Buonasera
popolo di EFP,
sono le tre di notte e io ho appena vinto la mia battaglia. Certo, ne
sono uscita sfregiata, con un po' di costole rotte e ovviamente non del
tutto soddisfatta ma ecco qui una nuova one-shot.
Permettetemi però di procedere per punti così da
essere più breve.
1. Lo so di
avere una ItaSaku in sospeso da circa tre mesi, non l'ho scordato ma
tra esami, vacanze estive e una buona dose di pigrizia l'ho accantonata
per un po'. Comunque sia la terminerò presto, è
tutto qui nella mia testa devo solo scriverlo.
2. La mia
OTP è il SasuSaku perciò quando ispirazione
chiama per scrivere su di loro devo per forza rispondere.
3.
Ciò che segue è spaventosamente breve e mi scuso
ma immaginavo una cosa diversa all'inizio, una cosa molto
più difficile da realizzare di quanto credessi. Quindi alla
fine si tratta di un esperimento bello e buono e tratte le somme di
quanto è uscito non mi è nemmeno chiaro di cosa
sia questa cosa.
4. Tempo fa
scrissi una one-shot "Di
occhi, capelli e bellissimi gesti..." e questa di oggi
è da considerarsi un suo collegamento. Non è per
nulla necessario che leggiate la prima per comprendere la seconda ma ne
ho approffittato, dato che alcune delle persone che la recensirono
avevano auspicato un seguito.
5. Credo che
per questa one non sia affatto necessario il rating rosso ma in ogni
caso non sono efferrattissima sui limiti e restrinzioni imposti dal
sito, perciò nel caso in cui andasse modificato sarei
felicissima se me lo faceste sapere.
6. Sto
morendo dal sonno e devo ancora inserire l'HTML e fare un sacco di cose
perciò vi saluto e come sempre mando un grosso bacio.
giropizza
Anche se non dovesse piovere
Nei giorni di pioggia aveva l'abitudine di
sedere sulla poltrona di vimini del terrazzo che dalla cucina si
affacciava sulla strada principale.
Non
era ben chiaro nemmeno a lei perchè lo facesse, dopotutto la
pioggia neanche le piaceva, la rendeva di cattivo umore. Doveva essere
una prerogativa della sua personalità soffermarsi su tutto
ciò che la faceva star male.
Quel
venerdì poi le era particolarmente difficile non pensarlo.
Tutto
glielo ricordava.
Le
gocce d'acqua che scivolavano lungo la ringhiera di ferro, la nuvola
grigio piombo che non permetteva alla luce di toccare l'asfalto
bagnato, il ticchettare assordante della pioggia in grado di sormontare
il chiasso del traffico cittadino e persino il gatto nero che scrutava
i tetti da in cima la grondaia dell'edificio di fronte.
Portò
le ginocchia al petto e con le mani tentò di riscaldare le
nude dita dei piedi ormai intirinzite dall'aria gelida.
Nelle
giornate soleggiate era molto più semplice fingere che non
esistesse e non chiedersi se quel suo tormento si potesse chiamare
amore.
Rientrò
in casa facendo scorrere la portafinestra alle sue spalle
quando era ormai ora di cena ma quella sera non avrebbe mangiato. Ino
sarebbe rientrata solo la settimana seguente e fino ad allora sarebbe
stata libera di dedicarsi a tutte le pessime abitudini alimentari che
voleva, una cosa impensabile con la bionda a dividere il suo stesso
tetto.
Non
lo guardò nemmeno il cellulare prima di chiudersi in bagno,
non c'era alcun pericolo che l'avesse cercata.
Era
abbastanza certa che pure a lui facesse piacere vederla, a modo suo, ma
sapevano entrambi molto bene che la prima a chiamare sarebbe sempre
stata lei.
Lei
ne aveva bisogno.
