dissolversi
Dissolversi
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“Mu, non mi riconosci?”
Questa notte è venuto da me un fantasma.
“Mu –“
Cado in ginocchio.
Ricordo la sensazione che provavo
quando mi abbracciava. Ricordo di come potevo stringermi e raggomitolarmi ed
essere perfettamente incastrato al suo petto. Emanava un calore stupendo.
Avvolgente. Io ero davvero piccolo, il suo
petto davvero enorme. Quando non mi prendeva tra le sue braccia, e i miei piedi
si posavano per terra, davanti a lui, alzavo lo sguardo e per raggiungerlo
dovevo inclinare la testa all’indietro.
Era solenne e maestoso. Questo
ricordo.
Ricordo il colore dei suoi occhi,
e l’impressione che mi fece fin dal primo giorno. Era un uomo rigido e allo
stesso tempo dolce. Per secoli era stato costretto a portare una maschera –
maschera inflessibile, fredda, e forse aveva dimenticato, sotto strati di
metallo, quante espressioni potesse assumere il suo viso.
La prima volta che lo incontrai
avevo appena tre anni, e non sapevo niente delle stelle e della
predestinazione. Non sapevo chi fossero gli dei, chi fosse il resto del genere
umano, quanto possano essere deboli gli uomini… ero seduto sul prato e giocavo
con l’erba appena cresciuta sotto strati di neve. Lui arrivò con un passo
silenziosissimo.
Era vecchio, e con la vecchiaia
si trascinava sulle spalle il peso e l’esperienza di innumerevoli anni. Aveva
vissuto una vita lunghissima e conosciuto in tutto quel tempo un enorme dolore.
Io, invece, avevo vissuto una vita estremamente breve. Eppure già condividevo con
lui un dolore molto simile. Per questo potevo capire il suo bisogno di contatto
e dolcezza, quando prendeva le mie piccole mani
nelle sue, quella dolcezza che non sapeva esprimere col volto, ma che
gli sentivo calda nel petto e negli occhi. Era solo, sconfitto. Dissolto.
Shion sempre camminava a testa
alta. Ma io sapevo che il suo petto era tremendamente stanco.
Mi sembra di vedere un fantasma…
Ho alzato la testa per un
secondo. Non so che fare. È tutto sbagliato. Sono in ginocchio di fronte
all’uomo che mi ha educato alla giustizia e al bene supremo e che adesso, in un
ultimo disperato gesto, vuole distruggere tutto ciò che mi resta.
Ora che non devo più reclinare la
testa così all’indietro per vederlo, ora io fisso la terra.
Mi sembra quasi di piangere un fantasma.
Una mattina di molti anni fa ho
scoperto di essere in qualche modo debole. Sono un essere umano. Per quanta
potenza e forza dimorino dentro di me, io rimango un essere umano. Un essere
fragile. Un uomo che ama. E se ami una persona, dopo, non riesci più a vivere
senza.
Tredici anni fa, quando mi sono
svegliato, ho scoperto di essere ritornato solo, solo e nudo come una mattina
di primavera quando giocavo con l’erba su un prato appena nato. Ma allora ero
abbastanza piccolo da poter dimenticare, e abbastanza selvaggio da poter
voltare le spalle a tutto il mio dolore, chiudendomi in un mondo fatto per me.
Tredici anni fa, quando mi sono
svegliato e ho capito della sua morte, non ho potuto fare a meno di piangere.
Pure questo giorno ricordo alla
perfezione. Ricordo l’adunata ad un’ora improbabile e il senso di angoscia che
bruciava nel mio petto. Ricordo di aver visto un cielo nero, nero e fumoso
oltre ogni limite, anche se l’aria era chiara. Ricordo cosa pensavo mentre
salivo le scale. Qualcosa non andava. Non sapevo che fare. Era tutto sbagliato.
Avevo bisogno di parlargli.
E quando davanti al Sacerdote mi
sono presentato, con le mie angosce, i miei timori, e la notizia della morte di
Aiolos per la testa, io ho capito il punto in cui il filo era stato reciso.
Lui era… morto.
Nessuno avrebbe potuto
ingannarmi. Nessuno.
Allora che per vederlo non dovevo
più reclinare la testa all’indietro, allora io guardavo attraverso la maschera
una figura sconosciuta e scura.
Dov’era? Dissolto?
Le sere che mi addormentavo
stanco tra le sue braccia e tutte le volte che non riuscivo a capire cosa
volesse ottenere da me – la frustrazione, la rabbia, i momenti di sole, niente
di questo, nessuno di questi giorni era destinato a tornare.
Eri…
dissolto.
Ero dissolto un po’ con lui.
Mi sembrava di essere diventato un fantasma.
Mi aveva allenato per anni
all’insensibilità. Alla forza. Alla fermezza.
E le mie gambe cedevano.
