero
interesse, passandosi di
tanto in tanto le dita sulle palpebre, guardandolo con occhi che
parevano
stanchi ma sempre attenti.
“Incredibile
che una creatura come te abbia vissuto tutto
ciò. Ho potuto constatare che sei un bella persona e
sinceramente fatico a
vederti con una spada in mano a trafiggere nemici. Ma hai la mia stima
per il
coraggio che hai mostrato. Sarebbe bello vivere un’avventura
come la tua, avrei
qualcosa di stimolante e diverso dalle solite missioni.”
“Oh,
alla prossima che mi capita ti chiamo se ci tieni.”
Disse con tono
ironico, eppure dentro di sé si accorse che scherzava il
giusto.
“Perché
no.”
Concesse, facendo un
altro piccolo sorriso, per poi assumere un’espressione seria.
“Come
mai non sei rimasto insieme al tuo Re?”
Bilbo
trattenne per un attimo il respiro, per poi sorridere
amareggiato.
“Si
capiva così tanto?”
“Quando
parli di lui, i tuoi occhi dicono più di te.”
“Gli sono
molto legato. Resterà sempre una delle mie
persone importanti. Ma non c’è alcun sentimento
romantico ormai. Non più.”
“Vuoi
dire che non sei impegnato?”
“No.
E tu?” Chiese, sperando di non sembrare sospetto.
“Con
il lavoro che faccio, nemmeno volendo potrei
permettermi una relazione. Mi sta bene così, non ho una
persona per cui valga
la pena lasciare la mia aspirazione.”
“Se posso permettermi,
quale aspirazione?”
“Niente
più guerre a questo mondo. Ma direi che non sono la
persona adatta per proclamare pace e amore. Ho sterminato il mio
clan.”
Lo
disse in maniera così pacata e naturale, che Bilbo quasi
non capì se lo stesse prendendo in giro oppure no.
“Perché?”
Itachi
sbatté le palpebre, mostrando per la prima volta
stupore vero.
“Hai
un assassino in casa e invece di spaventarti mi chiedi
perché lo abbia fatto? Un assassino non ha bisogno di un
motivo per uccidere.”
“Prima
di tutto ho in casa un essere umano di cui non
conosco il passato. Pure io ho ucciso, te l’ho detto.
Obiettivamente sono un
assassino anch’io. Ma ciò non fa di me una persona
cattiva, in quanto ho ucciso
per difendere qualcuno a me caro da morte certa per mano di un orco
malvagio.
Nel caso della prima volta, ecco.” Disse, sperando di non
irritarlo con quelle
parole.
“È una lunga storia.”
“Ho
un debole per i racconti lunghi, lo avresti mai detto?”
Chiese, sorridendo.
Itachi
lo guardò in silenzio, per poi ricambiare piano quel
sorriso. Narrò del proprio passato, degli Uchiha, di Konoha
e di
Akatsuki.
“Pensi
ancora che non sia un assassino?” Domandò a fine
racconto, scrutandolo.
“Sono
certo che tu abbia vissuto qualcosa che non meritavi
affatto. E mi dispiace tanto per ciò.”
Mormorò,
prendendo
fiato, accorgendosi di averne meno del sufficiente. Quella storia
pareva
incredibile, ma era la pura verità. E la cosa più
dolorosa era che lui sapeva
come stavano veramente le cose…
e un intero
villaggio no.
“Non
devi per forza proseguire su questa strada, Itachi. Sei
giovane, lo vedo.”
“Cosa
mi dici di te allora?”
“Io
ho cinquantuno anni ormai. Non sono più giovane. Nemmeno
anziano eh, però ho vissuto abbastanza per un
hobbit.”
Il
ragazzo lo guardò, scuotendo la testa.
“Impossibile
che tu abbia tutti questi anni.”
“Ti
ringrazio del complimento. Ma credimi, non sono poi così
fuori dalla norma qui nella Terra di Mezzo. I nani vivono alcune
centinaia di
anni, gli elfi sono immortali.”
Itachi
sbatté le palpebre, facendo una bassa risata,
strofinandosi nuovamente gli occhi.
