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Rating: Verde
Tipologia: One Shot.
Fandom: Originale, Introspettiva
Avvertimenti: I personaggi citati, sono tutti REALI
anche se i loro nomi, ovviamente sono stati cambiati!.
Personaggi: xxx.
Genere: Malinconico.
Note: La fanfiction è divisa in due tempi, c'è il
tempo in cui l'uomo racconta e quello invece in cui si svolgono i fatti, tra un
tempo e l'altro sono trascorsi anni.
Credits: Racconto scritto da me su persone e fatti accaduti
realmente in parte, perciò, dato che voi non siete me, lasciate stare :].
Sproloquio: Yay! Quest'oggi vi beccate un bel racconto originale perchè
sta notte ho fatto un sogno (il sogno!) e questo mi ha ispirata questa fanfic.
Dunque, as i said, i personaggi sono reali, tutti e tre, ed anche i fatti, anche
se non tutti e non sono andati esattamente così. Comunque, spero che vi piaccia
e che recensiate! è_é poooi, vi aspetto sempre su
www.illuminate.forumfree.net e
che altro dire? Niente, che porterò avanti Can't Stop as soon as
Deletia ♥
A story:
Solo Chapter
Penso, che sia arrivato il momento di
raccontare una storia. No, non la mia, anche se, in effetti, in questa storia io
ne ho fatto parte, ma solo come un satellite attorno al pianeta principale.
Ero un puntino sulla loro mappa, una mappa che avrebbe potuto essere completa ed
invece è andata distrutta per via di un silenzio.
Quando ci penso, li vedo ancora come se fosse ieri, scintillanti, spensierati ed
uniti; d’accordo, forse sono solo un vecchio sentimentale.
Dicevo, questa è la loro storia e non la mia, per questo comincerò dicendovi chi
sono loro…
Stavo lavorando da due ore e mezza sullo stesso scaffale con il nuovo assunto,
Mike, quando lei è arrivata; la conoscevo, eccome se la conoscevo, era alta, ed
anche paffuta, con i capelli ricciuti sciolti sulle spalle, gli occhi velati da
occhiali da vista fuori moda e quell’assurda sciarpa fucsia che la faceva
sembrare un fantasma, si è avvicinata a noi e ci ha salutati e poi ha dato
qualcosa a Mike, lui l’ha preso e se l’è messo in tasca continuando a lavorare.
All’epoca, lei aveva una cotta per me, ed io proprio non me ne capacitavo, ero
vecchio per lei ed anche disinteressato, ma lei, lei insisteva e non lasciava
perdere. Sorridevo alle volte tra me e me al pensiero che sarebbe arrivata e mi
avrebbe sorriso. Sorridevo anche perché, in quel periodo motivi per ridere non
ne avevo nessuno; comunque, dopo che si fu allontanata nelle sue scarpe bicolore
occhieggiai Mike al mio fianco e sghignazzai
«Sareste carini insieme» lui alzò lo sguardo su di me e roteò gli occhi
«Certo, come no» disse prendendo altre scatole e prezzandole
«Sono sincero» risposi io incrociando le braccia sul petto; lo ero, sincero
intendo. Lui non mi guardò ma scrollò le spalle senza rispondere più.
Il tempo passò e all’ora di chiudere eravamo rimasti in cinque, tra questi c’era
anche Mike che, dopo essersi tolto il camice, stava armeggiando con il telefono;
con il casco della moto sotto al braccio lo raggiunsi
«Vai a casa?» gli domandai mentre aspettavo che le altre ragazze, solite
ritardatarie, uscissero dal grande magazzino, Mike srcollò la testa agitando il
cellulare
«No, lei mi aspetta qui dietro»
«Da sola? Ma è tardi»
«Abita a due passi e poi, è con il suo cane» rispose lui guardando verso la
stradina dove lei lo aspettava. Gli diedi un colpetto sulla spalla e gli dissi
di raggiungerla, lui annuì una vola e s’incamminò; ora, penserete che sono un
vecchio impiccione, ed effettivamente è così; io non ero affatto interessato
alla ragazza, davvero, solo che averla intorno tutti i giorni anche senza
parlarle era diventato normale e volerla veder sorridere era… giusto. Mi
appiattii contro il muro e raggiunsi il parcheggio dipendenti dove ero certo
sarebbero stati, non appena fui vicino, sentii le loro voci
«Oggi faceva tutto l’amicone, insomma…»
«Si, ho notato, ma cosa ti ha detto?»
