«Oggi
soffiamoci su insieme, ti va?»
...
(Non te l'aspettavi, vero? ♥)
____
Esiste un particolare periodo
dell'anno, ogni anno, in cui James Potter e Sirius Black sono presi da questa voglia
tanto spasmodica quanto stupida di lanciarsi nelle sfide più ridicole solo
per il puro gusto di poter dire di aver fatto meglio dell'altro. Non a caso la
ricompensa è sempre la stessa: la soddisfazione di essere riuscito laddove
l'altro ha fallito.
In quel periodo dell'anno, Remus
Lupin se la squaglia. Letteralmente. Conoscendo troppo bene i perversi
meccanismi della loro mente, sa perfettamente che è il caso di non farsi trovare
a portata d'occhio o di mano, perché basta uno sguardo per renderlo oggetto di
qualche stupida sfida che gli costerà una dose a malapena sopportabile di
umiliazione – ci è già passato, sa perfettamente di cosa sta parlando, anche se
niente potrà mai spodestare dal podio quella volta in cui Sirius si infilò nella
doccia, dietro di lui che, troppo impegnato ad insaponarsi i capelli ad occhi
chiusi, ne ha realizzato la presenza solo quando la mano di Sirius si è aperta
al centro esatto della sua schiena.
Oggi è uno di quei giorni.
Ieri si è aperta la Caccia Alla
Sfida Più Ridicola e Remus non si arrischia a presentarsi in Sala Comune a
quest'ora relativamente giovane del pomeriggio, dove tutto potrebbe accadere. Né ha voglia di
compiangere il malcapitato di turno, reo di essere solo un Grifondoro nel posto
sbagliato al momento sbagliato. Perciò si limita a girellare per i corridoi, la
spilla di Prefetto ben in vista nel caso in cui qualcuno lo interroghi sui suoi
vagabondaggi.
Sta adocchiando la statua
della strega orba con particolare desiderio quando una figuretta compare all'imbocco
del corridoio. C'è qualcosa di familiare nel guizzo rosso che l'accompagna, o
nel modo in cui regge i libri tra le braccia, come fossero bambini. Pochi passi
più tardi, Remus si rilassa e le sorride apertamente.
«Ciao, Lily».
«Re–Remus» ansima, piegandosi
sulle ginocchia per riprendere fiato. La coda rosso vermiglio le scivola lungo
la guancia, ciondolando nel vuoto al ritmo del suo fiatone. Vagamente
preoccupato, Remus si china quel tanto che basta a sfiorarle la spalla; la mano
di Lily si chiude sulla sua con una velocità tale che deve reprimere un
sussulto.
«Devi nasconderti, Remus.
Subito».
«Nascondermi?»
«Sirius Black sta venendo a
prenderti».
____
«Quella stupida è appena corsa a
fare la spia, vero?»
«Non insultarla e impara a
parlare a bassa voce, la prossima volta. Questa la diamo per persa, va bene?»
Sirius sbuffa e cerca di
stendersi sulla poltrona, finendo solo per assumere una posizione maledettamente
scomoda – le ginocchia penzolano oltre un bracciolo mentre la nuca preme
fastidiosamente contro l'altro – che gli strappa un gemito insofferente, senza
però farlo smuovere di un centimetro. Scomodo o no, non ha voglia di alzarsi,
non adesso che quella stupida Evans è corsa ad allertare Remus, privandolo del
crucialissimo fattore sorpresa.
Però, ragiona, ho solo
detto che mi serve Remus, non a cosa mi serve. Posso ancora giocarmela.
Ringalluzzito dalla rivelazione,
getta le gambe oltre il bracciolo e, con un unico movimento fluido, si rimette
in piedi, bacchetta alla mano e sorriso trionfante sulle labbra.
«No, bello mio; questa la diamo
per vincente. Sta' a vedere» e con nient'altro che un cenno del mento in segno
di saluto scatta
oltre il buco del ritratto, aprendo ufficialmente la caccia a Remus. James si
accascia sul tavolo, il sorriso vittorioso appena scalfito dall'ostinazione di
Sirius. Improvvisamente, si ritrova a sperare che Evans l'abbia trovato per
prima.
Due piani più giù, nel
frattempo, Sirius Black si sta muovendo in punta di piedi, con un atteggiamento
così guardingo e sospetto che se Filch lo trovasse adesso sicuramente lo
trascinerebbe dritto nell'ufficio del Preside, per quella che sarebbe la
terza volta in un mese (Ehi, pensa, potrebbe essere la prossima
sfida. Devo ricordarmela).
