Miscellanea

di Triz
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Il ballo della scuola
Prompt: Modern!AU, Avere un amico gay è la gioia e il desiderio di ogni ragazza: vestiti, trucchi, uomini e la scarsa possibilità di entrare in competizione. Joan ha un amico gay inutile, si veste come fosse uscito dagli anni quaranta, i trucchi li considera volgari e di uomini non ne capisce una beata cippa. Inoltre sono sempre, sempre in competizione "Troppo cervello in una stanza" dice sua madre.

Se Alan fosse stato bravo nelle relazioni umane come lo era in matematica e in informatica, probabilmente sarebbe stato il ragazzo più popolare della scuola.
Joan Clarke si ripeteva questa perla ogni mattina quando, entrando a scuola, salutava il suo migliore amico Alan Turing davanti agli armadietti: di solito lo sorprendeva mentre alzava gli occhi dai compiti, o mentre rifletteva sulle modifiche da fare a un programma del computer. Il giorno in cui lo avrebbe visto amoreggiare insieme a un ragazzo o in cui avrebbero chiacchierato allegramente di ragazzi sarebbe stato da segnare sul calendario.
«Tu n-non capisci, Joan» le rispondeva Alan ogni volta che Joan toccava questo argomento: «Io n-non posso perdere tempo con queste sciocchezze».
Sciocchezze, così lui chiamava qualunque cosa lo distraesse dalla sua matematica e dai suoi computer: parlare di ragazzi, di vestiti, discutere su chi avrebbe accompagnato chi al ballo, avere degli amici. Joan era un'eccezione, dal momento che poteva parlare con lei di programmazione senza essere preso per pazzo e che era l'unica con cui avesse parlato della sua omosessualità, anche in questo caso senza che Joan gli desse del malato.
«Non hai risposto alla mia domanda» aveva detto Joan quel pomeriggio: erano entrambi a casa di lei ufficialmente per studiare, ma poi Alan si era fissato con un problema svolto in classe dal professor Denniston e che, a suo dire, era stato spiegato male e la sua testa non era occupata da nient'altro.
«Quale domanda?».
«Con chi andrai al ballo venerdì prossimo?» ripeté Joan sospirando per la terza volta.
«Io n-non andrò al ballo, Joan».
«Non ci andrai? Ma Alan, questo è il nostro ultimo anno di liceo!» protestò Joan: «Trovo semplicemente assurdo che tu sia l'unico del nostro anno a non essere al ballo!».
«Sono cose che n-non m-mi interessano, lo sai».
Joan sbuffò e tamburellò con le dita sulla scrivania, mentre Alan si concentrava di nuovo sul problema: all'improvviso, il volto della ragazza si illuminò.
«Alan, ho avuto un'idea».
«Ottimo, perché in questo problema c'è un punto che non è particolarmente chiaro».
«Non parlavo del problema» disse Joan ridacchiando e Alan alzò un sopracciglio: «Perché non andiamo insieme, io e te?».
«Dove?».
«Al ballo della scuola».
«Joan, ti ho già detto che...».
«Ma insomma, Alan» lo interruppe Joan esasperata: «So che non ti interessa, ma si tratta solo di una serata. Che cosa ti costa?».
Alan tacque: andare al ballo della scuola? In mezzo a tutte quelle persone che non apprezzava? E ballare davanti a tutti? No, assolutamente no.
«Fallo per me» aggiunse la ragazza, arrivando a mettersi a mani giunte davanti a lui.
Ma forse, per Joan, Alan avrebbe fatto un'eccezione.

 
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