Rose’s Name
- Il nome di Rose -
“Ti ha chiamata
Rose, non è vero?”
“Come prego?”
Si girò verso di
lui facendo ondeggiare il suo bianco vestitino da bambina. Suoi occhi cioccolato l’osservarono con
curiosità. Non le sorrise.
“Rose. È così che
ti ha chiamata.”
“Sta parlando di
mio padre?”
“Ronald Weasley” lo disse con disprezzo “non avrebbe mai potuto
scegliere il tuo nome.”
“Mia madre, allora.
La conosce?”
La ignorò guardando
oltre il giardino buio.
“Sai perché ti ha
chiamata così?”
“Le…le piacciono le
rose.”
“Non le sono mai
piaciute le rose.”
“Insomma, dove
vuole arrivare?” Il suo tono era alterato e timoroso insieme.
“Rose! Rose, dove
accidenti ti sei cacciata!?” Si girarono entrambi
verso il punto da cui proveniva la voce di sua madre.
Lui fu il primo a
riprendersi.
“Pensavo le
somigliassi di più” Sembrava deluso. Amareggiato, anche.
“Chi è lei?”
“Rose! Potresti almeno rispondere! Cosa stai facendo?” Aveva corso, lo si sentiva dalla voce.
“L’ho
trattenuta io. Stavamo” sogghignò “parlando”
“Draco?” Si voltò verso di lui. Non lo aveva notato.
“Sai,
tua figlia è convinta che ti piacciano le rose. Le rose!” Sembrava si stesse divertendo.
“Credo che tu abbia
bevuto troppo, Malfoy.”
Lui sorrise al tono che aveva usato per pronunciare il suo cognome e alla nota
di avvertimento nella sua voce.
“Sono sobrio
invece. Stavo solo facendo conoscenza. Stiamo tutti dalla stessa parte adesso,
no? Perché mai dovrei privarmi del piacere di dialogare con quella che si dice
essere la tua piccola copia? E poi vedo che ha preso così poco dal caro Ronald che il piacere non può che
aumentare.”
“Smettila.”
Rose
sembrava scocciata per essere stata esclusa dalla discussione. Fissava i due
adulti con sguardo attento cercando di cogliere nei loro volti qualcosa che non
riusciva a comprendere dalle parole. “Mamma, chi è quest’uomo?”
“Ecco! Bella domanda.
Perché non le racconti questa storia, Hermione? La
troverebbe interessante, ne sono certo.” Giocò con le
labbra sul suo nome.
“Non credo nemmeno
di ricordarmela, Draco. Devo averla rimossa.” Il
sorriso gli sparì dalla faccia. E non centrava con il fatto che avesse imitato
la sua voce.
“Strano. È difficile
dimenticarsi di qualcosa che lascia il segno.”
“A
volte capita”
“Stai offendendo il
tuo cervello fuori dal comune, Hermione.” L’aveva
detto con semplicità. Come se fosse stata una cosa abituale. Come se l’avesse sempre chiamata in quel modo.
“Credo che lo stia facendo tu, invece. Ovviamente non si può dire che
il tuo sia fuori dal comune, ma devo ammettere che pensavo funzionasse almeno
il minimo necessario. Evidentemente mi sbagliavo.
Vieni, Rose. Arrivederci Draco.”
Con fermezza prese
la mano di sua figlia e si diresse verso le luci della sala con passo deciso.
Rose si girò una volta ad osservare l’uomo che continuava a guardare lei e Hermione allontanarsi. Lo vide sorridere prima di sentire
la sua voce.
“Non si trattano
così i vecchi amici.”
“Io e te non siamo mai stati amici.” La replica di Hermione era scattata prima ancora che lui finisse di
parlare.
“Noi.”
“Cosa?”
“Non io e te. Noi.”
Lei si girò
sbuffando. “Non siamo mai stati neanche noi.”
“Avremmo potuto
esserlo.”
“Io non mi baso su
sciocche supposizioni, dovresti saperlo.” Sembrava quasi un rimprovero.
“Lo so.” La voce di
Draco era roca, ma sorrideva ancora.
Stettero un attimo
in silenzio a guardarsi, senza tener conto degli occhi curiosi di Rose che
continuavano a scattare da una all’altro, poi Hermione
gli voltò di nuovo le spalle.
Una campana
dispersa nella campagna circostante fece arrivare fino a loro il rintocco della
mezzanotte.
“Il 23 agosto.”
Questa volta la sua voce risuonò lontana, priva dei fronzoli del precedente
sarcasmo. Hermione si permise di chiudere gli occhi per
un istante e di ascoltarla. Era una voce confidenziale. Leggermente strascicata,
a volte quasi vibrante, sempre, comunque bassa. Anche quando si arrabbiava.
