Sofia uscì dalla stanza, i capelli in disordine e gli occhi
cerchiati di viola.
«Come sta?» chiese
immediatamente la piccola folla riunita di fronte alla porta.
«Meglio. La febbre è passata
e finalmente può riposare tranquillo».
Un sospiro di sollievo generale si levò
nell’aria.
«Quindi non gli sembra più di
annegare» disse Gloria. Sofia scosse la testa.
Blaze esitò prima di parlare.
«Lui... lui si è reso conto di aver perso la
mano?»
«Credo di no. Immagino che lo shock e lo
stordimento gli abbiano impedito di capirlo, durante la battaglia, e...
e quando è iniziata la febbre, non c’era modo che
alcunché si facesse strada nella sua mente, se non il
desiderio di ossigeno» rispose la ragazza in tono mesto.
«E così, André
è finito. Non potrà più essere un
Portatore con una mano sola... di certo non parteciperà ad
altri scontri o a esercizi particolarmente complessi» riprese
Blaze.
Tutti abbassarono lo sguardo a terra. Sapevano che
ciò che il giovane americano aveva appena detto era la pura
verità, ma sentirlo dire ad alta voce rendeva tutto
spaventosamente reale.
«Non c’è niente che
si possa fare? In fin dei conti voi due siete dei Testimoni e sapete
guarire» disse Claudio, rivolgendosi a Gregory e a Sofia. Il
primo fece un cenno di diniego.
«Curare una ferita molto grave
è già piuttosto difficile... non si riesce a
guarirla se non in minima parte, e qui stiamo parlando di un arto
completamente staccato dal corpo. Insistere troppo con gli Elementi e
l’Energia su di un fisico già debilitato
può creargli più danni di quanti non ne risolva.
Non possiamo fare nulla» disse categorico.
I presenti caddero nuovamente in un silenzio
meditabondo. Dopo una settimana di paura e angoscia, in cui avevano
aspettato che André si riprendesse, nessuno aveva pensato a
cosa avrebbe fatto una volta guarito. Ora che quel momento era
arrivato, non riuscivano a rassegnarsi alla mancanza di una soluzione
positiva.
«Non possiamo fare niente».
Sofia fece eco a Gregory, pur non apparendo completamente convinta.
Laurence decise di cambiare argomento.
«Secondo voi, possiamo fidarci della tregua che Giovanni ha
voluto stabilire?».
«Assolutamente sì».
Fu Sofia a rispondere. «Se non ne fosse stato convinto,
avrebbe continuato a combattere. E con lui, tutti gli altri».
«Io non capisco perché di
punto in bianco ha deciso di ritirarsi» disse Viola. Costa la
guardò sardonico.
«Ma non è ovvio? È
stato sopraffatto da quello che prova per Sofia!».
Rapida come il lampo, l’oggetto del suo
scherno lo colpì. Dopo averlo immobilizzato contro la parere
con uno spesso ceppo di Fuoco intorno al collo, che quasi gli impediva
di respirare, Sofia si avvicinò al greco che annaspava e,
mettendosi in punta di piedi, lo afferrò per la maglia e
portò il naso a un centimetro da quello di lui.
«Ascoltami bene, Costa,
perché non te lo ripeterò una seconda volta.
Ironizza ancora su me e Giovanni, e ti faccio pentire di essere
nato» ringhiò.
Sempre annaspando, l’uomo fece un debole
cenno di assenso. Soddisfatta dalla sua resa, la ragazza lo
liberò.
«Ora che abbiamo sistemato questa
piccola questione...per rispondere alla tua domanda, Viola, il motivo
per cui Giovanni si è ritirato di punto in bianco
è che ha bisogno di tempo» riprese Sofia in tono
leggero, attirandosi gli sguardi perplessi dei suoi amici.
«Tempo? E per fare cosa?»
domandò Gloria, traducendo in parole la domanda inespressa
della sua gemella.
«Per fare ricerche e trovare
informazioni».
Gregory si spazientì. «Non
potresti dirci tutto, senza bisogno di essere incalzata con tutte
queste domande?».
Sofia lo guardò torva e poi, a
sorpresa, gli fece la linguaccia.
