Questa one shot è il seguito di It's like
daylight, only magic.
Titolo della storia da Out of my league di Fitz & The Tantrums.
All
the wonders that remain become a simple fact
Quarto
anno.
Enjolras si
è addormentato. Di nuovo.
Grantaire
teme questo momento da
settimane. Deglutisce la paura e continua a fare i compiti di
Trasfigurazione, facendo finta di niente. Magari Courfeyrac non se ne
accorgerà: appare piuttosto preso dalla lettera che sta scrivendo,
il viso illuminato dal perenne buonumore.
O forse
Enjolras si sveglierà da
solo, aggrotterà la fronte tentando di capire che cosa sia successo,
e poi si rimetterà a studiare come Grantaire gli ha visto fare
migliaia di volte.
“R”, lo chiama
Courfeyrac, senza
distogliere lo sguardo dalla sua lettera.
Grantaire lo
guarda con il cuore in
gola. “Mmm?”, riesce ad articolare. Stringe forte la penna tra le
dita.
“È ora di cena?”
Grantaire si
rilassa. “Già,
dovremmo fare una pausa e andare”. I compiti li avrebbe finiti in
un altro momento. Spera di non dimenticarsene, come invece è
successo l'ultima volta. Il professore non era stato molto contento.
Courfeyrac
annuisce e posa la piuma, stropicciandosi gli occhi. Grantaire sa a
chi sta scrivendo la lettera perché Courfeyrac ne ha
parlato a
tutti
per giorni: durante l'estate ha conosciuto una ragazza che frequenta
Beauxbatons, l'Accademia di Magia francese. Secondo
Courfeyrac hanno
passato le vacanze insieme, sfuggendo ai rispettivi genitori, e
adesso si scrivono. Fastidiosamente
spesso.
L'ultimo gufo
di Joëlle
è
arrivato il giorno prima durante il loro allenamento di Quidditch e
Courfeyrac – scavalcando il loro Capitano, tra l'altro – ha
costretto tutti a fare una pausa di venti minuti per leggere la
lettera.
“Già,
dovremmo andare”, concorda Courfeyrac. Prende la lettera e inizia a
rileggerla. “Ah, e R?”
“Dimmi.”
“Dovresti
svegliare Enjolras prima di andare.”
Grantaire
fa ricadere la testa sul tavolo con un gemito terrorizzato. È il suo
turno di svegliare Enjolras, lo sa. Spia verso di lui con un occhio
nella speranza che nel frattempo si sia svegliato, ma Enjolras è
ancora lì, seduto a un tavolo all'altro capo della Sala Comune, la
testa bionda posata
sul libro aperto di Antiche Rune. I
ragazzi intorno a lui non ci fanno caso, ormai abituati, ma nessuno
dà segno di volerlo svegliare.
Il
fatto è che Enjolras si addormenta spesso mentre studia la sera. Un
momento è lì, chino sui libri, a ripetere una lezione o intento a
scrivere qualcosa, e un secondo dopo ha la testa sul tavolo ed è
profondamente addormentato. Ha
la capacità
di addormentarsi ovunque: sull'Espresso di Hogwarts, in biblioteca,
durante il pranzo. Qualche settimana fa
si è addormentato con la testa sulle gambe di Grantaire mentre erano
tutti nel parco del castello, seduti sull'erba a godersi gli ultimi
raggi di sole prima dell'arrivo dell'autunno. Le gambe di Grantaire
si erano addormentate insieme a lui, ma Grantaire, nonostante la
scomodità, non si era mosso.
Nessuno
sveglia Enjolras. È una regola non scritta. Durante il terzo anno
Bahorel ha
commesso l'errore di svegliarlo urlando il suo nome, la voce già
tonante amplificata dal Sonorus,
e Enjolras gli ha
scagliato una Fattura Mangialumache ancora mezzo addormentato. Poi si
è
scusato, certo, ma non ha
rivolto la parola a Bahorel per una settimana.
