ROSSO
Silena portava
sempre lo smalto rosso.
Estate e
inverno, e Clarisse non capiva come facesse ad averlo sempre perfetto
nonostante i combattimenti, la parete di lava e le varie
attività del campo; forse era un segreto che le aveva
insegnato sua madre. Utile, si era detta con uno
sbuffo mentale.
Una volta le
aveva chiesto perché sempre rosso.
“Perché col rosso le mani ridono”, le
aveva risposto Silena. Diceva queste cose, a volte, le faceva piovere
dall’alto così, come uno scroscio leggero
d’acqua in estate quando eri stanca e impolverata, ed era
bello, anche se era una cazzata ti veniva da sorridere. A Clarisse
piaceva il rosso; non tanto lo smalto, ma era un colore che le
apparteneva. Non che ci associasse l’amore, era
più una questione di energia e di forza (e aveva anche
parecchio a che fare con gli spargimenti di sangue), ma le unghie rosse
di Silena sembravano trasmettere questi concetti. Sarà che,
dopotutto, la fidanzata storica di papà è
Afrodite, si diceva Clarisse.
Secondo
Silena, non era quasi mai lo stesso rosso. Secondo Clarisse, non
c’era tutta questa differenza. Ma ogni tanto glielo chiedeva,
perché era divertente sentire i nomi diversi che dava al suo
smalto. Una volta ne aveva definito uno “Rosso Delizia Dei
Marinai” e aveva ammiccato a Percy Jackson, che si era
imbarazzato moltissimo. Clarisse aveva riso un sacco.
Poi, lo smalto
di Silena le aveva portato fortuna. Forse era davvero un dono di sua
madre.
Era stato per
i fuochi, poco dopo la battaglia del Labirinto, quando Chris aveva
riacquistato la sua sanità mentale. Silena insisteva che
fosse “pazzo di lei”, proprio così le
diceva, anche se Clarisse le faceva notare che
“pazzo” era una parola molto poco politically
correct per riferirsi a Chris, e lasciava cadere l’argomento.
Ma quel quattro di luglio Silena aveva insistito. –Non
parlarmi di politically correct, Clarisse la Rue-, aveva detto.
–Sentirlo da te non è credibile-. Clarisse aveva
bofonchiato qualcosa, Silena aveva risposto, e insomma Clarisse si era
ritrovata davanti a uno specchio e una trousse da trucco a sette piani.
Letteralmente.
-Non voglio
essere quello che non sono-, aveva tentato di protestare. Silena aveva
sospirato.
-Non ti
vorremmo mai diversa, Clarisse. O almeno, non Chris Rodriguez.
Consideralo più come… ecco, è
“pimp my car” versione umana. Ok?
A Clarisse non
era restata altra scelta che acconsentire. Tanto,
male che vada, ci metto un minuto a lavarmi la faccia, aveva pensato.
Silena le
aveva sistemato i capelli, anche se non ci aveva messo molto
perché tanto i capelli di Clarisse spaghetti erano e
spaghetti restavano, inutile provare ad arricciarli, e messo il
famigerato smalto rosso (“Rosso Sangue Arterioso”).
Poi le aveva lavorato intorno al viso una mezz’ora buona, ma
quando alla fine Clarisse si era guardata allo specchio, convinta di
essere diventata una specie di maschera del teatro kabuki, era rimasta
senza fiato.
Sembrava che
avesse addosso appena un filo di trucco –un po’di
nero attorno agli occhi, il rimmel sulle ciglia-, ma non era mai stata
così bella. Lo sguardo era più profondo,
intrigante, gli zigomi scolpiti, gli occhi grandi il doppio. Silena
ridacchiava.
-Ma
è una diavoleria di tua madre o cose così?-, le
aveva chiesto. Lei aveva alzato gli occhi al cielo.
-No, Clarisse.
Non c’entra mia madre. Si chiama “Silena fa
miracoli col trucco”.
Clarisse
sorrise. Si guardò le mani. All’inizio aveva
protestato, aveva detto che non voleva quel rosso “Battona Di
Strada”, ma Silena non aveva voluto sentire ragioni. E
infatti il rosso stava bene sulle sue mani lunghe, sulla pelle
abbronzata, sulle unghie tagliate corte. Era vivace, era forte. Le
piaceva. Sapeva che l’avrebbe rovinato in cinque minuti, ma
le piaceva.