«Certo che sei proprio noioso. Comunque,
penso che ora vorrete sapere che tipo di informazioni cerca Giovanni...
o meglio, su cosa le cerca». Esitò per un istante,
prima di cogliere lo sguardo irritato di Greg. Dopo avergli rivolto un
sorrisetto divertito, si accinse a spiegare agli altri quello che lei
aveva intuito una settimana prima. «Immagino avrete visto
tutti cos’è successo, la scorsa settimana, quando
io e Giovanni ci siamo... ehm... avvicinati troppo»
iniziò la ragazza, diventando scarlatta. Sapeva bene che
tutti avevano assistito a quella scena. Proseguì in fretta,
cercando di superare l’imbarazzo. «Come me, voi
siete stati per molto tempo al Centro e avete avuto, come fidanzati e
fidanzate, dei Portatori, quindi sapete che non capita mai che in
situazioni simili si sprigioni dell’Energia, o comunque non
in quella quantità».
«In effetti ci chiedevamo da cosa fosse
dipeso. Nessuno si aspettava una cosa del genere» ammise
Cornelia.
Il volto di Sofia si aprì in un largo
sorriso.
«Non ho la minima idea di quello da cui
è dipeso» disse, scoppiando in una fragorosa
risata. «Me l’aspettavo meno di chiunque
altro!».
«Non ci trovo niente di
divertente» disse Fernando, aggrottando la fronte e facendo
una smorfia di dolore mentre il braccio ferito pulsava in modo
sgradevole.
«Io
sì. Dopo tutti i testi che ho studiato, dopo
tutti i viaggi che ho intrapreso per conoscere alla perfezione i
Portatori, scopro che c’è ancora qualcosa che non
so. Mi piacciono i segreti... e soprattutto mi piace fare ricerche per
svelarli. Sento che ciò che è accaduto durante la
battaglia di una settimana fa non è che l’inizio
di una nuova, incredibile ricerca» esclamò Sofia
con gli occhi brillanti.
«Quando fa così mi preoccupo
sempre» piagnucolò Blaze. Nonostante tra i due
fosse senza dubbio lui, il più impulsivo, le iniziative
più difficili e rischiose venivano sempre dalla mente di
Sofia.
Notando che il suo entusiasmo non era condiviso,
la ragazza sospirò. Per un fugace istante provò
nostalgia di Giovanni: era l’unico che capisse la sua
passione per gli enigmi.
«Visto che sembrate non trovare questo
mistero interessante, magari posso proporvi una ricerca di diverso
tipo» li stuzzicò.
«Non potremmo riposare e basta per
qualche giorno?» si lamentarono in coro. La giovane fece
spallucce.
«Visto che abbiamo siglato una tregua e
possiamo uscire liberamente dalla Valle, volevo proporvi di cercare le
nostre famiglie e tentare di contattarle, ma se preferite
riposare...» disse con noncuranza, ben sapendo quale sarebbe
stata la loro reazione.
Dopo un silenzio attonito tutti, a eccezione di
Claudio, Cornelia e Gregory, esplosero.
«Parli sul serio? Possiamo tornare dalle
nostre famiglie?» strillarono eccitati.
«Shhht, fate piano... o André
si sveglierà!» bisbigliò Sofia
disperata.
Esaudendo la sua preghiera gli altri abbassarono
di colpo il tono di voce, continuando però ad agitarsi.
Sofia si mise le mani nei capelli.
«Credete che anche gli altri reagiranno
in questo modo?» chiese sconfortata ai tre che, come lei,
conservavano ancora la calma.
«Anche peggio» rispose
Gregory, divertito dalla reazione della ragazza. Senza dubbio avrebbero
avuto il loro bel daffare per mantenere la calma tra i Portatori dopo
aver dato una notizia del genere. Sospirando, lei si mise di nuovo le
mani nei capelli, riflettendo.
«D’accordo ragazzi, ora basta
agitarsi... andate a riposare un po’. Specialmente
tu» disse, rivolgendo un’occhiataccia a Fernando.
«Emma tu no, vieni con me»
esclamò, bloccando la ragazzina che stava andando via
insieme agli altri e che tornò indietro, perplessa.
Sofia le fece cenno di seguirla, precedendola di
mezzo passo. In quel momento a Emma tornò in mente la prima
e unica notte che aveva trascorso al Centro, quando Sofia
l’aveva condotta lungo corridoi molto simili a quelli che
percorrevano in quell’istante. Ricordando il timore che aveva
provato incontrando per la prima volta quella giovane donna
dall’apparenza di ghiaccio, sorrise.