Diventava solo un po’ più fastidiosamente pungente.
“Hermione?” Fremette. Cercò di non mostrarlo, ma lui ne fu
certo.
“Cosa vuoi, Draco?!” Sembrava esasperata
e sfinita. “Sono passati anni. Anni. È stato tutto
deciso allora. Non è mai stato tempo di dubbi o ripensamenti, men che meno ora. Merlino, stiamo vivendo la vita che
abbiamo sempre sognato! Sai anche tu che è così. Hai la tua famiglia. Hai Astoria.
Hai Scorpius.” La sua voce tradiva
un aroma di accusa.
Draco guardò Rose che
sembrava smarrita e anche un po’ spaventata con quei grandi occhi scuri
spalancati e la mano aggrappata alla madre e si ricompose.
“Sei
felice con lui, vero?” Glielo chiese a bruciapelo.
“Si.”
La sua risposta gli giunse sicura. “Lo sono sempre stata.”
“Un giorno glielo
dirai?”
“Vorresti che lo
sapesse?”
“No.” Alzò gli
occhi al cielo sentendoli bruciare per quella menzogna sfrontata. Si sforzò di
sorridere nella sua direzione.
“Arrivederci, Hermione.”
“Ciao, Draco.”
***
“Draco Malfoy.” Non era una
domanda. Sapeva che era lui da quando aveva scorto il mantello nero agitarsi
nel vento in fondo al viale.
Si alzò,
rivolgendole il viso pallido segnato da rughe che non minavano la sua regalità.
Non sembrava sorpreso di trovarla lì.
“Rose.” L’aveva
detto con lo stesso tono sarcastico e velato con cui l’aveva sentito chiamare
sua madre. “Noto che hai ereditato una memoria stupefacente.”
“Prego?” Lui
scoppiò in una risata roca.
“Non vorrai farmi
credere che ti trovi qui per caso, non è vero?”
“Sono qui per mia
madre.”
“Oggi è il 23
agosto.” La vide arrossire un poco. “Peccato che non si veda il cielo.” Alzò
gli occhi fino alla coltre fumosa di nuvole dopo averle lanciato un’occhiata.
“Siamo in
Inghilterra.” L’aveva detto con tono logico.
“A volte si vede
bene il cielo anche in Inghilterra.”
Restarono in
silenzio qualche minuto a guardare una donna dai lunghi capelli mossi che li
salutava dolcemente dal bordo dorato di una cornice appena nascosta dai petali dei
fiori.
“Ho appreso che ti
sei sposata, anni fa.”
“Si”
“Un bravo marito?”
“Un brav’uomo prima
di tutto.”
“Avete anche dei
figli suppongo.”
“Si,
tre.”
“E sei felice,
Rose?”
“Cosa?”
“Sei felice?”
“Si.
Si, certo.” Aveva risposto con la stessa sicurezza di
sua madre. Aveva solo la voce più bassa.
“Perché mi hai
cercato allora?”
“Per sapere.”
“Sapere cosa?” Lei
rivolse uno sguardo alla madre poi fissò di nuovo gli occhi in quelli di lui.
“Quello che avrebbe
voluto dirmi allora.” Lui la scrutò attentamente.
“È una storia
lunga.”
“Non ho fretta.”
“È una storia lunga
che non ti piacerà.”
“Non mi conosce.”
“Questo genere di
cose non piace a nessuno.” Corrugò la fronte visibilmente turbata.
“Non sono più una
bambina. Posso sopportare qualcosa che non mi piace.”
“Lo so.” Sembrava
combattere contrò sé stesso.
“Dunque?”
Accarezzò Hermione con lo sguardo, convincendosi che con il suo
sorriso lei approvasse ciò che stava per fare. Poi, senza preavviso, afferrò il
polso di Rose e girò su sé stesso.
Si
materializzarono in una stanza malridotta e dal forte odore di polvere. Alcune
assi del pavimento erano state staccate per sbarrare le finestre e buona parte
del mobilio era in pessime condizioni.
Rose
si guardò attorno senza trattenere uno sguardo perplesso.
“Dovresti
conoscere questo posto.” La guardava con visibile divertimento.
“Solo
dall’esterno.”
“A
detta di Scorpius durante i vostri anni a Hogwarts ha ospitato feste alquanto movimentate.”
“Feste
di Serpeverde, suppongo.”
Lui
rise di cuore. “Credo si estendessero anche a membri di altre case”
Lei serrò le labbra
con decisione, piccata dall’allusione che contenevano le parole dell’uomo.
Tornò bruscamente
all’argomento principale del loro incontro.
“Per quale motivo
mi ha portata qui?”
“Alza gli occhi.”
