Dicono
che la notte porti sempre consiglio... o quanto meno aiuti a
riflettere nei riguardi di decisioni alquanto spinose.
Tuttavia
quando si era ancora piccoli, con i denti da latte ancora ancorati
alle gengive, la notte non poteva che portare l'angoscia per l'ignoto
e la paura di incubi striscianti che funestavano i loro innocenti
sogni.
Da
circa 1500 anni il signore degli incubi camminava nelle notti dei
vivi con il calzante nome di Pitch Black, e da quando i Secoli Bui
avevano fatto sprofondare l'umanità in un limbo di ignoranza
e
superstizione il suo lauto pasto era sempre stato garantito. Almeno
fino a qualche secolo fa.
Gli
incubi dei bambini erano come droga per lui, così come per
il fatto
che era grazie a loro che esisteva tanto
da poter usare appieno i propri poteri, eppure più il tempo
passava
più era sconfortante vedere quanti piccoli scettici si
formassero in
tutto il mondo.
E
se lui pativa una "fame" quasi imbarazzante era anche
logico che pure gli altri Guardiani stavano iniziando a perdere colpi
con i piccoli, e ingrati, scettici che non credevano più in
loro.
Non che la cosa lo disturbasse dato che quel drappello di creature, a
cui, vantandosene, aveva dato loro sonore lezioni in passato ancor
prima che si foggiassero del titolo di Guardiani... Ma si trattava
sempre di campanelli d'allarme alquanto fastidiosi, ed era bene per
lui saperli sfruttare contro di loro fino a rendere l'intero mondo
suo schiavo e ignaro delle altre creature fantastiche che ne
popolavano gli anratti più reconditi e pericolosi.
Un
pensiero alquanto affascinante il suo, e che prendeva forma sempre
più in tutto il suo iniquo splendore, interrotto nella sua
caccia
notturna da una sensazione percepibile solo con i sui sensi
più
sviluppati di quelli di un comune mortale. Lo aveva intravisto con la
coda dell'occhio più di una volta nel mentre che sorvolava i
cieli
notturni della Virginia, in cerca di giovani prede da tormentare con
incubi di dubbio gusto da cui trarne potere redditizio, ma in un
primo momento non ci aveva dato molto peso scambiandolo per un grosso
rapace notturno la cui figura si stagliava sul profilo di una luna
perfettamente circolare e luminosa.
Ma
un rapace era solito sbattere le ali nel mentre che proseguiva nel
suo viaggio solitario, mentre la creatura che lo seguiva pareva avere
l'abitudine di non muovere nessun muscolo durante l suo volo
silenzioso. Un particolare alquanto insolito che avrebbe sicuramente
suscitato inquietudine in un ignaro viaggiatore, ma per l'uomo nero,
che aveva ormai intuito la vera natura dell'insolito stalker che lo
perseguitava, si trattava unicamente di una seccatura da sistemare il
prima possibile.
Ordinò
dunque ai suoi incubi viventi, plasmati con sabbia nera e simile
nell'aspetto a inquietanti destrieri, di virare verso una fitta
radura di alberi lasciando ben intendere, con quella improvvisa
discesa in un luogo senza anima viva, che non aveva intenzione di
farsi pedinare da una creatura tanto fastidiosa quanto indesiderata
da... un po' tutti in effetti.
Scivolò
veloce tra le fronde taglienti, senza rovinarsi le vesti e le carni
pallide, fino a giungere in un piccolo spazio in mezzo a quella fitta
radura che gli permettesse di scendere dal proprio cavallo oscuro.
Una rapida occhiata alla foresta non parve dare segnali preoccupanti,
e le fronde degli alberi venivano unicamente cullate dal placido
vento della sera anziché da quelle che potevano essere le
grandi ali
di una creatura arcaica.
“avanti,
barbagianni... fatti vedere” sussurrò il signore
degli incubi,
guardandosi attentamente attorno sperando che il suo segnale di un
faccia a faccia fosse stato captato dalla creatura
“cos'è... la
tua reputazione ti precede a tal punto che non sai far altro che
essere fugace?!”
Quell'ultima
frase la berciò contro il silenzio di una foresta immobile,
trasformando la bocca in un ghigno sgradevole, prima di essere
accontentato da un paio di fuochi che brillavano lontani in quella
oscurità opprimente. Non erano fuochi artificiali, e neppure
gli
occhi di un barbagianni per quanto fossero perfettamente circolari
come due lune vermiglie, nell'atto di fluttuare per la foresta sempre
più vicino a quello spiazzo baciato dalla luna.
