yata
Da quando Fushimi aveva abbandonato l'Homra, Yata non era stato più lo stesso.
Aveva eliminato quell'aria da ragazzino che aveva sempre avuto da
quando ne aveva memoria, piuttosto preferiva andarsene in giro sul suo
skateboard e la sua mazza appoggiata alla spalla.
Cosa poteva importare a uno come Misaki delle persone che erano o no nella sua vita?
Il diciottenne sorrideva forzatamente ogni volta che si poneva quella
domanda, gli sembrava talmente stupido che quella dannata scimmia avesse
fatto così tanta differenza nella sua quotidianità da
quando aveva tradito gli Homra che spesso si chiedeva se si era per
caso innamorato di quel bastardo.
Anche quel giorno, come succedeva da quando aveva visto Fushimi per
l'ultima volta, era entrato nel bar Homra e aveva lanciato il suo
skateboard nell'angolo, per poi sedersi al banco senza salutare
nessuno. Del resto, nessuno - tranne Totsuka - salutava mai lui. Se ne
stava con lo sguardo perso nel vuoto, il cappello vicino a lui e i
capelli castani che gli davano decisamente fastidio. Ogni tanto sbuffava,
ascoltava le conversazioni che gli altri facevano senza particolare
interesse o girava su se stesso con lo sgabello.
Quel giorno, stranamente, anche Suoh era con loro. Ovviamente se ne
stava in disparte con Anna accanto, ma sembrava particolarmente
interessato all'evidente distacco di Yata. In genere quel ragazzo era
il più allegro di tutti, sempre pronto a gridare e ad attacar
briga con qualcuno, proprio non capiva come potesse essere così
indifferente a tutto ciò che gli stava succedendo attorno. Lui
era il Re Rosso, avrebbe dovuto capire cosa succedeva alla sua
avanguardia, eppure per qualche motivo sapeva che Misaki non ne avrebbe
parlato facilmente, al contrario delle sue attitudini.
"Ehi, chihuahua*," Eric prese posto accanto a Misaki. "Fatto qualcosa di interessante oggi?"
"No." Misaki alzò dallo sgabello e fece per uscire dal
bar, quando Eric però l'aveva preso per la manica della felpa.
Tutti i membri dell'Homra presenti si erano voltati verso di loro, dato
che trattandosi di Misaki probabilmente non sarebbe finita bene.
"Che problema hai, Yata?" gli domandò direttamente il biondo, impedendogli di liberarsi.
"Lasciami andare, cane randagio*" sibilò lentamente il rosso,
strattonando nuovamente il polso per cercare di liberarsi della presa
di Eric.
"Vacci piano, Yata." lo riprese Kusanagi. "Possiamo sapere cosa diamine ti prende?"
Il diciottenne alzò lo sguardo verso il padrone del bar: "Mi prende che voglio che Eric mi lasci andare."
"Lascialo andare." ordinò improvvisamente Mikoto, alzandosi in
piedi facendo sussultare Anna. "E tu, Misaki, vieni con me."
Yata roteò gli occhi al cielo, recuperando il suo skateboard
mentre usciva e seguiva il Re Rosso nel vicolo accanto. Dentro il bar,
Totsuka era rimasto sorpreso dalla reazione di Yata, ma era stato
ancora più sorpreso da quella di Mikoto: da che si ricordava,
Suoh non aveva mai amato fare da psicologo alla gente.
Mikoto afferrò saldamente il colletto del maglione di Yata
e lanciò il ragazzo poco distante, incurante del fatto
che potesse farsi male o meno. Misaki però non reagì, comunque
sapeva che prima o poi il Re si sarebbe accorto di ciò che gli
stava succedendo e avrebbe voluto parlargli. Certo si aspettava una
chiacchierata con qualche insulto, non di certo che Mikoto attivasse la
sua aura rossa e che buttasse la sigaretta a terra.
"Forza, Misaki" tuonò allora il Re, facendo partire una fiamma
che sfiorò appena il ragazzo. "Ti do tre scelte: la prima, ti
brucio esattamente sul posto. La seconda, ti caccio a calci in culo fuori dall'Homra. La
terza, ovvero la più conveniente, mi dici che ti prende."
"Mi bruci?" domandò retoricamente Yata, facendo un ghigno. "Non fare il bastardo, Mikoto."