La sua voce era diventata improvvisamente calda, malinconica, quasi dolce.
Lo sguardo
rugginoso di Rose incrociò il cielo grigio inglese carico di pioggia che faceva
capolino da uno squarcio nel tetto instabile della Stamberga.
“Se
il cielo fosse limpido si vedrebbero già le prime stelle”
“Si,
suppongo di si” Iniziava a pensare che avrebbe fatto meglio a reprimere la propria
curiosità
“Il 23 agosto del
2005 io e tua madre ci trovavamo esattamente dove sei tu adesso.”
Questa volta era
riuscito a carpire totalmente la sua attenzione.
“Cosa avrebbe
dovuto fare mia madre qui, nella Stamberga Strillante, con uno come lei?”
Aveva sputato la
domanda con una cattiveria derisoria, cercando di allontanare i collegamenti
che già stavano prendendo forma nella sua mente.
Draco Malfoy sorrise.
“Rose, Rose, quanto
disprezzo per un uomo che non conosci neppure.”
“Non sono stupida,
mio padre mi ha parlato di lei.”
“Ah, Ronald Weasley.” Fece schioccare le labbra “Si,
posso immaginare cosa ti abbia raccontato. Ma vedi, non era certo un uomo dalla
spiccata intelligenza.”
“Io
le consiglierei di non offendere mio padre davanti a me.”
“Tu, mia cara, hai
detto di volere delle risposte. Ti avevo avvertita che sarebbe stato poco
piacevole. Weasley può anche averti raccontato un
sacco di storielle su di me. Interessanti, forse, ma molto limitate. La verità
è che non ha mai saputo andare oltre. Non ha mai capito
nulla.”
“Forse non gli
interessava capire.”
“Se così fosse,
come considereresti un’indifferenza, una leggerezza come questa?”
“Lei ha la brutta abitudine
di parlare tanto e di non spiegare nulla, signore.”
“E tu, invece, hai
la brutta abitudine di non rispondere alle domande, Rose.”
“Io…” La interruppe
subito, con un tono sbrigativo e serio.
“Puoi dire in tutta
onestà di assomigliare a Ronald Weasley?”
“Cosa? Si! Cioè…no!
Voglio dire…ho più cose in comune con mia madre…ma, per Godric,
cosa centra?”
“Tutto. Centra tutto, Rose, perché tu non hai proprio niente in comune con
Ronald Weasley, nemmeno il sangue.”
***
“Malfoy.”
“Granger”
“Vivi fuori dal mondo oppure saluti la gente senza
connettere la bocca con il cervello? Mi sono sposata.”
“Non sapevo che sposarsi implicasse l’abbandono del
proprio cognome da nubile. Anche se non ti biasimo se vuoi sbarazzarti del tuo.
È un po’…sporco, non trovi?”
“Devi davvero vivere fuori dal mondo, Malfoy…non sai che sono proprio i Mezzosangue ad aver vinto
la guerra? Io non mi farei sentire troppo mentre insulto la gente…anche se
Harry ti ha salvato il fondoschiena…non vuol dire che non può cambiare idea.”
“Potter era in debito con mia madre, Granger. Il suo gesto non ha nulla di nobile.”
“Forse. Però ti ha fatto comodo, non è
vero?”
Lui non rispose. Le scoccò solamente un’occhiata di
sufficienza.
“Cosa fai qui fuori,
comunque? Non dovresti essere
dentro con il tuo adorato marito?”
“E tu? Non dovresti tenere compagnia alla tua
sfortunata moglie?”
“Mia moglie non è qui, questa sera.”
“Oh, certo, aspetta un bambino non è vero?
Congratulazioni. Vi auguro che ti somigli il meno possibile.”
“Il tuo sarcasmo è quasi più fastidioso del brusio
della festa.”
L’espressione infantilmente imbronciata di Draco la fece scoppiare a ridere. Il modo in cui buttò la
testa indietro, scoprendo meglio il collo abbronzato, fece sorridere lievemente
anche lui. Lei non se ne accorse.
“Andiamo, Malfoy.
Smettila di fare il bambino. È una serata magnifica, non vorrei rovinarla per
colpa tua. Sono uscita solo a prendere una boccata d’aria. E a guardare le
stelle. Questa sera sono particolarmente scintillanti.”
“In realtà lo sono ancora di più di quanto tu possa
immaginare. Le luci del castello ne offuscano la luce.”
“Oh, sono capace di accontentarmi.”
Lui sembrò riflettere un momento, poi le scoccò
un’occhiata strana.