Passò
l'ora successiva ad eliminare ogni pelo superfluo, a ricoprire quella
fastidiosa ricrescita alla radice dei capelli e a limare le unghie, in
modo che fossero esattamente della stessa lunghezza. Uscita dalla
doccia ci mise altri venti minuti per impomatarsi e asciugarsi i
capelli, nonostante sapesse che quella messa in piega sarebbe durata un
tempo ridicolo in confronto a quanto aveva impiegato per sistemarla.
Si
guardò a lungo allo specchio. I grandi occhi verdi, forse un
po' tristi, il labbro superiore leggermente più gonfio
dell'altro e la pelle nivea, rosa sulle gote.
Perlomeno
il riflesso di se stessa ancora c'era, anche se molto meno consistente
rispetto a quando era certa di meritare un sacco di cose. Come ricevere
una sua telefonata, ad esempio.
"Sakura..."
Amava
la sua voce sopra ogni altra cosa, quel tono così basso, un
po' roco. Quante volte lo aveva implorato di sussurrarle all'orecchio
qualsiasi cosa gli passasse per la testa, di parlarle mentre il suo
corpo caldo le premeva contro e quante volte lo aveva chiamato nel
cuore della notte solo per sentirsi dare una buonanotte impastata dal
sonno.
A
volte ne era convinta che il suo fosse amore e forse Sasuke lo sapeva
ma loro infondo non erano una vera coppia, probabilmente si vedeva con
altre e lei era solo una delle tante ragazze sciocche e ingenue che non
sapevano allontanarlo.
Spesso
si era trovata sul punto di dirgli che in quel modo non le andava
più bene, che forse il suo era un desiderio mediocre ma che
voleva comunque essere l'unica. Per una cazzo di volta, una soltanto.
Ma
prima che potesse parlare la prendeva con quei suoi modi un po' rudi e
violenti che la facevano impazzire e che erano così diversi
da lui, tanto elegante, composto e imperturbabile.
Le
stringeva le dita al collo a volte e mentre la spingeva contro il muro
i suoi occhi color pece la inchiodavano, lasciandola inerme e indifesa.
Non le faceva male, anzi quelle prese brusche la eccitavano alla follia
e abbandonava il capo all'indietro, lasciandolo così
morderle e succhiarle la pelle mentre con prepotenza le infilava la
mano nei jeans.
Eppure
nessuna sensazione al mondo poteva essere paragonata a quella che
provava quando era geloso.
La
prima volta che lo aveva davvero visto arrabbiato era stata di ritorno
da una normale serata che avevano passato con degli amici in un locale.
Mentre pagava il conto Sakura lo aspettava all'esterno fumando una
sigaretta quando un ragazzo le si era avvicinato offrendosi di farle
compagnia, da subito le era sembrato troppo invadente ma aveva lasciato
perdere in quanto da li a poco se ne sarebbe potuta andare.
Non
aveva di certo preso in considerazione l'eventualità che
questo le cingesse la vita con il braccio e che Sasuke uscisse proprio
in quel momento, assistendo a tutta la scena. Lei si era divincolata
immediatamente e titubante gli era andata incontro, quello sguardo non
aveva nulla di rassicurante.
Per
tutto il tragitto in auto non aveva proferito parola e a Sakura era
sembrata una reazione alquanto esagerata da parte di uno che di lei
aveva voluto sempre e solo il corpo.
Non
l'aveva riaccompagnata a casa come credeva, aveva invece fermato la
vettura nel parcheggio difronte ad una piccola palazzina bianca dove
immaginò dovesse essersi trasferito dopo il diploma.
"Cosa
ci facciamo qui?" chiese guardandosi attorno.
Sasuke
strinse con forza la presa sul volante e si voltò a
guardarla quasi ferocemente.
"Conoscevi
quel ragazzo?" domandò serio.
"Non
l'ho mai visto prima di oggi" rispose e avrebbe volentieri aggiunto che
era inutile che facesse tutta quella sceneggiata, dato il pulpito sul
quale si trovava, se lui non le si fosse avvicinato bruscamente e le
avesse afferrato con forza i capelli sulla nuca, portando il viso ad un
millimetro dal suo.
