–
Non pensavo mi avresti lasciato andare. Grazie.
–
Se devi ringraziare qualcuno, ringrazia André.
–
Come, André?
–
Già. E se permetti, credo si sia dimostrato più
uomo lui del Cavaliere Nero.
***
La
carrozza si fermò bruscamente. Bernard si svegliò
in un ansito strozzato. Prima di lui, si era svegliato un dolore
violento al petto e alla spalla, estremità di una ferita che
lo percorreva da parte a parte. La portiera si aprì subito
dopo, e da essa sbucò la faccia del conducente, piuttosto
serio in volto.
–
Da qui in poi non posso proseguire.
–
… perché?
–
La via dove dovete andare è oltre quest’angolo. Ma
è troppo stretta, e la carrozza non passa.
L’uomo
aveva parlato in fretta, e rivelava, nei toni, una certa ansia. Tsk,
pensò Bernard. Questo
ha voglia di tornare a casa, altro che scortarmi. Quel Colonnello
femmina deve passargli una buona pagnotta…
–
… lascia stare. – disse bruscamente. –
Proseguo a piedi…
–
Ve la sentite?
–
Sì, sì, torna pure a casa… e dammi del
tu, non sono un dannato nobile…
Bernard
si mosse, cercando di ignorare la fitta lancinante che gli veniva dal
petto e dalla spalla. Un bel buco, frutto di una pallottola sparata ad
arte: non l’aveva ucciso, ma l’aveva immobilizzato
per giorni. E anche in quel momento gli impediva i movimenti,
sì che se si fosse trovato nei guai, l’avrebbero
preso in men che non si dica.
Se
fossero stati popolani, avrebbe potuto dire che era uno di loro. Non
gli avrebbero creduto facilmente, a vederlo scendere da una carrozza,
ma lui avrebbe potuto chiedere l’intercessione dei suoi
amici; inoltre, conosceva a menadito tutte le sofferenze seminate tra i
vicoli di Parigi come roveti affamati di sangue. Non ci avrebbe messo
molto a far valere le sue ragioni, grazie alla sofferenza che egli
stesso condivideva da una vita con la povera gente.
Ma
se fossero stati nobili a intercettarlo, guardie di qualche tipo? Gli
ripugnava invocare ancora la protezione del Colonnello donna. Anche se
le doveva la vita, non poteva tornare da lei con la coda tra le gambe.
Il
conducente l’accompagnò fuori
dall’abitacolo, e fu l’ultima cortesia che gli
concesse. Poi ripartì al galoppo, lasciandolo completamente
solo nell’ombra della sera.
Bernard
si appoggiò al muro e avanzò lentamente, pallido
riflesso del giovane gagliardo che si era sentito di essere con quei
panni addosso.
Perché
già, il Colonnello l’aveva lasciato con gli abiti
scuri, come a rimarcare chi lui fosse, anche se non aveva avuto alcuna
remora a nasconderlo perfino al Generale Jarjayes.
–
Al diavolo. – ringhiò Bernard, respirando
affannosamente. Anche stare in piedi era un'impresa. –
Penserò a lei più tardi. Ora devo
trovare… quella casa…
In
realtà, non gli ci volle molto. Il vicolo era quello giusto,
e poche erano le porte che vi si affacciavano, una più
povera dell’altra. Bernard cercò il segno che,
secondo quanto gli era stato detto da Oscar, le donne della casa
avevano lasciato fuori dalla porta per lui. Eccolo: un nastro rosso
attorno alla maniglia.
Bernard
prese un respiro, bussò.
Attese
qualche minuto, ma non ricevette risposta. Guardò oltre, la
finestra del pianterreno e quella del piano di sopra. Le imposte erano
tutte chiuse, povere e logore di muffa: il legno aveva patito le piogge
continue di quell’inverno implacabile.
Provò
a bussare più forte. Accostò l’orecchio
alla porta, e attese ancora. A un tratto, udì un suono di
passi leggeri, appena appena percettibili attraverso lo stipite.
Qualcuno si era fermato, dall’altra parte; e
nell’improvviso silenzio che seguì, composto, da
entrambi i lati, di fiato trattenuto, orecchie tese e molta esitazione,
Bernard si sentì incomprensibilmente agitato.
–
Chi è? – disse una voce di ragazza, vicinissima:
anche lei doveva essersi accostata al legno, per sentire meglio.
Bernard
si allontanò dalla porta per dire il proprio nome, privo,
però, di cognome.
Dall’altra
parte, di nuovo un attimo di silenzio. Poi scattò una
serratura, e dalla fessura Bernard intravide un paio d’occhi
luminosi, accesi di un sospiro di candela.
–
Mi manda lei.
– sussurrò lui, subito versando quella rivelazione
nello spazio franco che si era creato al confine dell’ignoto.
La
ragazza socchiuse gli occhi, e nonostante gli mostrasse solo uno
scorcio di viso, Bernard notò un sorriso fugace, un brillio
diverso nelle sue pupille.