Poi Silena
aveva insistito per metterle un rossetto. Rosso, anche quello. Ma per
Clarisse era stato troppo.
-Ma stai
benissimo!-, aveva protestato Silena.
Era vero.
Clarisse non
si era mai accorta di avere una bocca così. Né di
quanto fosse sexy su di lei il ghigno di suo padre. Il ghigno rosso di
una dea della guerra. Una femme
fatale,
dove fatale
era
da intendersi in senso letterale.
Ma era troppo
per lei.
-Non posso
andare fuori così, Silena. Sembro un semaforo.
Lei
batté le mani. –Esatto! La
feu rouge!
Fermerai il traffico, causerai incidenti, ipnotizzerai le
folle…
-Dacci un
taglio. Il rossetto no. Sai poi cosa succede al primo che ride o fa una
battuta o mi guarda? Mi tocca ucciderlo. Mi si rovinerebbe tutto lo
smalto.
-Ma
Clarisse…
-No.
Silena
sbuffò.
-Ok,
però è uno spreco. Un vero spreco. Promettimi che
quando ti sposi ti metti il rossetto rosso.
-Eh? Quando mi
sposo? Non ho nessuna intenzione di sposarmi!
-Tu promettimi
che, nel caso, te lo metti.
-Oh,
ma… e va bene. Se mi sposo me lo metto.
-Giuramelo
sullo Stige.
Clarisse rise.
–Ma vaffanculo, Silena.
Poi erano
uscite, Silena aveva trovato Beckendorf e Clarisse non si era
più accorta se qualcuno l’avesse o no guardata,
perché Chris la guardava eccome, e lei aveva voglia di
picchiarlo per scaricare la tensione, ma probabilmente non era il caso.
Le dispiaceva rovinarsi lo smalto.
Era stato
subito dopo i fuochi che era successa quella cosa.
-Te lo posso
dire che sei proprio bella, stasera?-, le aveva detto Chris,
così, a bruciapelo, come una specie di attacco a sorpresa.
Clarisse si era sentita arrossire. Meno male che Silena le aveva
stuccato la faccia a dovere.
-Se vuoi. Ma
poi dovresti mettere in conto una reazione inconsulta random.
Perché
ho detto una cosa del genere?
-Magari
è un rischio che posso essere disposto a correre. Magari
posso prendermi un pugno, o un calcio, o una testata… o
magari un bacio. Mi piacciono le reazioni inconsulte.
Clarisse era
rimasta pietrificata. Lui aveva i muscoli tesi, come se si preparasse a
scattare via se lei gli avesse voluto tirare un cartone.
-Ti
giocheresti la possibilità che tra le reazioni inconsulte ci
sia un bacio… con
me?
Le era uscita
una voce strana. Una cosa mezza soffocata, come se le stessero serrando
la gola. Chris fece un sorriso scaltro.
-Lui
può anche fregarsene, ma io sono comunque il figlio del dio
dei bari. Non mi spaventano le possibilità a sfavore.
-E chi ti dice
che sia una possibilità a sfavore?
Il sorriso di
Chris si era spalancato, come se lei gli avesse dato la notizia
più bella del mondo. Le si era avvicinato, e lei si era
inchiodata dov’era. Si sentiva pronta ad uccidere chiunque
avesse provato a schiodarla, e allo stesso tempo avrebbe voluto non
essere lì, dovunque ma non lì, comeperchécosasuccedecosadevofarecazzo.
- Sei
bellissima stasera, Clarisse. E anche gli altri giorni. E mi piaci.
Clarisse
sapeva di dover fare qualcosa. Una cosa qualunque. Solo che non sapeva
cosa. Aveva il cervello completamente in tilt.
E Chris era
vicino, vicinissimo, poteva quasi sentire il suo respiro.
-E adesso
è ora della reazione inconsulta-, le aveva detto, quasi
soffiandole in faccia le parole.