«Pensi a qualcosa di
piacevole?» le domandò Sofia notando il sorriso
della ragazzina, entrando in un salottino e chiudendo la porta.
«Di divertente» la corresse
Emma. «Mi è tornata in mente la prima volta che ti
ho vista, quando mi hai accompagnata ai dormitori».
Sofia scoppiò a ridere. «Me
lo ricordo. Avrai pensato che fossi una bastarda senza cuore»
notò. «Lo pensavano tutti».
«In realtà ho pensato solo
che facevi paura» fu la risposta.
«Perché ti mostravi tanto diversa da quella che
sei davvero?».
«Ciò che hai visto quel
giorno, al Centro, non era una finzione ma solo una parte di quello che
sono» precisò Sofia, guardandola attentamente.
«Tutti noi siamo fatti di luci e ombre. Le persone non
nascono cattive: lo diventano quando decidono di permettere alle loro
ombre di soffocare la luce».
«Vorresti dirmi che anche in Giovanni
c’è del buono?» chiese Emma, scettica.
«In ogni persona ce
n’è. Sono le scelte che facciamo a renderci buoni
o cattivi» insisté Sofia, fissando
l’altra negli occhi. «Escludere a prescindere che
ci sia qualcosa di positivo in una persona è un primo passo
verso le tenebre, Emma. Attenta a non cadere in una simile
trappola» l’ammonì.
«E tu cos’hai scelto di
essere?» domandò pungente Emma. Sofia
sembrò seriamente confusa.
«Credo di non aver mai scelto. In tutti
questi anni, mi sono limitata a mantenere in equilibrio luce e ombra
che sono dentro di me» rispose con onestà.
«Ora però parliamo di quello che puoi scegliere tu»
riprese, puntando il proprio sguardo negli occhi castani
dell’altra con la stessa espressione dura che aveva portato
sul volto per anni.
«Cosa dovrei scegliere? Non penso certo
di essere una specie di santa, ma non potrei mai commettere atti come
quelli di Giovanni o Prudencia» ribatté Emma
arrabbiata. Sofia scosse la testa.
«No, non parlavo di questa scelta.
Quello a cui pensavo è molto più
importante...».
«Più importante di decidere
da che parte stare?» la interruppe Emma.
«Molto più importante. Devi
decidere se controllare l’Energia che porti in te o lasciarti
dominare da essa» disse Sofia con aria seria.
«Non mi sembra ci sia qualcosa da
decidere. È ovvio che se io sono la Portatrice,
l’Energia deve sottomettersi a me» rispose Emma con
una scrollata di spalle. L’altra la guardò, molto
preoccupata.
«Emma, è fondamentale che tu
capisca che non funziona in questo modo. L’Energia, come del
resto i quattro Elementi che la compongono, sono parte stessa della
Natura: non è affatto automatico che tra Portatore ed
Elemento sia il primo, ad avere il predominio».
«Ma qual è il problema? Se
anche perdessi il controllo che accadrebbe di tanto disastroso? Forse
qualche albero sradicato e un po’ di danni qua e
là?».
«Emma santo cielo, tu proprio non
capisci». Il bisogno di far comprendere alla ragazzina il
complesso meccanismo che regolava i rapporti tra Portatori ed Elementi
la rendeva nervosa. «Tu devi
far tua l’idea che l’Energia non ti
obbedirà se non la terrai a bada con mano ferma e molta
forza di volontà. È qualcosa di difficile e
pericoloso comprendere, per un Portatore, quale sia il proprio limite,
e ti sto parlando di Portatori di Elementi. Per te, che possiedi
l’Energia, sarà infinitamente più
rischioso...».
Emma la interruppe di nuovo.
«Tu parli di rischi, ma io non ne vedo
nessuno! Per mesi ho osservato gli altri imparare a controllare il
proprio Elemento e non mi è mai sembrato che qualcuno fosse
in pericolo!».
«Perché non hanno ancora
raggiunto il loro limite! E poi loro non padroneggiano
l’Energia... Emma, io sono una Testimone e come hai visto
riesco a manipolare, anche se solo in parte, l’Energia Pura e
ti posso assicurare che non è facile come sembra! Ma tu ne
puoi utilizzare una quantità molto, molto maggiore e devi
stare attenta a non superare il limite, a non perdere il controllo del
tuo potere, altrimenti sarà il potere a prendere il
sopravvento e a consumarti!» gridò Sofia, balzando
in piedi. Non riusciva più a contenere
l’agitazione: la ragazzina acuta e riflessiva che conosceva
sembrava essere sparita.