Un'ora e mezzo più tardi, di
Remus non c'è più traccia. Nessuno conosce bene il castello come i Malandrini e Sirius,
forse, lo conosce meglio di tutti loro messi assieme. Ha controllato in ogni
singolo posto che gli sia venuto in mente, da quelli scontati a quelli assurdi
(come la nicchia dietro la dispensa degli ingredienti nell'aula di Slughorn) ma
Remus è come stato fagocitato dal castello, più intenzionato che mai a tenerlo
fuori dalla sua portata. Impensierito, Sirius si lascia cadere sulla sommità di
una scalinata, mordicchiando meditabondo una nocca del pugno chiuso. C'è
qualcosa che gli sta sfuggendo, un posto che gli sta sfuggendo. Forse un
posto in cui non ha libero accesso? Potrebbe essere. Si sente di escludere a
priori le Sale Comuni delle altre Case, perché nessuno studente che non vi
appartenga può varcarne la soglia, neppure Remus. Quanto al Reparto Proibito
della Biblioteca ha già controllato e la ricerca è stata infruttuosa come in
altro luogo. La sala dei professori? Impossibile anche quello; ci è passato
davanti e la porta era spalancata. Ha intravisto solo il profilo rigido della McGonagall che parlava con la professoressa Vector ed è comunque positivamente
certo che Remus non si stava nascondendo nel loro armadio o sotto il tavolo (la
loro Capocasa, come minimo, non l'avrebbe permesso e poi, riflette, non
fa parte del personaggio: Remus è troppo ligio alle regole per violarle così
clamorosamente).
Cos'altro resta?
Lo sguardo corre alla finestra, la pioggia che ruscella contro il vetro. Il
temporale è troppo forte perché Remus abbia abbandonato il calore confortante
del castello. E allora?
«Black, che cosa
stai facendo?»
Amanda Jordan,
Caposcuola di Grifondoro, lo fissa con piglio severo e scocciato, interrompendo
il filo dei suoi ragionamenti. Non che sia una gran perdita: non ha fatto molti
passi in avanti.
«Sto cercando
Lupin, l'hai visto?»
«Mettiti in
fila; ci sono almeno altre tre persone che lo stanno cercando».
Sirius drizza la
schiena. Interessante.
«Ah, sì? E chi?»
«Io, per
esempio» sbotta, gettando un lembo di mantello dietro la spalla. «La riunione
dei Prefetti e dei Caposcuola è finita mezz'ora fa e del tuo amico nemmeno
l'ombra, il che ha impallato i turni di ronda e, tra parentesi, i Prefetti di
Corvonero del sesto anno sono furiosi, quindi se trovi Lupin mandalo immediatamente da me, hai capito?» ordina seccamente e lo supera con un
movimento brusco, incamminandosi lungo le scale. La treccia scura ciondola ad
ogni passo, severa e rigida come la sua proprietaria, ma Sirius sta già pensando
ad altro. Remus è troppo zelante per mancare ad una riunione dei pezzi grossi,
come li chiama Peter; il che vuol dire che si è rifugiato in un posto dove solo
i Prefetti e i Caposcuola potevano facilmente trovarlo – o almeno, così deve
aver pensato, dal momento che, a conti fatti, nessuno è riuscito a stanarlo.
Lentamente, come
un'alba, un sorriso vittorioso si allarga sul suo viso, così disteso da sembrare
la smorfia di uno squilibrato. Poco importa, comunque: adesso Sirius sa dove
cercare, perché c'è un solo posto dove solo i Prefetti possono entrare e gli
altri studenti no.
____
Seduto sul bordo
della vasca – che forse sarebbe meglio chiamare piccola piscina – Remus
fissa angustiato la lancetta dei secondi che completa un nuovo minuto: con
quello, la riunione dei Prefetti è ufficialmente finita e nessuno ha pensato di
andare a cercarlo (ma chi vuole prendere in giro? Andare a prenderlo e
scortarlo fino all'aula designata, sarebbe meglio dire) nel bagno dei
Prefetti. Neppure Lily, la quale doveva avere almeno un sentore di quale sarebbe
stato il suo nascondiglio. Forse qualcosa le ha impedito di raggiungerlo. Forse
questo qualcosa si chiama James, o Sirius; molto probabile.
La prima cosa
che dovrà fare, una volta abbandonato il rifugio, è cercare Amanda Jordan e
scusarsi con lei; sa perfettamente che quella era la prima riunione del nuovo
trimestre e che si sarebbe focalizzata tutta sui turni di ronda da lì ai
prossimi tre mesi. E sa altrettanto perfettamente che gli altri avevano bisogno
del suo orario e dei suoi impegni per organizzare le ronde nella maniera più
funzionale e ottimale possibile, senza intralci o contrattempi.
Dannati siano
James e Sirius per quella loro imbecillissima mania che ogni anno bussa
alle loro menti traviate per rovinargli le giornate.