Il
problema è
sorto all'inizio dell'anno, quando Enjolras, accortosi della sua
tendenza ad addormentarsi ovunque e in qualunque momento, ha
chiesto a Grantaire, Courfeyrac e Jehan di svegliarlo se fosse
accaduto ancora. E i tre non sono
riusciti a dirgli di no, un po' perché non accade spesso che
Enjolras chieda
aiuto a qualcuno, un po' perché risulta sempre
praticamente impossibile negargli
qualcosa
se
lui li guarda
con quegli occhi blu e un sorriso esitante sulle labbra.
Quindi
avevano organizzato dei turni. Solo che non stava andando granché
bene. Una
settimana fa Jehan si è beccato
un fiotto d'acqua che lo ha
costretto contro la parete per parecchi minuti. Ancora prima, a
Courfeyrac è
toccata una Fattura Gambemolli.
“A
te non va mai così male”, gli fa notare Courfeyrac, ancora preso
nella rilettura della sua lettera.
“Per
ora”, borbotta Grantaire. Si alza in piedi e fa un respiro
profondo. “Se non mi vedi tornare, non tentare di venire a
salvarmi. Enjolras avrà già avuto la meglio su di me”. Si volta,
pronto
ad
attraversare la Sala Comune, ma Courfeyrac lo richiama.
“Grantaire?”.
Sta sorridendo. “Non credo che Enjolras potrebbe mai avere la
meglio su di te. Né tu su di lui.”
Grantaire
ricambia il sorriso. “Ne saresti sorpreso.”
Gli
altri Grifondoro nei paraggi si allontanano indiscretamente quando
Grantaire si avvicina a Enjolras. Ormai ci sono così abituati che
non mascherano più le loro fughe, ma rimangono sempre nei paraggi,
perché Grantaire che cerca di svegliare Enjolras senza farlo
infuriare
è sempre uno spettacolo.
Il
tavolo di Enjolras è un caos di piume, pergamene di vecchi compiti,
libri spalancati su altri libri. In qualche modo, addormentandosi,
Enjolras è anche riuscito a rovesciare un calamaio sul saggio che
stava scrivendo. Per prima cosa Grantaire aspira l'inchiostro caduto
con la bacchetta e mette in ordine il tavolo, sapendo che calmerà
Enjolras in caso le cose dovessero mettersi male. Poi si china verso
di lui e con attenzione rimuove il libro di Antiche Rune da sotto la
sua testa. Alzando lo sguardo, vede che gran parte dei suoi compagni
di Casa li sta osservando. Enjolras emette un suono assonnato
indefinito.
“Enjolras?”,
sussurra. L'altro
si muove leggermente. “Enjolras,
è ora di cena”. Gli
scosta i capelli dal
viso con attenzione. Enjolras apre un occhio e fa per muoversi.
“Okay”.
Istintivamente, Grantaire si allontana di un passo. “Lo vedi
questo?”. Muove il libro di Antiche Rune, tenendolo davanti a sé
come protezione. “Questo farà una brutta fine se cerchi di
scagliarmi una Maledizione, lo sai? Quindi ti consiglio davvero di
non-”, ma non riesce a proseguire, perché dall'altra parte del
libro proviene una risata. Grantaire lo abbassa lentamente.
“Mi
piace questa tattica”, dice Enjolras stropicciandosi gli occhi. Sta
ancora sorridendo. “Molto meglio del solletico dell'altra volta.”
Gradualmente,
tutta la Sala Comune si rilassa e torna alle sue precedenti attività.
Dall'altro capo, Courfeyrac li guarda con i pollici in su.
“Ah
sì? Ho preso spunto dall'ultima lezione di Cura delle Creature
Magiche.”
Enjolras
sbuffa, ma sembra divertito. “Non sono una Creatura Magica,
'Taire”. Inizia a sistemare ciò che è rimasto sul tavolo,
riponendo i libri nella borsa, e poi lo sfiora con uno sguardo che
Grantaire non riesce a interpretare. “Grazie per aver messo in
ordine.”