«Quando dici che il potere mi
consumerà... cosa intendi dire di preciso?»
indagò Emma, cercando di capire cosa volesse dirle la
giovane donna che aveva di fronte.
«Niente di più di quello che
ho già detto. Non puoi controllare che una data
quantità di potere, e se superi quel limite, se il potere
diventa predominante, non potrai più sottometterlo.
L’Energia cercherà uno sfogo e il tuo corpo non
potrebbe sopportarlo. Sarebbe una morte lenta e dolorosa»
spiegò Sofia, crollando di nuovo a sedere con il volto
nascosto tra le mani. Pur senza rendersene conto, Emma era giunta a un
passo da quel limite la settimana precedente, la prima volta che il suo
potere si era manifestato, e il ricordo faceva ancora rabbrividire la
giovane Portatrice del Fuoco.
Interpretando correttamente
l’espressione stravolta di Sofia, il volto di Emma si
contorse in una smorfia di orrore.
«Per questo... è per questo che quel
giorno mi hai bloccata!» rantolò,
intuendo solo in quel momento il significato dei gesti di Sofia il
giorno della battaglia, il modo in cui l’aveva scossa e
stimolata per farle riprendere il controllo. L’altra
annuì.
«Cosa devo fare per
controllarmi?» le chiese immediatamente Emma.
«Il trucco è semplice, ma ci
vogliono molta forza e decisione. Quando liberi il tuo potere, senti
con che intensità ti preme dentro; se ti rendi conto che sta
diventando troppo forte, se inizi a provare difficoltà nel
controllarlo, allora devi concentrarti e reprimere l’Energia
in eccesso dentro di te: devi agire con fermezza, come faresti con un
sottoposto» fu la risposta.
La ragazzina la guardò perplessa.
«Non ho mai dato ordini a nessuno. Credi
che riuscirò a controllare l’Energia?».
«Imparerai, sta’ tranquilla. E
poi ci saremo sempre io o Gregory, ad allenarti e aiutarti: ti
insegneremo noi come si fa» la rassicurò Sofia.
Le due ragazze si fissarono per qualche minuto,
poi la voce di Sofia ruppe il silenzio.
«Emma ti andrebbe... te la sentiresti,
di aiutarmi a fare una cosa?» iniziò titubante.
«Che genere di cosa?» chiese
Emma, guardandola di sottecchi. Era abituata a vedere Sofia sempre
decisa e padrona della situazione; quel tono esitante la insospettiva
un po’.
«Una cosa che Gregory non vuole aiutarmi
a fare. Gliel’ho chiesto molte volte, ma ha sempre rifiutato
categoricamente» rispose l’altra con una smorfia di
disappunto, evitando di rispondere alla domanda.
«Immagino che me lo dirai solamente se
deciderò di aiutarti» notò Emma.
«Sì. Sai, potrei tentare da
sola, ma non me la sento. Ho bisogno di qualcun altro che manipoli
l’Energia, e tolto Gregory non posso rivolgermi che a
te»
La ragazzina sbuffò. «Grazie
della fiducia!»
«Non si tratta di fiducia. Tu non sai
ancora controllare l’Energia: questo renderà tutto
molto più complicato» disse Sofia. Poi
guardò l’orologio: erano le tre del pomeriggio.
«Sto morendo di fame» disse, guardando Emma.
«Hai mangiato a pranzo?»
«No».
«Bene, allora andiamo a procurarci
qualcosa da mettere sotto i denti» disse Sofia, uscendo con
Emma dalla stanza.
*
«Allora André, come ti senti?».
«Infinitamente meglio».
Con un sorriso, il giovane biondo chiuse gli occhi
e porse di nuovo il volto al tepore del sole, mentre le donne del
piccolo gruppo che gli faceva compagnia gli si affaccendavano intorno.
«Forse dovrebbe rientrare»
bisbigliò Gloria a Sofia.
«È vero. Questa è
la prima volta che esce dopo due settimane, non dovrebbe stancarsi
troppo» rincarò la dose Viola.
«E poi guardate
com’è pallido!» aggiunse Ailie sempre a
mezza voce.
Sofia alzò gli occhi al cielo,
esasperata.
«Certo che è pallido...