–
Siete Bernard… Chatelet? – sussurrò
anche lei.
–
Sì.
La
porta si aprì di colpo, lasciandogli lo spazio necessario.
Bernard si guardò intorno, come se dovesse aspettarsi un
agguato; poi, appoggiandosi come poté, si
intrufolò dentro. La ragazza fu lesta a richiudere dopo di
lui.
Bernard
si ritrovò in un piccolo ambiente dall’odore
stantìo. Non c’erano finestre in
quell’atrio, solo vari oggetti (scodelle, pentole
dall’aria abbandonata), e più avanti una porticina
che immetteva in un corridoio.
– Venite con me. – fu l’invito di lei.
Tre
porte, per quel corridoio: la ragazza si diresse con sicurezza verso
quella in fondo, ignorando le prime due. Da una di esse, subito dopo il
loro passaggio, sbucò una signora dal volto paffuto, che
prese a squadrare il nuovo venuto con tanto d’occhi.
–
È lui, Rosalie?
–
Sì, Lucille.
–
In effetti, non ha una bella cera. – disse la donna, e
Bernard riconobbe il dubbio nei suoi occhi e nella sua voce.
– Ti aiuto a sistemarlo… avete bagaglio, signore?
–
… no. – disse Bernard.
–
… no? Rosalie… ma… – la voce
di Madame Lucille suonò preoccupata. –
… la tua amica… aveva detto che ce
l’avrebbe mandato fornito di tutto…
l’occorrente… lei sa in che condizioni siamo, e
una terza bocca da sfamare…
–
Va tutto bene, Lucille. – assicurò Rosalie
bruscamente, aprendo la stanza in fondo al corridoio, senza voltarsi.
– Me ne farò carico io… ho messo da
parte qualcosa, in questi ultimi giorni. Tu torna a dormire…
basto io, qui.
Madame
Lucille borbottò qualcosa di incomprensibile, poi
rientrò nella sua stanza.
Bernard,
a quel punto, si sentì mortificato.
A
dire il vero, avrebbe dovuto avere qualcosa con sé. Oscar
l’aveva rifornito anche di una borsa. Ma, vuoi per
la fretta, vuoi per volontà di non esserle debitore
oltre il necessario, Bernard non l’aveva portata con
sé, e il conducente della carrozza non gliel’aveva
fatto presente. Dentro c’era del denaro, evidentemente.
Denaro che serviva per il suo sostentamento.
–
Cercherò di ripagarvi quanto prima. –
biascicò, confuso e dolorante; stare in piedi troppo tempo
gli riusciva ancora penoso. Si sentiva sempre più debole.
Rosalie
portò la candela a rischiarare la piccola stanza dove
l’aveva condotto.
–
Non datevi pensiero di questo, adesso. Questo è il letto
dove dormirete. – disse ancora lei, posando la candela su una
cassetta di legno a fianco del letto. – Cambio le lenzuola.
– aggiunse, e si mise all’opera.
–
Lasciate stare… – disse Bernard, puntellandosi a
una sedia lì accanto. – Vanno bene quelle che ci
sono… – aggiunse, ma Rosalie arrossì
immediatamente.
–
Oh, no! – protestò vivacemente. –
Abbiate un attimo di pazienza. – poi, con una nota di dubbio:
– Volete dell’acqua? Qualcosa da
mangiare… ?
–
No… sto bene. – disse lui, ormai pallido e
sfinito. La carrozza, la passeggiata forzata e tutto quello stare in
piedi l’avevano condotto al limite. Se ne accorse, e ne
provò fastidio.
–
Allora sedetevi… ho quasi finito.
Bernard
si accomodò con movimenti incerti e scattosi, ricadendo
sulla sedia con un rantolo di dolore. Rosalie gli lanciò
un’occhiata attenta, poi tornò a dargli le spalle
e occuparsi del letto.
Bernard
la osservò in silenzio. Da quando era entrato, aveva avuto
una sensazione strana, al cospetto di quella ragazza dagli occhi
gentili. Era oltremodo graziosa, una figura esile ma formosa, un viso
dai lineamenti molto dolci e belle, piccole labbra. Capelli raccolti,
che brillavano d’oro alla luce lieve della candela; mani
piccole e sapienti nel loro lavoro; piedi calzati di poveri zoccoli, ma
caviglie sottili, vestite di calze bianche nonostante l'evidente
povertà degli abiti.
La
conosceva? Non riusciva a ricordare dove e quando l’avesse
vista, ma si sentiva tutto pervaso d’inquietudine, e diede la
colpa alla ferita che non voleva rimarginare,
all’autorità di Oscar François de
Jarjayes che l’aveva graziato rendendolo un verme (e un
inerme), al dubbio di quella frase sibillina: “Devi
ringraziare André”.