La
creatura deambulava con passo strascicato e all'apparenza stanco,
nell'atto di avvicinarsi sempre più all'uomo nero prendendo
dunque
una forma alquanto sinistra, superando gli alberi come se fossero
stati incorporei per lui. Si muoveva come l'ombra quale non era,
impressionando lievemente colui che lo aveva evocato restandosene
comunque impassibile, con la testa incassata in un gracile corpo
dalla forma sfocata e dagli arti superiori ripugnanti e simili dunque
ad ali antropomorfe.
“Più
che uomo falena dovrebbero chiamarti aborto della natura... senza
offesa, eh”
non
suonava sincero alle orecchie della deforme creatura, ma ella non si
scoraggiò dinnanzi ad un tale sfoggio di ingenua ignoranza,
avvolgendo le ali deformi attorno al corpo avvizzito e continuando a
scrutare il signore degli incubi senza sbattere le palpebre
invisibili. Non giunse risposta dalla sua bocca invisibile, e sempre
muovendosi con passo incerto si avvicinò sempre
più a colui che lo
aveva schermito percependo chiaramente una sorta di adrenalina
scaturire dal suo corpo scarno e pallido.
Pitch
Black conosceva, così come molti altri spiriti che
risiedevano
stabilmente sul mondo degli uomini, la creatura denominata Mothman
solo per la sua fama tutt'altro che leggiadra... E fu logico che una
strana inquietudine iniziò a strisciare sotto la sua pelle
rendendogli stranamente la schiena intrisa di piccole gocce di paura.
Quella
stessa Paura di cui lui si nutriva e di cui i suoi servi nutrivano un
ben più appetito tanto da non portargli rispetto alcuno se,
nel
malaugurato caso fosse successo all'apice di un combattimento,
persino lui avesse iniziato a nutrire la viscerale emozione fino a
divorarlo del tutto. Già ora i suo oscuri destrieri si
muovevano
irrequieti tra la fitta vegetazione, incuriositi da quel demone
silenzioso e con le narici ben allargate per percepire il flebile
timore del loro padrone, ma non attaccarono la creatura nota come
Mothman limitandosi unicamente nell'osservare la sua avanzata verso
l'uomo nero.
Una
avanzata che terminò solo quando quest'ultimo, seccato per
quel
lungo silenzio teso, gridò “rispondimi!”
alla creatura smunta e
dai movimenti quasi meccanici, come quelli di un burattino, nell'atto
esasperato di avvicinarsi a lui.
A
quel quesito dettato con una esasperazione che rasentava quasi il
terrore di vedere il proprio fato compiersi proprio li, in quel bosco
senza un'anima, la creatura portatrice di sventura si fermò
ad un
piede dal signore degli incubi ed emise ciò che sembrava
essere uno
stridio metallico di dubbia provenienza. Un suono acuto e fastidioso,
che accompagnò la trasformazione dell'uomo falena da esile
creatura
rinsecchita ad una crisalide abnorme, formata dalle proprie ali,
avviluppate come intricati viticci alla sua forma sempre più
mutevole, come se la notte stessa lo stesse divorando, che si
ingrossarono plasmando ciò che al loro interno stava mutando
fino a
raggiungere una veloce maturazione che letteralmente scoppiò
in faccia a
Pitch Black.
alcune
gocce di quello che sembrava essere petrolio, e che andò a
colpire
anche gli alberi e e le rocce vicine, centrò il signore
degli incubi
portandolo a passarsi ripetutamente la manica della giacca sulla
faccia in modo da potersi detergere da quello che sembrava essere un
liquido alquanto disgustoso. Distogliendo dunque lo sguardo
dall'essere appena nato.
“Gah...!
Razza di essere immondo! Ma come osi...?!” sbottò
indignato il
principe indiscusso degli incubi “Io sono...”
“...
un petulante vecchio bavoso che molesta le ragazzine mentre dormono.
si... Lo sanno tutti chi sei... ehe”
Pitch
Black non si aspettò che la voce del Mothman fosse
tutt'altro che
spaventosa, dato che il tono profondo e strafottente della creatura
la indicavano come un individuo relativamente giovane, massimo 35/40
anni di vita, m fu ciò che vide quando alzò lo
sguardo trovandosi a
non riuscir quasi a riconoscere il proprio interlocutore che lo aveva
vilmente schermito.
