Nome: Giulz87/Giulz
In Wonderland
Titolo: Sympathy for the Devil
Fandom: Thor
Rating: Arancione
Genere: Avventura, Agnst, Dark
Numero
capitoli: 5
Note:
Questa
What if? nasce come variante del
film Thor: The Dark World, una
storia in cui
Darcy Lewis non rimane sulla terra ma giunge su Asgard insieme a Thor e
all’amica
di sempre, Jane Foster.
Preludio: “Stories”
Seduta
sul cordolo della grande
finestra, Darcy osservava il regno.
La
sera era scesa e aveva spento
anche quel giorno, un impegno che non le era stato richiesto ma che si
trovava
ad affrontare contro ogni logica e previsione, perché come
sempre si era
trovata dove non doveva, troppo vicina a quegli amici che
l’avevano coinvolta
in un viaggio inaspettato, un varco aperto dal custode dei Nove Mondi
con
l’intento di proiettare i loro corpi su quel suolo chiamato
Asgard. Una realtà
che i suoi occhi stavano adulando, che idoleggiavano nutrendosi di uno
splendore impossibile, l’intreccio perfetto tra un medioevo
dimenticato e un
bagliore vibrante, una tecnologia sconosciuta ed evoluta che sembrava
ricordarle di quel divario eterno tra mortali ed immortali.
Le
storie di quel posto erano
storie sull’inizio e sulla fine, storie di
divinità che combattevano per
l’intera umanità. Erano parole di speranza, erano
racconti mitologici che si
materializzavano nel presente. Erano…
…erano
stati risucchiati da una forza colorata, un’energia che si
tingeva di
arcobaleno e che si lasciava alle spalle il ricordo della rugiada,
della
pioggia che s’infrangeva sulla pelle mentre i loro piedi si
staccavano dal
fango e dalla polvere con una velocità disarmante, con un
impeto inatteso
capace di portarli a molti anni luce di distanza.
“Ma
che ficata!”
Darcy
aveva pronunciato quell’esclamazione cercando di mantenere
l’equilibrio.
Il
suo corpo vibrava e palpitava al ritmo del suo stesso cuore, un organo
impazzito
che in quel momento sembrava schizzarle fuori dal petto, un rintocco
che le
rimbombava nelle orecchie isolandola da tutto ciò che la
circondava.
“Dobbiamo
rifarlo.”
La
voce di Jane aveva spezzato il flusso dei suoi pensieri ricercandone
l’attenzione. Solo allora aveva notato la presenza di una
quarta persona, di
una figura guerriera e possente che poco più tardi si
sarebbe identificata come
il Dio Bianco, la sentinella, colui che proteggeva e difendeva il ponte
leggendario, la via tremula che univa cielo e terra.
Darcy
abbassò lo sguardo sulle sue
mani contemplandone il chiarore, raggi lunari che la sfioravano senza
però riuscire
a toccarla davvero.
Le
stelle sembravano sospese al di
sopra dei monumenti e delle costruzioni, mura che sfumavano
l’oro, l’arancio e
il grigio. Tinte che simulavano e si fondevano in altre vite. Vite come
la sua,
in attesa di un qualcosa di più grande.
A
volte ripensava al quotidiano, al
suo quieto vivere e a quello che poteva essere catalogato come
un’avventura. Ma
quello era il passato, un tempo che si era infranto sopra il vetro del
suo
furgone appena un anno addietro. Attimi fluidi che le avevano mostrato
il vero
significato di quel termine, un vocabolo che si vestiva di promesse e
di
scommesse, che legava il certo con l’incerto in un qualcosa
d’inflessibile,
qualcosa che aveva lo strano potere di trasformare il bene,
d’intossicarlo e di
opprimerlo con un voto solenne di paura.
Quello
era il giusto significato di
avventura, il livello più elevato dell’ignoto.
Forse
la sua storia partiva proprio
da lì, da quel pellegrinaggio inatteso. Perché le
storie potevano iniziare
dappertutto, potevano cancellare quello che era stato e creare nuovi
presupposti per continuare. Potevano iniziare in luoghi inaspettati, in
posti
inimmaginabili e tra secondi eterni che inquadravano lo spazio senza
riuscire a
catturarlo. E come nel suo caso potevano iniziare per disobbedienza,
per
inseguire una scintilla di curiosità che le nasceva dal
cuore. Un cuore che si
vestiva di stupida ironia e che ne mascherava le apprensioni. Una mente
alimentata da un folle desiderio di sapere che l’avrebbe
portata nei meandri
del regno, in un antro dimenticato dove cominciava anche
un’altra storia, una
di quelle che iniziavano dalle ceneri dei giorni andati, da un bisogno
infantile
orribilmente insoddisfatto e sgretolato. Perché a volte le
storie iniziavano
con l’unico intento d’intrecciarsi.
Darcy
sgusciò fuori dalla stanza
scrutando il lungo corridoio. Il rumore dei suoi passi si perse tra le
pareti
decorate, disegni scolpiti che narravano l’importanza di quel
luogo e di
chiunque vi abitasse. Era un’arte strana quella che
l’avvolgeva, era come
trovarsi in un enorme museo dove i sospiri e le meraviglie si
continuavano gli
uni con le altre, dove l’incompreso trovava almeno un
po’ di comprensione.
E
mentre il tempo scorreva e lo
stupore aumentava, i passaggi s’incrociavano e davano vita ad
altri passaggi,
finché immobile non si era ritrovata a girare su se stessa,
le ciglia
aggrottate e le labbra corrucciate. Si era persa e non sapeva dove
andare.
“Cazzo.”
Quello
che era stato poco più di un
bisbiglio si era perso nell’aria.
Per
un attimo il pensiero di Odino
le aveva sfiorato la mente strappandole un lamento. Il Padre di Tutti
era stato
chiaro e perentorio riguardo al loro soggiorno. E andarsene a spasso
per il
palazzo non era certo negli accordi.
“Se
vuoi tornare indietro devi
andare a destra, tutto dritto fino al quarto bivio e poi nuovamente a
destra.
Troverai la tua camera ad aspettarti proprio dove l’hai
lasciata, mia cara.”
Frigga
sorrideva a pochi metri di
distanza.
Era
un sorriso sincero il suo, era
un’espressione familiare e risoluta allo stesso tempo, era
una donna che
sfidava se stessa e che pareva allontanare ogni sorta timore. Era
forza, eleganza
e saggezza insieme. Era un tempio di magia che si levava al di sopra
del mondo.
“Sì,
Signora! Credo proprio che
coglierò il suggerimento.”
Darcy
le era passata accanto
facendo un lieve cenno con la testa, un ringraziamento silenzioso che
era
svanito con l’immagine della legittima sovrana di Asgard, con
un sussurro rimasto
ad aleggiare e che aveva tutta l’aria di essere un
suggerimento.
“Ma nel caso volessi proseguire, ti consiglierei le
scale sulla sinistra.”
L’indice si
era posato sulla bocca
con un movimento spontaneo, un gesto riflessivo con cui aveva imboccato
la
grande gradinata.
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