Incompresa
A volte mi sento
così…
Non è una bella
sensazione; può essere cupa come la solitudine.
C’è un momento in
cui ti senti sbagliata, anche se sai che non lo sei più di altri.
Io so di essere
coerente. Sono sicura di questo.
Neppure un’amica mi capisce.
Non comprende e neppure ci prova.
Ma forse non è
neppure colpa sua.
Si limita a dire:
sei un po’ egoista, vivi solo per te stessa.
Il suo giudizio
lapidario è inconfutabile.
Non pretendo di
essere capita; il mio “sentire” è troppo personale, troppo intimo.
È solo mio.
In base alla mia
esperienza, poche persone potrebbero comprendere.
Ma perché devo
subire un giudizio gratuito?
Chissà perché gli
altri credono sempre di sapere più di te quello che vuoi.
Chissà perché alcuni
sono così pronti a giudicare la tua scelta sbagliata.
Che ne sanno, loro?
La mia amica parla
con leggerezza, mi ferisce, eppure mi chiedo se ha ragione.
Lei ha il suo
limite. Forse questo è il mio.
E lei per cosa vive?
Per cosa soffre? È
sempre la solitudine che atterrisce l’anima.
Forse è la
solitudine che ci fa muovere.
È di quella che
abbiamo paura.
È normale, lo fanno
tutti, dice.
Lei prende per
normale e scontato uno dei più grandi misteri della vita: la nascita.
Ne prendo atto e
resto ferma sulla mia posizione; forse io non lo sono normale.
Sono anormale perché
non sento quello che sentono le altre donne.
E nessuno si chiede
mai cosa sia la normalità.
Anche tu, cara
“sorella” che hai una sensibilità profonda, con te sola mi confronto, eppure ti
stupisci e lo trovi ingiusto, innaturale.
Non vedi un senso.
Forse non devi
vederlo. Forse non è per te.
Me lo hai insegnato
tu, con la tua atroce sofferenza.
Mia madre mi
comprende meglio, perché in questo sono simile a lei.
Però mi mette in
guardia: “Così resti sola.”
Neppure questa mi
sembra una buona ragione.
Non si è soli, forse
tutta la vita?
Soli con se stessi,
se gli altri non ci capiscono? Se ci pretendono diversi?
Lei è sola adesso.
Lo è stata tutta la vita.
I figli che lei non
voleva, ma ha amato e la amano, sono andati via.
Io non sarei
migliore, ne peggiore, forse.
Non desidero ciò che
una donna vorrebbe.
Ciò che vogliono
molte donne. Io non sono “molte donne”.
È un esigenza che
non ho avvertito. Mai, nemmeno in passato.
Non dico che non possa
succedere.
E mi viene da
ridere, quando qualcuno crede di intuire che non posso averne.
Perché tutti pensano
di avere le risposte.
Lo hai soffocato, mi
hanno detto.
Io penso; se ci
fosse, anche soffocato, non troverebbe la strada per emergere alla superficie
del mio cuore?
I desideri trovano
sempre il modo di manifestarsi.
Non si può reprimere
qualcosa che non esiste.
Ma perché dovrebbe
essere egoismo il mio più del loro?
Loro che agirebbero
senza pensare alla responsabilità che comporta un bambino.
Loro che li
abbandonano, li usano, li dimenticano.
Senza desiderare
veramente, senza scegliere.
Senza pensare a
quello che dovrà affrontare nella vita, avendo davanti questo futuro incerto,
con la prospettiva di un mondo senza più valori, che ingoia se stesso sempre
più velocemente.
Io non ho alcun
desiderio di diventare madre. Io non voglio averi figli.
Non mi sento infelice,
non soffro di questa mancanza.
È vero, lo sento.
Sembrano parole contraddittorie.
Si può “sentire”
qualcosa che non si vuole?
Oppure non si sente
ciò che non esiste nell’anima?
È così difficile da
capire, da accettare?
Una donna senza
figli è incompleta.
Solo un commento…
non era detto con cattiveria, ma certe convinzioni sono sorprendenti.
Eppure so che per
qualcuno sono vere.
Un figlio a cui ho
dato la vita sarebbe solo mio… mi ha
detto una cara amica stringendosi le braccia al seno, in un gesto materno.
Ho sempre pensato
che i figli non appartengono a chi li genera…
Ma sei stata creata
per questo, mi dicono.
Non hai un progetto…
come se un figlio fosse qualcosa che puoi plasmare come argilla, dargli la
forma a tuo piacimento.
Perché un genitore
possa sentirsi un dio nei suoi confronti.
Come se un figlio
non fosse un individuo a sé, che può diventare un estraneo.
So bene di cosa
parlo, ma in pochi mi crederebbero.
E se io lo avessi un
progetto? E fosse diverso?
Se la mia vita fosse
piena, comunque?
Non usi il tuo
utero. E tu non usi il cervello, vorrei rispondere.
Non è più grave
forse?
Tu che partorisci
figli di cui poi non ti curi.
Ma non tocca a me
giudicare, non posso e non devo.
Non voglio.
Un dubbio, se l’ho
avuto, è stato solo verso te, amico, compagno del mio percorso di vita, anima
che mi sei accanto e cammini al mio fianco.
Un dubbio che si
scioglie, quando comprendo che esiste una ragione che forse non conosco, se il
destino ti ha messo sulla mia strada e io mi sono trovata sulla tua.
Io so con certezza
di avere tanto.
Fine