SAVE
HIM FROM HIMSELF
Correva.
Correva: il suo corpo
longilineo e slanciato sferzava l’aria con rapidità. I suoi arti, muniti di
micidiali artigli scintillanti e affilati, la tagliavano facilmente ad ogni passo, la
squarciavano con violenza ed eleganza . Falciavano l’erba con incredibile
precisione sollevando piccole zolle di terreno umido ad ogni tocco. Vincevano
l’attrito e slanciavano in avanti il resto della figura con una velocità tale
da ignorare ogni legge della fisica a riguardo.
La schiena si arcuava sinuosamente ad ogni balzo. Le code
frustavano prepotentemente, incendiavano l’atmosfera . Il manto, dalla punta
del muso a quella delle code, fulvo, lucido, folto e incredibilmente morbido e
liscio, svettava brutalmente sul verde dell’erba.
Lanciò un lungo ruggito, la bestia.
Un grido che lacerò il silenzio, un lamento che impose la
sua presenza a chi ancora non l’avesse notata.
Improvvisamente un ostacolo.
Fermò bruscamente la sua corsa; gli artigli affondarono nel
terreno , lasciando lunghi e profondi solchi sul manto brullo, e il suo corpo si trascinò in avanti
parecchi metri a causa della dura frenata.
Con le zampe ancora flesse dall’azione precedente, scattò di
lato, non prima di essersi assicurata che gli shinobi davanti a sé che l’avevano
costretta a quella deviazione, udissero e rabbrividissero terrorizzati davanti
alle sue lunghe zanne snudate per l’emissione del ringhio bieco che uscì dalla
sua gola.
I ninja, storditi ed intimiditi da esso, ci misero qualche
istante per riprendere il loro inseguimento. Il tempo necessario alla belva per
distanziarli quando bastava per far perdere loro le proprie tracce.
Soddisfatto, il mostro si lanciò nella foresta, aumentando
il passo e distanziandosi ulteriormente dagli AMBU della foglia.
Ghignò, o almeno, l’incresparsi maligno del suo muso diede
quest’impressione.
Lo sentiva, era vicino ormai. E più avanzava e più poteva
sentirlo: il suo odore, nonostante tutto il tempo che li aveva visti separati,
non era cambiato.
Ringhiò e, con uno scatto, eccellerò ulteriormente la sua
corsa.
Gli alberi cadevano al suo passaggio, distrutti dalla sua
foga o dal suo chakra incandescente. Gli animali fuggivano, terrorizzati. Tutto
intorno a lui bruciava e si consumava.
Quando fu ormai in prossimità del suo obbiettivo riuscì ad
intravederlo, poco più in là, tra gli arbusti. Ghignò nuovamente, pronto
all’attacco.
Questa volta non gli sarebbe sfuggito. Non l’avrebbe
permesso. Questa volta, quel piccolo moccioso irriverente e borioso sarebbe
stato suo e, finalmente, avrebbe smesso di tormentarlo. Lui e quell’idiota che ancora
teneva tanto al giovane. Non ci sarebbe voluto molto ad eliminarlo, lo sapeva.
Non vedeva l’ora di godersi il rumore delle sue ossa mentre
si disintegravano sotto i suoi artigli e il sapore delle sue carni e del suo
sangue tra le zanne.
E finalmente la tortura sarebbe finita, ed il moccioso
avrebbe smesso di seccarlo con tutti i suoi lamenti da patetico ragazzino
infelice.
Forte di questa convinzione e senza indugiare oltre, quando
ormai vi fu pressoché vicino, con un unico balzo si lanciò su di lui.
Soddisfatto, abbassò il muso per azzannarlo, ma quando
s’accorse che tutto ciò che stringeva fra le fauci non era altro che terra e
qualche frutice, s’infuriò parecchio.
Ringhiò frustrato e rialzò il muso, guardandosi attorno,
guardingo.
Poco più in là, lui
lo fissava a sua volta. Ed anche se il suo volto pareva inespressivo, un guizzo
del sopracciglio destro gli fece ben intendere quanto in realtà fosse sorpreso.
Lo studiò con celata curiosità, non riconoscendo in lui
nessuno che dovesse ipoteticamente rientrare nella sua memoria.
Assottigliò le palpebre e si concentrò ulteriormente. Studiò
l’intera sua figura: la sua presenza minacciosa, gli occhi vermigli, le zampe
lunghe e il corpo ben proporzionato e animalesco. Il pelo lucido e infuocato, e
le lunghe code ondeggianti. Nove, contò.