è stato chiuso in camera per due settimane! In ogni caso sta
bene già da una settimana, e stare seduto al sole non lo
stancherà poi molto» le rimbrottò.
«Ti andrebbe di mangiare qualcosa,
caro?» chiese Cornelia ad André in tono materno.
Da quando il ragazzo era stato ferito, la donna gli aveva fatto da
infermiera con la stessa sollecitudine con cui l’avrebbe
fatto se fosse stato figlio suo.
André sorrise di nuovo, divertito da
tutta la premura che dimostravano nei suoi confronti.
«No Cornelia, sto bene così,
ma grazie comunque» ripose in tono gentile.
«Be’, io ti porto qualcosa lo
stesso» replicò lei, allontanandosi con aria
affaccendata.
«Sei sicuro di non essere
stanco?» gli domandò Emma, seduta a gambe
incrociate sull’erba, mentre Cornelia si allontanava.
«E dai Emma, non ti ci mettere anche
tu» disse André, metà divertito e
metà esasperato. «Ormai sto bene»
aggiunse, lanciando suo malgrado un’occhiata al moncherino
ancora fasciato. Sofia, che si era avvicinata silenziosamente,
seguì il suo sguardo con aria dispiaciuta.
«Mi dispiace così tanto,
amico mio. Vorrei poter fare qualcosa» disse, rivolgendo
un’occhiataccia a Gregory che però la
ignorò.
«Non dispiacerti, non è stata
colpa tua... mia, semmai» rispose in tono amaro il giovane.
«Colpa tua? E perché
mai?» chiese Sofia, oltremodo sbalordita.
«Mi avevi avvertito, ma io non ti ho
ascoltato. Mi avevi detto di stare attento, di non permettere
all’amore di offuscare il buonsenso, ma non ho dato peso alle
tue parole. Mi avevano dato anche un po’ fastidio, per il
modo in cui palesemente non ti fidavi di Elizabeth... a conti fatti,
però, si vede come avevi ragione» disse
André in tono ancora più amaro.
Sofia sedette sull’erba, sempre
perplessa. Non riusciva a capire come il suo amico potesse
rimproverarsi di essere stato troppo innamorato.
«Non decidiamo noi chi amare,
André» disse lentamente, ripetendo le parole che
le aveva rivolto Cornelia solo un mese prima «né quanto amare. Non
puoi fartene una colpa».
Il ragazzo sospirò. Sapeva che quello
che Sofia gli stava dicendo era vero, ma non riusciva a convincersene.
Si guardò di nuovo il moncherino. Nella settimana appena
trascorsa aveva riflettuto a lungo su come sarebbe cambiata la sua vita
e aveva preso alcune decisioni. Ormai non aveva più senso
rimandare, e così si accinse a rivelare a Sofia quali erano
i suoi piani.
«Senti Sofi, senza una mano per me
sarà impossibile continuare ad addestrare gli altri
Portatori. Anche solo esercitarmi sarà un’impresa.
Quindi... me ne vado».
«Come scusa?».
Sofia era senza parole.
«Non guardarmi in quel modo, Sofi. Sarei
solamente un peso per voi».
«Quindi è per questo che te
ne vai? Perché credi che saresti un peso?»
domandò Sofia con voce gelida. «Nel caso te ne
fossi dimenticato, qui hai prima di tutto degli amici. Poi, solo poi,
dei doveri verso gli altri».
«Ormai ho deciso».
André sembrava irremovibile.
«E quando avresti intenzione di
andartene? Ora, in questo istante?» lo incalzò
Sofia, sempre glaciale.
«Domani. A questo punto un giorno vale
l’altro, ma prima voglio dirlo agli atri e
salutarli» rispose André, lasciando vagare lo
sguardo sul panorama circostante. I suoi occhi caddero su un gruppetto
di lapidi che spuntavano dal terreno, sotto una piccola macchia
d’alberi poco distante, più in basso rispetto al
punto in cui si trovava.
«Un bel posto dove riposare»
disse il giovane, mentre Sofia seguiva il suo sguardo. «Non
fosse stato per te, ora sarei là
anch’io».
«Sciocchezze, André. Ce
l’avresti fatta in ogni caso» minimizzò
l’altra. «Cosa farai quando lascerai la
Valle?».
«Tornerò in Francia. Mi
piacerebbe ritrovare la mia famiglia».