"Hai dimenticato forse il nostro motto?" Suoh lanciò un colpo che colpì Yata nello stomaco, poi proseguì. "No blood, no bone, no ash. Ed è quello che intendo fare se non ricevo alcuna risposta."
Misaki si strinse lo stomaco con la mano, dolorante, ma non aveva
intenzione di spiegare a uno come Mikoto cosa gli stesse prendendo. Un
uomo come lui non avrebbe mai potuto capire cosa un diciottenne reduce
dell'abbandono del suo migliore amico potesse provare. Perciò si
rialzò in un baleno, guardò il Re Rosso dritto negli
occhi e si difese dal seguente colpo, saltando di lato. Iniziò
così una battaglia infuocata tra il Re e l'avanguardia della
Homra, anche se quest'ultimo riuscì a sferrare colpi d'attacco
ben poche volte rispetto a Suoh, che invece attaccava e si difendeva
allo stesso tempo senza problemi.
A Yata tutto quello sembrava ridicolo, ma più di tutto gli sembrava ridicolo di star combattendo col suo
Re per colpa del pensiero fisso di Saruhiko che ormai non gli lasciava
un secondo di libertà nella sua vita. Così sferrava colpi
senza neanche mirare, come quando si divertiva a giocare con Fushimi, e
quelli che prendeva non facevano nemmeno male. Si chiese se Suoh li
stesse tirando piano apposta per non fargli male, e poi si chiese se
forse era lui ad avere la testa talmente soprappensiero da non
riconoscere il dolore. A quel punto, si domandò che senso aveva
restare con quei ragazzi che tanto amavano combattere se lui nemmeno
sentiva il dolore. Così abbassò la difesa, e si fece
colpire in pieno nuovamente da Mikoto, che sferrato quel colpo, e
gettato Yata contro il muro e successivamente a terra, fece sparire
l'aura rossa attorno a lui e si avvicinò al ragazzo, prendendolo
per la collottola: "E' così che si comporta uno dell'Homra? E'
così che hai sempre combattuto, Yatagarasu?"
Misaki rimase colpito dalla rabbia
impressa sul volto del Re Rosso, ma
rimase ancora più colpito dalla mancanza di parole per
rispondere. Non sapeva più cosa dire, si sentiva come un topo
intrappolato. Improvvisamente Mikoto prese il colletto del maglione
bianco e lo abbassò fino a scoprire il marchio impresso sulla
clavicola sinistra di Yata. Il Re guardò negli occhi il
diciottenne che lo guardava a sua volta con uno sguardo confuso,
annebbiato leggermente dal rivolo di sangue che scendeva dall'angolo
dell'occhio, ma
appena Suoh accese il fuoco sulle sue dita e le avvicinò al
petto di Misaki, questo gli diede un calcio e lo allontanò di
qualche metro.
Sentiva il cuore battere troppo forte, il respiro quasi gli mancava:
"Che cazzo vuoi fare?!" gridò poi, levandosi il cappello nero
dalla rabbia.
"Se non riesci nemmeno a parlare con il tuo Re, allora quel marchio
è troppo per te" decretò Mikoto. "Se vuoi posso darti la
possibilità di bruciarlo da solo come ha fatto il tuo amico. Ricordi, no?"
"Non nominare quel bastardo!" sbottò Yata, sistemandosi il
colletto del maglione. "Questo marchio rimane qui dov'è, chiaro?
Nessun fottutissimo bastardo lo toglierà dalla mia pelle!"
"Allora dimostrami che non devo bruciarlo!" sbottò Suoh a sua
volta, alzando improvvisamente la voce. "Dimmi perché
l'avanguardia della Homra Yatagarasu è ridotta peggio del
traditore che ci ha lasciati!"
Misaki non ci vide più, si portò le mani in viso e
cacciò un grido di frustrazione, scatenando attorno a sé
un tornado di fiamme rosa e rosse: "E' per colpa di quel figlio di
puttana se io non ci sto più con la testa! Voglio solo capire
perché non io riesca a darmi pace a causa del suo tradimento, non
voglio altro!"