Grantaire
alza le spalle. Non ha fatto nulla di eccezionale. “Andiamo?”,
dice invece, “Sto morendo di fame.”
Courfeyrac
sembra essere sparito dalla circolazione, quindi si avviano verso la
Sala Grande da soli in un silenzio rilassato, come hanno già fatto
altre decine di volte. Grantaire non smetterà mai di stupirsi di
come siano arrivati a essere amici. Lui e Enjolras non sono migliori
amici come Enjolras lo è con Combeferre, ma tra loro c'è una
connessione bizzarra, diversa. Inaspettata. Dal secondo anno il loro
rapporto è mutato lentamente. Tra loro si è stabilito un legame
particolare. E Enjolras è l'unica persona con cui Grantaire può
essere completamente, interamente se stesso, forse perché ha
imparato a non aver paura del suo giudizio, forse perché lui e
Enjolras sono incredibilmente simili e allo stesso tempo così
profondamente differenti. Parlare con lui è interessante,
divertente, quasi liberatorio.
“Non
avevate gli allenamenti oggi?”, chiede Enjolras mentre scendono la
scalinata di marmo.
Grantaire
scuote la testa. “No, abbiamo fatto cambio con i Serpeverde e ci
siamo allenati
ieri. Mentre tu eri chiuso in biblioteca, ricordi?”. Entrano nella
Sala Grande e si dirigono al tavolo di Grifondoro, quasi vuoto per
l'ora tarda. Joly
e Cosette tengono banco al tavolo di Corvonero, impegnati in
un'attiva discussione insieme a un gruppo di persone di Case
differenti. La
cravatta di Joly è misteriosamente annodata attorno alla sua testa,
mentre Cosette usa la sua, rossa e oro, come bracciale. Sembrano
tutti assorti nella conversazione, gesticolando animatamente,
dimentichi del cibo. Non è una vista insolita, soprattutto al tavolo
di Corvonero.
Enjolras
guarda in su, preoccupato. Il soffitto riflette il temporale che
impera fuori. “Spero abbiano finito, è impossibile giocare con
questo tempo.”
Grantaire,
che
ha
appena mandato giù il primo boccone, sussulta
quando Éponine appare dal nulla accanto a lui. È tutta bagnata e
indossa ancora la divisa da Quidditch per gli allenamenti.
“Abbiamo
finito”, risponde a Enjorlas. Sembra distrutta.
“Siete
riusciti ad allenarvi?”, chiede Grantaire, dopo
aver deglutito a fatica.
Non protesta quando Éponine inizia a rubargli le patate dal piatto.
Éponine è così: impiega un po' a capire se può fidarsi di te, ma
quando decide
è
la fine. Ciò che è tuo è anche suo. Grantaire
non può dire che gli dispiaccia.
“Solo
un po'. Montparnasse è quasi caduto dalla scopa, quell'idiota.”
“Che
gli è successo?”
Lei
alza gli
occhi al cielo.
“Non ne ho idea. Mi sono voltata e 'Parnasse
era lì, a penzoloni dalla scopa.”
“Dovreste
fare più attenzione. Tutti quanti”, borbotta Enjolras. Il
Quidditch non gli
è
mai
piaciuto
particolarmente.
Éponine
lo guarda, ma non risponde. Lei e Enjolras hanno un rapporto strano.
Non sono mai andati completamente d'accordo, ma tra loro c'è una
amicizia circospetta, una sorta di intesa silenziosa.
“Siete
pronti per la partita di sabato?”, domanda invece a Grantaire.
Enjolras
continua a mangiare le sue verdure. Ne
mangia sempre tantissime.
Grantaire si chiede spesso se chi proviene dal mondo babbano abbia un
qualcosa per le verdure, perché anche Joly e Feuilly le mangiano
sempre.
Fa
cenno di sì a Éponine.
Si sono allenati con impegno nei giorni scorsi, ma i Corvonero sono
piuttosto forti. “Spero non facciano giocare Musichetta.”
