CAPITOLO 6
- PAUL
- Paulie, sai che papà
potrebbe arrabbiarsi per questo?-
L'idea di portarsi dietro Mike non era stata una delle migliori, adesso
Paul se ne stava rendendo conto.
Stavano camminando lungo Walton Road e per tutto il tragitto Mike non
aveva fatto altro che blaterare sulle possibili ripercussioni della
scelta azzardata che il fratello maggiore stava per intraprendere.
Dopo l'ennesima osservazione non richiesta, Paul aveva inchiodato,
aveva afferrato Mikey per le spalle e, con aria estremamente seria e
compita gli aveva spiegato quanto la sua opinione al riguardo gli
importasse: meno di niente.
- Sono affari miei, ma se non te la senti e hai paura di andarci di
mezzo sei liberissimo di tornartene indietro!-
Mike aveva deglutito rumorosamente. Di tornarsene a casa da solo non
aveva per niente voglia, sopratutto perchè a dispetto del
timore
verso la reazione del padre, moriva dalla voglia di essere partecipe
del fatto.
Quindi si limitò a scuotere la testa e continuare a
trotterellare affianco al fratello.
Entrarono nel negozio di Harry Epstein annunciati da un antiquato
campanello sulla porta. All'interno, apparte qualche ragazzo che
controllava dischi o ammirava gli strumenti, non c'era nessuno.
A Paul non andava a genio starsene lì ad aspettare, per cui
si avvicinò spedito al bancone.
In realtà il negozio era adesso gestito dal figlio di Harry,
Brian, un giovane dall'aspetto curato e alla moda.
Giravano su di lui voci che fosse un finocchio, ma a Paul non
interessava nulla... Non gli erano mai piaciute quelle prese in giro da
deficienti, anzi, stimava Brian per l'abilità
imprenditoriale e
il fascino indiscusso che emanava.
- Ciao, Paul! Come sta tuo padre?-
Entrambi gli Epstein conoscevano bene Jim McCartney, assiduo compratore
e visitatore del negozio, proprio per questo appena Brian gli rivolse
parola per un attimo Paul rimase di sasso, forse non era stato
propriamente il caso di andare proprio in quel posto, ma oramai era
troppo tardi e poi...
- Forse dopo quello che sto per fare, non molto bene...-
Paul abbozzò un sorriso, mentre Brian lo osservava a
metà fra l'incuriosito e l'interdetto.
Poi capì.
Il ragazzo estrasse dallo zaino che portava sulle spalle un astuccio
bello grosso, che fece scivolare sul bancone.
- Questa scatola la conosco...-
Lo sguardo di Brian era allusivo e vivace, molto probabilmente aveva
già intuito quello che Paul voleva proporgli.
Lui dal canto suo abbozzò un sorrisetto imbarazzato.
- Sì, bhe... Non è propriamente quello che mi
aspettavo, anche se... L'ho apprezzato moltissimo eh!-
Ci tenne a precisare, passando con cura una mano sulla confezione
bombata.
Brian lo guardò, sorridendogli di rimando.
- Non c'è bisogno che tu dica niente...-
Lo anticipò, raggiungendolo oltrepassando la cassa, poi gli
poggiò una mano sulla spalla e lo guidò nella
sala
affianco, il vero e autentico paradiso della Musica.
Sembrava il posto più bello e meraviglioso che Paul avesse
mai
visto e non era la prima volta che ci entrava, ovviamente,
però
era come se lo vedesse per la prima volta e ne scoprisse il potenziale,
come se per la prima volta fosse veramente alla sua portata.
Sulla parete di fondo erano posti in maniera ordinatissima e
sistematica tutti gli strumenti a percussione: rullanti, grancasse,
rototom, pedali e piatti di ogni genere e dimensione, amplificatori e
chi più ne ha più ne metta. Ma il vero splendore,
che
sembrava riempire i suoi occhi fino a scoppiare consisteva nelle due
pareti che si trovavano alla sua destra e sinistra, completamente
ornate di chitarre dai colori e forme più accattivanti.