Yata prese a respirare velocemente, era la prima volta che si ritrovava
affaticato solo per aver gridato. Le fiamme attorno a lui si attutirono
lentamente, esattamente come il suo cuore rallentò i battiti
fuori dal comune. Si sentiva in qualche modo più leggero ora che
era riuscito a dirlo, non credeva di essere capace di dire ad alta voce
che da quasi un mese a quella parte lui riusciva a pensare solo a
Saruhiko. In realtà, non era nemmeno sicuro di saperlo con
certezza. Ormai era così abituato a nascondere i suoi sentimenti
che non era nemmeno più capace di riconoscerli, ma per quanto
frustrante fosse non aveva ancora fatto nulla in proposito. Non aveva
assolutamente intenzione di diventare buono e carino con tutti: certo
ammirava come Totsuka lo facesse sembrare un comportamento normale e
facile da tenere, ma per lui non c'era speranza di diventare come
Tatara, e per quello stesso motivo nemmeno così rilassato come
Kusanagi. Sapeva bene che il suo carattere era fatto per distruggere
qualsiasi cosa: era come una bomba con la miccia costantemente accesa.
Poi c'era Saruhiko.
Yata aveva sempre pensato a lui come compagno di vita e di Clan, come
migliore amico, come persona su cui poter sempre contare. In quel
momento invece era solo un traditore, un bastardo che li aveva piantati
in asso, che aveva preso in giro il marchio sul petto, che aveva
sputato sul suo orgoglio. Yata questo non poteva proprio sopportarlo,
ma più di tutto non poteva sopportare il fatto di pensare in
fondo a Fushimi ancora come un suo amico. Si sentiva uno stupido: gli
sembrava di non aver fatto abbastanza, di essere stato sempre un passo
indietro a Saruhiko.
Si sentiva esattamente come un idiota troppo orgoglioso per ammettere come le cose stavano realmente.
"Misaki" Mikoto si piegò appena sulle ginocchia per raggiungere
l'altezza degli occhi del ragazzo, notando che un rivolo di sangue gli
correva sulla guancia per aver sbattuto la fronte addosso al muro. "Se
vuoi unirti allo Scepter4 per seguire Fushimi, puoi farlo. Non mi fa
né caldo né freddo."
Yata sgranò gli occhi, sentendo il fiato mancare a livello del
petto. Tradire l'Homra e seguire Saruhiko? Gli si gelò il sangue
nelle vene, e improvvisamente sentì il suo corpo fremere, scosso
dall'aura che cercava di venire fuori in tutti i modi, condizionata
dalla rabbia che stava provando in quel momento. Non avrebbe mai
perdonato se stesso se avesse fatto come Fushimi.
"L'Homra è la mia famiglia!" gridò allora, sprigionando
una danza di fiamme attorno a lui. "Essere l'avanguardia di questo
gruppo è la cosa di cui sono più orgoglioso, non potrei
mai tradirvi! Il fatto che quel bastardo mi manchi non è un
motivo buono per mandare a puttane tutto, vadano a fanculo gli altri
Clan!"
"E' così che stanno le cose, Yata?"
Misaki guardò oltre le spalle di Mikoto, notando che quasi tutta
l'Homra si era riunita all'inizio di quel vicolo in cui il Re lo stava
tenendo spalle al muro. Colto così dall'imbarazzo di essersi
fatto sentire e vedere in un momento del genere, girò lo sguardo
di lato e sperò che nessun altro proferisse parola. Ovviamente
però, nessuno dell'Homra sembrava voler lasciare da solo
l'avanguardia in quel momento: Izumo, Rikio, Sohei, Bando, Anna, Eric e
nemmeno Tatara, che se ne stava a pochi passi dalle spalle di Mikoto,
davanti al resto del gruppo. Se avesse potuto tenere fede al suo motto
e non lasciare nemmeno la cenere, in quel momento Yata avrebbe voluto
sparire con tutto se stesso. Si sentiva schiacciare sapendo che il suo
Clan lo stava guardando spalle al muro, infuriato come non mai, col
viso insanguinato e soprattutto dopo aver esternato che il problema di
fondo era la mancanza di Fushimi.
"Yata, senti...potevi dircelo, lo sai." Tatara si avvicinò al
ragazzo, allargando le braccia. "Come hai detto tu, siamo la tua
famiglia. E tu, King," continuò il biondino guardando male
Mikoto. "Ti pare il modo di ridurre il nostro Misaki?"
"Stavamo solo parlando" se ne uscì il re Rosso, alzando le spalle indifferentemente. "Sistemagli quel taglio, Totsuka."
Il biondino rise appena, e poi fece cenno a Yata di seguirlo.