«Su di te? Ha detto che staremmo bene insieme… Pensa te!»
«Davvero?» il tono della voce della ragazza era perplesso, mi abbassai dietro il
muretto e scrutai oltre l’angolo, erano appoggiati al cofano della macchina di
Mike
«Annie, l’avrà detto per prendermi in giro»
«Forse, o forse vuole liberarsi di me» disse lei ridacchiando. Annie era così,
in compagnia di Mike ridacchiava sempre
«Comunque non ha importanza. Ti accompagno a casa?» “Che cavaliere” pensai tra
me e me, io, quando lei venne da me di sera, non glielo domandai nemmeno.
«No Mike, non è necessario. Ci sentiamo sul messenger?»
«Tempo di arrivare a casa» fu la risposta di lui prima che lo sportello si
chiudesse ed il motore si avviasse.
Dopo che entrambi lasciarono il parcheggio, mi diressi verso la mia moto
pensando che quei due, davvero avrebbero formato una bella coppia; forse lei non
era bellissima, ma l’energia che sprigionavano le sue parole era evidente anche
ai miei occhi.
Quella sera, in televisione, guardai un film intitolato Daredevil e per tutto il
tempo pensai ad Annie e Mike.
Quando tornai dalle ferie, alla fine di agosto, qualcosa mi fu subito chiaro:
l’atmosfera era cambiata. Raggiunsi Mike che si era fatto mettere in magazzino a
lavorare e gli chiesi come andavano le cose, lui mi squadrò
«Che ti importa?»
«Era solo una domanda ragazzo, non scaldarti!» ridacchiai, e probabilmente
sbagliai, perché lui esplose
«Ma che domanda e domanda! Sono stanco! Di te, di Annie, di tutto. Perché non
potete solo lasciarmi in pace?» non seppi cosa rispondere e li per li, me ne
andai stordito da quell’uscita così fuori carattere; lui non era tipo da urlare
niente a nessuno.
Attesi davanti all’entrata l’ora in cui Annie sarebbe arrivata ma non venne, ne
quel giorno ne i successivi cinque. “Qualcosa di grave deve essere successo” mi
dissi il sabato sera, mentre chiudevo le porte ed attivavo gli allarmi. Faceva
caldo, ma c’era una certa arietta che non ti faceva appiccicare i vestiti
addosso, mi incamminai verso il parcheggio dipendenti quando mi trovai di fronte
ad un pastore tedesco piuttosto piccolo, Annie sorrise, ma non appena vide chi
ero, il sorriso svanì
«Oh, sei tu» disse con voce piatta sospirando
«Speravi fosse Mike?»
«Ho visto la macchina, speravo… Di potergli parlare»
«Sarà andato via a piedi, è uscito presto»
«Capisco» disse, poi mi volse le spalle e con il cane s’incamminò verso la
strada, la raggiunsi e le appoggiai una mano sulla spalla, il cane ringhiò
«Calmati Peter, è un amico» disse lei rivolgendosi al cane
«Annie, ne vuoi parlare?»
«Di cosa?»
«Di quel che è successo tra te e Mike, quando lunedì l’ho visto mi ha sbraitato
contro» sorrisi, ma lei non ricambiò; dovete capire, che il mio interesse in
quel momento era puramente paterno, non avevo altri scopi che non capire perché
quei due fossero ai ferri corti.
«Non lo so! All’improvviso, una sera su messenger mi ha detto che era stanco di
me e che era meglio se lo evitavo. E non so nemmeno cosa ho fatto!» disse lei
agitando le mani e rendendo nervoso il cane che le sbattè la testa contro le
ginocchia un paio di volte
«Non ti ha dato spiegazioni?» domandai senza caprie
«No. Nessuna. Cioè, ci è capitato di litigare altre volte, ma di solito, uno dei
due dopo poco tempo cedeva e chiedeva scusa all’altro, ora, non vuole nemmeno
ascoltarmi»
«Deve essere dura» dissi con leggerezza; in effetti, io non sapevo quanto fosse
dura e tutt’oggi non lo so, sono sempre stato un tipo accomodante.