“Io
ne ho ventuno.”
“Oh,
vedi? Sei giovane. Noi hobbit raggiungiamo la maggiore
età a trentatré anni. Per cui ammetto che i
cinquanta anni di un hobbit non
sono i cinquanta anni di un umano.”
“Allora
potresti trovarti un hobbit tranquillamente.”
Dichiarò,
assumendo un’espressione appena furba.
“Oh,
no. Ho avuto una storia con un nano, adesso tocca a un
elfo o a un umano.” Disse, ridendo.
“Un
umano volendo lo hai davanti a te ora.”
Affermò,
posando il mento sulle nocche delle mani, tenendo
saldi i gomiti sul tavolo.
Bilbo
lo guardò con un’espressione ilare ma dentro di
sé
agitata, annuendo.
“Me
ne sono accorto più che bene. Un umano dall’animo
buono
e gentile. E anche educato.”
“Sei
il primo che mi descrive così. Non penso di
meritarmelo.”
“Lascia
che sia io a dirti come sei. Tu hai gli occhi troppo
inquadrati ormai su altro per riuscire a guardarti. Ma vedrai che se
continueremo a frequentarci, tempo poche settimane che la parola
assassino
andrà via dalla tua bocca.” Disse convinto,
sorridendo.
Itachi
lo osservò, abbassando poi lo sguardo, soffocando
sulle dita una risata.
“Sei
il primo a farmi questo effetto. Pensavo di essermi
dimenticato cosa significasse stare così bene.”
Mormorò,
per poi alzare di nuovo gli occhi, guardandolo
serio.
Lo
hobbit si sentì un poco imbarazzato, schiarendosi la
gola.
“Spero
sia un bell’effetto.”
“Assolutamente.”
Affermò con sicurezza, per poi sporgersi un
poco verso di lui.
Bilbo
lo fissò senza accorgersene, chiedendosi se stesse
equivocando qualcosa oppure gli stesse mostrando interesse o quel che
era.
“Proprio
una persona interessante. Mi piaci.”
“Mi
piaci anche tu. Ah, ecco, nel tuo stesso senso ovviamente.”
Itachi
sorrise, guardandolo ancora.
“E
quale sarebbe il mio senso?”
“Beh,
uno innocente. Sbaglio?”
“Sì,
Bilbo. Stavolta sbagli.” Mormorò, stringendo
appena le
dita.
Lo
hobbit trattenne il fiato, chiedendosi perché mai
si sentisse così adolescente.
“Ho
trent’anni più di te…”
“Non
è un problema.”
“Io
non…”
Mormorò,
non sapendo più cosa dire. Si limitò dunque a
guardarlo, sporgendosi di rimando sul tavolo. Vide Itachi compiaciuto,
notandolo poi sciogliere le dita e posare una mano sopra la sua,
trattenendo il
fiato. Era fredda e naturalmente più grande, eppure si
sentì avvampare. Girò la
mano, portando il palmo contro il suo, allungando piano il viso. Vide
Itachi
chiudere gli occhi, facendo lo stesso. E appena sentì
stringersi le dita il
bacio avvenne, un piccolo sfiorarsi di labbra. Lo sentì
indugiare un poco, per
poi farsi coraggio e dare una maggiore consistenza a quel gesto,
premendo la
bocca sulla sua, dando vita a un lento susseguirsi di carezze fatte di
labbra e
respiri, interrotto solo da un graduale approfondirsi del bacio. Bilbo
si tenne
aggrappato a quelle dita, constatando che era così che
voleva sempre sentirsi.
Al sicuro, sostenuto e amato.
Si
staccarono piano, guardandosi. Itachi si
passò appena la lingua sulle labbra, facendo un sorriso che
aveva qualcosa di
nuovo e profondo agli occhi di Bilbo.
“Tu…
mi piaci. E non intendo nel senso di prima.”
Mormorò,
vedendo Itachi avvicinarsi di nuovo e dargli un
altro bacio, stavolta più delicato, per poi riportare il
capo indietro.
“Voglio
dire…”
Continuò
Bilbo, sentendo che doveva mettere a parole ciò che
provava.