Clarisse non
capì mai bene cosa l’avesse spinta a fare quello
che fece dopo. Magari era troppo agitata. Magari si sentiva punta
nell’orgoglio perché lui dava per scontato di
vincere. Magari era semplicemente il sangue di Ares.
Gli aveva
mollato un pugno nello stomaco che l’aveva fatto piegare a
metà.
Poi
l’aveva fissato qualche secondo, attonita, mentre lui non
riusciva nemmeno a gridare mentre cadeva a terra al rallentatore.
Poi il tempo
aveva ripreso a scorrere normalmente.
-Cazzo Chris!
Non volevo… Ti ho fatto molto male?
Lui era per
terra e le sue spalle sussultavano. Come faceva quando stava male, e
gli incubi diventavano insopportabili. Allora Clarisse gli si era
inginocchiata accanto, maledicendo il suo carattere di merda.
E si era
accorta che si era sbagliata. Chris non stava singhiozzando. Stava
ridendo come un matto.
-E quindi ho
perso… Huevonazo… Oh beh,
l’importante è partecipare, no?
-Chris…
Lui continuava
a ridere, aveva le lacrime agli occhi, Clarisse non capiva se per il
ridere o per il male.
-Come reazione
è stata molto inconsulta in effetti, Clarisse…
-Chris…
porca puttana… come stai?
Chris era
ancora debole. Tutti quei mesi di delirio l’avevano fiaccato,
aveva perso tono muscolare, era dimagrito molto e aveva ricominciato a
mangiare regolarmente e fare allenamenti leggeri solo da pochi giorni.
E lei gli era stata accanto giorno e notte per poi prenderlo a cazzotti
quando era ancora in convalescenza; si sentiva una vera idiota.
-Mi hai fatto
un male cane, ma me lo merito… mai sfidare una figlia di
Ares!
Era stato
lì che lei, con la forza dell’abitudine, gli aveva
sollevato la maglietta e tastato il punto in cui l’aveva
colpito, per accertarsi che non ci fossero danni. Si era resa conto che
porca
puttana, ho appena sollevato la maglia a uno che mi voleva baciare solo quando
l’aveva sentito tendersi sotto il suo tocco.
-Ti sto
facendo male?
-No.
Lui le aveva
afferrato il braccio, per evitare che lei staccasse la mano dalla sua
pelle. Che era calda e liscia e… Clarisse si era di nuovo
sentita arrossire.
Chris non le
aveva lasciato il tempo di reagire. Si era puntellato sul gomito e
l’aveva baciata.
Magari Crono
gli aveva dato dei poteri, aveva pensato confusamente Clarisse,
perché il tempo faceva cose strane. Prima aveva rallentato,
adesso si era proprio bloccato. Bloccato con le labbra di Chris sulle
sue, che erano morbide e le facevano venire caldo e una specie di
smania, e comunque non sapeva cosa doveva fare ma era certa che restare
lì impalata non fosse la risposta giusta e non
sono pronta per questa guerra, ritirata strategica, tutti in trincea,
copriteci la fuga.
L’aveva
spinto via con malagrazia e poi era corsa verso la sua cabina.
Dove aveva
trovato Sherman.
Non da solo,
naturalmente.
Doveva aver
pensato che tanto a quell’ora sarebbero stati tutti in giro,
cosa che, se Chris non avesse fatto quello che aveva fatto, sarebbe
stata anche vera.
E come se
Clarisse non ne avesse avuto più che abbastanza di baci e
cose del genere, Sherman se ne stava senza maglietta a limonare
durissimo con una figlia di Athena, cercando di convincerla ad essere
molto più nuda di quanto Chirone permettesse normalmente.
La tipa si era
presa un colpo, Sherman aveva coraggiosamente tentato di prenderla da
parte e chiederle se per favore, Clarisse
vedi te lo sto chiedendo per favore poi pulisco io la cabina per una
settimana poteva levarsi dalle
palle per, diciamo, un’altra ora, ma anche
mezz’ora andava bene, se la faceva bastare. Clarisse gli
aveva risposto
che poteva attaccarsi a ‘sti gran cazzi e di levarsi lui
dalle palle, e
veloce, anche. La tipa, che evidentemente aveva preso la giusta dose di
saggezza da sua madre, si era volatilizzata. Sherman si era incazzato
tantissimo, Clarisse aveva detto, “oh,
sì!” e avevano cominciato a
picchiarsi.