“Non dovresti. Seguimi”
Draco le voltò le spalle e prese ad attraversare il
parco del castello. Camminava rapidamente, voltandosi di tanto in tanto per
assicurarsi che lei lo seguisse. Uno dietro l’altra
superarono le serre di Erbologia, lontano dalla
musica della festa, fino ad arrivare al cospetto di un enorme albero
apparentemente statico. Il ragazzo puntò la bacchetta contro un nodo sul tronco
e un fascio di luce schizzò in quella direzione bloccando i rami che già
avevano iniziato ad agitarsi con violenza.
“Aspetta un attimo, Malfoy.
Che intenzioni hai? Non possiamo allontanarci, ci cercheranno tutti.”
“Per Salazar, sei ancora più petulante di quanto
ricordassi. Non sei più una studentessa, qualora te lo fossi dimenticata. Non
ti puniranno se ti allontani un attimo.”
“Ma Ron…”
“Senti Granger, non ho
tutta la notte. Tornatene alla festa. Non so neanche perché ti ho chiesto di
seguirmi.”
Senza più degnarla di uno sguardo, Draco si calò nell’apertura. Non aveva fatto nemmeno due
passi all’interno dello stretto tunnel di pietra che avvertì la presenza di Hermione dietro di lui.
In silenzio camminarono fino alla Stamberga e
salirono al piano superiore.
Tutto era rimasto sostanzialmente immutato
dall’ultima volta che Hermione vi si era recata,
durante la II Guerra Magica. Solo una parte di tetto sembrava aver ceduto
perché alzando gli occhi si poteva scorgere con chiarezza abbagliante un pugno
di stelle. In mezzo alla stanza, proprio sotto lo squarcio era stato sistemato
un telescopio. La sua superficie levigata e brillante alla luce delle bacchette
stonava con l’apatia polverosa della stanza.
“Cosa…?”
Draco le poggiò le mani sulle spalle incitandola ad
avanzare. Il suo respiro le accarezzò il collo e lei si irrigidì
involontariamente.
“Malfoy…”
“Ascoltami bene, Granger. Non ho intenzione di obbligarti a stare qui.
Conosci la strada per tornare indietro, mi pare. E non ho intenzione di
supplicarti a fidarti di me. Non me ne frega molto della tua fiducia, a dirla
tutta.”
“Perché mi hai portata qui allora?” La sua voce era
diventata più acuta.
“Hai detto che volevi vedere le stelle.”
“E allora?”
“E allora si da il caso
che si tratti di un argomento che mi è particolarmente congeniale e che abbia
deciso di mostrarti qualcosa di veramente meraviglioso.”
“Non mi dire che mi stai facendo un favore, Malfoy…”
“Mettiamola così, Granger…questa sera non sono proprio in me. Ti consiglierei di approfittarne.”
Hermione rise di nuovo, rilassando le spalle.
“Va bene, cosa vuoi farmi vedere,
Malfoy?”
Lui si avvicinò al telescopio e vi guardò dentro.
“Lo scoprirai da sola. Vieni, ci
siamo.”
Hermione guardò nel telescopio. Draco
l’aveva puntato in una parte di cielo appena rischiarata da qualche stella
vicina, ma apparentemente vuota. D’istinto trattenne il fiato. Sentiva un altro
respiro fare coro con il suo nell’attesa. D’un tratto, lentamente, nel suo campo
visivo entrò una luce opaca ed iridescente, come una biglia che scorreva sul
manto della volta celeste.
Hermione la guardò incantata per qualche istante,
lasciandosi scappare un grido di sorpresa nel momento in cui comprese la natura
dell’apparizione. Si sentì nuovamente emozionata come all’epoca della scuola
davanti ad nuovo incantesimo.
“Un meteorite! Oh per Merlino, come diavolo hai fatto?! Sono difficilissimi da intercettare! È
così…” I suoi occhi brillavano di eccitazione.
“Lo so. Aspetto da anni questo momento.”
La voce di Draco la
sorprese di nuovo per la sua tonalità. “Malfoy, io…”
Lui le sorrise con un’alzata di spalle e si chinò a
sua volta ad osservare la roccia. Sentì un brivido nel momento stesso in cui i
suoi occhi assorbirono il bagliore latteo che essa emanava. Rimase a
contemplarla per un lungo tratto del suo tragitto poi, memore della ragazza, le
cedette nuovamente il posto.
Rimasero in silenzio, alternandosi nel saluto di
quella viaggiatrice solitaria finché il tetto della stamberga non impedì loro
di seguirla ancora.
Draco si voltò a guardare Hermione,
ancora immersa nel cielo. Le si affiancò appoggiandole un braccio sulle spalle
con noncuranza. Lei sobbalzò.
“Malfoy!”
“Ci conosciamo da anni.” Il sopraciglio bruno di
lei si alzò sorpreso.
“Devo ricordarti come sono sempre stati i nostri
rapporti?”