Della
smunta creatura fatta di ombra pesante e sangue nero non era rimasto
nulla, esplosa in quella notte interminabile e sinistra, sostituita
da una figura possente e atletica, come quella di un lottatore,
completamente nera e in parte coperta da pezzi di armatura dalla vaga
forma di insetto. L'unica nota di colore erano dagli occhi
completamente rossi che scrutavano maliziosi l'uomo nero, altri
lineamenti del volto erano celati a Pitch e pareva non possedere
bocca, ed un collare fatto di soffici piume per ricordare a tutti la
sua natura di uomo falena. Così come le sue ali, simili a
quelle di
una farfalla, per quanto sembrassero cambiare costantemente aspetto
in quella notte senza fine, tranquillamente ripiegate dietro la sua
schiena.
“Io...
ah! Ma smettila, razza di spaventapasseri!”
sbottò dunque
indignato la pallida figura che ben scemava di fronte alla prestanza
fisica dell'individuo apparentemente più giovane
“quello è... il
mio lavoro! Un lavoro assai redditizio dato che ad ogni notte il mio
potere aumenta sempre di più. Non necessito di mutare forma
per
rendermi più credibile agli occhi di un campagnolo”
lo
disse con ritrovata spavalderia facendosi passare quello strano
timore che l'uomo falena aveva idotto nel suo animo, per un motivo
poi non così ignoto data la natura di portatore di sventura
che
caratterizzava il Mothman in tutte le sue forme, e riportando un
solido controllo verso i suoi destrieri d'ombra ora non più
tanto
sospettosi nei suoi confronti. Lo sgradito ospite tuttavia non si
scompose dinnanzi alla minaccia di quei sinistri esseri di sabbia
nera, limitandosi a dare clamorosamente le spalle a Pitch Black per
potersi sedere su una formazione rocciosa simile ad una specie di
“divano”.
“Di
base questo è l'aspetto che assumo quando incontro le
succubi di
Ashtart... o le ancelle di Artemide... hai presente, vero? Quelle
creature che di norma ti schivano come i calabroni che infestano una
stalla, dato che, è risaputo, le tue amicizie non si contano
affatto”
Quella
creatura stava risultando sempre più sgradevole alla vista
del
signore degli incubi, come un coro di cicale che canta fino
all'esasperazione in una torbida giornata d'estate, per nulla
intimorita da una probabile dimostrazione di forza nell'atto di
sedersi languidamente sul suo scomodo trono.
“hai
una bella faccia tosta a rinfacciarmi la tua vita privata, abominio
deforme” sbottò infido un principe della notte
piuttosto indignato
per come quell'essere avesse colto nel segno la sua attuale vita
sentimentale “ma mentre tu ti diverti, c'è chi non
se ne sta con
le mani in mano come il sottoscritto”
Per
quanto la creatura fosse nera come la pece erano i suoi occhi ad
essere più magnetici di qualunque altra cosa, e in quel
rosso così
cupo e brillante al tempo stesso, il signore degli incubi poteva come
sentire un “richiamo” a cui non sapeva dare una
spiegazione
plausibile.
“Dimmi,
dunque...” fece nuovamente Mothman ignorando ancora una volta
le
parole, prolisse, di chi gli si stagliava di fronte “di
quanti nomi
è composta la tua persona?”
non
era una domanda poi così ignota alle pallide orecchie del
principe
senza corona, poiché i nomi che venivano conferiti agli
spiriti
erano dettati dalle credenze popolari loro principale linfa vitale.
Appena un essere umano smetteva di credere in loro, ecco che un
frammento della loro potenza svaniva come granelli di sabbia nel
vento.
E
tuttavia, per quanto i nomi fossero un fattore fondamentale per le
loro genti, ecco che l'uomo nero si trovò ad indugiare su
quelli che
lo avevano reso noto tra i popoli.
“Da
che io abbia memoria gli uomini mi hanno affibiato epiteti poco
fantasiosi ma di indubbio fascino” fece pensoso Pitch,
massaggiandosi il mento appuntito con una mano “
“uomo nero,
baubau, e poi... ehm... suppongo altri che la pebaglia affida per poi
dimenticarsene dopo mezzo secolo”
mascherò
bene il proprio imbarazzo dinnanzi ad un interlocutore rimasto fino a
quel momento impassibile, ma questa non era una infantile gara di
nomi e titoli ormai dimenticati anche da loro stessi, quanto al
ricordo stesso della loro esistenza e l'importanza della loro
presenza su di un mondo che li aveva visti nascere e crescere. Almeno
nella gran parte dei casi.