«Sai bene che potrebbe essere
più complicato di quanto credi» disse Sofia.
«Potrebbero essersi trasferiti...».
«Separati, morti... lo so. Ma al posto
mio, tu cosa faresti?» concluse André.
La ragazza chinò il capo. Poi si
alzò di scatto.
«Be’, se domani vuoi andartene
ora devi rientrare e riposare» disse decisa.
Per un attimo il ragazzo sembrò voler
controbattere, ma capendo che era inutile si alzò e la
seguì nella fresca penombra dell’ingresso.
*
Mentre erano riuniti nel salottino, poco dopo cena, André si
decise a fare il suo annuncio. Si alzò in piedi e le
chiacchiere e le risate si affievolirono fino a scomparire del tutto.
Guardò i tredici volti che lo
fissavano, in attesa.
«Bene ragazzi, ho una cosa da dirvi. Non
volevo farlo davanti a tutti, ma ora che siamo soli il momento
è arrivato» iniziò, un po’ in
difficoltà.
In silenzio, tutti aspettavano di sapere cosa
André voleva dir loro.
«E così... be’, ho
deciso di andarmene» disse secco il ragazzo, pensando che
così sarebbe stato tutto più semplice. Si
sbagliava.
«Te ne vai? Ma non puoi!»
strillò Gloria saltando in piedi.
Rumoreggiando anche gli altri si unirono alle
proteste della giovane. Solo Sofia, rimasta comodamente seduta, non
parlò. Si limitò a lanciare un’occhiata
di disapprovazione ad André, che finse di non accorgersene.
Dopo qualche minuto di caos, Sofia decise di trarre
d’impaccio l’amico.
«Ora basta! Se vuole andarsene,
è libero di farlo. Non possiamo trattenerlo contro la sua
volontà» disse con fermezza. Borbottando, gli
altri tornarono a sedersi.
«E quando hai intenzione di
andartene?» domandò Blaze al ragazzo.
«Domani» rispose
André, alzando immediatamente le braccia per bloccare le
proteste che già stavano per sollevarsi nuovamente.
«Partirò prima dell’alba... non
c’è bisogno che vi alziate per
salutarmi».
«Quindi ci salutiamo adesso»
disse Laurence, palesemente commosso. Abbracciò il ragazzo e
gli diede alcune pacche sulle spalle. A turno, anche gli altri lo
salutarono. Sofia fu l’ultima.
«Buona fortuna, amico mio» gli
sussurrò, stringendolo delicatamente. «Ricorda che
puoi tornare quando vuoi».
Annuendo, lui si sciolse dall’abbraccio.
Uscì dalla stanza, rivolgendo un ultimo sguardo ai suoi
amici. Poi, senza voltarsi indietro, si chiuse la porta alle spalle e
tornò nella sua stanza.
*
Plop, plop, plop.
L’acqua gocciava dolcemente dalla roccia
nel piccolo specchio d’acqua. Un paio di mani si tesero verso
la superficie liscia e trasparente, sollevando una colonna di liquido
cristallino che s’impennò orgogliosa verso il
cielo prima di ricadere con uno schianto.
Plop,
plop, plop.
Con un grugnito di disappunto, André si
svegliò. Aggrottando la fronte, ascoltò il suono
che aveva scandito i tempi del suo sogno.
Toc
toc toc.
Qualcuno bussava alla porta della sua stanza, e
nelle nebbie del sonno il ragazzo l’aveva scambiato per un
gocciare d’acqua.
«Avanti» disse rauco.
La porta venne socchiusa e due piccole figure
sgusciarono dentro.
«Accidenti André, certo che
quando dormi non senti proprio nulla!» disse una bassa voce
allegra dal buio.
«Sofia?».
«Proprio io, e in buona
compagnia» rispose l’ombra, accennando alla persona
che l’aveva seguita.
Ancora confuso, André accese una
piccola lampada. La luce soffusa ricacciò indietro una parte
delle tenebre che avevano avvolto la stanza.
«Emma?».
«Parla piano André, o ci
sentiranno» lo ammonì la ragazzina.
Le due giovani avanzarono e sedettero sul bordo
del letto, una da un lato e una dall’altro. André
si tirò su le lenzuola fino al mento.
«Ma che ci fate qui a
quest’ora? A proposito... che ore sono?».