Si ritrovò a guardare a bocca aperta tutta quella
meraviglia, mentre Brian sorrideva sotto i baffi.
- Sei certo di voler cambiare quella bellissima tromba con una di
queste?-
- E me lo chiedi?!-
Il ritorno a casa fu in un certo senso più ''pesante'', ma
senza dubbio a cuor molto più leggero.
L'esemplare di tromba che Jim aveva regalato a Paul era veramente di
ottima fattura e per via dell'amicizia che legava il genitore agli
Epstein, Brian gli aveva dato in cambio una
chitarra semiacustica mancina a
cassa stretta, di manifattura eccellente e dalle
potenzialità
eclettiche.
A Paul sembrava di toccare il cielo con un dito, anche se non sapeva
bene come il padre avrebbe potuto prenderla.
Quando lui e Mike arrivarono a casa, Jim era rientrato da poco da
lavoro e stava guardando il notiziario alla tv. Li salutò
distrattamente, mentre sembrava tutto preso da quello che il
giornalista stava dicendo.
Mentre Mikey correva di sopra a giocare coi videogiochi, Paul rimase
sulla soglia del soggiorno incerto sul da farsi, gli sembrava quasi di
sentire il cuore pulsargli violentemente nelle tempie.
Jim McCartney non era un uomo da temere, ma Paul provava comunque una
punta di vergogna mista alla paura della delusione che avrebbe potuto
provare il padre... Dopotutto il gesto di regalargli una tromba era
stato bellissimo ed emblematico: era come una consegna del testimone e
adesso lui aveva buttato tutto al vento. Per la prima e unica volta
Paul si pentì di ciò che aveva fatto.
Ma proprio in quel momento Jim si voltò e lo vide,
lì impalato come uno stoccafisso.
- Paul, che ci fai lì dietro al buio, come un avvoltoio?-
Jim abbassò il volume della tv guardando il figlio che si
sedeva sul divano.
- Come è andata oggi?-
Gli chiese, osservandolo da sotto gli occhiali.
Paul si trovò ad un bivio: avrebbe potuto mentire e
allungare il
tormento finchè non fosse stato inevitabile parlare o
avrebbe
potuto vuotare subito il sacco ed aspettarsi l'inevitabile conseguenza.
Scelse di parlare.
- Papà devo dirti una cosa...-
Jim non lo fece nemmeno finire.
- L'unica cosa che mi dispiace è che io non posso
aiutarti...-
- Uh?-
- Con la chitarra, intendo...-
Sul viso disteso di Jim McCartney si fece largo un gran sorriso.
- Non so suonarla, la chitarra!-
- Ma tu come fai...?-
- Caro il mio pivello, un padre sa tutto!-
Paul quasi balzò dal divano e soffocò il padre in
un abbraccio stritolante.
Il talento di Paul era innegabile, sembrava essere nato per suonare la
chitarra. Prese qualche lezione, ma divenne presto chiaro che ce
l'aveva nel sangue e che era tranquillamente in grado di continuare da
solo.
Per imparare a dovere Paul sacrificò anche gran parte della
sua vita sociale.
Gli amici erano increduli quando dopo infiniti tentativi al cellulare
si vedevano costretti ad andarlo a chiamare per una bevuta o un'uscita
in città e spesso venivano tranquillamente scacciati. La
chitarra aveva monopolizzato la sua attenzione al punto di
ossessionarlo.
Non era raro che Mike dovesse andare a portargli la cena in camera,
fosse stato per Paul avrebbe tranquillamente evitato di mangiare.
Nessuna ragazza, nessuna altra passione, niente di niente aveva
assorbito a quel modo il suo ardore... Era innamorato pazzo.
Nel giro di qualche settimana divenne un mago delle corde,
imparò ad accordare lo strumento e a suonare quasi come un
professionista, era così assennato e meticoloso che Jim ne
rimase estasiato e autenticamente orgoglioso.