“Ti
voglio bene. Più che bene.”
Concluse
allora, pensando che dire “Ti amo” a qualcuno in
così poco tempo non suonasse serio e ci volesse tempo per
innamorarsi, ma desiderava
in qualche modo fargli capire che verso di lui aveva del vero interesse
disposto
a portare avanti e far diventare amore. Qualcosa però
andò storto, in quanto
Itachi sgranò appena gli occhi, levando la mano dalla
stretta, ricomponendosi.
“Il
mio lavoro non mi permette di…”
“Non
si tratta di questo. Non mi riferisco al potere, ma al
volere. Tu vuoi?”
Chiese,
vedendolo restare in silenzio, pensando che pareva
in difficoltà.
“Ritengo
che tu debba rifletterci bene. Se non fossi
arrivato, saresti di sicuro tornato da Thorin.”
A
quelle parole lo hobbit scosse la testa, guardandolo
seriamente.
“Non
lo avrei fatto. Ormai lo so più che bene.”
Itachi
però non sembrò tranquillizzarsi, facendo pensare
a
Bilbo cosa ci fosse stato di tanto brutto in un semplice “Ti
voglio bene”.
“È
meglio che vada.”
“Andare?
Ma resti qui stanotte…”
“Non
più. Perdonami. Non voglio scombussolare così la tua vita. Non saresti al sicuro con me, ti sto solo
confondendo.” Proclamò, mettendosi
in piedi.
Bilbo
scosse più volte la testa, alzandosi a sua volta,
portandosi davanti a lui.
“Itachi…
per favore. Possiamo parlarne?”
Davanti
a quegli occhi, il ragazzo sembrò indugiare. Ma fu
solo questione di qualche istante poiché dopo essersi
strofinato ancora le
palpebre, premendo piano i polpastrelli, fece un passo verso di lui.
“Non
adesso, Bilbo. Ho bisogno di… riflettere.”
Lo
hobbit lo guardò, annuendo a malincuore.
Vivere
tutte quelle cose aveva portato Itachi a pensare di
avere una barriera con ogni persona e non poteva buttarla
giù nel giro di una
serata. Ma l’aveva scalfita, e questo era già
tanto.
“Va
bene.”
Mormorò allora,
sentendo gli occhi lucidi, andando subito a sfregarci sopra le nocche.
Itachi
si sentì colpevole, posando la mano sui suoi
capelli, facendo un gesto simile a una carezza un po’
impacciata.
“Ci
rivedremo, Bilbo. Ti lascio qualcuno che ti servirà per
contattarmi in caso di bisogno.”
Proclamò,
allontanando la mano. La portò
insieme all’altra, eseguendo dei
sigilli, facendo comparire un corvo.
Lo
hobbit osservò il tutto stupito, pensando che erano
quelli i cosiddetti ninja di cui gli aveva raccontato.
“Grazie
a lui, saprò quando venire.”
Disse
Itachi, posando il corvo sulla spalla di Bilbo. “E
grazie a questi potrò venire.” Aggiunse,
concentrando una piccola quantità di
chakra negli occhi, facendo comparire lo Sharingan.
Bilbo
osservò quel nuovo colore che già prima gli aveva
spiegato cosa fosse, facendo un piccolo sorriso.
“Sono
belli, ma... ho un debole per il nero.” Mormorò,
osservandogli i capelli.
Itachi fece
un ultimo sorriso, facendo tornare gli occhi
del loro colore naturale. Si chinò, posando le labbra sui
morbidi riccioli dell’altro.
“A
presto.”
Disse
semplicemente, per poi allontanarsi, andando verso
l’ingresso. Bilbo lo seguì d’istinto,
restando sulla soglia appena Itachi varcò
la porta. Lo osservò fino all’ultimo, portando
piano la mano ad accarezzare
l’animale mentre Itachi scompariva dalla sua vista.
Un'altra avventura era iniziata, e nuovamente doveva
ringraziare un semplice incontro voluto dal destino.
E
stavolta, gli piaceva pensare che potesse essere un incontro
che sarebbe durato un’intera vita.
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