Quando i primi
dei loro fratelli erano tornati in cabina, sembrava che dentro ci fosse
passato un tornado, e avevano dovuto chiamare i rinforzi per dividerli.
Aveva
sollevato Silena per il bavero e l’aveva attaccata al muro,
tra gli strilli dei fratelli di lei. Qualcuno stava dicendo
“chiamate Beckendorf!”, e qualcun altro aveva
aggiunto “Oh, sì, così la salva,
com’è romantico!”.
-Cosa cazzo mi
hai fatto ieri sera? Mi hai messo qualcosa dentro i trucchi?
-Clarisse, mi
fai male così!-, aveva boccheggiato Silena. –Non
ti ho messo niente dentro i trucchi, te lo giuro sullo Stige!
Clarisse aveva
allentato la presa, permettendo a Silena di respirare di nuovo, ma
senza mollarla. “Per me le sta facendo una scenata di
gelosia, com’è romantico!”, aveva detto
qualcuno alle loro spalle. Clarisse si era girata, aveva ringhiato e i
fratelli di Silena si erano dileguati come foglie al vento.
-Allora
è stato un piano della casa di Apollo? O di Hermes? Con chi
eri in combutta, Michael?
-Cosa…
Ma, Clarisse, ti pare che in questo momento Michael abbia voglia di
fare piani per… Per cosa poi? Si può sapere cosa
è successo?
Clarisse
l’aveva lasciata andare. –Io… non lo
so-, aveva risposto.
Silena si era
risistemata la maglietta, rassettata i capelli, poi le aveva messo un
braccio intorno alle spalle e le aveva detto –Su, ci andiamo
a prendere una bella cioccolata e mi racconti-. Aveva questa strana
idea che bastasse un quantitativo variabile a seconda del caso di
cioccolata per risolvere tutti i problemi.
Clarisse non
si ricordava bene cosa le aveva detto. Si ricordava solo delle dita di
Silena, le unghie rosse che picchiettavano la tazza di cioccolata. Le
sue, di unghie, erano un disastro: lo smalto era mezzo tirato via e
mezzo mangiato. Una specie di simbolo della serata di ieri, aveva
pensato.
-Fammi capire:
Chris si è dichiarato, prendendosi anche un pugno pur di
farlo, e tu hai pensato che io ti avessi messo qualcosa nel trucco?
Clarisse
sbuffò. –Una delle cose di tua madre. O magari
sono stati i suoi fratelli che gliel’hanno fatto fare per
scommessa. Anzi, dev’essere di sicuro così. Adesso
vado là e gli mischio le ossa a tutti, che deve venire Ade a
sistemargliele giuste!
-Oppure gli
piaci. Non l’hai nemmeno presa in considerazione, questa
ipotesi?
-Non dire
cazzate. Solo una figlia di Afrodite potrebbe pensarlo.
-Perché?
Perché non potresti piacergli, scusa?
Clarisse era
rimasta a bocca aperta, con lo sguardo della mucca che guarda passare
il treno.
-Perché…
ma che ne so io!
Silena aveva
bevuto un sorso della sua cioccolata.
-Va bene,
cerchiamo di prenderla da un altro lato… a te lui piace, no?
-No. A me non
interessano queste cazzate.
-Stai bene in
sua compagnia. Te ne sei presa cura quando stava male. Ti fa ridere,
che è importante, lo dicono anche mia madre e Jessica
Rabbit. Gli guardi le braccia, non fare quella faccia, ti ho vista
farlo. Magari… provaci, no?
Clarisse ci
aveva pensato su. Silena non le aveva detto
“fidanzati” o “andate a vedere film
d’amore tenendovi per mano” o “da oggi in
poi solo vestitini a fiori”. Magari poteva andar bene anche
provare e basta.
-Non sono
capace di baciare, comunque.
-Imparerai
subito, non ci vuole molto. Se vuoi ti insegno.