L'avanguardia della Homra così passò tra i suoi compagni
senza proferire parola, troppo imbarazzato per dire altro.
Non parlò nemmeno con Tatara quando gli mise un cerotto sulla
ferita in fronte, e se ne andò a casa senza salutare nessuno,
pensando a come il giorno dopo avrebbe potuto salutarli dopo la
sceneggiata a cui avevano assistito. Probabilmente l'avrebbero guardato
male e poi avrebbero fatto finta di niente, o direttamente l'avrebbero
cacciato fuori dall'Homra, al che Misaki si sarebbe sicuramente sentito
morto.
Quella notte naturalmente non riuscì a chiudere occhio, e la
mattina dopo fu ancora peggio in quanto sotto gli occhi aveva due
occhiaie viola che avrebbero spaventato perfino Anna. Nemmeno i capelli
gli stavano come al solito: non avevano niente dei ciuffi ribelli che
di solito faticava a tenere, quel giorno erano flosci e sembravano
essere anche più scuri. Yata proprio non si riconosceva quella
mattina, ma per lo meno, per la prima volta da due settimane a quella
parte, non si era svegliato pensando a Saruhiko.
"Misaki, sei in bagno da più di mezz'ora!" la voce di sua sorella minore Megumi tuonò fuori dalla porta.
"E tu dovresti essere a scuola." rispose lui, levandosi la maglietta
del pigiama e restando a torso nudo davanti allo specchio.
Osservò attentamente il marchio impresso sulla clavicola
sinistra e sospirò pesantemente, domandandosi cosa ne sarebbe
stato.
"Ho la febbre da due giorni, se ti ricordi" brontolò lei, picchiando i pugni sulla porta. "Sei qui dentro dalle nove!"
"Ho le mie esigenze."
Megumi sbuffò nuovamente, ma persa la pazienza aprì senza
nemmeno avvisare il fratello, e quando trovò Yata seduto sul
bordo della vasca con la testa fra le mani iniziò a
preoccuparsi. Era raro vedere suo fratello a casa, ma era ancora
più raro vederlo senza energie.
"Mamma si arrabbierà quando vedrà il tatuaggio che ti sei
fatto" esordì lei, piazzandosi davanti al ragazzo. "Ha fatto
male fartelo?"
Yata sorrise appena: "Ha bruciato un po'. Non dirlo a mamma, chiaro?"
"Chiaro." la sorella appoggiò la mano sul marchio dell'Homra
inciso sulla clavicola di Misaki. "E' caldo, qui." disse poi, guardando
confusa il fratello.
Il ragazzo prese la mano della sorella e la staccò dalla sua
spalla, creando poi una fiamma attorno alla sua mano che passò
poi attorno al braccio di Megumi senza però scottarla. La
bambina rimase incredula a quello che aveva appena visto, ma rimase
ancora più incredula alla tristezza di Misaki sul viso.
"Cos'era?" domandò poi con gli occhi spalancati dalla meraviglia. "E cosa sei tu, una specie di mostro?"
Yata sorrise, toccandosi il marchio: "Sono l'avanguardia della Homra. Quello era fuoco, Megumi."
"Ma la Homra non è quella banda di tep-"
"Misaki!" la voce del patrigno dei due ragazzi risuonò dal piano
inferiore interrompendo i due fratelli. "Ci sono alcuni tuoi amici alla
porta!"
Yata si mise in fretta la maglietta che si era preparato, prese la mano
di sua sorella - ironicamente era abituato con Anna - e andarono
giù insieme. Durante il tragitto, Yata si chiese chi diamine
poteva essere alle nove e quaranta della mattina, ma poi si
ricordò di aver appena svelato - con una strana malinconia - di
essere una sottospecie di criminale a sua sorella, quindi mentre
scendeva le scale si abbassò leggermente per parlarle senza
farsi sentire dal loro patrigno.
"Mi raccomando, bocca chiusa con la mamma."
"Solo se rifarai quel giochetto" lo minacciò Megumi con occhi
sognanti. Non aveva ancora capito come il fratello avesse potuto fare
una cosa del genere, ma voleva saperne assolutamente di più.
Misaki sorrise: "Andata. Ora devo solo capire chi è che è venuto a salutarmi a quest'ora indecente."
Megumi guardò il fratello incuriosita, e una volta scese le
scale girò verso la cucina, lasciandolo andare alla porta da
solo.