“Sotto questo cielo si può dimenticare tutto.”
“Perché hai voluto condividere questo con me?”
“Sapevo che avresti saputo apprezzare.” Le sorrise
con tranquillità, porgendole la mano. “Balla con me, Granger.”
“Non c’è nessuna musica.”
“È perché non sai ascoltare bene.”
Le cinse la vita facendola volteggiare sulle note
estive del vento e dei grilli che lodavano la notte. La sua mano grande si aprì
sulla schiena di lei accarezzando il lino fresco che l’avvolgeva e spingendola
a contatto con la sua camicia. Hermione teneva gli
occhi bassi, la mano sulla spalla di lui appena appoggiata. La chiamò piano,
fermandosi, e aspettò di ottenere il suo sguardo prima di muoversi di nuovo.
Chinò la bocca verso l’orecchio solleticato dai riccioli bruni lasciando che il
suo alito si infrangesse sulla pelle di lei, seguito dalle sue labbra. Hermione sussultò, ma lui aveva già rafforzato la presa su
di lei.
Avvertì il suo timore. “Sei in debito con me, Granger, non puoi andare via.”
“Malfoy, ti prego…”
“Non vuoi andare via.”
“Come fai ad esserne cosi sicuro?”
I suoi occhi si chiusero mentre lui continuava a sfiorarla con il suo soffio.
“Perché in questo momento,
solo ora, siamo uguali. Come se ci fosse
una strana congiunzione astrale.” La sua bocca risalì
verso la guancia di lei.
“Io…”
“Non andare via, Granger.”
Sembrava che le stesse chiedendo un favore.
Lei sospirò piano. “Ve bene.”
E lui finalmente arrivò alla sua bocca.
La baciò piano, facendo scorrere l’altra mano sul
suo collo, il pollice che accarezzava la guancia accaldata. Lei dischiuse piano
le labbra, accennando un timida risposta,
completamente ubriaca dell’atmosfera che si era creata. I loro respiri si
fondevano insieme, trattenuti dalle lingue che si risvegliavano sempre più
giocose.
La mano di Draco
abbandonò la sua gola e corse a scioglierle il fermaglio. I boccoli castani
irruppero come una cascata sulla sua schiena rilasciando un profumo pungente di
shampoo alla mora. Il ragazzo vi si immerse un istante. Hermione
continuava a rimanere immobile, in balia di quelle attenzioni, senza osare
aprire gli occhi o lasciarsi scappare altro che un respiro.
Lui ridacchiò.
“Non mi sembrava di averti inflitto un Petrificus Totalus, Granger.”
Lei sussultò nuovamente tentando di farsi indietro,
ma lui la strinse a sé baciandola con più vigore. Non cercò nemmeno di opporre
resistenza.
Sempre continuando a giocare con le sue labbra lui
la fece indietreggiare fino al letto a baldacchino che si ergeva contro la
parete. Quando le molle stanche cigolarono al peso dei loro corpi l’immagine di
Ron, con la gamba rotta e lo sguardo spaventato, si insinuò con prepotenza
nella mente di Hermione, schiacciandola. Cercò di
ribellarsi alla bocca e alle mani di lui, dimenandosi e scalciando, il viso
infuocato. Draco si sollevò facendo perno sulle
braccia e l’osservò curioso. Sotto quello sguardo lei sembrò ricomporsi.
“Lasciami.” Fu un ordine secco a cui lui non
obbedì.
“Cosa diavolo ti prende, Granger?”
Il suo sguardo s’incupì.
“Sono sposata Malfoy, e
amo Ron.”
“E io amo Astoria. Qual è dunque
il problema?”
“Qual è il problema?!” La
sua voce risuonò nel vuoto della stanza stridula e acuta.
Lui sospirò, spostandosi lateralmente, ma
continuando a tenere le braccia ai lati del suo corpo.
“Quel meteorite che abbiamo visto, Granger, non lo vedrà più nessuno per altre centinaia di
anni.” Sembrò spiegarglielo come ad una bambina un po’ stupida.
Lei gli rispose piccata. “Lo so.”
“Noi lo abbiamo visto. Le nostre anime sono stata
così vicine in quel momento che, se proprio vogliamo metterla su questo piano,
hai già tradito tuo marito.”
Una lacrima le scese lungo la tempia. Lui la
raccolse con l’indice impedendole di approdare all’orecchio.
“Non voglio passare la vita
con te, Granger, rapirti e portarti chissà dove. Voglio solo questa notte. Solo
un istante, come un meteorite nella nostra vita.”
Attese la sua risposta guardandola con attenzione.
Un’altra lacrima rotolò lungo il suo viso, ma lui non fece in tempo a fermarla
che lei annui, fissando gli occhi nei suoi in uno sguardo più tranquillo e
determinato.
