PERSONAL SPACE: ed eccomi qui, che
spunto in questo fandom, perchè mi sono innamorata di Daredevil, di
Charlie Cox e di tutto quello che gli gira attorno... Chiedo scusa a
chi sta leggendo Trust Me nella sezione Avengers, giuro che presto
aggiornerò pure quella!
Comunque, qualche mese fa mi sono
imbarcata in una nuova avventura, principalmente a seguito di un brutto
evento che ha coinvolto me e la mia famiglia. Dovevo in qualche modo
allontanarmi da quello che stavo facendo, estraniarmi, diciamo...e
siccome non potevo partire... mi sono immersa in una fanfiction in
inglese. Ne è uscita questa cosa, che sto pubblicando con lo stesso
titolo anche in inglese su FF.net... eniente...
fatemi sapere cosa ne pensate, e
ricordatevi che non mordo se mi lasciate recensioni negative ^__^
Chapter
1: A morning like any other.
Era una mattina come tutte le altre.
Matt Murdock aprì gli occhi al suono della sveglia e, come tutti i
giorni da una ventina di anni a quella parte, il mondo prese fuoco
attorno a lui. Schiacciò il bottone bianco per zittire quel rumore
altamente fastidioso per il suo udito ultrasensibile e la consueta voce
metallica (non molto più piacevole del suono precedente, a dire il
vero) lo informò che erano le sette del mattino.
Era ora di alzarsi.
Come d’abitudine, prestò particolarmente attenzione ai propri
movimenti, pronto a ricevere le ormai solite dolorose proteste
provenienti dal proprio corpo; tuttavia, quella mattina, non provò
dolore.
La notte prima non era uscito per il suo consueto giro di pattuglia per
Hell’s Kitchen, per cui non aveva ferite fresche di cui preoccuparsi,
ma realizzò tutto questo solo qualche minuto dopo, quando il suo
cervello iniziò a svegliarsi e smise di muoversi per casa come
un’automa.
Si diresse immediatamente verso il bagno. Aveva davvero bisogno di
farsi una doccia.
Il giorno precedente era stato uno di quei giorni che non si potevano
definire semplicemente “pieni di lavoro” o “caotici” o “pazzi”. Era
stato un insieme di tutte le tre definizioni e forse qualcosa di ancora
peggiore.
Lui, Karen e Foggy non avevano avuto un solo minuto di pace.
Da quando erano riusciti a far arrestare Fisk si erano davvero fatti un
nome a Hell’s Kitchen e il numero dei loro clienti era cresciuto in
maniera esponenziale, senza contare che la vera novità era che alcuni
di essi potevano perfino permettersi di pagarli.
Per la prima volta da quando riusciva a ricordare (escludendo il
periodo in cui non si erano parlati) lui e Foggy si erano ritrovati
costretti a lavorare su casi differenti, mentre un’eccezionale Karen
cercava di aiutarli entrambi e allo stesso tempo teneva a bada i
clienti in attesa.
Il risultato di tutto questo era che si erano concessi stento una breve
pausa pranzo ed erano tornati a casa dopo mezzanotte.
Matt era rimasto in piedi per un po’ di fronte alla finestra aperta,
ascoltando le voci della città, cercando di capire se qualcuno
necessitasse del suo aiuto. Quando aveva capito che quella sarebbe
stata una nottata tranquilla, aveva tirato un sospiro di sollievo, si
era lasciato cadere sul letto e si era addormentato con addosso ancora
il suo completo da avvocato.
Arrivato a casa non si era cambiato subito perchè aveva pensato di
scivolare direttamente da una divisa a un’altra, e quando aveva deciso
di non uscire, si era semplicemente ritrovato senza le forze necessarie
a indossare pantaloni della tuta e maglietta.
Foggy. Foggy. Foggy. Foggy. Foggy...
Aveva appena messo piede in bagno quando il suo telefono cominciò a
suonare, recitando il nome del suo migliore amico con voce atona ma
allo stesso tempo insistente.
Sospirò e tornò in cucina dove l’aveva abbandonato.
Se a chiamarlo fosse stata Karen si sarebbe limitato a lasciarlo
squillare e a richiamarla una volta rimessosi al mondo, ma si trattava
di Foggy, che da quando aveva scoperto il suo segreto aveva fatto delle
chiamate mattutine una sorta di routine.
Gli telefonava solo per accertarsi che fosse rientrato a casa
abbastanza in forze da chiamare Claire per farsi ricucire.
Se non avesse risposto, il suo migliore amico si sarebbe probabilmente
precipitato a casa sua a controllare che tutto fosse ok, e Matt non
voleva che si preoccupasse inutilmente, perciò prese la chiamata nel
più breve tempo possibile.
-Ehi. Tutto ok? Ci hai messo una vita a rispondere…-
Matt non potè evitare di sorridere. Il modo in cui Foggy si preoccupava
per lui era sempre stato quasi commovente, nonostante non lo avesse mai
trattato in guanti bianchi, ma questo era stato uno dei motivi per cui
lo aveva tenuto all’oscuro della sua attività notturna.