«Quasi le tre. Abbiamo un regalino
d’addio per te» disse Sofia sollevando una piccola
sacca di spesso, robusto tessuto nero. La aprì e
infilò una mano all’interno, traendone una sfera
pulsante di Energia.
«È bellissima»
sussurrò André, incantato dal globo argenteo.
«Ma... cosa c’è lì
dentro?» chiese, notando un’ombra scura
all’interno della sfera.
«Qualcosa che ti appartiene»
rispose Sofia, afferrando la sfera con entrambe le mani e spezzandola a
metà.
Alla vista del contenuto del globo, il ragazzo fu
scosso da un conato di vomito.
«Perché lo fai? Vuoi
torturarmi?» chiese con rabbia a Sofia, che sedeva accanto a
lui senza battere ciglio.
«Speravo di fare il contrario, in
verità. L’ho conservata per te» rispose
lei, stringendo la mano mozzata di André, perfettamente
integra.
«Vorresti dirmi... la mia mano
è rimasta lì dentro per due settimane?»
chiese sbalordito. La ragazza annuì.
«Ma... perché?»
domandò ancora lui. «So che non potete fare nulla
per far tornare le cose come prima...»
«No» lo interruppe Sofia.
«Gregory
dice che non possiamo fare nulla. Io vorrei tentare ugualmente... se tu
sei d’accordo, è ovvio»
«Credi di poterci riuscire?»
indagò André speranzoso. Lei esitò.
«Non posso garantirti nulla
André... il mio è solo un tentativo. Potrei non
riuscirci... o potrei dovermi fermare, se lo sforzo per il tuo corpo
fosse eccessivo. Inoltre sarà un’operazione lunga
e molto dolorosa... te la senti di provare?» gli chiese Sofia.
«Certo che me la sento!»
rispose lui, stupito dalla domanda.
«D’accordo, allora
prepariamoci. Emma, chiudi a chiave la porta»
ordinò.
«Perché?» chiesero
Emma e André in coro.
«Così non potranno
interromperci. Ora, Emma, siediti dall’altro lato del letto,
come prima» disse Sofia, mandando una parete di Energia a
coprire la porta e la finestra per evitare intrusioni. André
ed Emma la guardarono, tesissimi.
«E ora... cosa succede?»
chiese il ragazzo.
«Lo vedrai» disse la sua
amica, dopo aver tolto la fasciatura al moncherino. «Questo
ti farà un po’ male. Emma, tieniti pronta a
evocare l’Energia... ma senza esagerare».
L’altra annuì.
«Bene». Dopo aver preso un
profondo respiro, Sofia evocò una piccola lama di Energia e
con quella riaprì la ferita sul braccio di André.
Il giovane sussultò e si morse le labbra nel tentativo di
non gridare, mentre il volto perdeva colore.
Il sangue iniziò a sgorgare, caldo e
abbondante.
«Avanti Emma, adesso!»
ordinò Sofia, posizionando la mano mozzata sulla ferita
sanguinante e tenendo saldamente unite le due parti con la mano
sinistra, da cui iniziò a fluire l’Energia. Con la
mano destra, diresse il flusso di Energia di Emma verso la mano del
ragazzo.
Un velo argenteo ricoprì il braccio di
André, formando uno strato denso e vibrante.
L’intensità dell’Energia evocata rese il
tutto incandescente; piccole volute di vapore si alzarono dal polso di
André, che non resistette al dolore e iniziò a
gridare.
«Lo so André, lo so, lo so...
cerca di resistere...» lo incitò Sofia, la fronte
imperlata di sudore nello sforzo di concentrare i due flussi
scintillanti nei punti giusti per assicurare un perfetto
ricongiungimento dell’arto reciso.
Lui non la sentì. Poco dopo perse il
controllo e iniziò a dibattersi nel letto.
«Emma, tienilo fermo!»
urlò Sofia disperata, tentando di mantenere la mano di lui
nella posizione corretta; se si fosse spostata anche solo di poco, si
sarebbe riattaccata al braccio in modo sbagliato. La ragazzina,
lasciando una mano libera da cui far scaturire l’Energia, si
gettò di peso su André immobilizzandolo solo in
parte.
Una pioggia di colpi si abbatté sulla
porta.
«André, che succede
lì dentro?» gridarono alcune voci, ma il ragazzo
non era in grado di rispondere. Continuarono a bussare alla porta per
altri dieci minuti, quando un’altra voce si fece strada tra
le urla del ragazzo e il sonoro sfrigolare dell’Energia.