Forse, se si fosse spento
lentamente adagiato sul suo letto, e io avessi potuto guardare il suo viso –
senza dover reclinare la testa – non mi sarei sentito così male. Sono sicuro che
per una volta Shion avrebbe riscoperto la dolcezza nei suoi lineamenti. E io l’avrei
accompagnato oltre la soglia. L’avrei lasciato andare. Sarebbe stato un morto. Non un fantasma.
Ho raccolto le mie cose poco dopo
la cerimonia per commemorare Aiolos. Presentivo un’aria irrespirabile, un senso
stupefacente di rovina. Non funzionava nulla.
Anche Saga era un fantasma. Il
Santuario sembrava popolato di fantasmi.
Con le gambe che ancora mi
tremavano tornai nello Jamir.
Con le gambe che mi tremavano
sono tornato al Santuario.
Con le gambe che mi tremano poso
le ginocchia a terra. Non capisco. Non ho nemmeno il coraggio di reclinare la
testa e guardarlo negli occhi. Chiedergli: perché?
Perché ho ucciso due miei vecchi compagni e perché altri devo combatterne?
Perché ancora guerra?
Perché quella mattina non mi hai
lasciato giocare con l’erba appena spuntata da sotto la neve?
Perché proprio tu sei diventato un fantasma?
Camus, Shura e Saga procedono oltre.
Passano accanto a me come vento, e come vento scompaiono. Forse dovrei
fermarli. Forse dovrei. Ma qui c’è Shion, e le mie gambe tremano e i miei occhi
non si decidono a salutarlo.
“Mu,” Dice. “Mi hai disobbedito
molte volte questa sera. Spero tu sia pronto.”
Forse mi ucciderà.
Mi ucciderà senza farmi provare
dolore, se mai per un solo istante mi ha davvero amato.
Shion si fa avanti lentamente. Lo
scintillio della luna colpisce la
Surplice rendendola quasi argentea. Si avvicina e allunga le
braccia fino a sfiorarmi il viso. Ha sempre avuto mani delicate. Posso quasi
sentire l’antica intimità di questo gesto. Appoggio i miei palmi sulle sue
mani, lo guardo negli occhi.
Mi sembra quasi di vedere un fantasma.
Ma lui è davanti a me, è vivo. È
fatto di carne e muscoli, e respira. È fatto della malinconia e della
sofferenza che ho imparato così tanto a conoscere. È fatto di più di due secoli
di lotta e saggezza. È ancora fatto di solitudine, dell’amore per me, per il
vecchio Maestro Dohko, per Athena, per il mondo intero.
Un fantasma trasparente.
Shion, è questo che vuoi dirmi?
Non ho la forza di combatterlo.
Cosa stai
facendo?
Mi guarda negli occhi, mi sfiora
il viso con mani delicate.
Ora capisco. Ora che posso
guardarti negli occhi senza reclinare la testa, ora capisco.
***
[COMMENTI RANDOM –]
Che
disastro YwY… sapete, io avevo un programma. Io dovevo studiare. Studiare nel
vero senso della parola. Ed ero lì, con la mia dispensa rilegata malissimo che
perdevo fogli da tutte le parti e Mu mi guardava dalla scrivania, e aveva quei
capelli lilla, e i puntini! I puntini!
*w* Lo odio. Prendetevela con lui. Io non gli ho parlato per un giorno ù.ù.
Cioè,
nella mia vita avevo previsto tutto, tranne di cominciare a scrivere fic su
Saint Seiya. Martina, concentrati sull’essenziale ;O; e studia.
Ah,
per la cronaca: sto amando Shion a livelli che sono veramente ridicoli <3
Non
so se qualcuno che ha letto Starlit passerà da queste zone, ma io rispondo lo
stesso:
Genshi: in realtà non sono sicura che sia Shion. Cioè, in Lost Canvas effettivamente
è Sion. Non ho idea nella serie classica di come sia stato traslitterato. Però
ti posso dire che in Hades, anche nel doppiaggio giapponese dicono Shin. O
Shion. Non ho capito se c’è la vocale, ma di sicuro c’è una palatale ù.ù
Ren_chan, LeFleurDuMal:
Ma io vi <3.
No, sul serio grazie. YwY piango. Sono commossa. Vi offro un pezzo
di cuore, lo volete? *stack* *porge pezzo di cuore, anzi, manciata di
frammenti, anzi, pugnetto di sabbia* Quando vincerò il nobel
sarà dedicato a
voi. Proprio così, sono molto seria ù.ù. A parte
questo, siete due autrici
fantastiche e mi avete fatto tornare la voglia di scrivere dopo
voragini di
nulla, per questo avete tutta la mia stima e il mio amore, grande
cosìììììììììììììììì
*O* ecco. <3
HarleyQuinn:
è ufficialmente bandita dalle mie pagine fino al momento in cui smetterà di
considerarmi un animaletto a cui schiacciare la pancia. Io non sono un pet. Non
ho il naso umido e i polpastrelli soffici. Mi lavo da sola e mi nutro tre volte
al giorno ù.ù. E se proprio non riesce a pensare a me come un essere umano,
almeno dovrebbe grattarmi dietro le orecchie più spesso >O
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