Nove?!
-Naruto?! – . Lo
stupore si delineò sul suo bel viso.
Sì, ormai era chiaro: quello, per quanto assurdo, era
Naruto.
Ovvio, chi altri poteva essere, sotto le sembianze del
temibile demone volpe a nove code che più di vent’anni prima aveva terrorizzato
e devastato Konoha e i suoi abitanti, se non la sua forza portante?
Mentre questi pensieri
si facevano spazio nella sua mente, il demone o Naruto, chiunque egli
fosse in quel momento, lo attacco.
Perché poi? Si
domandò, mentre schivava faticosamente i suoi artigli.
E soprattutto, come era riuscito a trovarlo?
Era andato ad allenarsi in quel posto dimenticato da tutti
proprio per non essere disturbato e ora si ritrovava attaccato da quell’essere
terribile.
-Fermati, Uchiha!
– sbottò perentoria, una cavernosa voce seccata.
Sussultò, non aspettandoselo e quell’attimo di distrazione
giocò in favore della volpe che con abile mossa lo colpì duramente.
Il moro cadde pesantemente a terra con un gemito di dolore.
Il segno evidente dell’artigliata gli segnava il petto glabro.
-Finalmente! Ed ora lasciati uccidere senza tante storie,
moccioso! – rotolò di lato, evitando per un soffio l’ennesima zampata. Kyuubi
ringhiò seccata.
-Ora mi hai stancato! –. Ma ancora un altro colpo andò a
vuoto.
- No, sei tu ad avermi stancato, Naruto! – sbottò allora
l’Uchiha – Sono stanco di doverti ripetere continuamente di lasciami in pace,
testa quadra! Ora mi hai stufato! - . Si aspettava di tutto, ma non il ghigno
inquietante in cui si incurvò il muso dell’altro.
- Io non sono il moccioso, Sasuke Uchiha! Lui ora è
momentaneamente…”a riposo”, diciamo!
Ho dovuto faticare parecchio, per mandarcelo, ma ero davvero stufo di lui e
della sua ossessione per te. – spiegò la
volpe, e Sasuke si sentì vagamente inquieto.
- Insomma, la sua ossessione per te, il suo migliore amico…suo fratello, cominciava a seccarmi
seriamente! Quindi ho deciso di eliminare il problema alla radice: togliere di
mezzo te, moccioso Uchiha! Come si dice: ”via il dente, via il dolore”, ne? – una
risata bassa e gorgogliante gli uscì dalla gola e aumentò il disagio del moro.
In effetti, Kyuubi a piede libero poteva essere un problema.
Aveva già avuto modo di sperimentare direttamente una minima
parte del suo potere e la cosa non era stata affatto piacevole. Ora che Naruto
non aveva più nessuno controllo sul demone, la situazione poteva risultare
lievemente più complicata.
Stabilì, con una certa urgenza, che l’unica possibilità di
salvezza sarebbe dipesa dall’utilizzo
dello Sharingan. Immediatamente, i suoi occhi assunsero le peculiari tonalità
purpuree e, giusto qualche istante prima che Kyuubi lo azzannasse, li puntò in
quelli della bestia.
Immediatamente fu buio.
Quando riprese coscienza di sé, ciò che si ritrovò intorno
lo sorprese.
Gettò una rapida occhiata tutt’intorno e poté constatare che
il suo primo pensiero era corretto: si trovava a Konoha.
Apparentemente, non vi era nessuno ma lo reputò del tutto
normale, dato che a giudicare da quanto poteva
vedere, doveva essere notte fonda.
Non capiva per quale motivo si trovasse proprio lì ma,
conoscendo Naruto, probabilmente sarebbero stati pochi altri i posti in cui
sarebbe potuto finire, considerando che quell’illusione coinvolgeva proprio il
biondo ninja e che per lui il Villaggio della Foglia era uno dei luoghi più
preziosi che esistessero.
Visto però che nulla accadeva, decise di spostarsi.
Muovendosi nel villaggio, notò che quella doveva essere la
Konoha di un passato non troppo recente, indi per cui, non si stupì più di
tanto quando, appena oltre il limitare della foresta, vi trovò Naruto bambino.