Però
era piacevole osservare quella fanciulla muoversi attorno al letto con
attenzione, preparando il giaciglio che l’avrebbe accolto. Si
sentiva accettato, nonostante i dubbi di Madame Lucille; sentiva che
poteva rilassarsi, che sarebbe stato al sicuro.
Chiuse
gli occhi, deglutì, e il torpore iniziò a
giocarsi la sua lucidità. Sempre più stanco,
scivolò da esploratore nel regno di Morfeo, e lì,
tutt’a un tratto, semplice come una carezza, vennero i
ricordi a tenergli compagnia.
Sua
madre stava preparando il suo letto con lenzuola pulite. Lui era ancora
un bambino, e lei era tutto, per lui. Era bella, dolce come un angelo.
Quand’era triste, lui cercava di rallegrarla e di riportarle
il sorriso, e spesso ci riusciva, almeno nei suoi primi ricordi.
Ma
a un tratto, Bernard corrugò la fronte.Sua madre camminava in mezzo alla strada, vestita di bianco;
ma non sembrava più lei. O meglio, aveva i capelli
più scuri, e non riusciva più a vederla in viso.
Non c’era più alcuna stanza e alcun giaciglio.
Solo una donna traballante che usciva da un vicolo verso una via
principale; e una carrozza che, senza pietà, giungeva a
calpestare il suo povero corpo. Lui, col cuore in gola e il respiro
mozzato, non era più un bambino, ma un ragazzo di quindici
anni, che aveva appena iniziato a studiare giurisprudenza grazie a una
piccola borsa di studio. E aveva appena assistito a un omicidio.
La
carrozza assassina apparteneva a una nobildonna. Maledetta
puttana… L’aveva investita! Credeva che essere
nobile le desse il diritto di fare quello che le pareva? Scendesse
subito! Chiedesse scusa, almeno!
Non
era colpa sua, diceva. Era stata la donna a comparire
all’improvviso davanti alla carrozza.
Aspettate!
Non potete andarvene così! ASPETTATE! VOI L’AVETE
UCCISA!
Se
avete delle lagnanze, venite a Versailles!
MAMMA!
Mamma, non lasciarmi!
Mamma,
non lasciarmi.
Era
stato un bambino quando l’aveva pianto per la prima e unica
volta.
C’era
un’altra bambina a piangere sul cadavere di sua madre. Ma
Bernard ne comprendeva lo strazio con tutto se stesso. Una bambina con
gli occhi blu e i capelli biondi, che piangeva così
forte…
Non
puoi stare qui a piangere per sempre.
Le
aveva messo la mano sulla spalla.
Fa
male, ma tua madre non tornerà.
Era
stato duro, doveva esserlo. Non aveva dovuto impararlo a sue spese, che
i morti non ritornano?
Mi
chiamo Bernard Chatelet. Sto studiando per diventare giornalista. Se
hai bisogno di aiuto…
Grazie,
ma non ce n’è bisogno.
Ehi!
Aspetta! Dove vai!
Quegli
occhi, prima annegati di dolore e poi freddi come un
pugnale… come aveva potuto dimenticarli?
–
Monsieur Bernard? Monsieur Bernard!
Rosalie
lo stava chiamando. Bernard lanciò un sospiro,
riaprì gli occhi. Vide il viso di Rosalie vicino al suo,
preoccupato.
–
Io ti conosco. – mormorò. – Ti
conosco… vero?
Lei
non rispose. Piuttosto sorrise un poco e con aria indulgente, come se
lo stesse, in fondo, canzonando d’averci messo tanto a
capire. Ma a Bernard non importò. Si fece aiutare a mettersi
a letto, lento perché dolorante e placido perché
stupito. Si appoggiò alla spalla di lei per muovere quei
pochi passi; la stessa spalla magra che aveva a suo tempo cercato di
scaldare, quando lei era poco più d’una
bambina pelle e ossa. Una spalla forte, però, ora come
allora.
Rosalie lo ricoprì fino al petto. Gli sussurrò se
stesse comodo. Bernard annuì.
–
Allora, buonanotte. Chiamatemi se avete bisogno. Sono nella stanza
accanto... e il mio nome lo conoscete.
Bernard sorrise. –
Grazie... Rosalie.
La ragazza si portò dietro la candela. Con lei, Bernard vide
ritirarsi tutte le luci della stanza, e rimase al buio.
______________
Note.
- Questa sarà
una storia di pochi capitoli: l'aggiornerò saltuariamente,
tra un capitolo di Rivoluzione e l'altro!
- Trovo che ricevere dei disegni
sia come ricevere un piccolo mondo in sé compiuto. Ho pensato a lungo a come
sdebitarmi per tutti i regali inestimabili che Ilanak ha realizzato
fino a oggi per le mie pagine (l'ultimo, recentissimo, lo
posterò nel prossimo capitolo di Rivoluzione): spero
che questa piccola storia, che meditavo da un po', valga come piccolo,
ma sentitissimo, Grazie!
:***
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