Lui si abbassò nuovamente a baciarla con una
dolcezza nuova, data dalla consapevolezza dell’importanza di quel momento e dal
silenzioso consenso di lei. Le sue labbra competenti si mossero lungo il suo
collo mentre le dita scostavano piano le larghe spalline del vestito estivo. Hermione sfiorò con le mani le sue braccia e la camicia
chiara aggrappandosi alle sue spalle e sollevandosi un po’ per permettergli di
abbassare la cerniera sulla propria schiena. Lui la sostenne con un braccio
eseguendo il gesto con naturalezza.
Si alzò per trovare il bordo del vestito e alzarlo
con calma, sfiorando volutamente la sua pelle calda nella risalita. Lei sollevò
le braccia accompagnando i suoi movimenti e inarcando la schiena. Si stupì di
non sentirsi a disagio sotto il suo sguardo. Rimase ad osservarlo qualche
minuto mentre la guardava, poi raggiunse i bottoni della sua camicia facendo
loro abbandonare, una dopo l’altra, tutte le asole. Quando il tessuto fresco
abbandonò la sua pelle lei vi passò le mani, curiosa.
Aveva un fisico asciutto, come immaginava, e una leggera peluria, che era certa
fosse bionda anche se non la vedeva.
Si lasciò scappare un sorriso.
Quando sfiorò l’orlo dei pantaloni si fermò, lievemente
imbarazzata. Lui lasciò che le proprie mani andassero ad incoraggiare quelle di
lei e le aiutassero nei loro movimenti. Quando si chinò per togliere le scarpe
e lasciar scivolar via l’indumento che lei aveva spinto giù per le sue gambe,
slacciò anche i sandali che ancora legavano i piedi di Hermione.
Poi ripercorse la strada fatta al contrario, sentendo la pelle sotto la sua
rabbrividire. Lei finalmente si fece più attiva e lo baciò a sua volta. La
calma pacata si dissolse velocemente cedendo il posto a gesti più concitati,
più passionali.
Il resto dei vestiti sparì in fretta. Draco la guardò sorridendo. Lei ricambiò.
“Di il mio nome.”
“Perché?”
“Non l’hai mai detto prima.”
“Hermione.” Lo disse
contro la sua bocca e lei la incurvò di serenità. Le labbra e le mani di
entrambi scolpivano piano i corpi dell’altro.
Hermione sospirò piano quando lui le dedicò attenzioni più
particolareggiate, baciandole un seno e tracciando con un dito la linea
dell’inguine. Lei stessa scese lungo il suo petto, fin oltre l’ombelico,
ottenendo che i gemiti di lui si mescolassero ai suoi.
Non avrebbero saputo dire quanto tempo avessero
giocato, quasi sfidandosi, ma ad un certo punto Draco
le prese i polsi inchiodandoli ai lati della sua testa e si posizionò meglio su
di lei. La guardò intensamente e si stupì quando lei indovinò il suo pensiero e
lo chiamò piano.
“Draco.”
Lui entrò piano dentro di lei. Chiusero entrambi
gli occhi seguendo la marea di quel piacere che stava germogliando dentro di
loro. Le dita di Draco andarono ad intrecciarsi con
quelle di Hermione mentre lui si piegava di più verso
di lei. Le baciò le guance arrossate e la fronte sudata scostandole piano con
il naso i ricci umidi. Quando spinse con forza l’ultima volta, affogando
completamente, e lei gridò, la voce resa roca dall’emozione, un caleidoscopio
di colori gli esplose in testa, facendogliela girare. Si accasciò su di lei
premendo la fronte sulla sua spalla e aspirando grosse sorsate d’aria e d’odore
della sua pelle. Hermione lo baciò piano, passando le
dita tra i suoi capelli e avvolgendolo per un momento in un abbraccio spontaneo.
Quando le sue braccia allentarono la stretta lui rotolò lentamente di lato e
rimase supino accanto a lei, fissando il soffitto e respirando con la bocca
leggermente dischiusa.
Hermione intrecciò le dita con le sue.
“Dovremmo tornare indietro.” Lo disse piano, senza
muoversi.
“Si.”
Restarono qualche frammento di tempo a rompere il
silenzio fasullo dell’estate solo con i loro respiri. Poi lei parlò di nuovo.
“Come si chiama?”
Lui capì subito a cosa si riferisse. “223Rosa.”
“223Rosa?”
“Si, il duecento
ventitreesimo meteorite avvistato. E guarda caso oggi è il 23 agosto. Una strana coincidenza, no?”
“Uhm…non mi sono mai piaciute le rose.”
“Forse da oggi cambierai idea.”