Quello che invece lo sorprese, fu il trovarlo intento a fare
il bagno in una piccola radura, all’intero di quella che poteva essere definita
poco più di una pozzanghera e, per di più, a quell’ora di notte.
Inarcò un sopracciglio moro e gli si avvicinò lentamente,
senza fretta.
Ancora non sapeva che avrebbe dovuto fare.
Quando il più piccolo si accorse di lui, sussultò e lo
guardò con un’aria strana. A Sasuke parve che fosse spaventato.
Strano, da che lo conosceva, non aveva mai visto il biondo
aver paura di qualunque cosa.
-Mi dispiace… - borbottò improvvisamente il bimbo,
continuando a fissarlo intimorito – no-non volevo…cioè…pensavo che dormissero
tutti e-e …insomma…qui…qui non viene mai nessuno…! – sembrava che stesse
tentando di giustificarsi per un motivo che gli era del tutto sconosciuto.
Ricambiò il suo sguardo con uno indifferente, ma uno
scintillio di curiosità si poteva scorgere nei suoi occhi scuri.
-Che ti prende, testa quadra? Di che parli? – domandò asettico.
Il biondo incassò la testa fra le spalle e si morse il
labbro inferiore. Era evidente che si stesse trattenendo dall’insultarlo. Lo
conosceva fin troppo bene, quell’idiota. Ci avrebbe scommesso, adesso sarebbe
scattato come una molla e l’avrebbe riempito d’insulti per avergli dato della
“testa quadra”.
Il più piccolo strinse i pugni ed abbassò il capo, in
evidente conflitto, infine parlò:
-Io…lo so che non devo farmi vedere in giro! So che avrei
dovuto venire a fare il bagno quando non c’era nessuno. Mi dispiace! Ma per
favore, non picchiarmi! Non lo faccio più! - .
A quelle parole, il moro spalancò gli occhi, sorpreso: si
sarebbe aspettato di tutto, tranne che delle scuse e quella preghiera . Naruto
non era il tipo che implorava pietà. Non lo era mai stato e, ci poteva
scommettere la testa, non l’avrebbe mai fatto nemmeno sotto tortura.
-Non ho alcuna intenzione di picchiarti. -. Il bambino
ricambiò il suo sguardo dubbioso con uno sorpreso. Cominciò a tremare e un paio
di lacrime sgorgarono dai suoi occhi azzurri, poi, come se non fosse successo
nulla, sul suo viso si aprì un sorriso largo ed abbagliante, così caldo quasi
da stupirlo. Naruto era solito sorridere così, ma era uno spettacolo a cui non
era più abituato e a cui, ogni volta, assisteva con stupore.
- Grazie, nii-chan! – gridò entusiasta – prometto che non lo
farò più! – Sasuke si ritrovò ancora più confuso.
- Fare cosa? Di che stai parlando? -.
Diamine, sul serio; per una volta in vita sua che il biondo
non ne combinava una delle sue, per cosa si stava esattamente scusando?
Naruto ricambiò il suo sguardo perplesso e lo fissò a lungo.
-Tu non sei del nostro villaggio, vero? Non porti il copri
fronte! Però mi sembri un ninja! – il moro si ritrovò a sogghignare quasi con
amarezza.
- Sono di questo villaggio, ma non vi metto più piede da
molto tempo…- borbottò. Perché stava dando spiegazioni ad un bambino, poi?!
Naruto, per giunta! Ed era anche un’illusione!
Naruto parve cogliere il suo turbamento e, nonostante la sua
curiosità, preferì non indagare, perciò tacque.
-Non mi hai ancora risposto. – fece notare l’Uchiha, ad un certo
punto, inaspettatamente interessato.
In quel momento, il viso del bambino si rabbuiò. Prima di
rispondergli, si sciacquò, uscì dall’acqua e dopo essersi asciugato a dovere si
rivestì. Infine, si sedette accanto al moro che nel frattempo si era accomodato
ai piedi di una pianta, in attesa che il ragazzino concludesse il tutto, sicuro
che alla fine avrebbe parlato. Perché era Naruto e perché lo conosceva bene.
-Nii-chan, sei proprio strano…- esordì così. Sasuke avrebbe
voluto dirgli che era lui quello strano,
ma preferì non interromperlo – ma mi piaci! -.
- Tutti quanti mi stanno alla larga, mi cacciano via e mi
trattano male. Tu no. – aggiunse, come
per giustificarsi.
- Non capisco perché…però non c’è nessuno che mi vuole bene.