Non manca troppo
all'ora di cena e sa che il professor Flitwick, per raggiungere la Sala Grande,
dovrà necessariamente passare davanti alla porta del bagno. Si apposterà dietro
il battente finché non ascolterà il suono dei suoi passi brevi e veloci e, con
una scusa qualsiasi, lo accompagnerà fino alla Sala. Sirius non oserà attaccarlo davanti ad un professore, neppure lui è così imbecille.
Un sospiro amaro
gli svuota i polmoni, risuonando amplificato e quasi lugubre. Deve solo avere un
po' di pazienza: queste buffonate non durano più di una settimana e, secondo i
suoi calcoli, ormai mancano solo un paio di giorni. Dopo, se avrà fortuna, dovrà
solo badare che James e Sirius non finiscano ancora in punizione – un
compito di gran lunga più semplice e piacevole del fuggire come un topo e
nascondersi nei posti in cui non possono trovarlo.
Come sempre
quando è nervoso, due dita corrono al ponte del naso pizzicandone la sommità,
come se in quel modo Remus Lupin possa acchiappare tutto il malumore e gettarlo
nello scarico di un water. Forse sarebbe più semplice arrendersi, farsi trovare
e subire qualsiasi cosa Sirius voglia fargli. E se sarà davvero spiacevole,
potrà sempre negare o minacciarlo di sottrargli tanti punti quanti sono i suoi
anni, ma moltiplicati per cinque. Sorride mestamente: sa benissimo che non
sarebbe capace di una bassezza simile. La spilla che porta appuntata alla veste
lo investe di un potere di cui non solo non si sente ancora del tutto
meritevole, ma che non userebbe mai per ragioni e vendette personali.
È così impegnato
a rimuginare sulla propria onestà e sul fatto che forse sarebbe stato meglio tra
i Tassorosso che non sente per tempo la serratura della porta scattare e il
battente scivolare silenziosamente sui cardini. Se ne rende conto solo quando la
porta sbatte forte e lui sussulta, rischiando di capitolare nella piccola
piscina. Si volta così in fretta che sente male al collo e che, tuttavia,
dimentica prontamente quando il sorriso speranzoso si trasforma in una smorfia
di panico e allarme.
Sirius è
baldanzosamente poggiato contro il battente, le mani affondate nelle tasche dei
pantaloni e una scarpa premuta contro la porta. Ha l'aria di un gatto che ha
messo all'angolo il topo più squisito. Non sembra avere particolare fretta:
adesso che lo ha in pugno e che sorveglia l'unica uscita possibile, non ha più
nulla di cui preoccuparsi.
Remus si rimette
lentamente in piedi e lo scruta guardingo, di sottinsù, le palpebre strette in
un'espressione di avvertimento. La bacchetta, al sicuro nella tasca interna del
mantello, non gli è mai sembrata così pesante, così presente.
«Tu sì che sai
come farti desiderare, vecchio lupo» lo schernisce, puntandogli un dito contro
che scuote con indulgenza, come se fosse alla presenza di un bambino che ha
combinato un pasticcio ed è stato finalmente scovato.
«E tu sì che sai
come far perdere tonnellate di punti alla tua Casa. Guarda dove sei,
Sirius» lo invita, lo voce dolce e, allo stesso tempo, trionfante. Ha promesso
di non servirsi della propria spilla per arginare questioni personali;
ciononostante, non ha mai promesso di non servirsene se, miracolosamente, le
questioni personali si fossero sposate con quelle accademiche. E, in qualsiasi
maniera la si voglia vedere, Sirius ha violato uno spazio interdetto a chiunque
non sia un Prefetto o un Caposcuola, sottraendo la parola d'ordine a chissà chi
(e Remus sospetta fortemente di Amberly Fenwick, Prefetto di Corvonero che
ha una cotta per Sirius da tempi storici). Si sente un po' meschino, ma non è sicuro
di voler subire passivamente qualsiasi bizzarria Sirius abbia in mente. Assurdo
come fino a pochi minuti fa era convinto del contrario; è davvero degno del
nome che porta – Moony – e non ne è contento neppure un po'.
«Vuoi punirmi,
Remus?»
«Solo se farai
qualcosa di molto stupido».