In poco tempo divenne ancor più famoso nella cerchia di
amici e
a scuola era già additato come ''quel figo che suona la
chitarra'', inutile dire che questo appellativo lo aveva reso ancor
più appetibile alle ragazze. E odioso ai ragazzi.
Quasi come se presagisse qualcosa verso il futuro, però, non
aveva ancora accettato nessuna proposta di quelle che gli erano state
rivolte per partecipare e suonare in band locali. Sentiva che meritava
di meglio o almeno, qualcosa in cui credere profondamente.
Nel frattempo non perdeva tempo e a riprova di quanto quella passione
fosse radicata profondamente e non solo un vezzo adolescenziale, Paul
aveva iniziato a scrivere musica e testi propri.
Non voleva nutrire il suo Ego troppo smodatamente, ma da buon
narcisista quale era, Paul era certo che sarebbe diventato qualcuno e
un qualcuno molto molto importante.
Passava ormai le giornate a quel modo, sognando sempre più
ad occhi aperti, esercitandosi fino ad avere i crampi alle mani.
Il suo talento sembrava obbedire ad un'energia nascosta, sopita e
pronta ad esplodere. Il desiderio di farne qualcosa in più
lo tormentava... Iniziava a sentirsi in qualche modo ''sprecato'', ma
non sapeva cosa fare, né con chi. Era orgoglioso, ma non
fino al punto di pensare di potersela cavare da solo, almeno non
inizialmente. Sentiva che era solo questione di tempo prima che la
situazione maturasse e che lui riuscisse a lasciare il segno. Qualche
mese dopo avrebbe conosciuto John Lennon.
La festa della ''Regina di Rose'' era ormai un appuntamento annuale che
aveva preso le sembianze della tradizione folkloristica a Woolton. Si
organizzavano mercatini, volontariato ed era una festa adatta a grandi
e piccini.
Negli anni era diventato un evento sociale immancabile per il quartiere
e, anche se poco stimolante per i più giovani, rimaneva
comunque una tappa obbligatoria per la prima settimana di luglio e
un'occasione da non sottovalutare per musicisti emergenti.
Ormai da un decennio buono infatti si teneva durante la festa
una sorta di contest per piccoli gruppi amatoriali e non professionisti
per saggiarne l'abilità e la presenza scenica. La gara era
ovviamente volta al divertimento, senza premi in palio ad eccezion
fatta del temporaneo prestigio.
La scuola era finita ormai da tempo e nell'aria si iniziava finalmente
a percepire la sensazione meravigliosa di vacanza e totale relax della
stagione estiva.
Paul aveva passato i primi giorni di libertà continuando ad
esercitarsi con la sua chitarra, che dopo ormai 7 mesi sapeva
destreggiare alquanto bene.
Quasi come svegliato da un sonno profondo si rese conto di non essersi
affatto ''osservato intorno'', almeno non in ambito musicale. Aveva
passato la prima parte dell'anno quasi sempre chiuso in camera con il
suo strumento senza interessarsi minimamente alla concorrenza o
perlomeno a cercare un gruppo di cui far parte. Pensò quindi
che la festa a Woolton e la gara fra musicisti fosse l'occasione adatta
per saggiare la situazione.
Perciò nel primo pomeriggio del 6 luglio si mise la chitarra
a tracolla, salutò suo padre ed uscì di casa
diretto laggiù.
Mandò un messaggio a Ivan, che gli rispose immediatamente di
essere già lì alla festa e che era riuscito a
sgraffignare qualche alcolico. Paul gli rispose di aspettarlo e di non
scolarsi tutto da solo.
Per essere una festicciola di quartiere l'atmosfera sembrava abbastanza
promettente, con giovani ragazzine sorridenti e cibo a
volontà. Già un paio di sue compagne di scuola
l'avevano salutato con gli occhi a cuoricino e risolini striduli.
Ivan lo raggiunse proprio mentre stava salutando Jane, una ragazza di
un anno più piccola ma che sapeva già bene cosa
piacesse a loro maschietti.