«Dura? Non ne hai idea, forse ti sembrerò una ragazzina scema, ma Mike è
importante. Con lui non devo nascondermi o modificare il mio carattere, lui c’è
anche se sono così. Ed ora, mi sento persa»
«Vuoi che provi a parlargli io per te?»
«No, no. Devo cavarmela da sola» mi disse liquidando la conversazione e
lasciandomi solo e perplesso.
Ora, voi dovete capire che all’epoca avevo quarant’anni, parecchie donne alle
spalle e nessun figlio di nessuna età; quella ragazzina si era presentata da me
con un cd ed una lettera che avevano davvero smosso in me qualcosa, ma non
abbastanza ovviamente, da poterla considerare una possibile partner; dopotutto
aveva solamente vent’anni. Comunque, provate a mettervi nei miei panni, questa
figlioccia era in difficoltà con il suo amico, che per altro era un mio
sottoposto. Avrei potuto vederla così ogni giorno?
Feci quel che ritenevo giusto.
Il mattino dopo, non appena arrivai al grande magazzino mi accertai di quale
turno facesse Mike, quando vidi che era già presente per le sue prime due ore,
lo chiamai con l’interfono e pochi minuti dopo lui si presentò nel mio ufficio
con un pacco di quaderni in mano e la testa rasata.
«Siediti, voglio parlare con te un momento»
«Preferisco stare in piedi»
«D’accordo. Mike, cosa sta succedendo? Perché sei così arrabbiato?» domandai da
dietro la scrivania; lo sguardo che alzò su di me, fu veramente duro da
sostenere
«Non sono arrabbiato e comunque non sono affari tuoi»
«So che è successo qualcosa con Annie e-» ma non potei finire, perché la furia
irruppe
«E’ venuta a piangere da te?! E’ stata così sciocca da chiederti di parlarmi?!
Proprio a TE?! Oh Signore. Siamo caduti in basso!» e così dicendo, se ne andò
sbattendo la porta.
Sospirai e pregai che non dicesse nulla a lei.
Le mie preghiere furono vane
«Ma cosa ti è saltato in testa?! Tu non avevi alcun diritto di impicciarti dei
miei affari, ti ho parlato in confidenza e tu hai peggiorato la situazione!» la
sua voce non era alta, perché nessuno si era voltato a guardarci, ma la rabbia
con cui le aveva pronunciate avevano tenuto alla larga da me, un vicedirettore,
un paio di clienti.
Non cercai nemmeno di risponderle, sapevo di avere torto e non potevo fare
niente per rimediare.
Questa è la parte di storia in cui io fui direttamente coinvolto, ora, tutto
quel che vi racconterò è frutto di occhiate lanciate di nascosto ai due e
bigliettini strappati ritrovati nei cestini della carta straccia, mentre
l’epilogo di questa storia è un post tratto dal blog di Annie in data odierna.
Non biasimatemi, sapevo come trovarla e non ho mai perso lo sguardo su di lei,
mi sono solo tenuto fuori.
I giorni, anzi mesi, si susseguirono senza che i due si parlassero, spesso però
mi capitava di vedere Mike che seguiva Annie lungo il reparto libri, con la
scusa di dover sistemare nuovi prodotti in quella zona; le lanciava sguardi
tristi e cupi e lei, alle volte, li ricambiava in silenzio, non si rivolgevano
mai la parola. Nemmeno si salutavano più. Era dicembre ed io trovai il primo
bigliettino, parte dell’intestazione era andata, ma si poteva capire cosa
diceva:
… tempo che ho perso cercando di darmi una risposta. E tutto
tempo che ho perso cercando di starti lontano. Non posso.
Quando ti vedo An, ho voglia di venirti vicino, di sfiorarti i capelli e
vederti ridere come prima. Ma è l’orgoglio An che non me lo
permette. Perché penso che tu voglia ancora lui.