Gli occhi di
Sirius brillano minacciosamente e per un attimo il tempo è come guasto: ogni
lancetta smette di muoversi, il meccanismo si inceppa e una strana bolla calda
si gonfia nella pancia di Remus. In quel lasso di tempo bloccato il contatto
visivo non viene mai a mancare e Remus ha la sensazione che siano passati
secoli da quando ha iniziato a guardarlo, riflettendo estemporaneamente come
il buio non renda giustizia al grigio chiaro delle iridi. Poi, di punto in
bianco, come se una voce gliel'avesse gridato
nell'orecchio, si lancia verso il fondo del bagno e tutto va in pezzi: le
lancette girano veloci per recuperare il tempo perduto e le scarpe di Sirius
slittano e squittiscono mentre si scaglia su di lui. Girano intorno ai
rubinetti, quindi intorno alla vasta. Il bordo è viscido e più volte rischiano
entrambi di cadere, ma Remus non si ferma e quando mancano poco meno di cinque
metri alla porta un'idea lo colpisce e sa che può funzionare: si ferma bruscamente e inverte la marcia, cogliendo Sirius alla
sprovvista, che sdrucciola sul pavimento, combattendo contro l'assenza di
attrito e la gravità che vorrebbero trascinarlo giù. Quell'attimo è fondamentale
per Remus, che torna sui suoi passi e schizza verso la porta. Le dita hanno
appena sfiorato il pomello quando Sirius grida "Incarceramus!" e decine
di corde lo stringono in un amen. Cerca di recuperare la bacchetta per
difendersi, ma un nugolo di corde si materializza dal nulla e gli artiglia i polsi,
le braccia e le gambe,
legandogli le mani dietro alla schiena. La gravità fa il resto.
Un minuto dopo
Remus giace supino sul pavimento, legato come un insaccato e sulla faccia
l'espressione più triste, frustrata e amareggiata che si sia mai vista su un
volto umano.
«Settemila
punti in meno a Grifondoro» borbotta scontrosamente e mestamente mentre Sirius
si piega su un ginocchio, ridendo di lui.
____
Deve ammetterlo:
c'è stato un momento in cui ha creduto di aver perso.
Quella finta di
Remus lo ha davvero colto di sorpresa e mentre faticava e improvvisava un mezzo
balletto isterico per restare in piedi e non cadere, ha pensato che quello era
il momento perfetto per tirare fuori la bacchetta e fargli un sortilegio.
Pietrificarlo, magari, o immobilizzarlo.
Perciò, adesso
che Remus è indifeso ai suoi piedi, non può che dirsi doppiamente contento:
l'onestà del suo amico non lo ha ripagato, stavolta, e neppure il fatto che
Remus preferisca sempre metodi piuttosto babbani (il dialogo o la fuga) per
trarsi di impaccio.
«Settemila
punti in meno a Grifondoro» lo sente borbottare e Sirius scoppia in una risata
allegra, accomodandosi meglio sul pavimento. La mano giocherella con la spilla
da Prefetto, distrattamente, spesso sfiorandogli la pelle esposta del collo.
«Non puoi
sottrarre più della metà dei punti di una Casa – dovresti saperlo, signor Prefettino
– figuriamoci sottrarre punti che Grifondoro non ha neppure» dice,
facendo sfoggio di una conoscenza del regolamento scolastico che lascia Remus
piacevolmente interdetto e, per un attimo, dimentico di essere completamente alla
sua mercé.
«E tu come fai a
saperlo?»
«Doverose
precauzioni, Moony. I bravi ragazzi come te non possono capire di cosa sto
parlando, ovviamente».
«Ovviamente»
sottolinea Remus, ruotando gli occhi al cielo prima di sospirare e voltare la
testa per guardarlo dritto in faccia.
«Forza», lo
invoglia con aria funerea, «facciamola finita».
Allora Sirius
ricorda la sfida e si crogiola nella consapevolezza di aver vinto, di aver
trionfato laddove James avrebbe indubbiamente fallito. Eppure, nel momento in
cui ricorda cosa hanno scommesso sente un fremito fastidioso alla pancia.
Remus è proprio lì, steso ai suoi piedi, gli occhi chiusi e il viso stoicamente
sofferente come quello di un martire, ma Sirius non riesce proprio a decidersi:
improvvisamente, gli sembra una stupidaggine. Gli sembra sbagliato.
Gli sembra
troppo intimo.
«Allora?» lo
esorta Remus, che non vuole o non ha il coraggio di riaprire gli occhi, ma è
chiaramente snervato dall'attesa – Sirius lo capisce dall'angolo della bocca che
ha un guizzo nervoso e che fa il paio con una contrazione involontaria delle dita.
Sente nelle
orecchie la voce di James che lo schernisce, che lo accusa di non aver avuto il
coraggio di fare qualcosa di tanto innocente e rapido come dare un bacio a
Remus. E, come se fosse stato un segnale convenuto, si sistema meglio sulle
ginocchia, preme le mani ai lati del suo viso per tenerlo fermo e cerca di non
pensare al fatto che sia il suo migliore amico o che sia, più in generale, un ragazzo, mentre si
china fino a premere la bocca contro quella di Remus, che ha un sussulto
violento, come se l'avesse schiaffeggiato a sorpresa.