“io
ho molti nomi...” iniziò dunque la creatura
apparentemente più
giovane, scivolando via dal proprio scanno per incamminarsi
lentamente verso Pitch Black “i nativi di questo luogo mi
chiamano
Thunderbird. In Asia sono conosciuto come Garuda, in Europa il
quantitativo di nomi che mi sono stati affibiati è alquanto
esuberante, da uccello del malaugurio ad un generico Fato, eppure il
significato è e resta il medesimo... abbiamo questa vita, e
abbiamo
questo scopo da quando la razza umana ha imparato a stare eretta
sulla schiena. Oh, pardon... questo è un particolare che
riguarda
solo il sottoscritto”
Si
concesse una lieve risata per vedere come la prendeva il signore
degli incubi, poiché era logico che lo stesse sbeffeggiando
sulla
base di una cronologia che li vedeva in netto contrasto sia per
età,
che per influenza concreta nei riguardi di una razza intelligente che
dava loro il sostentamente necessario per sopravvivere. Non era una
gara quella messa in piedi dall'oscuro signore del fato, quanto un
necessario riepilogo che era il caso di fare prima di giungere al
limite delle proprie capacità che sfociava, come stava per
accadere
allo scarno signore degli incubi, in una superbia che poteva portare
a spiacevoli conseguenze impreviste. Ma come spesso accadeva, Pitch
era troppo orgoglioso per poter ascoltare sagge parole.
“Beh,
essere più giovani ha i suoi vantaggi sai?” fece
dunque l'uomo
nero, tutt'altro che impressionato da una probabile predica
“l'ambizione è ciò che spinge
l'individuo ad osare l'impossibile!
Io sono il signore degli incubi, e finchè i bambini di tutto
il
mondo saranno infettati della mia presenza io continuerò ad
esistere
e a prosperare!”
ora
il mutante era a pochi passi da un individuo la cui sete di potere
stava eruttando come un calice di vino riempito fino all'orlo, e la
voce che fuoriuscì dalla sua bocca invisibile parve
ipnotizzare
Pitch Black fin tanto da ipnotizzarlo e portarlo a deglutire ad ogni
sillaba sussurrata dalla creatura ancestrale.
“Io
sono il fato che si abbatte sugli uomini ancor prima dell'arrivo
della tempesta... io sono la voce delle madri che supplicano i figli
di non scendere in guerra... io sono l'angelo nero che scende nella
notte a reclamare il sangue dei primogeniti ancor prima che la morte
scenda dal cielo...” allungò le mani artigliate
verso il signore
degli incubi, che improvvisamente gli parve di essersi rimpicciolito,
oppure era la figura di Mothman che si stava alzando a dismisura
inghiottendo ogni cosa con la propria ombra, riuscendo solo a
deglutire di fronte alla strana voce che ad ogni parola fuoriusciva
da quell'essere immondo “io ho molti nomi, Pitch Black, e a
differenza di molti altri spiriti la mia storia inizia ancor prima
dell'ascesa dell'uomo... ho ricordi ancestrali di cieli di un blu
talmente intenso da essere sconfinato, di voli perenni alla continua
ricerca di qualcosa di cui non rimembro più il
nome...”
la
voce della creatura si stava facendo sempre più sottile,
come il
sussurro di un peccatore all'iterno di un confessionale, nel mentre
che le mani dell'opmo falena accarezzavano languidi il volto smunto
di un generale caduto in disgrazia ormai molto tempo fa. Era una
ipnosi come quella che l'incantatore di serpenti fa sulla sua
indomabile bestia, eppure ogni sua parola portavano un disagio che
faceva vibrare ogni vertetrbra nel corpo e riempire il cervello di
adrenalina nell'osservare i magnetici occhi di un dio dimenticato e
pericoloso.
“La
vita mortale che ci caratterizzava un tempo è ormai andata
perduta,
Pitch Black... ma è ciò che abbiamo vissuto
è ciò che alla fine
ci ha forgiato in ciò che siamo ora. La vita ci ha stretto
un cappio
al collo simile alle spire di serpenti velenosi...” e qui la
creatura strinse il collo della propria vittima a dimostrazione che
le sue parole fossero indispensabili come l'ossigeno per le creatue
viventi “e questi serpenti ci hanno forgiato davvero... oh
piccolo essere insignificante... ci hanno forgiato, e ci
hanno
maledetto ad una esistenza meschina in cui ogni gesto quotidiano si
riduce ad un mero gesto di pura concettualità, condannati in
eterno
a legarci ai nostri più grandi sbagli fino a che la nostra
stessa
esistenza non diverrà un lumicino senziente nel mezzo del
nulla.
Dunque, ora dimmi: credi che la mia presenza sia solo casuale, ora
che sai ciò che sono veramente?”