“Forse.”
Si sollevò a guardarlo, poi si alzò del tutto e si
rivestì con lentezza. Lui l’aiutò con la cerniera dell’abito.
“Arrivederci, Hermione Granger.”
Lei si girò verso di lui. “Resti qui?”
“Si. Mi
sembra più opportuno.”
Annuì e alzò la mano in un cenno di saluto. “Ciao, Draco.”
Un attimo dopo era già sparita giù per le scale.
***
Rose ebbe quasi un
mancamento e fu costretta ad appoggiarsi alle colonnine di legno del letto a
baldacchino. Quando realizzò però cosa era avvenuto su quel materasso, in
quella stanza, anni e anni prima, ritirò velocemente la mano, come scottata. Lo
sguardo che lanciò a Draco Malfoy
fu un misto di orrore, rabbia e sfinimento. Le venne quasi un conato di nausea.
Lui la guardava
serio, vagamente preoccupato. Il suo viso sembrava improvvisamente stanco, come
se tutti gli anni che mascheravano sarcasmo e ironia gli fossero
inaspettatamente caduti addosso. Fece per parlare, sentendo un singhiozzo
soffocato scappare dalle labbra di lei.
“Stia
zitto!
Mi risparmi i suoi ‘mi dispiace’!”
“Non sono così
scontato, Rose. E, in tutta onestà, non mi dispiace affatto. Non c’è stato
giorno in cui mi sia pentito di quello che ho fatto.”
“Certo, la sua vita
non è cambiata, vero? È tornato a casa da sua moglie ad attendere la nascita di
suo figlio in tutta tranquillità. Come fa a guardarsi allo specchio, Signor Malfoy?!”
“Non ho obbligato
tua madre a fare nulla, se è di questo che mi stai accusando.”
“No, certo, l’ha
solo sedotta e messa incinta! Ha minato il suo matrimonio e la sua felicità!”
Draco si passò una mano
tra i capelli, richiamando la sua pazienza leggendariamente scarsa.
“Non avevo
programmato nulla. È successo e basta. È stata una parentesi che si è chiusa
prima ancora di contenere qualcosa. E, a quanto ne so, il matrimonio e la
felicità di tua madre non ne sono usciti tanto turbati.”
“Non si è mai
sentita in colpa?” C’era ancora una traccia di incredulità nelle sue parole.
“Non ne ho idea.
Non ne abbiamo mai parlato e le poche volte che ci siamo incrociati…bhe Hermione è sempre stata una
donna forte.”
“È tornata da mio
padre, l’ha abbracciato, ha fatto come se niente fosse…”
“Non devi pensare
che lei non lo amasse. Lo amava fin da quando erano due petulanti, noiosi,
piccoli Grifondoro.”
“Se si ama una
persona non la si tradisce. Mai.”
“L’hai conosciuta, Rose. Tua madre era una persona onesta e leale. Lo è stata con tutti, sempre.”
“Con tutti tranne
che con mio padre. Con tutti tranne che con me.”
“Tutti possono
sbandare dal loro cammino. Nessuno è perfetto. Non è per una piccola deviazione
che si giudica la vita di una persona.”
“Parla bene, lei. Ma se fosse stata sua moglie a
tradirla?”
Lui la guardò
sorpreso, esitando per un istante. Lei ne approfittò.
“È più difficile
filosofare quando si è la parte lesa, non è vero?”
Draco rimase in silenzio
permettendole di attaccare di nuovo.
“Lei ama sua
moglie?”
“Si.”
“E ama anche Scorpius, vero?”
“Sono certo che
conosci la risposta, Rose. Smettila.”
“Si,
deve amarli molto. Li ama perché sono sua moglie e suo figlio. Perché li
conosce bene, perché si fida di loro. Ma forse gli occhi di Scorpius
non hanno proprio lo stesso colore dei suoi, ci ha mai pensato? E certo non
sono come quelli di sua madre. Ma allora da chi li avrà presi quegli occhi?
Forse da dei parenti più lontani? Dai nonni? Perché mai sua moglie avrebbe
dovuto esserle fedele dopotutto? Lei è soltanto una nullità.”
“Adesso basta!” La
sua voce era diventata più stridula e ringhiosa. A stento aveva celato il
movimento repentino del braccio che avrebbe voluto alzarsi e colpire la donna.
Respirò forte cercando di riprendere il proprio autocontrollo.
“Sembra che lei
stia implicitamente dando ragione alle mie teorie. Essere dalla parte dei vinti
fa perdere la baldanza.”
Lui sghignazzò.
“Sembra che tu stia dando più importanza al
sangue di quanto ne abbia data io.”
“Come?”
