Parole che feriscono la mente, l’animo e il cuore.
Il cuore di un tenero infante. Un’anima innocente che non ha
colpa di ciò che è accaduto.
Ora è fermo lì, davanti ad una lapide fredda, l’ultima dimora
di colei che è perita per lui.
Per un ibrido.
Un mostro.
Ancora sente nelle sue orecchie le urla disperate di lei, gli
insulti di quella gente.
Quegli esseri che lo volevano morto.
Guarda con occhi spenti quella fredda pietra, nessuno di loro è
venuto a deporre un fiore per lei, solo l’anziana balia.
Due piccoli gigli colti di nascosto nel giardino del
castello.
Lui ora li osserva marcire lentamente, mentre stringe tra le
mani una rosa selvatica di colore rosso.
Rosso come il sangue versato per lui.
Rosso come la veste che l’ha protetto dal fuoco.
Continua a guardare, mentre la sua mente ritorna a ritroso ai
momenti brevi di felicità.
Madre.
Sussurra, mentre stringe tra le mani paffute la rosa.
Le piccole spine trafiggono la tenera carne, gocce di liquido
scarlatto cadano al suolo.
Lacrime di dolore.
Sente gli occhi bruciare.
Non devo piangere l’ho promesso.
Chiude gli occhi, così le lacrime non usciranno. Non
cadranno.
Lui è forte, lo sa.
Il labbro inferiore trema, lo stringe forte. Sente in bocca il
sapore del suo sangue. I piccoli e affilati canini l’hanno rotto.
Sono forte non piangerò.
Non piange, non deve mostrarsi debole. Lui è forte.
Lui è il figlio di un essere Superiore.
Anche il cielo è triste, lentamente lascia cadere sulla terra
la sua delicata neve che, ricopre con il suo candore l’orrore degli uomini.
Il loro odio hanno ucciso un angelo.
Una madre che, voleva solo proteggere il frutto del suo
amore.
Il tempo passa e lenta la neve lo ricopre. Accarezza con la sua
mano fredda le piccole gote, leggermente arrossate dal freddo.
È solo, nessuno lo vuole.
Nessuno lo ama, solo lei che ora è perita.
Stringe sempre di più la rosa, mentre sente crescere in lui la
rabbia. Sa di essere lui il colpevole.
È colpa mia se siete morta.
S’incolpa.
È solo colpa mia.
Sussurra, mentre abbassa il viso a terra.
Patetico.
Una voce lo fa sobbalzare. Di chi è?
Apre gli occhi, alza il viso e lo volta verso la fonte di quel
suono.
Una persona. Un ragazzo lo osserva. Occhi d’orati come i suoi
lo scrutano, ma in essi non avverte calore. Non sono di questo mondo.
Chi siete?
Domanda, mentre lo vede avvicinarsi lentamente a lui.
Chi sono?
Il piccolo annuisce, vuole sapere il nome di colui che ora ha
davanti.
Per uno strano segno del destino nelle nostre vene scorre lo
stesso sangue.
Il sangue di un essere Supremo.
Il piccolo lo guarda stupito, e dice.
Siete un mio parente?
Il ragazzo lo guarda e con una smorfia di disgusto e
afferma.
Siamo fratelli.
Il piccolo sgrana gli occhi, non può credere alle sue orecchie,
allora non è solo a questo mondo. Ha un fratello.
Sorride debolmente e lo guarda con curiosità. La curiosità di
un bimbo felice.
Stessi occhi, stesso colore dei capelli.
Sei mio fratello, allora non sono più solo, vero?
Domanda speranzoso, crede che sia venuto a portarlo con sé.
Lentamente si avvicina di più a lui, sente il suo odore ben
diverso da quello umano.
Una domanda balena sulle sue piccole labbra.
Sei un’Youkai?
Quel ragazzo assottiglia lo sguardo, quello scricciolo gli da
la nausea, come l’errore di suo Padre.
Lo guarda con odio, con disprezzo.
Non risponde alla domanda del piccolo che, attende speranzoso
una risposta.
Hai conosciuto nostro Padre?
Continua a chiedere, ma non sa che questa domanda lo
irrita.
Come osi, essere inutile chiedermi una cosa del genere?
Gli dice freddo e pieno di disgusto. Lo alza la mano destra e
veloce lo fa sbattere contro un albero, degna punizione per un errore.
Il piccolo si rialza a stento, una tremenda fitta alla schiena
lo fa tossire, intanto si domanda il perché lui lo tratti a quel modo.
Intanto la piccola rosa e a terra di fronte allo Youkai che la
guarda, alza il piede sinistro e la pesta.
Il piccolo sgrana gli occhi dall’orrore, perché tanto odio.
Perché?
Intanto sente crescere in lui la rabbia. Si rialza a stento.
Ringhia come quel giorno, come quel terribile dì.
L’Youkai lo guarda, sorride malefico.
Che cosa vuoi fare? Vuoi combattere Hanyou?
Gli domanda, mentre osserva quello scricciolo reggersi a stento
sulle sue gambe.
Se vuoi questo, ti accontento.
Con un gesto fulmineo lo afferra per il collo e lo alza da
terra. Lo osserva, mentre lo vede soffocare e dimenarsi.
È uno spettacolo meraviglioso, ora può rimediare al terribile
errore di suo Padre.
Porrà fine al disonore. Lo farà con le sue mani.
Intanto preme sempre di più, sa che le vertebre di un fanciullo
sono molto fragili.
Sorride, ma d’un tratto il piccolo con i suoi artigli gli
ferisce la mano che allenta la presa e lo fa cadere a terra.
L’Youkai osserva la sua mano diafana percorsa dai graffi
inferti da quell’essere ibrido che, ora a terra a tossire.