«Sofia, so che sei
lì!» ruggì Gregory dall’altra
parte della porta. «So cosa stai facendo. È troppo
pericoloso, devi fermarti!».
Troppo concentrata per rispondere, la ragazza
rimase in silenzio, ascoltando André gridare e gridare come
se stesse bruciando vivo.
«Dai André resisti, ci siamo
quasi... sta andando benissimo, stai
andando benissimo...» disse Sofia, osservando il flusso
d’Energia che veniva assorbito senza sosta dalla ferita. Con
la guarigione era partita dalla zona più interna del polso,
avanzando verso l’esterno; ormai poteva vedere la carne
riformarsi e i primi strati di pelle ricrescere e chiudere la ferita.
«Emma, dammi un altro po’
d’Energia!» gridò; Emma
intensificò il flusso che sgorgava dalla sua mano, sempre
tentando di tenere fermo André. Anche Sofia evocò
una maggiore quantità d’Energia, continuando a
tenere il braccio e la mano di lui stretti in una morsa: un minuto
dopo, affondando nella pelle ormai completamente richiusa, il flusso
svanì.
Il muro d’Energia che Sofia aveva messo
a protezione della porta iniziò a crepitare, mentre Gregory
provava a distruggerlo dall’esterno: troppo stanchi per
preoccuparsene, André ed Emma si accasciarono sul letto,
privi di forze. Sofia, con la testa che girava paurosamente, corse in
bagno, colta da un attacco di nausea; vomitò e rimase
distesa a terra, coperta di sudore freddo, incapace di rialzarsi.
Mentre lo scudo si dissolveva e una folla
irrompeva nella stanza, André alzò il braccio
destro e lo osservò con attenzione. Intorno al polso
spiccava una grossa cicatrice scarlatta, alta mezzo centimetro; con
cautela, il ragazzo fletté appena le dita.
«Sofia, sei un genio»
mormorò, lasciandosi cadere sul cuscino e scoppiando in una
risata liberatoria, incurante degli sguardi attoniti che si erano
fissati su di lui e sulla sua mano.
Claudio si slanciò su di lui, eseguendo
un rapido controllo medico; Fernando afferrò Emma, la
tirò su e la costrinse a bere un po’
d’acqua. Sbuffando, Gregory entrò nel bagno; si
avvicinò con passo rigido alla ragazza accasciata sul
pavimento e la prese in braccio.
«Sei una maledetta pazza. Potevi far
peggiorare le condizioni di André e, a giudicare dal tuo
aspetto, ti sei quasi uccisa» le disse con rabbia.
«Smettila di fare il
guastafeste» borbottò lei in risposta.
Aprì cautamente un occhio, ma lo richiuse quando si accorse
che la stanza continuava a girare.
Senza troppi complimenti, Gregory la mise su una
sedia accanto al letto di André. Sforzandosi di trattenere
la nausea, Sofia riaprì gli occhi.
«Fammi vedere» disse ad
André, indicando il braccio.
Il ragazzo tese la mano verso di lei con un
sorriso allegro. Sofia afferrò la mano e iniziò a
flettere e distendere le dita.
«Ehi, fa’ piano!» si
lamentò André. Lei sbuffò.
«Dopo quello che hai appena sopportato,
ti lagni per così poco?» disse, continuando a
esaminare la mano. «Prova a muovere il polso».
Con una smorfia di dolore, André
piegò leggermente il polso. «Fa male» si
lamentò di nuovo.
«È normale. Ci
vorrà un po’ di tempo perché la mano
torni a essere perfettamente funzionante e perché tu riesca
a padroneggiare di nuovo alla perfezione l’Acqua,
però credo di poter dire di aver fatto un ottimo
lavoro» disse allegramente.
Emma la guardò.
«Sei stata incredibile» disse
con sincera ammirazione.
«Siamo
state incredibili. Se non mi avessi aiutata, non sarebbe andata
così bene... probabilmente non sarei riuscita a guarirlo e
l’avrei solo fatto peggiorare» precisò
Sofia.
Sempre chiusi in un silenzio sbalordito, Claudio e
gli altri fissavano i tre giovani, stremati ma felici, che avevano di
fronte.
André decise di alleggerire
l’atmosfera.
«Sapete una cosa?» disse
allegro, rivolgendosi al gruppetto ammutolito. «Credo proprio
che non partirò».
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