Musichetta
è il Portiere di Corvonero, ed è probabilmente la più brava che la
squadra abbia mai avuto. La
sua è una combinazione di strategia, intelligenza e bravura. Tutte
le Case invidiano Corvonero, quando si tratta di Quidditch.
Éponine
sorride quasi con orgoglio. Musichetta è la sua migliore amica.
“Beh, in Grifondoro ci sei tu. E anche Courfeyrac è un bravo
Cacciatore, e il vostro Cercatore non è male.”
“Nah,
faccio ciò
che riesco”,
sbuffa Grantaire. Lui e Courfeyrac sono
entrati nella squadra insieme quando frequentavano
il secondo anno, rispettivamente come Battitore e Cacciatore. Anche
Jehan è stato nella squadra nel
ruolo di
Cercatore, ma solo durante il terzo anno, poi ha deciso che non
faceva per lui e si è unito al Club di Ricamo.
Éponine
gli ruba un sorso di Succo di Zucca. “Smettila di sminuirti”, lo
rimprovera. Lo fa spesso. “Durante l'ultima partita sei stato
grande.”
“Bahorel
mi ha distrutto”, Grantaire sospira con affetto, “Ma sono
riuscito a cavarmela”.
Enjolras,
davanti a lui, gli lancia un'occhiata colma
di
disapprovazione. Durante l'ultima partita Grifondoro-Serpeverde
Bahorel ha
scagliato un Bolide che ha
quasi fatto cadere Grantaire dalla scopa, e che gli ha
rotto un braccio. Ma Grantaire ha
continuato a giocare, rifiutandosi di abbandonare la partita. Niente
di ché. Avevano
vinto. Poi
mentre era in Infermeria ovviamente
si
è
beccato una strigliata dalla Preside, una un po' meno convinta e
piena di gratitudine dal Capitano della squadra, e una terrificante
da Enjolras.
Éponine
sospira. I suoi capelli gli bagnano l'uniforme della
scuola
quando appoggia la testa sulla sua spalla, ma è un gesto così
insolito che Grantaire ne approfitta e la stringe a sé. Sa
che lei
non è una grande fan del contatto fisico.
“Dovrei
salire a fare i compiti di Pozioni”. Enjolras rompe il silenzio,
gli occhi fissi sulla torta che sta lentamente riducendo a pezzi
minuscoli. Quando rialza lo sguardo ha il broncio. “Faccio schifo
in Pozioni.”
Qualcosa
si contorce dentro Grantaire. Qualcosa che decide saggiamente di
ignorare, come al solito. “Non fai schifo in Pozioni”, gli dice
paziente. Hanno questa conversazione almeno due o tre volte al mese,
ormai la risposta gli esce in modo automatico.
In
realtà Enjolras è negato in Pozioni. È
sempre stato
in grado di
ottenervi
risultati
positivi – come non potrebbe? – ma non è mai stato
capace di
comprendere
davvero
la
materia, forse perché richiede un tipo di magia più sottile che
Enjolras
non
è mai riuscito ad afferrare completamente.
“E
poi”, aggiunge Grantaire,
“Se davvero pensi di non essere bravo in Pozioni, dovresti vedere
me in Aritmanzia. La parola “schifo” assume
un nuovo significato con
me.”
“Non
capisco perché hai deciso di continuare a studiarla.”
Éponine
si stacca e si allunga sul
tavolo per
prendere la torta ormai
stravolta di
Enjolras. Lui non ci fa caso, troppo impegnato a osservare Grantaire.
“Perché,
'Taire?”, insiste.
Grantaire
scrolla le spalle. “Così. Non è tanto male”. Odia Aritmanzia.
Combeferre cerca sempre di aiutarlo, ma anche lui deve essersi
accorto che Grantaire è un caso perso, perché è già qualche
settimana che tenta discretamente di convincerlo a cambiare.
“Secondo
me sei ancora in tempo per scegliere
qualcos'altro.
Potresti venire a fare Antiche Rune con me e Courfeyrac...”
“O
Babbanologia con me e Montparnasse”, si inserisce Éponine,
masticando la torta.