-Sto bene- rispose - mi stavo facendo una doccia-
-Oh, scusa. Ma… stai bene? Cioè… sai…-
-Sì. Ieri sono rimasto a casa-
-Davvero?- e qui non serviva avere i suoi sensi acuti per percepire il
sollievo nella sua voce.
-Troppo stanco-
-Allora… ci vediamo in ufficio?-
-Certo. Lasciami una ciambella.-
Matt chiuse la telefonata e finalmente riuscì ha infilarsi nella doccia
calda che lo chiamava già da un po’. Cambiò il completo e, presa la sua
borsa, gli occhiali e il bastone si diresse direttamente all’unico
ufficio dell’appena nata Nelson&Murdock. Appena arrivato su
sollevato dallo scoprire che nessun cliente si era ancora presentato in
ufficio, in compenso, Karen e Foggy erano già lì e lo stavano
aspettando per colazione.
Anche questa, così come le telefonate) era una nuova abitudine nata
dalla mente del suo migliore amico nel momento in cui avevano
ricominciato a parlarsi dopo che l’identità di Daredevil gli era stata
svelata.
Tutto sommato, la nuova routine non gli dispiaceva poi troppo.
Le settimane in cui lui e Foggy non si erano parlati erano state le
peggiori dopo quelle immediatamente successive alla morte di suo padre,
perchè Foggy era più di un amico, e più di un socio in affari, anche se
solo ora se ne rendeva pienamente conto.
Quando aveva rischiato di perderlo a causa della sua seconda attività,
dapprima aveva pensato che sarebbe riuscito a cavarsela anche da solo,
come aveva sempre fatto fino al giorno in cui era entrato al college,
ma ben presto aveva iniziato a sentire la mancanza delle sue continue
chiacchiere inutili e il suo lamentarsi praticamente di qualunque cosa,
e aveva realizzato quanto la sua presenza riempisse la sua vita, anche
se, quando ci pensava, non poteva fare a meno di porsi la stessa
identica domanda che veniva loro posta ogni qualvolta i loro caratteri
opposti venivano palesati: com’era possibile che due persone così
diverse, praticamente agli antipodi, fossero diventati amici a tal
punto da voler fondare uno studio insieme?
Perchè Foggy era davvero il suo opposto.
Matt era, sostanzialmente, una persona silenziosa; non che da piccolo
fosse mai stato un chiacchierone, ma da quando i suoi sensi erano stati
modificati, aveva ancor di più iniziato a parlare solo quando lo
riteneva strettamente necessario. Era tutto così rumoroso attorno a
lui, che se poteva evitava di essere la causa diretta di altro rumore.
E, inoltre, non aveva mai amato particolarmente la compagnia, fin da
piccolo. A scuola si era sempre concentrato sui propri libri e sul
proprio studio, ignorando i giochi e le prese in giro dei suoi
coetanei; aveva promesso a suo padre che avrebbe sempre studiato sodo
per avere un futuro migliore, ma soprattutto, non c’era cosa più bella
per Matt vedere il proprio padre orgoglioso di lui. Questo valeva, di
per sè, più di qualsiasi attività ricreativa. Quando aveva perso la
vista, le cose non erano certo migliorate, anzi, era diventato più
facile per gli altri trovare una scusa per escluderlo da qualsiasi
possibilità di vita sociale, ma, di nuovo, non se ne era mai lamentato
più di tanto.
I suoi insegnanti dicevano sempre che era un adulto nel corpo di un
bambino di 8 anni, forse perchè già allora aiutava Jack Murdock a far
quadrare i conti con i soldi che guadagnava dai combattimenti, che, per
qualche ragione, erano sempre troppo pochi. Il risultato era che molto
spesso indossava vestiti di seconda mano che non erano proprio della
sua taglia e aveva sempre evitato di andare alle feste di compleanno
perchè spesso non c’erano i soldi per comprare i regali. Da quel punto
di vista, la cecità aveva reso le cose più facili: non doveva rifiutare
inviti che non riceveva.
Con la morte del padre, le cose erano anche peggiorate: i suoi sensi si
erano sviluppati all’improvviso, come se il genitore fosse stato uno
scudo che finora l’aveva nascosto al momendo e adesso, all’improvviso
fosse scomparso. L’orfanotrofio, con la sua miriade di suoni e
grida, aveva rischiato di farlo diventare pazzo. Il minimo rumore lo
sovrastava completamente, e anche quando riusciva a sgattaiolare in
chiesa o nella piccola cappella dell’istituto, non trovava pace. Si era
quindi ritrovato chiuso nella propria stanza, raggomitolato su se
stesso cercando di attutire i suoni attorno a lui.
E poi era arrivato Stick, che puntualmente l’aveva abbandonato non
appena aveva iniziato a considerarlo come un padre. Ma l’uomo non
voleva un figlio: voleva un soldato fedele, pronto a uccidere al suo
comando. Anche se all’epoca era solo un bambino, Matt non aveva ceduto
alla tentazione di una nuova figura paterna: gli insegnamenti di Jack e
la fede cristiana erano così radicati in lui che ben presto Stick aveva
capito che si trattava di una battaglia persa.