Non ho nemmeno una mamma o un papà…- si bloccò, meditabondo, poi si voltò a
fissarlo negli occhi. Fino ad allora aveva guardato solo tristemente davanti a
sé – Tu lo sai il perché, nii-chan? – . Sapeva già, probabilmente, quale sarebbe stata la sua risposta ma aveva
voluto tentare. Se non avesse provato, non avrebbe mai saputo.
Sasuke, però, negò:
-Non ne ho idea. – fu la laconica risposta del moro. Naruto
assentì con il capo e proseguì così:
- Mhm…beh…comunque…dicevo: a casa mia si è rotto un tubo del bagno e non
ho i soldi per le riparazioni e al bagno pubblico mi hanno cacciato via. Sono
venuto qui a quest’ora di notte perché
non c’è nessuno di solito…- . Quel “di solito” gli fece intuire che si stava
riferendo a lui come ad un eccezione.
Ci fu qualche minuto di pausa, poi il bimbo riprese:
- Non so perché…ma tutti mi odiano! Non capisco…io non ho
fatto nulla! – si sfogò. Sasuke sospirò. Pensava che Naruto avesse sempre
saputo della volpe al suo interno, ma evidentemente non era così. Gli rivolse
uno sguardo di biasimo e sputò una risposta seccata:
- Se in questo stupido villaggio non ti vuole nessuno,
tu sei il più stupido di tutti a rimanere. Se avessi appena una briciola di
rispetto di te stesso, te ne saresti già andato...ma forse sei solo un codardo!
-.
A quelle parole, il biondo gli lanciò
un’occhiataccia. A dispetto di quanto credé il più grande, non fu per averlo
insultato.
-Non è vero! Non sono un codardo! Sarei un codardo
se me ne andassi, invece! Vorrebbe dire arrendersi e io non mi arrendo mai! Un
giorno diventerò Hokage, invece! Così tutti dovranno riconoscere la mia forza e
vedranno quanto valgo! Alla fine mi rispetteranno! - . Oh…sì, aveva dimenticato
la sua ambizione.
Si diede mentalmente dello stupido per essersene
scordato. Era passato però, diverso tempo dall’ultima volta che aveva visto
Naruto, perciò non se ne stupì più di tanto e cercò di non badare a quella
spinosa punta di rammarico che gli torturava l’animo.
- Tsk, fai un po’ come vuoi, dobe… - gli rispose
con tono indifferente, quasi annoiato.
Dentro di sé, però, Sasuke ebbe come l’impressione
che quello suonasse come un rimprovero.
Insomma, lui stesso era fuggito da Konoha in cerca
di una via facile per raggiungere il potere e…si interruppe, scacciando
immediatamente quel pensiero. Il rimorso non era qualcosa con cui voleva avere
a che fare.
Abbassò lo sguardo sul piccolo e si accorse solo in quel
momento di quel che indossava: una semplice maglia a maniche corte (troppo
grande per lui) e un paio di pantaloncini scuri. Sembrava che quei vestiti
fossero molto vecchi e usurati dal tempo, forse usati. Inoltre, fra le mani
stringeva una piccola pallina di gomma, di quelle che rimbalzano, e sembrava
anch’essa piuttosto consunta.
Il bambino gli gettò un’occhiata dubbiosa e, dopo aver
seguito il suo sguardo, si accorse dov’era concentrata la sua attenzione.
-È un giocattolo. – spiegò, come se fosse possibile che
l’altro non lo sapesse – è divertente...ma è l’unico che ho e dopo un po’ ci si
stufa…ma non voglio buttarlo. – era chiaro che non lo gettava per via del fatto
che non poteva permettersi altro ma ovviamente, orgoglioso com’era, non
l’avrebbe mai ammesso.
Sasuke sospirò e, senza dire una parola, frugò in una delle
tasche interne del suo abito. Poco dopo ne tirò fuori uno yo-yo, piccolo ed evidentemente
artigianale, ma ben fatto e mantenuto egregiamente. Lo fissò combattuto per
qualche istante: era uno degli unici ricordi positivi di suo padre, prima della
strage.
Lo strinse convulsamente fra le dita, dopodiché lo lasciò
scivolare nelle mani del più piccolo.
-Me l’aveva regalato mio padre. Trattalo bene. – lo avvisò
tagliente.