____
Si era aspettato
qualcosa di molto disgustoso o di molto doloroso o di molto imbarazzante, ma
quando ha sentito nient'altro che la forma sconosciuta della bocca di Sirius,
così clamorosamente vicina alla sua, ha pensato immediatamente di essere stato
molto, molto fortunato. Ha perfino ringraziato James per l'assurdità delle sue
sfide. Poi, quando si è accorto cosa stava pensando e per cosa stava
ringraziando, ha schiuso la bocca per protestare, tirarsi indietro, ma ha solo
trasportato quel bacio su un livello differente.
Sta ancora
cercando di capire quale, ma non è facile con Sirius che, superata la prima
ritrosia, muove le labbra sulle sue e osa perfino tracciarne i bordi con la
punta della lingua, facendogli assumere una forte tonalità di rosso mattone in
procinto di virare verso il violetto.
E non c'entra
tanto il fatto che le labbra di Sirius siano letteralmente incastrate con le
sue, o le sue dita che cercano la sua pelle oltre il bordo del colletto, quanto
il fatto che Remus ha già vissuto tutto questo. Lo ha vissuto mentre era
confinato nel mondo onirico, certo, ma questo non vuol dire che non sia stato
altrettanto importante, altrettanto sconvolgente.
Non vuol dire
che non sia successo qualcosa nei suoi pantaloni, al risveglio, come sta
succedendo adesso, realizza con orrore crescente.
E soprattutto,
non vuol dire che sia più vicino di allora a scoprire perché una parte
del suo cervello e una del suo corpo sembrano trovare Sirius estremamente
interessante. Non ha mai pensato a lui in quei termini, non l'ha mai
fatto, ma non gli sembra una cattiva idea iniziare a pensarci adesso.
Così come non gli sembra una cattiva idea evitare di negare che Sirius ha sempre
significato qualcosa in più, c'è sempre stato un plus, nel loro
rapporto, a cui non ha mai voluto dare un nome.
È contento del
fatto che sia legato come il peggior delinquente: gli impedisce di sollevare le
braccia e lo fa resistere alla voglia bruciante di toccare la faccia di Sirius – se
per tenerlo più vicino o sbattergli la testa contro il primo muro utile, bene,
non saprebbe dirlo. Ma questo non impedisce a Sirius di farlo; sente le sue dita
lunghe e pallide come zampe di ragno toccarlo con circospetta curiosità, come se
non avesse idea di come è fatto un corpo maschile e avesse bisogno di
scoprirlo. Ma è solo quando sfiora la pelle nuda della pancia di Remus che
torna quietamente in sé, chiudendo il bacio con uno schiocco debole e alzandosi
quel tanto che basta a fissarlo con un'espressione nient'affatto imbarazzata, ma
profondamente riflessiva.
Remus realizza
solo in quel momento che lo ha guardato mentre lo baciava.
Oh, signore
Gesù.
«Be', caspita,
questa sì che è una scoperta» dice, col tono di uno che è stato impegnato a
conversare sulle modificazioni planetari spazio–temporali fino a quel momento,
del tutto assorto nel proprio ragionamento. E poi, proprio quando Remus sta
riprendendo coscienza di sé, cercando di attenuare la prepotente
sfumatura di rosso che ha assunto ogni lembo di pelle visibile, punta gli occhi
su di lui e aggrotta la fronte.
Cosa si aspetta?
Un voto per quello che è appena successo? Dovrebbe togliergli dei punti. Ha
violato una zona riservata e ha... molestato il Prefetto. Dovrebbe
togliergli molti punti.
«Che cosa è una
scoperta?» Ora, Remus sa che quando Sirius inizia a parlare con quel tono
basso e meditabondo è meglio squagliarsela o non dargli corda, ma stavolta la
situazione lo riguarda troppo da vicino per potersene tirare fuori e forse più
tardi pagherà lo scotto di tanta curiosità, ma al momento, se proprio deve
essere onesto, non è che gliene importi granché.
Sirius si
rimette a sedere; incrocia le gambe e lo fissa di sottecchi, il sorriso di chi
ha appena avuto un enorme colpo di fortuna.
«Questo» e muove
l'indice per collegare se stesso a Remus, che chiude gli occhi e si pente
immediatamente di aver domandato. Certe cose non andrebbero discusse. Certe cose
andrebbero accantonate e basta, ignorarle per il resto della vita e portarle con
sé nella tomba, giusto per sicurezza.
«Pensi che
potremo rifarlo, qualche volta?»
Ha voglia di
sbattergli la faccia contro il pavimento e non ne è sconvolto: quando uno impara
ad avere a che fare con Sirius, impara anche a liberarsi di certi scrupoli.
«Io penso che tu
adesso debba slegarmi. È ora di cena». E, come a confermare le sue parole, lo
scalpiccio di centinaia di passi supera la barriera della porta chiusa, segno
che gli studenti si stanno recando in Sala Grande, come qualunque
studente dovrebbe fare, anziché starsene sdraiato sul pavimento freddo di un
bagno a subire i baci del suo migliore amico e non provare la minima punta di
rimorso. Forse, addirittura, solo del rimpianto per essere già finito, e
poco importa che fino a dieci minuti fa non stesse pensando a Sirius in
quei termini, restio a farsi baciare.