-…Se
voglio mi insegni? Cosa cazzo intendi con se voglio mi insegni?
-Madre mia,
come siete tutti fossilizzati! Nessuno dei nostri genitori e parenti
prossimi si è mai fatto scrupoli di questo genere e dovete
farveli voi nel duemila, questo è inspiegabile! Lascia
stare. Solo… cerca di rilassarti, ok? Stai tranquilla.
Lasciati guidare dalle tue sensazioni.
Clarisse
l’aveva guardata poco convinta. –L’ultima
volta che mi sono lasciata guidare dalle mie sensazioni l’ho
menato.
-Senza
menarlo, magari. È più bello se non lo meni.
Tieni l’irruenza per quando ci andrai a letto. Lì
scoprirai che andare a letto con uno è un po’come
andarci in guerra. E senti, tesoro… o te lo fai togliere o
te lo fai rimettere, quello smalto. Non ti posso vedere con delle
unghie così.
Era andata a
cercare Chris, ma aveva incrociato solo Beckendorf che le aveva chiesto
che cosa diamine pensava di fare con Silena. –Ci ho bevuto
una cioccolata, e in ogni caso non sono cazzi tuoi-, aveva risposto.
Aveva chiesto
a Cecil dove fosse, e lui le aveva risposto che a quanto gli risultava
stava cercando lei e comunque aveva intenzione di picchiarlo?
Perché in tal caso, lui aveva scommesso su “zigomo
sinistro spaccato”, poteva concentrarsi lì in
cambio di una percentuale del, diciamo, cinque per cento sulla vincita?
Poi era
passato Will e le aveva fatto presente che non ha senso salvare uno e
picchiarlo, allora cosa la salvi a fare la gente?
Poi si era
andata ad allenare perché tanto si era fatto tardi e Chris
non lo trovava e probabilmente si stavano girando intorno, e magari se
picchiava qualcun altro forse le sarebbero rimaste meno energie per
picchiare lui.
Poi Chirone
aveva detto a lei e Sherman che per quanto lo riguardava potevano
iniziare a fare i muratori, perché di sicuro non avrebbe
mandato nessuno a riparare i danni fatti nella loro cabina.
Poi Clarisse
aveva pensato di lasciar perdere tutta questa faccenda, non era
possibile che piacesse sul serio a Chris.
Poi le era
venuta in mente Silena che le diceva “e perché non
potresti?”. Non si era mai pensata come a una che potesse
piacere ai ragazzi. Neanche che potesse non piacergli, è che
proprio non gliene era mai fregato niente. E non sapeva
perché non sarebbe potuta piacere a Chris, ma nemmeno
perché invece sì, e comunque tutti quei pensieri
erano più attorcigliati del Labirinto e portavano anche loro
in luoghi pericolosi e lei si era già stancata di pensarci,
ma allo stesso tempo non riusciva a non farlo.
E poi, alla
fine, l’aveva trovata lui. L’aveva chiamata per non
prenderla di sorpresa, e le si era avvicinato con un sorriso, ma era un
sorriso strano, non quello contento che aveva di solito.
-Senti,
Clarisse, io… Mierda. Ecco, devo chiederti
scusa per ieri. Non dovevo fare… Insomma, se non volevi.
Lei aveva
incrociato le braccia. Non aveva più il trucco di Silena,
né lo smalto rosso da dea della guerra. Non era
più una notte di fuochi, erano sotto il sole e lei era
scarmigliata, sudata e forse puzzava anche.
-Non lo volevi
fare?
-Che?
Io… sì, certo che lo volevo fare.
-Non te
l’hanno detto i tuoi fratelli o roba del genere? Non era una
scommessa?
Lui
l’aveva guardata per un attimo, smarrito, poi era scoppiato a
ridere. –Ma quale persona sana di mente farebbe una scommessa
del genere? Uno che vuole morire? Guarda che mr. D mi ha curato!
Clarisse, mi piaci.- Era tornato serio, adesso. La guardava come la
sera prima, anche se era sudata e puzzava. –Sta per iniziare
una guerra, anzi, è già iniziata, e ho avuto
paura che se non te l’avessi detto, poi magari non ci sarebbe
stato più tempo per farlo. E non volevo che succedesse.