“Pensi che la tua
famiglia ti butterà fuori di casa quando saprà che nelle tue vene scorre anche
il mio sangue?”
“Alla mia famiglia
non importerà. Sono io che ne sono disgustata.”
“Bhe devo dire che Weasley ha
fatto un ottimo lavoro con te, alla faccia della fratellanza che tanto predica. Pensavo che tua madre e tuo zio gli avrebbero
impedito di farti crescere con la testa piena di pregiudizi.”
“I miei pregiudizi
trovano conferma ogni volta che lei apre la bocca.”
“Non mi sembrava di
essere stato sgarbato.”
“È il contenuto
delle sue parole il problema, non il suo modo aristocratico di pronunciarle.”
“Inizio a perdere
la pazienza, Rose. Sono venuto a offrirti una verità che altrimenti avresti
sempre ignorato. Avevi detto di avere la forza di affrontarla. Ti ho creduto.
Abbiamo sbagliato entrambi. Te lo dissi già allora, somigli davvero poco a tua
madre.”
“Non è vero!”
Lui alzò un
sopraciglio, esibendosi in un’espressione sorpresa. “Pensavo fossi contenta di
non somigliare a una traditrice…”
“Io…” Rose cedette
e scoppiò in lacrime improvvisamente. Lui la osservò, vedendo in lei la figlia
che aveva sempre finto di non avere tornare bambina.
“Io
ho sempre amato mia madre! L’ho ammirata per tutta la vita! E lei non mi ha
mai detto…mai…e io mi fidavo di lei…E non posso nemmeno chiederle perché! Mi manca tanto…”
Draco avanzò d’un passò e le appoggiò la mano sulla testa. Lei non si mosse,
pur trattenendo il respiro, permettendogli di trovare il coraggio di attirarla
piano contro il suo petto.
“So tutto. Avrei
voluto anch’io dirtelo insieme a lei. Voleva solo proteggerti Rose, e
proteggere Weasley. Non faresti lo stesso per i tuoi
figli? E per tuo marito?”
Lei annuì piano
contro di lui.
“È stato meglio
così. Non era giusto farti crescere turbata, non era giusto angustiare…tuo padre. Dopotutto i figli sono di chi li
cresce e li ama.”
Rose si asciugò le
lacrime e lo guardò.
“Suppongo lei abbia
ragione.”
“Può sempre far
comodo essere per un terzo una Malfoy.”
A Rose quasi scappò
un sorriso.
“Se nonno Arthur
l’avesse saputo gli sarebbe venuto un colpo.”
“Se mio padre
l’avesse saputo l’avrebbe dato a me il colpo.”
Lei accennò l’eco
di una risata.
“Tu sei Rose. Hai la
tua vita e la tua famiglia. Io non voglio intromettermi in quello che è tuo. Mi
sembrava giusto dirtelo. Perché egoisticamente non volevo che quella notte
fosse dimenticata. E perché volevo sapessi che c’è qualcuno su cui potrai
contare in qualsiasi momento. Forse è tardi, ma…finché camminerò su questa
terra non potrei mai lasciare nei guai il mio stesso sangue. Anche se sei
adulta…può sempre esserci un momento in cui hai bisogno di qualcuno con più
esperienza, no? Io la penso così, ma se credi, sono pronto
a scagliarti un Oblivion all’istante e non ricorderai
nulla.” Lo disse in tono provocatorio.
Lei lo guardò con
aria di sfida.
“Sono una Grifondoro.”
Lui scoppiò a
ridere. Lei fece una pausa.
“Una mezza-Malfoy, Grifondoro.”
***
“Non capisco perché
tu abbia invitato tutti i Malfoy, Rosie.”
“È una lunga
storia, Hug.”
“A papà verrebbe un
colpo se lo sapesse.”
“Oh, sono certa che
da dove sono adesso lui e mamma sanno tutto.”
“Allora gli sta
venendo un colpo.”
“C’è la mamma a
calmarlo.”
“Ma Rosie…”
“Hugo, ti stanno
chiamando di là.”
“Grazie per
l’aiuto, Zio.”
“Non c’è problema, Rosie. Hug è come Ron, sa essere
davvero insistente. E poi, rischierebbe di andargli per traverso il pranzo se
sapesse. Potrai sempre dirglielo più avanti.”
“Tu…?”
“Già.”
“Te l’ha detto
mamma?”
“Sono sempre stato
il suo migliore amico.”
“…”
“Sai, penso che tu
sia fortunata in fondo. È diventato una brava persona, a quanto pare.”
“Sono commosso,
Potter.”
“Oh, Malfoy. Parli del diavolo…”
Rose si voltò,
raggiante.
“Draco!”
Lui le fece
l’occhiolino.
“Ciao, Rosie.”
E si sorrisero.