Era l’unica cosa che gli fosse rimasta del suo passato e
l’unico legame materiale con la sua famiglia. Non sapeva neppure lui per quale
motivo lo stesse dando a Naruto. Ovviamente non lo avrebbe mai ammesso o,
probabilmente non ne era consapevole neppure lui, se non a livello inconscio,
ma il biondo rappresentava per lui ben più dell’unica cosa che avesse mai
contato nella sua breve vita, ossia il legame e il ricordo della sua famiglia.
In realtà, quell’idiota del suo migliore amico non aveva fatto altro che
salvarlo dall’oblio che esso comportava e nel quale lui stesso era sprofondato.
Naruto lo guardò sorpreso; da che aveva potuto vedere, quel
ragazzo non doveva essere esattamente un tipo espansivo e generoso e sembrava
anche che quell’oggetto fosse molto importante per lui.
-Perché…? – il moro lo bloccò immediatamente, prima che gli
ponesse quell’inutile e prevedibile domanda.
- Perché sono uno sciocco. E perché lo sono così tanto da
darti qualcosa a cui aggrapparti, un’ulteriore inutile speranza, di poter
ricucire un legame spezzato, cosicché tu possa un giorno tormentarmi con
maggiore insistenza…- sbuffò piatto.
“Forse non sarebbe
stato così male, se fosse stato davvero così…” aggiunse dentro di sé, ma
mai quelle parole sarebbero uscite dalla sua bocca.
E mentre il paesaggio cambiava, la realtà si distorceva e il
Naruto bambino più confuso che avesse mai visto svanisse assieme a quella
realtà illusoria, un unico pensiero gli sfiorò la mente:
“Diamine, ora sono in
debito con quell’usuratonkachi…!”
Nel momento in cui riaprì nuovamente gli occhi, si accorse
che quello che lo circondava era cambiato ma non era la realtà a cui avrebbe
dovuto far ritorno.
Aveva già visto quel luogo: umido e buio, fiocamente
illuminato delle sporadiche torce appese alle pareti altissime. Di fronte a sé,
solo un’alta gabbia dalle sbarre enormi, un tempo bloccate da un potente
sigillo.
Quella era la prigione di Kyuubi, all’interno di Naruto.
Senza sapere precisamente che fare, Sasuke avanzò fino ad
arrivare ad un soffio dalle barre di metallo e scrutò attentamente all’interno
di quell’enorme cella.
Quello che vide, lo turbò più di quanto si aspettasse.
Naruto era lì, il vero
Naruto – quello cresciuto e ventenne
della realtà -, nudo come un verme, sospeso a mezz’aria, legato mani e piedi da
una spessa catena d’acciaio di cui però non vedeva la fine per via
dell’inesistenza apparente di quelli che,
presumibilmente, dovevano essere soffitto e pavimento.
Il suo corpo era
cosparso sporadicamente da ferite di vario genere, più o meno gravi, che
continuavano a sanguinare ininterrottamente
-seppur non troppo copiosamente-, formando una chiazza piuttosto estesa
sulla superficie indefinibile ai suoi piedi.
Aveva il capo chino e non dava segno di essersi accorto di
lui; forse era svenuto.
-Così sei qui, testa quadra. – non appena quelle parole
uscirono dalla sua bocca, il biondo davanti a lui tirò su la testa di scatto.
Lo fissò per qualche istante, evidentemente sofferente, poi riabbassò il capo.
- Lasciami in pace…! Sono stufo di averti davanti ai miei
occhi sempre e comunque, sparisci! – sbottò, con voce bassa e ringhiante. Sasuke
ghignò malevolo.
- Sono anni che mi perseguiti con la tua presenza e il tuo
volermi continuamente ed ostinatamente riportare indietro e ora sono io a
doverti lasciare in pace? Non se ne parla, dobe. – risposte – tanto più che con
la tua idiozia hai lasciato a piede libero quell’immonda bestia che ti porti
dentro e ora sta cercando di uccidermi…e comincia ad essere piuttosto seccante.
- .
Il biondo rialzò di nuovo il capo, questa volta più
lentamente, e lo guardò scettico.
-Vorresti dire che non sei un’altra di quelle stupide
illusioni? – gli domandò. Sasuke lo fissò a sua volta, evidentemente irritato.
- No, idiota. Non sono un’illusione. O almeno…non una
generata dal tuo cervello bacato. Ho usato lo sharingan ed eccomi qui! –
allargò le braccia, in gesto quasi derisorio.