Lei ci aveva
pensato su qualche momento, poi aveva sbuffato.
-Se scopro che
mi stai prendendo per il culo, Chris, ti riporto da Crono a coriandoli
e poi ci piscio sopra-, gli aveva detto. Dopodiché
l’aveva preso per il bavero e aveva appoggiato le sue labbra
sulle sue, come aveva fatto lui la sera prima.
-Non sono
molto brava in queste cose-, gli aveva detto alla fine.
Lui aveva
stretto le mani attorno ai suoi polsi, come per non farsi lasciare.
Sorrideva un sacco. –Faremo esercizio.
-Non
è che siamo fidanzati o cose così, capito
Rodriguez? È una prova.
-Una prova,
certo. Bisogna provarle le cose, nella vita.
-E non
gireremo per il campo mano nella mano.
-Non te lo
chiederei mai, una mano ti serve per la lancia e l’altra per
il pugnale.
Clarisse aveva
ghignato.
-Niente mazzi
di fiori.
-Solo mazzi di
mostri.
-Potremmo
andare d’accordo.
E
l’aveva baciato di nuovo.
Silena portava
sempre lo smalto rosso.
Clarisse ne
aveva trovata una bottiglietta tra le sue cose, una sola, quindi forse
era davvero sempre lo stesso rosso ed era Silena a farlo sembrare
diverso, dandogli un nome nuovo ogni volta, proprio come sapeva fare
con il suo aspetto e anche con l’aspetto di Clarisse, se
voleva.
Aveva provato
a metterselo ma era riuscita solo a fare un pastrocchio, e non era
riuscita nemmeno a non piangere, lei che era figlia di Ares e i figli
di Ares non piangono. Chris si era limitato a tenerla abbracciata senza
fare commenti e Clarisse aveva pensato che aveva avuto proprio ragione
Silena a convincerla almeno a provare, con lui.
Silena portava
lo smalto rosso e riusciva a non rovinarlo e aveva sempre tutte le
risposte e sapeva qual era la cosa giusta da fare, anche a costo della
propria vita. E Clarisse a volte si chiedeva ancora perché
non sarebbe potuta piacergli, a Chris, e magari la risposta ce
l’avevano Silena e sua madre, ed era quella parola che a
Clarisse non piaceva pronunciare perché le sembrava una
stupidaggine.
Sapeva che la
loro vita avrebbe potuto essere breve. Erano semidei e lei era una
figlia del dio della guerra, tanti ne aveva visti cadere e Silena non
era neanche l’unica, anche se era quella che faceva
più male. Anche Chris lo sapeva, gliel’aveva detto
prendendosi un pugno e un bacio.
Clarisse non
poteva sapere quanto sarebbe durata.
Per quello non
si sarebbe negata nessun bacio, per nessun motivo stupido. E nemmeno
nessun pugno, naturalmente.
E forse,
magari, se un giorno avrebbe messo il rossetto rosso, (“se”), niente poteva
impedirle di pensare che l’avrebbe messo per lui.
Note: storia scritta in occasione
della PJShipWeeksITALIA, e betata a tratti
perché la mia beta in questo momento latita ma se questa
storia non la pubblico adesso finisce che non la pubblico
più. Chris/Clarisse sono la mia OTP, qualcosa dovevo buttare
giù… Poi ci si è infilata Silena, e
dato che se non shippassi Clarisse con Chris la shipperei con Silena,
mi sono partite le hint. Vabbè. C’è
anche un accenno vaghissimo a un prompt suggerito da darkrin, nello specifico quando
Silena dice “andare a letto con uno è un
po’come andarci in guerra”. Altri crediti: le
nonnine del mio paese per il “col rosso le mani
ridono” (le nonnine la sanno lunga), la
Sandra la Martina (figlia di Ares) per
il punto colore “rosso delizia dei marinai”.
Detto questo, passiamo
alle cose importanti: ma non shippate un casino Sherman con Tizia
Figlia di Athena? Io sì!
Va bene, dai, basta
cianciare. Pubblico. Tre due uno via.
Grazie a chi legge, a
chi commenta e a chi apprezza in silenzio!
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