"Finchè
ci frequenteremo e andremo a letto insieme tu sarai soltanto mia, sono
stato chiaro?"
Sakura
annuì istintivamente e si chiese se non fosse pazzia
riuscire a sentirsi al sicuro in una situazione simile e
perchè no, anche amata.
"Vuoi
salire o preferisci che ti riporti a casa?" domandò dopo
lunghi minuti allentando la presa e sfiorandole la guancia con le dita.
Quella
notte fecero l'amore più volte, finchè non si
fece mattino, e mentre la baciava in punti che non credeva nemmeno di
possedere le risultava meno difficile credere che di lei qualcosa gli
importasse.
Sasuke
Uchiha occupava ogni suo più piccolo pensiero sin dal giorno
in cui, in terza elementare, aveva preso posto al banco davanti a lei
ed era incredibile come, nonostante quanto poco lo avesse conosciuto in
quegli anni, nessun altro avesse mai nemmeno lontanamente deviato la
sua attenzione da quel ragazzino serio e taciturno.
Dopo
la fine del liceo però avrebbe perso totalmente le sue
tracce se qualche voce non le avesse raccontato che alla fine sua madre
non ce l'aveva fatta e che, terminati i funerali, suo fratello si era
trasferito negli Stati Uniti per affari.
Non
era stata presente in quei giorni, nemmeno come sagoma lontana e
indistinta, aveva scoperto l'accaduto solo qualche settimana
più tardi e avrebbe voluto chiamarlo ma sarebbe stato
così inappropriato, dopotutto pur conoscendosi da anni non
si erano mai parlati.
Eppure
lei non ci aveva rinunciato del tutto, aveva l'abitudine di passare
davanti la villa nella quale ormai abitava solo con suo padre quasi
ogni giorno, nella speranza di poterlo vedere e qualche volta le era
parso di scorgerlo, cupo e bellissimo come lo ricordava.
Aveva
sempre pensato a lui come a qualcosa di irraggiungibile e proprio per
questo udire la sua voce che la chiamava, in quel piccolo discount ad
un paio di chilometri da casa sua, l'aveva lasciata senza parole.
Il
cuore le si era fermato al vederlo li, dinanzi a lei, in quei suoi
abiti scuri, mani in tasca e tutto il resto.
Era
così dannatamente bello. Al mondo non c'era nessuno che
fosse bello quanto lui, non per lei, non ai suoi occhi e aver avuto
migliaia di occasioni di parlargli e non averne sfruttata nemmeno una
la faceva sentire stupida.
Dopo
quel giorno si videro spesso e pian piano iniziarono a scambiarsi le
solite frasi di circostanza che ci si dice tra conoscenti e queste con
il tempo erano diventate prima piccole e poi sempre più
importanti chiacchierate. Davanti un caffè, sulla panchina
del parco, tra gli scaffali del negozio d'alimentari,... Ovunque.
La
prima volta che lo fece entrare nell'appartamento che divideva con Ino
aveva iniziato a piovere a dirotto proprio mentre, di fianco a lei sul
marciapiede grigio, la riaccompagnava. Avevano salito le scale fradici,
tanto che vi erano grosse gocce d'acqua la dove erano passati.
Sakura
era stata felice, varcando la soglia, di scoprire che l'amica non c'era
e aveva fatto accomodare Sasuke in cucina mentre recuperava dei vestiti
asciutti e degli asciugamani.
Quel
giorno la toccò per la prima volta.
Non
aveva mai concesso a nessuno di starle così vicino eppure in
quel momento accettare lui, tra le sue gambe e le sue braccia, era
stato così semplice.
Si
era avvinghiata alle sue spalle con forza, fino a conficcargli le
unghie nella carne, per trattenerlo a sé, perchè
non se ne andasse. E lui aveva posato dita e labbra in ogni parte del
suo corpo nudo, marchiandone la pelle con morsi e succhiotti.