Da quel momento, si era convinto che avrebbe passato il resto della
propria vita da solo: gli anni erano passati e lui era cresciuto, ma
qualcosa in lui gli impediva di avere relazioni che durassero davvero.
Aveva perfino provato a prendere un cane guida, ma presto aveva capito
che non era cosa per lui.
Al college, per evitare l’imbarazzo di essere trattato come una bambola
di porcellana, aveva richiesto una camera singola, ma l’errore di un
computer gli aveva fatto incontrare questo tipo strano che stava
cercando di farsi ammettere al corso di punjabi solo per correre dietro
a una ragazza. Matt ci aveva messo meno di due minuti a capire che con
Foggy le cose sarebbero state diverse, e non si era sbagliato. Aveva
finalmente riscoperto il calore di una sincera amicizia, che era durata
per tutto il corso degli anni: aveva di nuovo una famiglia, e per poco
non aveva mandato tutto a puttane.
La notte dopo il loro litigio, si era sentito così in colpa per tutte
le bugie dette da star male, e quel poco che era riuscito a mangiare
non era rimasto nello suo stomaco a lungo, e i giorni successivi non
erano andati molto meglio. Andava in ufficio solo in tarda nottata,
spesso dopo il suo giro di pattuglia per Hell’s Kitchen, quando era
sicuro che Foggy non ci sarebbe stato (a volte c’era Karen, ma non era
lei il problema) e utilizzava le ore diurne per riposare.
Alla fine, se ne era fatto una ragione, e le cose sembravano andare
abbastanza bene, o almeno così si era detto. Puttanate. Quando, dopo il
funerale di Ben, l’amico l’aveva rintracciato in palestra e insieme
avevano deciso di provare a voltare pagina, di nuovo insieme, avrebbe
fatto salti mortali di gioia se solo fosse stato meno orgoglioso.
Non avevano solo deciso di continuare le loro indagini per togliere
Fisk dalla circolazione senza che lui dovesse ucciderlo, ma anche di
ricostruire da zero la loro amicizia, senza bugie questa volta.
Colazione e telefonate erano parte dell’accordo, e a Matt andava bene
così. Avrebbe accettato qualunque condizione pur di riavere la propria
famiglia.
-Sei in ritardo- il saluto di Karen era gioviale, ma con una punta di
rimprovero.
-Scusate-
-Muoviti! Abbiamo fame!- protestò Foggy, ma questa volta percepì solo
un sorriso dietro un rimprovero -Alzati prima la prossima volta!-
-Sì come no. Scommetto che ti sei già fatto fuori due o tre ciambelle
ancora prima di arrivare in ufficio-
-Non è vero!-
-Quattro?-
-Fottiti, Murdock!- Entrambi a quel punto stavano ridendo di fronte a
una divertita Karen, e Matt riuscì ad annusare nel suo alito che almeno
tre erano state mangiate: sentiva cioccolato, fragola, forse mostarda
e… ehi era il profumo di Marcy quello che gli sentiva addosso?
Sorrise prendendo la ciambella e la tazza di caffè che la segretaria
gli stava porgendo con un gentile ringraziamento. Aveva davvero bisogno
di caffeina per svegliarsi.
-Cosa abbiamo in programma per oggi?- chiese Foggy tra un boccone e
l’altro.
-Niente di particolare, ma dovete essere in tribunale alle 16 per quel
ragazzino che è stato accusato di aver scippato una donna fuori da una
banca-
Foggy annuì. Sarebbe stata una passeggiata, perchè erano riusciti a
provare facilmente che all’ora della rapina si trovava a scuola nel bel
mezzo di un test: un alibi che l'insegnante era stato ben felice di
confermare, fortunatamente.
E infatti, come previsto, il giudice aveva lasciato cadere tutte le
accuse contro Peter senza neppure arrivare al vero e proprio processo.
Era giá quasi buio quando i due soci erano tornati allo studio e non
avendo altro da fare per qual giorno, Foggy aveva deciso di mandare a
casa Karen prima del previsto.
-Quindi?- chiese Foggy prendendo Matt in contropiede.
-Quindi cosa?-
-Questa notte-
-Te l'ho detto- sospirò Matt -Sono rimasto a casa. Abbiamo stacctao a
mezzanotte ed ero così stanco che mi sono addormentato ancora ancora
con il completo addosso-
-Quale dei due?-
-Ma mi prendi in giro?-
-Non posso ascoltare il tuo battito cardiaco, io. Come faccio a sapere
se mi stai dicendo la verità?-
Sul serio? Di nuovo quella storia? Matt sospirò di nuovo. Capiva la
preoccupazione di Foggy riguardo a Daredevil. E anche che si fosse
sentito tradito, ma non riusciva prorio a digerire il fatto che
mettesse in discussione tutto quello che gli diceva.
Aveva mentito una volta, per proteggere lui e Karen, e aveva quasi
perso tutto.
Non avrebbe commesso lo stesso errore due volte.
-Perchè dovrei mentirti?-
-Perchė tieni a lui, ragazzo-
La voce proveniente dalla porta congelò Matt sul posto.
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