- Allora ci conto, Paul... Mi raccomando scrivimi!-
Un occhiolino ed era svanita tra la folla. Paul era rimasto a
guardarla, indirizzandogli quel sorrisetto da impunito.
- Poi dovrai spiegarmi come cazzo fai a riuscirci ogni volta...-
Aveva commentato Ivan, salutandolo con una pacca sulla spalla, poi gli
aveva offerto una bottiglia di birra e avevano preso posto all'ombra di
un albero, leggermente discosti da un banco che vendeva zucchero filato.
Dopo aver chiacchierato un po', salutato amici e bevuto le loro birre,
verso le quattro del pomeriggio un uomo salì sul palco
improvvisato nel centro del parco retrostante la chiesa di St. Peter.
Tutti i festaioli si fecero più vicini, inclusi Paul e Ivan.
- Ci siamo!-
Gli sussurrò eccitato Ivan.
L'uomo si accostò al microfono informando che la gara fra
band sarebbe iniziata a momenti. Mentre il tizio continuava a parlare
ed enumerare i nomi dei vari partecipanti Ivan informò Paul
che conosceva bene alcuni ragazzi che si sarebbero esibiti e che,
secondo lui, promettevano bene.
Paul lo stette a sentire con la dovuta scetticità. Lo
avrebbe valutato lui se fossero stati bravi come millantava lui, ma
questo ovviamente non lo disse all'amico, ma si limitò ad
annuire.
- E chi sarebbero?-
- Si son chiamati QuarryMen, come la scuola...-
- Che nome idiota!-
Commentò Paul, soffocando a stento una risata.
- L'ha scelto John, credo...-
- Chi è John?-
- Lennon, un amico di Peter... -
- Mai sentito...-
- Ma Peter Shotton?! dai lui lo conosci!-
- Ah sìsì, quello con la sorella figa!-
Commentò Paul dando una gomitata nel fianco di Ivan.
Entrambi scoppiarono a ridere ed un signore con la telecamera, proprio
davanti a loro si voltò con lo sguardo truce di qualcuno che
probabilmente sta per riprendere l'esibizione del figlio.
Cercarono di soffocare l'ilarità, ma ovviamente il risultato
fu tutto il contrario e per evitare problemi si spostarono sulla
destra, così da avere anche una visuale migliore del palco.
Il discorso ''John Lennon'' si perse.
Le prime band iniziarono ad esibirsi e, apparte qualche raro sprazzo di
decenza, Paul fu veramente deluso di ciò che stava vedendo e
ascoltando. Sì, ok erano per lo più ragazzini
alle prime armi, molti anche più piccoli di lui, ma si
sarebbe aspettato qualcosa di meglio. Negli anni precedenti, quando lui
e Mike venivano a passare qualche giornata con la mamma e il
papà non gli sembrava che si consumasse quel disastro
musicale al quale invece stava assistendo in quel momento.
Arrivò alla conclusione che forse, essendosi ultimamente
istruito così tanto in ambito musicale, avesse compreso
molte più cose rispetto al passato. E che quelle band
avevano sempre fatto schifo.
Il disappunto gli si leggeva sul suo bel faccino, le labbra a cuore
all'ingiù che sbuffavano di continuo, gli occhi persi
altrove, alla ricerca magari di qualche ragazzina carina. Ad un certo
punto, quando un ragazzo sul palco si dimenticò l'accordo
nel bel mezzo della canzone, Paul fu anche tentato di andarsene, ma
Ivan lo prese per un braccio, promettendogli che il gruppo di questo
fantomatico John era fatto di tutt'altra pasta.
Anche se scettico come al solito, il giovane McCartney decise di dare
loro una chance e rimase in ascolto, con le braccia incrociate.
Dopo una mezza dozzina di esibizioni venne finalmente il momento dei
famosi QuarryMen.
Già dall'aspetto non gli sembravano poi delle grandi star,
anche se doveva ammettere che quello nel centro, con i capelli riccioli
lunghi sul ciuffo sembrava avere una discreta presenza scenica,
nonché una discreta faccia da schiaffi.