Quando Yata arrivò all'entrata, spalancò gli occhi e
rimase immobile per qualche istante. Sentì il suo cuore fare un
sussulto e il sangue farsi improvvisamente caldo, mentre dentro di lui
cresceva un sentimento simile all'imbarazzo misto alla confusione
più totale.
Di fronte a lui c'erano Mikoto, Kusanagi, Tatara, Kamamoto, Eric e
Anna, tutti vestiti un po' più eleganti del solito e stranamente
senza nessuna sigaretta accesa. Misaki guardò il gruppetto
sorridergli - tutti tranne Anna e Mikoto, ovviamente - come per
salutarlo, Tatara fece anche un cenno con la mano come al solito. Che
cosa volessero alle nove e quaranta del mattino dopo la scenetta di
ieri era una domanda taboo per Yata, che in quel momento avrebbe voluto
sparire. Fortunatamente però fu Megumi a salvare la situazione,
interrompendo l'incontro imbarazzante tra il gruppo e il fratello.
"Chi sono?" domandò ingenuamente la bambina, mettendosi al
fianco di Misaki. Lui portò una mano sulla sua spalla e
l'avvicinò a sè in un istinto infondato di protezione,
come se quei ragazzi potessero farle qualcosa.
"Amici." rispose solamente Misaki, vedendo Tatara avvicinarsi alla bambina e sorriderle gentilmente.
"Sei Megumi, giusto?" le chiese il biondino, stringendole la mano. "Io
sono Totsuka, un amico di tuo fratello. Ci lasceresti parlare con lui
per poco, per favore?"
La castana guardò negli occhi tutti quanti, e sentì dei
brividi correrle lungo la schiena quando i suoi occhi entrarono in
contatto con quelli di Mikoto, che come al solito aveva lo sguardo
assente. A quel punto faticava a credere che quei tipi loschi fossero
amici di suo fratello.
"Misaki..." lo chiamò lei, attaccandosi alla sua maglietta. "Non...io..."
"Andrà tutto bene, staremo qui davanti casa. Poi ti racconto tutto, va bene?"
La bambina si morse il labbro inferiore, e poi si alzò sulle
punte e spinse la spalla del ragazzo in basso per raggiungere il suo
orecchio: "Se ti fanno qualcosa, usa questo." e nel dire quello
toccò la clavicola di Misaki, sentendo caldo anche da sopra il
tessuto della maglia.
Yata scoppiò in una fragorosa risata, si rialzò e le fece
l'occhiolino: "Chiaro. Userò questo, promesso." e così
dicendo fece cenno agli altri di seguirlo fuori dal cancello del
piccolo giardino. I ragazzi della Homra, che avevano seguito la scena
con un sorriso tenero stampato sul volto, seguirono la loro avanguardia
appena fuori dal cancello della casa, fermandosi in una stradina a
pochi metri da lì.
Misaki si sentiva sottopressione, ma in qualche modo l'intervento di
Megumi gli aveva dato una sicurezza in più, dandogli la forza di
agire come aveva sempre fatto in presenza dei suoi compagni di Clan.
Così calciò una lattina ai suoi piedi e poi guardò
tutti: "Scusate mia sorella, non ha paura di voi, è solo
spaventata per me."
"E' stato bello vederti in veste di fratellone" sorrise Rikio,
grattandosi la nuca imbarazzato. "Mi ha sorpreso che sapesse dei tuoi
poteri."
"Gliel'ha appena detto" esordì Mikoto, puntando i suoi occhi in
quelli di Yata. "Se avesse avuto più tempo, le avrebbe detto di
non dirlo a nessuno. Sbaglio, Yata?"
"E' esatto." confermò il castano. "Si può sapere cosa ci fate a casa mia alle dieci della mattina, voi idioti?"
"Se tutto andasse bene saresti già in bar" iniziò Tatara.
"Così abbiamo deciso di venire noi da te. Chitose, Sohei e gli
altri non ci sono perché non erano ancora arrivati, non li
abbiamo nemmeno avvisati che saremmo venuti qui."
"Non c'è problema, bastate voi." Misaki si appoggiò con la schiena al palo della luce.
Eric appoggiò la mano sulla spalla del castano: "Senti, Yata, se
hai qualche problema ce lo puoi dire. Non saremmo certo un branco di
mammolette depresse che mangiano gelato e piangono sulle loro ragazze
che li hanno mollati, ma possiamo capirti. Siamo tutti quanti clansmen
per un motivo."