Non
aveva fatto commenti sulla sua verginità che quel giorno era
andata persa ma restò con lei per qualche ora dopo. Si
appisolò, il capo poggiato sulla sua spalla e Sakura non
riuscì a trattenere le lacrime mentre con le dita tracciava
i contorni del suo volto, il palmo della mano inumidito dal respiro
leggero.
Era così
dannatamente bello. Al mondo non c'era nessuno che fosse bello quanto
lui, non per lei, non ai suoi occhi.
La facevano sentire
speciale il modo in cui la baciava, l'afferrava, il modo in cui con
dita e lingua si muoveva dentro di lei e soprattutto la faceva sentire
speciale che si fermasse sempre, dopo il sesso, per fumare una
sigaretta mentre continuava ad abbracciarla o perchè finiva
con l'addormentarsi.
Non la faceva
soffrire, non le spezzava il cuore eppure non aveva mai detto o fatto
nulla che lasciasse pensare che potesse esserci qualcosa di
più, quel qualcosa che lei voleva.
Perchè lei
lo amava.
"L'amore non
è amore se non è un po' malato", non è
forse così?
Suonò il
campanello appena un quarto d'ora dopo aver chiuso la telefonata nella
quale gli chiedeva di raggiungerla.
Vederlo nella sua
cucina le faceva sempre uno strano effetto eppure non lo immaginava in
nessun altro posto che non fosse in qualche modo legato anche a lei.
Per quanto le cose tra
loro non fossero mai state chiarite in più di sei
mesi, sentiva di appartenergli e che Sasuke sarebbe dovuto
appartenerle a sua volta. E forse si illudeva soltanto ma mentre lo
guardava seduto al tavolo intento a bere il suo caffè amaro
si domandava come potesse credere, alle volte, che non ne valesse la
pena.
Restarono in silenzio
fissandosi, finchè lei, sfilatasi il vestito di cotone e
abbandonatolo sulla sedia, si diresse ondeggiando verso la camera. Non
ebbe nemmeno il tempo di fare più di un paio di metri che le
sue mani l'afferrarono da dietro toccandole i seni, per poi scivolare
leggere verso gli slip neri che a lui piacevano tanto.
"Per il tuo corpo
andrei anche all'inferno" le mormorò all'orecchio mentre le
stringeva l'intimità con così tanta forza che i
piedi le si sollevarono un poco da terra.
La prese li, da
dietro, esattamente in quel punto e Sakura non riuscì a
trattenere i gemiti e quasi le cedettero le gambe, tanto che dovette
aggrapparsi alle braccia che la circondavano per non cadere.
Quando venne lo
sentì allentare la presa e poggiare la fronte sulla sua
spalla mentre il respiro di entrambi, prima frenetico, iniziava pian
piano a rallentare.
Si voltò
verso di lui e c'era tutto il mondo li, a ricambiare il suo sguardo.
Gli afferrò
il viso tra le mani e lo strinse come se gli stesse dicendo addio sui
binari di un treno in partenza ma sapeva, con assoluta certezza, che
anche se fossero passati mille anni non sarebbe mai stata in grado di
lasciarlo. Lo guardò a lungo senza dire nulla e
osservò la notte più nera brillare in quei occhi.
Non avrebbe mai potuto
immaginare la sua vita senza di lui e con quel pensiero lo
abbracciò, schiacciando i seni sul suo petto e respirando il
profumo del suo collo.
Qualche ora
più tardi erano stesi uno sopra l'altra su un letto troppo
piccolo e Sakura giocherellava con i suoi capelli mentre lui le baciava
l'intimità ancora umida, prima di stringerle la coscia tra
le dita e iniziare a sfiorarla con le labbra.
"Perchè mi
cerchi solo nei giorni di pioggia?"