Il biglietto successivo, era scritto da una pagina strappata di block notes
gialla, mancava la parte finale e parecchie frasi erano barrate.
Em. Non riesco ancora a credere che dopo tutto quel che abbiam
passato prima siamo finiti in questa maniera così.
Sono convinta che possiamo fare qualcosa per recuperare
perché io senza di te non esisto non riesco a respirare
perché io senza di te non sono niente. Mi chiedo
…
Carpii questo pezzo di conversazione a gennaio quando ormai, non c’era più nulla
tra i due e nemmeno si guardavano più, pareva anzi, che Mike uscisse con una
collega.
«Lo so. Lo so! Ho passato così tanto tempo a correre dietro a qualcun altro che
non ho visto chi avevo davanti. E lui mi manca, mi mancano le risate sceme, i
ricordi che gli sono cari e persino le lenti a contatto colorate. Mi manca tutto
di lui e non so più dove sbattere la testa. Davvero, soffro come un cane e mi
ostino a venire qui a vederlo che flirta con la sua nuova ragazza. Sono
masochista. Una schifosa masochista»
Sentire Annie parlare a quel modo mi fece sentire triste, perché un po’ fu anche
colpa mia.
Ma questo è successo tempo fa, quando ancora lavoravo con loro e li avevo sempre
sott’occhio, ora di anni ne sono passati e non so più che fine ha fatto Mike, so
cosa fa Annie perché la seguo ancora grazia al suo sito e m’interesso alle sue
attività, ma sempre e solo da spettatore silenzioso. Questa mattina, mentre non
riuscivo più a dormire a causa dell’insonnia, mi sono collegato al suo blog ed
un nuovo post era stato scritto, riporterò soltanto la parte che interessa
questa storia e nulla più
[…] e dicevo, sono qui a scrivere solo perché
un sogno non mi ha più lasciata dormire. E’ un paradosso vero? Eppure sono certa
che è capitato anche a voi di fare quei sogni, dove stai così bene e sei con la
persona giusta che un qualcosa scatta in te, la verità. La coscienza del sapere
che in realtà, tu e questa persona non siete insieme. Non siete niente.
Ho sognato che ero al matrimonio di mia madre (!) e che avevo litigato con le
mie sorelle (!!)e che non volevo andarci, così vado nell’altra ala del palazzo
dove so che anche i suoi si stanno sposando e lo cerco, dovete immaginare che
tutte le persone son vestite a puntino, io sono con i jeans ed una camicia a
scacchi; ma comunque, lo cerco e gli dico «Pensavo che magari potevi stare con
me» e lui mi risponde «Sono cambiato, sono una persona migliore ora» così gli
rispondo che capisco e me ne vado. Salgo in soffitta, dove in effetti abito e le
mie sorelle mi raggiungono e cominciano ad insultarmi e mentre sono li, preda
delle loro ramanzine lui entra, mi sorride e si siede accanto a me. Mi prende la
mano e con l’indice comincia a disegnare dei cerchi. Poi mi convince a scendere
alla cerimonia, allora mi cambio e quando esco dalla camera lui mi guarda e dice
«Non sei mai stata bella come oggi» ed allora, in imbarazzo gli rispondo «Non ho
mai avuto un vestito bello come oggi» e lui, sorridendo si avvicina e mi dice
all’orecchio «Non è certo l’abito che ti rende bella» e poi, mi bacia.
Non so se potete capire quanto male fa questo. Perché questa persona, mi sono
accorta troppo tardi di amarla, e dopo averlo realizzato,non sono mai riuscita a
dirglielo. La vita ci ha allontanate.
Ma va bene così. […]
Ora, io continuo su questa strada, a seguirla
in silenzio come un angelo custode. Ma questa storia, la storia di due anime che
il destino aveva unito, mi ferisce ancora oggi. Ho scoperto anch’io di aver
amato quella ragazza e me ne sono accorto troppo tardi, quando ormai la vita, ci
aveva già separati in modo irreparabile.
Ho deciso di raccontare questa storia, perché è una bella storia. Nonostante
tutto. E’ una storia d’amore.
E forse, la migliore che io abbia mai letto.
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