"Non ve ne ho parlato perché non ci riuscivo, non perché
non volessi" borbottò Yata, guardando a terra. "Il mio orgoglio mi impediva di dirvi quello che stava succedendo. Mi dispiace di
avervi fatto preoccupare."
"Non ce ne frega se ci hai fatti preoccupare" Kusanagi sorrise appena
all'avanguardia, dandogli un leggero schiaffo sulla guancia. "Ci frega
che tu non ci abbia detto niente e abbia finito per farti pestare dal
qui presente Re-non-tratto-bene-nessuno-Rosso."
"Taci, Izumo" brontolò Mikoto, guardando poi Misaki. "Possiamo
aiutarti, se vuoi. Posso anche darti il permesso di andartene in giro a
picchiare gente, se ti fa star meglio. Voglio solo sapere se intendi
rimanere nell'Homra o no."
"E' la tua famiglia" sorrise Tatara, mostrano uno di quegli sguardi languidi che solo lui sapeva fare. "L'hai detto tu."
Kamamoto fece finta di piangere, mimando un pianto da ragazzina isterica: "Ricordati tutti i bei momenti passati assieme, Yatuccio."
Yata fece una faccia a metà tra il divertito e il seccato, dando
un pugno sulla spalla del biondo che aveva appena fatto quella smorfia
rivoltante.
"Anche se è una banda di teppisti e cani randagi,"
Eric si tolse il cappuccio della felpa lilla con la mano, mostrando i
suoi capelli biondo chiaro. "Sono sicuro che riesci a trovare il tuo
posto anche dopo che quella maledetta scimmia - che non ho fatto in
tempo a conoscere - ci ha traditi."
"E poi hai appena diciannove anni" sghignazzò Kusanagi, dandogli
una pacca sulla spalla. "Ne hai di tempo per fare la ragazzina
depressa."
Yata rise di gusto, scuotendo la testa rassegnato. Stava per rispondere
quando sentì un peso attaccato alla sua maglietta, e si accorse
che Anna stava stringendo il bordo inferiore.
"...Misaki" lo chiamò, guardandolo appena negli occhi. "Non voglio che ci lasci."
Intenerito da quella scena, Yata prese in braccio la bambina e le
sorrise, sebbene lei non mostrasse alcun cambio di espressione.
"Non l'avrei lasciata anche se voi non mi aveste fatto questa ridicola
sceneggiata" il castano guardò tutti loro. "Sappiate che siete
ridicoli quando fate i sentimentali, brutti idioti."
"Taci, Yatagarasu" brontolò Kusanagi, indicandogli la porta di casa sua. "Tua sorella ti sta aspettando."
Il castano fece un sorriso: "Le parlo un attimo, prendo lo skateboard e vi seguo. Va bene?"
"Ti aspettiamo qui." Mikoto lo guardò negli occhi, accennando ad
un leggero sorriso che fece diventare Yata ancora più felice di
quanto non fosse prima.
Quella dannata scimmia si sarebbe potuta andare a far fottere, pensava
il ragazzo mentre usciva di casa con lo skateboard sotto il braccio
dopo aver parlato con Megumi. Certo non avrebbe potuto dimenticare cosa
lui e Saruhiko avevano passato insieme, e odiarlo sarebbe stato
impossibile, ma ci avrebbe provato. Ora lui faceva parte di un Clan
rivale, e la sua devozione era solo per l'Homra, non certo per un
traditore che gli aveva fatto passare le pene dell'inferno.
Così balzò fuori dal cancello battendo il cinque a
Kamamoto, e mentre questo se lo caricava scherzosamente in spalla
accompagnato dalle risate degli altri, Yata pensava che se aveva
l'Homra al suo fianco, allora aveva tutto ciò di cui aveva
bisogno.
There I go.
Salve a tutti!
Wow, che saluto penoso.
Comunque, questo è il mio primo debutto in questa fandom e spero che la storia vi sia piaciuta :) Gli asterischi sono un riferimento al manga Memory of Red!
Ero così presa da K che ho fatto pure un AMV e caricato sul mio canale youtube, sono fuori di testa a questo punto.
Beh, vi saluto e spero di avere altre idee per pubblicare qualcosina qui.
Un bacione :*
Ale xx
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