Quella domanda
improvvisa la stupì e innervosì allo stesso
tempo. Era ridicolo credere che Sasuke non se ne sarebbe mai accorto e
che avrebbe continuato a considerarla una coincidenza per sempre,
eppure non avrebbe pensato possibile che la cosa potesse interessargli
tanto da portarlo a farle una domanda diretta.
Avrebbe potuto mentire
ma inventarsi una scusa plausibile non era esattamente semplice. Oppure
avrebbe potuto dirgli la verità.
"Quando piove non devo
sforzarmi di trovare un motivo per essere triste".
"Cosa intendi dire?"
chiese guardandola perplesso.
"Intendo dire che
posso sempre incolpare la pioggia".
Non le piaceva l'idea
di dover affrontare quell'argomento proprio quella sera. Detestava
parlare di come si sentiva, di ciò che provava e farlo con
lui non rientrava assolutamente nella sua lista di desideri.
"Sei triste?"
domandò dopo poco, puntellandosi sui gomiti e avvicinandosi
al suo volto.
"Non esattamente,
è difficile da spiegare" rispose deviando lo sguardo e
voltando la testa sul cuscino.
"Provaci!"
E le suonò
come un ordine anche se lo aveva sussurrato mentre affondava il volto
nell'incavo della sua spalla.
"Per qualche ragione
che non conosco ti ho sempre pensato in relazione a ciò che
è freddo" disse rivolgendo gli occhi al soffitto bianco e
rassegnandosi all'idea che quel giorno sarebbe stata smascherata.
"Ed era facile
crederlo finchè non ti ho conosciuto davvero".
Serrò le
palpebre per non vedere più nulla e sperò di
sprofondare tra quelle lenzuola.
Lei lo amava ma non
voleva che lo sapesse. Non voleva che scoprisse che lo aveva amato per
tutto quel tempo senza smettere un solo attimo.
L'avrebbe lasciata
perchè non ricambiava e non poteva permettersi di accollarsi
un peso simile.
"Mi sbagliavo, tu non
sei una persona fredda e se ci incontrassimo nei giorni di Sole non
potrei nemmeno continuare a fingere che tu non sia il mio".
La bambina che era
stata, quella che si era fatta crescere i capelli solo per potergli
piacere e che poi se li era tagliati per essergli vicina col cuore,
dette quelle parole avrebbe sperato con forza in un miracolo. Ci
avrebbe creduto.
Ma non lei. Lei sapeva
anche troppo bene che Sasuke non era tipo da dispensare amore a caso e
che la sua unica fortuna era quella di avere un corpo che lo eccitava.
Non una mente, non
un'anima, solo un corpo.
"Sembra
così stupido ora che l' ho detto ad alta voce" disse ridendo
e coprendosi il volto con le mani per alleggerire la tensione.
Per un tempo
interminabile la stanza rimase immersa nel più profondo
silenzio e avrebbe addirittura pensato che se ne fosse andato se non ci
fosse stato il suo corpo a premerle contro.
Non voleva riaprire
gli occhi, vedere il suo sguardo carico di pietà che
l'avrebbe fatta sentire ancora di più una povera illusa. Ma
prima che potesse anche solo pensare a come comportarsi lui le
sollevò le mani dal volto e l'afferrò per il
mento, assicurandosi che lo guardasse.
Non vide la
commiserazione che tanto temeva e rimase immobile, attonita mentre si
abbassava per baciarla sulle labbra.
"Sakura..."
mormorò mentre si risollevava un poco "Detesto le grandi
promesse, credo che tu lo sappia ma ci sono due cose che posso dirti".
Piegò le
labbra in un piccolo sorriso, uno di quei sorrisi sghembi che le faceva
quando era nervosa e stava per sbatterla contro il muro.
"Dal giorno in cui ci
siamo rivisti ci sei stata sempre e solo tu" continuò mentre
faceva passare la mano sotto il suo collo.
"E domani io ci
sarò..." terminò prima di baciarla ancora "Anche
se non dovesse piovere".
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