Se tutto questo
abbia un senso, Remus Lupin davvero non lo sa.
____
Aveva
incentivato imbarazzo, magari disagio, ma quello l'avrebbe gestito facilmente:
una risata scanzonata avrebbe rimesso tutto al proprio posto. Aveva incentivato
anche una possibile protesta di Remus e avrebbe risolto anche quella con un
ringraziamento sentito per avergli fatto vincere quella che, ha deciso, è
l'ultima sfida dell'anno – il record di visite al Preside dovrà essere rimandato
all'anno prossimo.
Certamente non
aveva previsto la bolla di piacere che gli era scoppiata nella pancia, o la
necessità di sentire Remus sotto le dita, o il desiderio di baciarlo ancora
l'attimo dopo essersi separato da lui.
«Be', caspita,
questa sì che è una scoperta» si lascia sfuggire. Remus lo guarda come se fosse
uno squilibrato che sente voci nella testa e risponde di conseguenza.
«Che cosa è una
scoperta?» La sua voce trema appena e Sirius non ritiene opportuno
preoccuparsene: ci sono modi e modi in cui la sua voce può tremare. Questo non è
uno di quelli che gli farebbe tenere la coda tra le gambe e le orecchie tirate
indietro in segno di prostrazione. Questo è uno di quelli che gli fa venire
voglia di baciarlo ancora. Assurdo, bizzarro, ma vero.
«Questo» e
indica entrambi, a turno, portando una nuova sfumatura di violetto sul viso di
Remus. Se qualcuno lo vedesse ora, penserebbe che è sul punto di morire
soffocato. O che abbia urlato a perdifiato fino a quel momento. È facile come
respirare prendersi gioco di Remus; ricorda che, al quarto anno, lui e James si
erano sfidati sul numero di volte che sarebbero riusciti a farlo arrossire.
Vinse James, ma solo perché giocò sporco, ricorda con un improvviso rigurgito di
frustrazione.
«Pensi che
potremmo rifarlo, qualche volta?» continua a stuzzicarlo. Remus ha l'aria di uno
che sta morendo dalla voglia di sbattergli la faccia contro il pavimento ed è
davvero contento che sia ancora legato: nessuno lo direbbe, ma c'è tanta forza
nelle braccia di Remus – anche troppa; non ha ancora dimenticato quella volta
in cui lo prese letteralmente in braccio per portarlo via da un gruppo di Serpeverde attaccabrighe.
«Io penso che tu
adesso debba slegarmi. È ora di cena».
Ed è vero: le
voci degli studenti che si approssimano alla Sala Grande arrivano chiare e
forti.
«Ora che me
l'hai fatto notare...» e si sfrega la pancia in un gesto eloquente, anche se non
è del tutto sicuro che il vuoto che la riempie sia dovuto alla mancanza di cibo.
Con un distratto colpo di bacchetta taglia le funi che tengono legato Remus, il
quale incespica immediatamente per rimettersi in piedi, con talmente tante
difficoltà che Sirius si alza e lo aiuta, invitandolo ad appoggiarsi a lui
mentre lo libera da certi nodi che ancora resistono. Coglie tutta la bizzarria
della situazione nello specchio alla loro destra. Ci sono due giovani ragazzi
apparentemente avvinti in un abbraccio, mentre il più alto dei due cerca di
sbrogliare una fune che avviluppa l'altro come un festone su un albero di
Natale, le mani che si muovono sulla sua schiena.
Non fa in tempo
a pensare che impressione darebbero se qualcuno entrasse in quel momento che la
porta si apre e Lily Evans e James Potter fanno irruzione nel bagno, seguiti a
ruota dalla McGonagall, che è impegnata a rimproverare James per l'accesso ad un
area riservata.
____
Remus sta
cercando di ricordare quand'è che James e Sirius hanno ricevuto una punizione
tanto grave, ma forse, pensa, non esistono precedenti. Ciò che gli dispiace (ma
non troppo, a dire il vero) è che entrambi avrebbero potuto trarsi d'impaccio se
solo un Serpeverde del settimo anno si fosse fatto gli affari suoi, evitando di
alludere ad un'orgia nel bagno dei Prefetti, tra Purosangue e ibridi. A
quel punto Sirius e James si erano già scaraventati contro il malcapitato
studente e coloro che erano stati insultati – Remus e Lily – si erano limitati a
farsi da parte immediatamente quando la McGonagall aveva preso in mano le redini
della situazione, condannando entrambi a cinquanta punti in meno ciascuno e una
settimana di punizione (oltre ad un tema aggiuntivo sui rischi della
Trasfigurazione Umana).