Il gruppetto consisteva nel classico quartetto: lead guitar, rithym
guitar, batteria e basso.
Doveva essere una delle prime esibizioni perchè tutti quanti
sembravano alquanto emozionati.
''Diciamo pure che se la stanno facendo addosso''
Pensò Paul con una punta di cattiveria.
- Scommetto che quello è John!-
Azzardò, avvicinandosi all'orecchio di Ivan. Quello gli
mostrò il pollice, genuinamente entuasiasta per l'imminente
performance del gruppo. Questi QuarryMen avevano trovato per lo meno il
loro primo vero fan sfegatato.
- Allora branco di mummie, siete pronte a risvegliarvi??? Ragazzi...
e...un...du'...tre!-
Senza dubbio John sapeva come parlare, ma sopratutto come muoversi. La
tecnica non era delle migliori, si vedeva lontano un miglio, almeno per
chi fosse abbastanza ferrato in materia, che aveva imparato tutto da
solo e con gran fretta, senza stare tanto a pensare alle rifiniture. La
chitarra inoltre era scordata e lui sembrava esserne totalmente
all'oscuro.
Però c'era della magia, c'era un potenziale.
Anche la sua voce era molto originale, a tratti gracchiante e cruda, ma
mai artificiosa. Il tutto era molto autentico e quasi arrangiato, ma
molto molto intimo. Si vedeva che non era qualcosa di statico e troppo
accademico. C'era dell'altro. Un qualcosa che volente o nolente ti
catturava.
Il ritmo era serrato e la melodia ben eseguita, apparte il batterista,
che non era poi così male, gli altri lasciavano un po' a
desiderare, ma rispetto alle band che si erano esibite prima di loro,
sembravano delle fottute rock stars.
Anche il pubblico sembrava vivamente sorpreso dal quartetto e avevano
iniziato a spargersi in qua e là gridolini di ammirazioni e
battiti di mano a tempo.
A qualche metro di distanza da loro una donna dai capelli rossi e il
viso vivace non faceva altro che dimenarsi e urlare il nome di John,
battendo le mani come un'ossessa. O era pazza o doveva essere sua madre.
Ivan si avvicinò al suo viso, il solito sorrisone
prorompente.
- Allora, Paul?!-
- Non sono malaccio, dai...-
Concesse, iniziando ad applaudire sulle note di chiusura.
- Signor giudice, mi aspetto grandi cose da lei!-
Urlò John al microfono, per sovrastare l'entusiasmo
generale, rivolto all'uomo addetto alla proclamazione del vincitore.
Poi, dopo un inchino sconclusionato scese dal palco, spintonando i
compagni sudati e sorridenti.
Questo Lennon gli sembrava abbastanza fuori di testa da essere un tipo
interessante e magari lavorandoci su anche un bravo musicista. Era un
po' grezzo nella tecnica, ma aveva un certo non so che.
Non rimasero oltre a guardare le ultime esibizioni, perchè
Ivan ci teneva a presentarlo al gruppo.
Quasi corse verso il capanno temporaneo che fungeva da spogliatoio e
deposito di oggetti personali dei musicisti.
- Siete stati grandiosi, cazzo!-
Esordì iniziando a menare pacche a destra e a manca.
Paul se ne stava a qualche passo di distanza, quasi in una rispettosa
riverenza. Dopotutto era un ospite.
Dopo qualche battuta idiota Ivan sembrò ricordarsi della sua
presenza e spingendolo per la schiena, quasi lo lanciò in
mezzo agli altri.
John se ne stava sbracato su una sedia, una birra ghiacciata in mano e
la camicetta a quadri arancioni aperta sul petto. Aveva gran goccioloni
di sudore che gli serpeggiavano giù per il collo.
Lo osservò dall'alto in basso e a Paul sembrò
veramente di essere sezionato.
Arricciò d'istinto il naso, sentendosi immerso in una bolla
d'aria pesante.