Grantaire
fa una mezza risata. “Tu e Montparnasse fate Babbanologia solo per
perdere qualche ora”.
L'occhiata
di disapprovazione di Enjolras questa volta è diretta verso Éponine,
che lo ignora bellamente e sorride.
“O
Divinazione”, riprende lui.
“Divinazione
è solo un mucchio di cavolate”, ribatte Grantaire.
“Sempre
meglio di frequentare lezioni che non ti piacciono e che ti fanno
solo perdere tempo e prendere brutti voti.”
Grantaire
scuote la testa, ostinato. Non ne vuole parlare. Enjolras lo sa
che non ne vuole parlare.
“Sapete”,
dice Éponine, e questa volta il suo tono è forzatamente allegro,
“Penso che ne prenderò un'altra fetta.”
Ma
Enjolras non demorde. Il suo sguardo è fisso su di lui, quasi
implorante. “Perché, 'Taire?”,
mormora.
Grantaire
si alza di scatto, spaventando Éponine. Non le piacciono i movimenti
bruschi. “Io...”, tenta. Deglutisce e ci riprova. “Ho bisogno
di un po' d'aria. Ci vediamo dopo.”
Mentre
esce dalla Sala Grande, cercando di non correre, sente gli occhi di
Enjolras e Éponine su di sé. Non si volta, perdendosi lo sguardo
triste e preoccupato del primo e quello amaro e un po' più
consapevole della seconda.
Sa
che sulla Torre di Astronomia a quest'ora
non c'è nessuno. Grantaire sale
le scale velocemente e si
appoggia al parapetto senza
fiato,
lo sguardo perso nel cielo stellato. Va
lì
spesso. Di solito c'è anche Enjolras con lui, e sa che non
impiegherà molto ad arrivare. Forse sta già attraversando
il castello.
Odia
discutere con Enjolras in
quel
modo.
Non essere d'accordo con le sue idee è un conto, perché allora
possono avere dibattiti
seri divertendosi
a spingere la loro conoscenza e il loro modo incredibilmente
differente di vedere il mondo, ma quando si parla delle scelte
scolastiche di Grantaire... non è piacevole. E gli fa male, vedere
la preoccupazione negli occhi di Enjolras, perché non la merita. Sa
che è così. Non
merita tutte le attenzioni che l'altro gli rivolge. Non merita i suoi
sorrisi, quelle sue occhiate fugaci per controllare se è tutto a
posto, quegli sguardi di intesa che sembrano essere diretti sempre e
solo
a lui, le sue risate alle sue patetiche battute. Non merita il suo
aiuto quando non capisce qualcosa di Trasfigurazione, o il suo
applauso durante le partite di Quidditch. Enjolras è felice anche
quando Grantaire fa qualche mossa stupida, anche quando Grifondoro
perde l'incontro. Gli dice sempre che ha fatto un buon lavoro, anche
se non è vero. E poi gli rivolge sempre quello sguardo così
apertamente amichevole e pieno di affetto, e Grantaire si sente male.
Si sente in colpa. Perché Enjolras non ne ha idea. Grantaire
ha una cotta stratosferica per lui, e Enjolras non ne ha idea. Perché
Enjolras è Enjolras, Enjolras è tutto, e Grantaire non è che un
ragazzo nel pieno della crescita che ha una cotta per il suo migliore
amico.
Grantaire
sa che Enjolras non è perfetto. Anche lui sbaglia. Anche lui fa
fatica in qualche materia, e si sta ancora abituando a vivere in un
mondo tutto nuovo e sempre pieno di cose da imparare. A volte fa
tante domande e diventa impaziente se nessuno ha una risposta esatta
e completa. Anche lui inciampa, si morde le labbra fino a farle
sanguinare, ed è testardo come nessun altro. A volte i suoi discorsi
sono pesanti. E i suoi capelli la mattina sono impossibili.
Grantaire
sa che Enjolras non è perfetto, eppure gli piace tutto di lui. Anche
i suoi capelli la mattina. Anche le le sue domande incessanti.