Quanto a Remus,
lui se l'è cavata con una lavata di capo e un'occhiata vagamente comprensiva,
perché neppure alla docente è mai sfuggito il fatto che lui non ha altra scelta
se non soccombere ai veri leader del gruppo.
«Maledetto
imbecille» sbotta James, le braccia sporche di terra e fango fino ai gomiti,
retaggio di una giornata (la prima di molte) spesa a travasare le piante
delle serre di Hogwarts, rigorosamente senza alcuna magia.
«Maledetto
imbecille Serpeverde» rincara Sirius, che invece è totalmente ricoperto
di fango – lo stesso che sta ripetutamente schizzando sul copriletto di Remus,
il quale lo sta ripetutamente facendo Evanescere, restituendolo al
mittente e innescando un circolo vizioso.
«Pensa a una
fattura che nemmeno Madama Pomfrey potrà curare, Prongs, o lo scaravento giù
dalla torre di Astronomia» e tira il cavallo dei pantaloni, come se contenesse
qualcosa di viscido e disgustoso – altro fango, probabilmente.
«Troverò
qualcosa. Magari una Trasfigurazione, che ne dici? Possiamo Trasfigurarlo in un
viscido verme e chiuderlo in un barattolo».
«O lasciarlo
vagare nell'orto di Hagrid, nella speranza che qualcuna delle sue creature
raccapriccianti lo calpesti senza pietà».
Remus decide che
è ora di intervenire prima che i loro propositi vendicativi li sbattano oltre i
cancelli di Hogwarts, e decisamente dalla parte sbagliata.
«Guardate che
quello offeso dovrei essere io, e non lo sono. Non è la prima volta che succede
e non sarà l'ultima. Per non parlare di quando scopriranno quello che sono».
L'accenno alla
propria maledizione quieta immediatamente gli animi e le espressioni di rabbia
sui visi sporchi di entrambi si attenuano, digradando in qualcosa di più
profondo e meno bollente della rabbia cieca.
«Se volete davvero fare qualcosa per me, allora non fate niente. Anzi, no» rettifica
immediatamente, muovendosi lateralmente come un granchio e allungando il braccio
per aprire la porta del bagno. «Fatevi una doccia e saremo in pace».
Peter e James
ridono e spezzano l'atmosfera tesa, ma gli occhi di Sirius non lo abbandonano
mai un momento. Lo sa perché non riesce a buttarsi alle spalle quello che è
successo e, in cuor suo, non è sicuro di poterlo del tutto biasimare. Ha vissuto
per troppi anni a Grimmauld Place per non diventare ipersensibile agli insulti
contro i Nati Babbani o i Mezzosangue, specialmente se sono rivolti a lui, a
Remus. Così regge lo sguardo e scuote appena la testa.
Lascia stare,
vuole dirgli. Non ci pensare più.
Ma vorrebbe
anche dirgli grazie, perché la sola indignazione furiosa di Sirius vale più di
qualsiasi altra vendetta. È la sua personale forma di giustizia.
«E sia, vecchio
lupo» acconsente James, battendogli una pacca sulla schiena prima di prendere un
cambio d'abiti puliti e chiudersi in bagno. Peter si rigira prono e incrocia le
gambe, ignorando totalmente Remus e Sirius che ancora continuano a fissarsi.
Quello che
succede dopo è così azzardato e rapido che Remus non ha il tempo di impedirlo.
Perché
l'occhiata sbilenca di Sirius alla schiena di Peter è troppo rapida e perché le
sue labbra, ancora una volta, lo colgono troppo di sorpresa.
____
Non riesce a
capire perché stavolta gli abbia dato così tanto fastidio.
Non era la prima
volta che succedeva – i Serpeverde prendono di mira Remus sin da quando era al
primo anno – e sicuramente non era la prima volta che lo irritava al punto da
voler fare qualcosa di molto stupido come Schiantare il responsabile o
appenderlo a testa in giù dalla Torre di Astronomia e lasciarlo lì fino a vedere
la sua faccia farsi livida.
Sicuramente,
però, era la prima volta che una maledizione, una di quelle senza perdono,
gli saliva spontaneamente alle labbra, traducendosi quindi – e per fortuna – in un pugno ben
calibrato contro lo zigomo, che ha sentito incrinarsi sotto le nocche.
C'entra qualcosa
il ricordo ancora fresco della bocca di Remus, o il modo in cui, anche se solo
per un secondo, ha ceduto, sfiorandogli la lingua con la propria.
O magari c'entra
il modo in cui lo sta guardando. Che gli fa immediatamente dimenticare la rabbia
e lo spinge ad adocchiare la schiena di Peter prima di ghermirlo per la manica
della camicia e baciarlo un'altra volta, perché è stato tutto frutto di una
sfida stupida, ma gli è piaciuto più del previsto. E quando ha chiesto se
qualche volta avrebbero potuto rifarlo, bene, scopre adesso che non scherzava,
che non l'ha detto esclusivamente per punzecchiarlo.