Ora
la pressione del suo respiro si stava facendo insopportabile persino
per un essere forte come l'uomo nero, sentendo quel suono affannato e
stanco infilarsi nella sua testa e sostituendosi con il suo, nel
disperato tentativo di non rimembrare ricordi simili a quelli che
stava vivendo ora. Una marea nera pesante come petrolio e silenziosa
come lo spazio sconfinato di galassie e stelle morenti, in cui il suo
solo respiro era udibile sempre più ovattato e lontano come
un
astronauta ormai disperso nel nulla, che lo aveva portato a mutare e
ad abbracciare il male più assoluto pur di sopravvivere alla
follia.
Non voleva rimembrare il giorno in cui era diventato Pitch Black, in
un momento descrivibile come soffocare negli abissi più
tetri di uno
oceano sconosciuto e freddo, ove gli unici abitanti erano mostruosi
pesci dai denti abnormi desiderosi di strapparti le carni e danzare
tra le tue viscere esposte al vuoto siderale, ma quell'assurda
esperienza stava riuscendo nell'impresa di fargli rivivere i momenti
più dolorosi della sua meschina esistenza. Gli ipnotici
occhi della
bestia parvero ingrossarsi e diventare nuovamente due lune scarlatte
in mezzo ad una tenebra scomposta e deforme, capace di dissolvere i
fedeli servi del principe oscuro e ridurre i loro nitriti ad urli
strozzati e sofferenti.
Pitch
Black non era più capace di sostenere il peso del proprio
passato
che stava lentamente tornando alla vita grazie a quella maledetta
creatura mutaforma che lo stava portando ad impazzire, pertanto fu
con un gesto di disperazione che riuscì a sbarazzarsi della
bestia
demoniaca sfoderando la propria falce e riuscendo, senza non poca
fatica tanto da torcere il torso sentendo scricchiolare persino le
ossa, nell'assurda impresa di tranciare in due
quell'oscurità
artificiale e opprimente.
Le
lune rosso sangue, su cui gli parve di vedere persino i volti di
coloro aveva perso in vita, si dissolsero a quel fendente
perfettamente orizzontale che portò la creatura nota come
Mothman a
dissolversi nell'immediato come se non fosse mai esistita. Come se
avesse avuto una allucinazione nei suoi occhi simili ad una eclissi
lunare, e tutto ciò che aveva vissuto fino a quel momento
non avesse
intaccato nemmeno i suoi mastini infernali che al momento pascolavano
nella radura gardinghi e timorosi dell'ira del proprio padrone.
Si
ritrovò a riacquistare il fiato che fino a quel momento gli
mancava
nel silenzio notturno di una foresta senza nome, e solo dopo svariati
minuti trovò la forza di alzare lo sguardo al cielo per
osservare
una luna che non ospitava più il suo persecutore di quella
notte.
“io
non cadrò così presto... mi hai sentito,
spaventapasseri?!” tuonò
l'oscuro signore degli incubi, ora non più intimorito dalla
profezia
nata da un passato ormai dimenticato “io regnerò
ove tu hai
miseramente fallito! Io schiaccerò il
fato e lo plasmerò
come meglio mi aggrada! Non cadrò così
failmente... puoi starne
certo”
la
sua furia si placò solo nelle ultime parole, ritrovando una
sicurezza iniziale che ben lo appagò sentendosi nuovamente
più
forte di prima, e ciò che sibilò infine parve
più una sicurezza
speranzosa piuttosto che la cruda realtà condannato da
quando era in
quella sua nuova rinascita. Poiché era solo per puro caso
che le
loro strade si erano incrociate in quella notte, e nulla avrebbe
fermato il suo destino.
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allora,
questa è la prima volta che scrivo su questo fandom, e
sebbene io
non sia una fan delle 5 Leggende la lettura di una certa fanfiction
scritta da Dracarys mi ha stimolato alla scrittura.
Mi piaceva
l'idea di far incontrare quell'essere inut... ehm, Pitch Black con
una sorta di nemesi qual è il Mothman, e ho deciso di farlo
in
questa oneshot che dovrebbe essere un esperimento.
Ad
ogni modo la storia è disseminata di indizi sull'esistenza
del
Mothman stesso, come il fatto che sia ambientata in Virginia ( primo
luogo in epoca moderna del suo avvistamento ) o a quello di un suo
passato di essere vivente vero e proprio ( secondo alcuni il Mothman
sarebbe un uccello gigante “sopravvissuto” all'era
del
pleistocene. I nomi con cui l'uomo falena si è identificato
sono
veri, e la sua funzione in mitologia è quello di apparire in
determinati luoghi prima che si scatenino catastrofi immani fungendo
da avvertimento agli uomini.
Non
è dunque una creatura malvagia, e anche il suo aspetto
mutevole è
canonico. Spero abbiate fatto buona lettura...