Quel tale EFP

di Blacket
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Quel tale EFP 8
Quel tale EFP

-Questo è ciò che i giovanotti chiamano tecnologia, amico mio!-
Si volta, ed è enorme su quella seggiolina tanto piccola, trattiene la propria massiccia mole da conquistatore fra due spesse lenti da vista, “non ho più l’età, dice Feliciano”, eppur le sue mani grandi han tenuto con forza i popoli indocili nei palmi.
Roma osserva sornione il suo compagno, e agiterebbe con fierezza la criniera d’un leone, se non gli rimanesse altro che il sorriso bonario d’un vecchio gatto troppo abitudinario- lappa il pelo nell’attesa delle carezze di qualche bella fanciulla.
-Non vieni a vedere?- consuetudine chiederlo, poiché sa che il biondo guerriero non muoverà passo da dove si è bloccato prima; come le querce delle sue vallate e le rocce degli strapiombi. Gli aveva risposto, in un monotono infastidito, che la luce di quel trabicolo mortale -giunto sicuramente dall'Averno!- faceva male agli occhi, facendo intendere che avrebbe preferito vederlo schiantato a terra o scaraventato fuori dalla finestra. “Barbaro!”, l’Impero rimugina a proposito delle brevi istruzioni che Romano gli aveva vomitato addosso, toccando con rudezza pochi tasti, e lì soffermandosi.
Non trattiene sogghigni e brevi risa nel fiutare descrizioni tanto blande o azzeccate, possedenti più o meno grazia- e v’erano di quei testi che trattavano di lacrime, del suo scivolare fra le polveri e delle sue campagne militari, dei suoi amori e delle proprie vergogne.
Aggiusta gli occhiali, che son pratici e ti servono, nonno, e pensa a qual tedioso gioco deve aver vinto per aver letto di come lo si vedeva ed immaginava- quegli autori che scribacchiavano con occhi d’un mondo lontano, limpidi esploratori del tempo che fu e delle sue gesta, delle sue grida!, dell’oro di cui sapevano le labbra.

-Per Giove, Ariovisto!- mugola, è un cane ferito che guaisce e annaspa e tira la pelle bollente e scottata dal sole. –Ariovisto, per carità, ascoltami! Qui mi accusano d’esser passivo!- s’allontana, il viso livido e inciso da una smorfia tanto sentita d’aver la forza di attraversare il tempo.
-Ci deve essere un errore! Patirei l’ostracismo, per legge!- ha le sopracciglia corrotte dallo sgomento, un diniego che s’impunta sullo sguardo vivo di dispiacere. –Ariovisto, mi senti?-
Attende un borbottare cupo in risposta che non arriva, e non potrebbe farlo: l’uomo che cerca non c’è. Ha lasciato il vuoto vicino alla parete, ed oltre a quello vi sono foglioline verdi- il frigolare dolce dei passeri, il vento di Levante che scomoda le creste dei pioppi bruni.

“Bifolco d'un uomo!”



Note: Finalmente mi dedico alla mia OTP, i miei cari nonnini, che con sforzo inserisco anche qui; ricordo di aver ricevuto anche qualche richiesta su di loro! Fanno continui andirivieni per trovare i nipotini, perché non curiosare fra le loro cianfrusaglie?
Ho inserito volentieri un aspetto della vita romana che si ignora; la sfera sessuale, così ben definita, prevedeva che l'uomo romano dominasse su qualsiasi tipo di rapporto, anche quello sessuale o amoroso.
Mi scuso se sono stata assente per diversi giorni, non sono stata molto bene e mettermi a scrivere non pareva una grande idea- detto questo, informo che andrò avanti presto con tutto ciò che ho in sospeso.
Ringrazio di cuore i lettori gentili che mi lasciano un commentino, che leggo con piacere e ai quali risponderò al più presto; grazie alle personcine che continuano a seguire, un bacio!
Blacket




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