Una parte di lui
– quale e quanto grande non ne ha proprio idea – non può fare a meno di
apprezzarlo. Di desiderarlo. Ha sempre saputo che c'era dell'altro a legarlo a
Remus, ma non ha mai avuto voglia o coraggio di dargli un nome.
Adesso sa che
c'entra moltissimo con questa nuova forma di contatto nata per gioco, per
passare del tempo e ottenere dei punti immaginari, e a cui adesso potrebbe
assuefarsi.
Quando fa un
passo indietro, si prende un attimo di tempo per controllare che Peter e James
siano ancora impegnati con le loro cose prima di scoccargli un sorriso
malandrino e carico di soddisfazione.
«Sì», si sente
dire, «penso proprio di sì» e magari è stupido rispondere alla propria domanda,
e lo è ancor di più farlo a distanza di un giorno, ma Remus sorride come mai ha
sorriso prima di adesso e Sirius pensa che, stupido o no, non è mai stato
tanto contento di aver dato una risposta.
Perché è quella
giusta.
____
Ci sono quattro
passi e mezzo tra il suo letto e quello di Sirius.
Non è una
distanza particolarmente lunga o particolarmente impervia, ma è senza ombra di
dubbio quella che, ogni volta, gli fa mancare parecchi battiti del cuore, perché
tutto potrebbe andare storto, tradendo il loro segreto. Gli stessi battiti che
recupera – e abbondantemente – quando Sirius scosta le coperte solo per il tempo
necessario che gli serve a stendersi accanto a lui, lasciandole quindi
ricadere sulle loro teste, come una tana impenetrabile e sorvegliata dalle tende
rosse rigorosamente serrate.
Sanno
perfettamente quello che stanno facendo e quello che stanno rischiando, sebbene
si fingano ciechi e sordi, così come sanno perfettamente che presto o tardi
James e Peter lo scopriranno, o lo capiranno, e avranno tutta la ragione del
mondo per avercela con loro, per essere stati tenuti all'oscuro.
«Smettila,
Remus» sussurra Sirius contro la sua spalla, le mani perdute da qualche parte
sotto il suo pigiama. Non riesce a concentrarsi sui suoi sensi di colpa, ma
neppure su quello che Sirius gli sta facendo, con l'unico, snervante risultato
di sentirsi segato in due perfette metà che, in qualche modo, si tengono ancora in
contatto, pur appartenendo ad emisferi completamente diversi.
«Di fare cosa?»
«Di pensare»
replica, da qualche punto sopra di lui, ma molto vicino. Il calore che emana da
lui, intrecciato al buio e ai respiri pesanti di James e Peter, è qualcosa che
somiglia molto alla pace, in perfetta, deliziosa antitesi con la pioggia che
picchia contro i vetri delle finestre.
«Qualcuno dovrà
pur farlo».
«Non adesso, per
tutte le cavallette. Ci penseremo insieme, quando verrà il momento».
«Però è
singolare» sorride Remus che, dopo due mesi pieni di passi da un letto
all'altro, non ha più remore nell'allungare il collo e baciare Sirius alla
cieca, intercettando il suo pomo d'Adamo.
«Cosa?»
«Che la vostra
stupida sfida in realtà sia stata geniale».
«A volte il
genio è nascosto proprio tra le pieghe dell'ottusità» replica Sirius molto
filosoficamente, spingendo la testa contro la sua spalla. È così che, hanno
imparato, funziona tra loro: certe volte potrebbero
baciarsi fino alle prime luci dell'alba e altre volte, invece, si limitano a
dormire stretti l'uno all'altro, come cuccioli.
E, da quel punto
di vista, potrebbero anche definirsi così: cuccioli. Cuccioli che stanno
crescendo, cuccioli che scoprono e imparano la propria natura solo interagendo
fisicamente, toccandosi, mordendosi e leccandosi. Cuccioli che presto non
avranno più spazio per custodire un segreto così grande e dovranno per forza
lasciarlo andare.
«A che pensi?»
domanda la voce sonnacchiosa di Sirius, bloccato a metà tra il mondo reale e
quello dei sogni.
«Ai cuccioli».
«Quali
cuccioli?»
«Te lo spiego
un'altra volta» mormora, ma è del tutto inutile; Sirius è già molto lontano.
____
(«Te l'avevo detto che era
vincente, no? Pare che qualcuno quest'anno abbia vinto e, ops!, non sei tu!»
«Oh, sta' zitto, Sirius».)
____
«Uno – due – tre. Soffio.»
...
(Che suona come un respiro)
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