- Volevo presentarvi Paul! Viene a scuola con me e... Anche lui suona!
E' chitarrista grandioso, cazzo!-
A quelle ultime parole John esordì con una risatina
soffocata, che Paul ignorò volutamente.
Le cose iniziavano a mettersi male, tutti si resero conto che
il loro leader, il dio indiscusso fra loro si sentiva minacciato e
stava tentando in ogni modo di ridimensionare il pericolo che quel
mocciosetto poteva incarnare.
Gli altri, un po' per smorzare la pesantezza, un po' per gentilezza si
presentarono a loro volta, stringendo la mano al ragazzo che si
trovavano di fronte. Ma non John. Rimase qualche altro minuto in
silenzio, fissando con insolenza i begli occhi scuri e profondi di Paul.
Stava cercando di intimidirlo, era ovvio. Ma quel ragazzetto doveva
avere coraggio da vendere, ai limiti della superbia, visto che da tutti
i punti in cui si guardava la situazione si trovava in pieno territorio
straniero.
Poi, quasi cogliendo la silenziosa sfida di John, Paul prese posto di
fronte a lui su una sedia pieghevole.
Senza interrompere lo sguardo che si stavano scambiando, si
sfilò la chitarra da dietro la schiena, la tolse
dall'astuccio e la impugnò.
Poi iniziò a suonare una vecchia canzone, una delle
preferite di suo padre e onestamente anche delle sue. Doveva molto al
rock anni '50 con influenze rockabilly. Era ''Twenty Flight Rock'' di
Eddie Cochran ed era quasi certo che nessuno o almeno pochi dei
presenti avessero idea di che cosa si trattasse.
Ma Paul, come anche John d'altronde, anche se lui ancora non lo sapeva,
ritenevano quasi un dovere portare rispetto agli albori della musica
moderna, a coloro che avevano posto le basi per tutto quello che era
venuto dopo.
Aveva una voce bella, intonata e candida, ma che per l'occasione del
brano aveva saputo sporcare e rendere roca.
Il ritmo era disinvolto, suonava con una facilità davanti
alla quale era impossibile rimanere impassibili.
Dietro le spalle di John, Pete se ne stava a bocca aperta, osservando
le dita agili di McCartney pizzicare le corde senza nessuna fatica.
Nella canzone c'era un passaggio particolarmente difficile, ma il bel
Paul se la cavò senza alcuno sforzo.
Paul era estremamente bello, disinvolto e a suo agio, suonava bene la
chitarra e sembrava saperlo altrettanto bene. Era evidente che John lo
stava valutando e studiando ed era altrettanto ovvio che di fronte a
quel piccolo prodigio si sentisse sia ammaliato che invidioso.
Gli spettatori dell'esibizione erano rismasti tutti impressionati,
incluso John che era al limite dell'incredulo, ma ovviamente non poteva
farlo notare.
Paul sapeva suonare e cantare meglio di tutti loro messi assieme, se
non di più. Cantò e suonò altri pezzi,
sempre con la stessa disarmante facilità e sicurezza da
sembrare una vera performance da professionista.
Finita l'esibizione John sembrava cambiato, non aveva abbandonato del
tutto la strafottenza che lo contraddiceva ma era in qualche modo
rispettoso di fronte a Paul. Iniziarono a parlare in disparte, senza
che gli altri potessero avvicinarsi per evitare di interrompere quel
connubio.
Sembravano annusarsi, studiarsi e scrutarsi come due animali non ancora
sicuri di potersi fidare.
L'unica cosa che entrambi compresero era che si erano riconosciuti a
pelle, sentivano un qualcosa che li legava indissolubilmente e che
rendeva simile l'impegno profondo che avevano riversato nella musica.
Provarono un profondo sentimento di rispetto, così,
d'improvviso. Entrambi sentivano per la prima volta una vicinanza che
nessun'altro aveva mai fatto provare a nessun dei due.
Il risultato fu un autentico amore a prima vista.
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