La
realizzazione è arrivata all'improvviso. Il terzo anno stava per
terminare, si erano radunati in riva al lago pochi giorni prima
dell'inizio degli esami. C'erano tutti: Combeferre, con i suoi
occhiali rettangolari e la cravatta sempre annodata
per bene, accanto
a Courfeyrac,
che si divertiva a schizzare Marius; lui
sedeva vicino a Éponine e ai suoi capelli lunghi fino alla vita, e
dopo di lei veniva
Musichetta, che scherzava ad alta voce con Bahorel, Joly e Bossuet;
Jehan, i capelli che cambiavano colore a seconda della luce, era
impegnato a spiegare qualcosa a Cosette e
a Feuilly riguardo
alle creature che vivono nel lago. E poi c'era Enjolras. Era
seduto vicino a Combeferre, ma per una volta non aveva la testa china
verso di lui per complottare. Guardava i suoi amici con un sorriso
sereno. Sembrava felice di vederli felici, semplicemente. Grantaire,
accanto a lui, non riusciva a smettere di guardarlo. Ricorda di aver
pensato che gli piaceva vedere Enjolras così, rilassato e
sorridente, i capelli scompigliati, le maniche tirate fino ai gomiti.
Poi Grantaire aveva detto qualcosa, qualcosa
che adesso non rammenta,
e Enjolras si era messo a ridere. A quel
suono
tutti si erano voltati verso di lui e avevano sorriso.
E
Grantaire si era sentito fiero, e qualcosa era successo dentro di
lui. Qualcosa
era scattato. Enjolras l'aveva guardato, gli occhi luccicanti,
l'espressione luminosa, le
labbra curvate in un sorriso, vicinissimo
e più bello che mai.
E Grantaire non aveva potuto farci assolutamente nulla.
Non
può ancora farci nulla.
Il
fatto che Enjolras sia un ragazzo non lo disturba. In un certo senso,
l'ha sempre saputo. Non è sicuro che gli piacciano solo i ragazzi,
però. Non è ancora certo della parola che dovrebbe usare per
descriversi, in realtà pensa che preferirebbe non cercarla. Non gli
piace analizzarsi troppo.
Quando
sente una porta chiudersi dietro di lui, tenta di deglutire il groppo
che ha in gola. I passi di Enjolras sono leggeri, ma non esitanti.
Anche lui si appoggia al parapetto. Le loro spalle si sfiorano.
Grantaire rabbrividisce.
“Hai
freddo?”, chiede piano Enjolras.
Grantaire
scuote la testa. Evita il suo sguardo, ma lo sente su di sé.
“Mi
dispiace”, continua Enjolras imperterrito. Si passa una mano tra i
capelli. Ormai gli arrivano oltre le spalle, divisi in riccioli
definiti. L'1 settembre sua madre, che è ancora più bionda di lui,
ha sussurrato a Grantaire che Enjolras aveva rifiutato di tagliarli
perché stava attraversando una fase da voglio-i-capelli-lunghi.
Chissà a che lunghezza li avrebbe fatti arrivare prima di ritenersi
soddisfatto. Magari avrebbe continuato a farli crescere senza mai
tagliarli. Grantaire non si sarebbe di certo lamentato.
“Non
devi scusarti”, sussurra, “È stata colpa mia”.
“Certo
che no, sono stato io a insistere, e non dovevo. Mi dispiace di
averti messo a disagio.”
“Non
importa.” E poi, ancora più piano, “Lo sai com'è la mia
famiglia.” Grantaire non parla spesso dei suoi genitori. Non gli
piace farlo. “È che... lo sai. Continuano a trovare motivi per cui
non vado bene, a
dirmi delle cose che mi fanno sentire... insomma, lo sai. È
sempre peggio. E
io non sono come mio padre, o come mia madre. Non sono come loro”,
ripete. Il pensiero lo fa sentire meglio.
“Certo
che non lo sei, 'Taire”, mormora Enjolras.