Come hai osato.
Sibila irato. Il piccolo alza il viso e accenna un
sorriso.
Ben ti sta. È ciò che ti meriti…fratello…
L’Youkai lo guarda con disgusto, come osa beffeggiarlo? Un
altro colpo e il piccolo Hanyou sbatte contro un altro albero.
Un nuovo colpo, ma più forte. È troppo forte per lui, ma sa che
deve difendersi se vuole vivere.
Intanto una risata beffarda si alza. Suo fratello lo deride. Il
piccolo si rialza, mentre asciuga il sangue che gli cola dal labbro
rotto.
Basta.
Sibila. È pronto a battersi, vuole dargli una lezione.
Scatta verso di lui con i suoi piccoli artigli capaci di
dilaniare le carni.
Vuole fargli pagare tutto. L’Youkai lo guarda senza accennare
un passo, sa che il piccolo è inesperto, di fatti, si scansa e lo vede fendere
l’aria con i suoi artigli.
Che fai? Non vedi che sono qui?
Lo deride, mentre il piccolo si volta furioso.
Di nuovo si lancia all’attacco ma suo fratello lo scansa di
nuovo. Di nuovo ripete la stessa cosa, ma lui lo scansa di nuovo. Di nuovo e di
nuovo.
Fino a ché il piccolo si ferma, è stanco. Respira a fatica,
invece il suo assalitore lo guarda sorridendo maleficamente.
Sei una vera delusione. Non sei degno di essere suo figlio.
Non sei degno di vivere.
Gli dice con disprezzo.
Il piccolo lo guarda con odio e si lancia di nuovo contro di
lui, ma questa volta il colpo va a segno. Riesce a strappare un lembo della
manica dell’Youkai che la guarda a terra con stupore.
Intanto l’Hanyou si sente fiero, intanto sente crescere in lui
una forza che non sapeva di avere.
Sorride fiero e gli dice.
Come ben vedi sto migliorando. Preparati il prossimo colpo ti
spedirà nel posto da dove sei venuto.
Il ragazzo non si scompone, non ha timore di quell’infantile
minaccia.
Sono curioso di vedere se riuscirai nel tuo intento.
Il piccolo non se lo fa ripetere e di nuovo si lancia, ma
questa volta l’Youkai non è impreparato. Con grazia lo fa sbattere contro una
roccia.
Così impari insolente.
Il piccolo non riesce ad alzarsi, il dolore è forte.
Intanto l’Youkai lo osserva, ma d’un tratto la sua attenzione è
rivolta verso la lapide di quella donna. Di quella fanciulla che ha fatto cadere
un essere Potente.
Rabbia e frustrazione crescono in lui. Alza la mano destra che
si illumina, dai suoi artigli una lingua verde fende l’aria e la lapide.
Distrutta. In frantumi.
Il piccolo la guarda con orrore dissolversi.
Ma…ma…Madre…
Sussurra.
Perché l’hai fatto?
Urla in preda all’ira che veloce cresce in lui.
L’Youkai volta il capo verso l’Hanyou che si rialza.
Perché è la causa della Sua Morte.
Ma non temere presto anche tu la raggiungerai.
Il piccolo ringhia furioso.
Me la pagherai, lo giuro.
L’Youkai si mette a ridere, quella minaccia è davvero buffa
come quel piccolo scricciolo. Ma d’un tratto è costretto a ricredersi, il
piccolo riesce a ferirlo alla spalla sinistra. Una fitta. Tocca la ferita e
osserva la sua mano, è sporca di sangue. Del suo sangue.
Sgrana gli occhi è la prima volta che qualcuno lo ferisce.
Alza lo sguardo e osserva il piccolo che intanto sorride
beffardo.
Digrigna i denti, punirà quell’insolente. Fa scricchiolare gli
artigli e con rapidità lo colpisce allo stomaco. Lingue scarlatte colorano la
neve, il piccolo cade a terra. È ferito gravemente.
L’Youkai è troppo forte.
D’un tratto le lacrime scendono veloci. Lacrime amare.
Madre perdonatemi, ho fallito di nuovo.
Dice fievolmente, mentre il suo assalitore si avvicina pronto a
infliggergli il colpo di grazia.
Muori.
Alza la mano, ma qualcosa lo ferma. Un battito al fianco
sinistro lo fa bloccare.
Piega il capo e guarda il suo fianco, la sua spada vibra.
Piange. Lo supplica.
Tenseiga, perché mi chiedi questo?
Pensa, mentre lei continua a vibrare. La spada lo supplica di
non ucciderlo.
L’Youkai abbassa la mano e scocciato si allontana.
Rinuncia.
Il piccolo lo osserva allontanarsi e con le ultime risorse gli
pone una domanda, facendolo fermare.
Perché mi hai risparmiato la vita?
L’Youkai volta il capo e lo guarda, non gli risponde. Il piccolo continua a
parlare.
Perché non rispondi? L’hai fatto per pietà?
L’Youkai assottiglia lo sguardo.
Pietà?
Sussurra beffardo. Ma la pietà non è sua, ma della spada legata
al suo fianco che l’ha implorato di risparmiarlo.
Perché l’hai fatto? Perché non continui la tua opera?
Domande, solo domande che non avranno una degna risposta.
L’Youkai volta il capo e riprende a camminare, quando il
piccolo gli chiede un’ultima cosa.
Il tuo nome. Dimmi qual è?
L’Youkai, prima di sparire nel verde del bosco, dice.
Sesshoumaru.
Il piccolo sorride amaramente, mentre ripete quel nome. Il nome
del suo unico parente.
Chiude gli occhi e cade in un sonno senza sogni, consapevole
che un giorno avrebbe avuto la sua rivincita.
Fine
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