“E
loro non ne sembrano affatto felici”. Grantaire si fa sfuggire una
risata amara. “È tutta la vita che tento di dimostrarglielo. La
scorsa estate è stata un inferno.”
“Avresti
potuto dirmelo. Ci siamo scritti tutte le settimane, 'Taire. Potevi
dire qualcosa.”
“Sì,
e poi cosa?”
“E
poi saresti venuto da me. O-o saresti andato da Courfeyrac. O da
qualcun altro di noi.”
Il
pensiero lo aveva sfiorato più volte. Sdraiato sul suo letto, a
casa, sommerso
dai libri per combattere la realtà, Grantaire
si era permesso di immaginare come sarebbe stato passare l'estate con
i suoi amici. Con Courfeyrac si sarebbe senza dubbio divertito come
mai nella vita. La
famiglia
di Jehan era eccentrica
e originale
quanto lui. Joly lo avrebbe accolto a braccia aperte, e
con lui ci sarebbe sicuramente stato anche Bossuet.
A
Marius avrebbe fatto molto piacere ospitarlo per un po'.
E così tutti gli altri. Al
pensiero di passare l'estate con Enjolras, Grantaire aveva quasi
ceduto. I genitori di Enjolras gli volevano bene. A volte
raccomandavano
al figlio
di salutarlo, di chiedergli come stava. Grantaire era
sicuro che anche loro sarebbero stati felici di vederlo. Ma
aveva resistito, nella vana speranza di cancellare ciò che aveva
capito di provare per lui, per l'amico più prezioso che aveva.
“Già.
Avrei dovuto farlo. Sono così stupido, così patetico, così-”
“Appassionato.
Leale. Creativo. Brillante.”
Grantaire
ride, perché non sa cos'altro fare. Enjolras sembra leggergli nel
pensiero.
“Lo
sei!”, protesta con forza. “E poi sei l'unico che riesce a
tenermi davvero testa.”
“Nah,
che dici? Combeferre e Courfeyrac fanno un lavoro decisamente
migliore del mio.”
Enjolras
aggrotta la fronte. Il suo viso è pallido
alla luce della luna. “Ma sei tu che mi sfidi sempre. Con te è
diverso. Con
te è interessante”.
Volta la testa verso di lui, gli sorride, e
poi gli dà il colpo di grazia.
“Sei un amico così importante per me, 'Taire.”
Grantaire
ricambia il sorriso. Un po' a fatica, ma è sicuro che gli esca
qualcosa di accettabile. Ignora la sensazione spiacevole alla bocca
dello stomaco.
“E
lo sai che a me puoi dire tutto, vero? Non voglio che tu abbia paura
di, non lo so, essere giudicato, o qualcosa del genere”. Enjolras
fa un passo verso di lui, ed è così vicino. “Niente
di ciò che mi dirai mi farà mai smettere di esserti amico, lo
sai?”.
Questa
volta il sorriso è
stanco e tirato e
ha un sapore sgradevole.
“Certo”.
Evita di incrociare il suo sguardo. Il senso di colpa non se ne va,
non se ne andrà mai. “Certo,
lo so”.
Perché
è la verità: a Enjolras può dire tutto.
Tutto,
meno il suo segreto più grande.
note:
Ho deciso che le fics di questa serie non saranno in ordine
cronologico, quiiindi eccoci al quarto anno. Con le prossime salterò
nel passato e nel futuro di Enjolras e Grantaire, e probabilmente a un
certo punto scriverò anche degli altri amis. Di questa non ho molto da
dire, in realtà, solo che ne sono piuttosto soddisfatta e che sono
felice di averla scritta. Potrebbe risultare leggermente angst
(Grantaire è Grantaire) ma
non al punto da doverlo inserire nelle note - ma è solo un mio parere,
quindi ditemi se invece lo dovrei fare, non vorrei causare nessun
disagio (??). Fatemi sapere che ne pensate! E grazie mille per aver
recensito (!!!) e per aver messo la prima ff nelle storie
preferite/seguite/ricordate. ♡
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