Il jinchuuriki lo studiò per qualche
istante ancora e risposte:
-Beh, allora…che diavolo vuoi da me? – . l’altro gli lanciò
un’occhiataccia, a metà fra il biasimo e l’irritazione, poi sputò velenoso:
- Cosa voglio? Voglio che tu muovi il tuo culo e mi levi
dalle scatole quella scocciatura che sta cercando di farmi fuori! -. Questa fu
la volta del biondo, di ghignare.
- Cos’è, il grande Sasuke Uchiha ha bisogno dell’aiuto
dell’insignificante Naruto Uzumaki per liberarsi di una semplice “scocciatura”? – lo canzonò acido. Il moro lo guardò truce,
poi il suo sguardo si trasformò in uno indifferente.
- No, piuttosto mi
pare evidente che sia tu, pezzo d’idiota, ad aver bisogno del mio aiuto per
ricacciare indietro quella bestiaccia. – sibilò aspro. L’altro ringhiò.
- Cosa te lo fa pensare, bastardo? Sono benissimo in grado
da solo di mettere sotto Kyuubi, senza alcun bisogno del tuo aiuto! –
- A me non sembra. Mi pare, piuttosto, che tu sia in
difficoltà e ti sia arreso come un vigliacco! – ripensò al Naruto bambino
incontrato poco prima e proseguì – Una volta non l’avresti fatto. Eri talmente
stupido che non ti saresti arreso nemmeno quando era evidente che non ci fosse
nient’altro da fare, e ora ti arrendi quando la situazione è completamente
nelle tue mani e sei il solo che possa fare qualcosa. Sei proprio il dobe che
ricordavo. – lo canzonò serio. Naruto grugnì infastidito ma non parlò.
Deciso a non mollare, Sasuke proseguì imperterrito.
-Non rispondi? Allora ho ragione! Tsk, dobe! L’ho sempre
detto che eri inferiore a me e che lo saresti sempre stato. - .
A quel punto, il biondo, impulsivo come sempre, decise che
era abbastanza e che l’altro aveva raggiunto il limite umanamente consentito.
-Adesso basta, Teme! Mi hai stancato! – si dimenò agitato,
cercando di liberarsi dalle catene che lo imprigionavano.
- Ti ho stancato? Ma se ho appena cominciato…biribiri-kun*…!
-. Un moto d’ira ancora più forte lo colse, nel momento in cui quella parola
scatenò in lui i ricordi della loro infanzia...e Orochimaru.
Spinse con più forza e le catene cigolarono.
-Taci! Io non sono un codardo! – gridò con foga.
- Sì, lo sei. Sei un vigliacco incapace. – la furia del
biondo crebbe ulteriormente così come le sue spinte e i suoi strattoni alla
catena .
- Smettila! –.
E sotto la forza di un’altra spinta, il metallo della catena
si allentò…
- Perché? La verità fa male, eh? -.
…fino a spezzarsi definitivamente. Grazie allo slancio
dettato dallo sforzo precedente, Naruto si gettò in avanti, braccia tese,
pronto a strozzare l’altro.
Quando ormai gli era praticamente addosso, il moro ghignò.
-Finalmente ti sei
deciso a reagire, usuratonkachi! -.
Poi fu solo luce: il corpo di Sasuke scomparve in
un’esplosione di migliaia di piccoli bagliori argentati che si dispersero lentamente come scintille di un’abbacinante
fuoco d’artificio.
E prima che il buio l’avvolgesse completamente, ebbe appena
il tempo di darsi dell’idiota per aver dato credito così stupidamente alle
provocazioni di Sasuke e la soddisfazione di potergli rinfacciare, un giorno,
di averlo salvato dall’oblio in cui lui stesso si era inabissato…
-Naruto! -
Lentamente, quasi dolorosamente, le sue palpebre si
riaprirono.
-Naruto! -
Qualcuno lo stava chiamando ripetutamente da diverso tempo.
-Naruto! -
Avrebbe voluto riposare, ma quelle voci non la smettevano di
pronunciare il suo nome, quindi era stato costretto a svegliarsi.
Guardò, sopra di sé, le facce preoccupate di Sakura e
Kakashi e mosse la bocca per parlare ma la voce non uscì.
-Stai calmo, Naruto, non sforzarti! Sei ferito. Ora ti portiamo
a Konoha così guarirai! – lo rassicurò la kunoichi. Il biondo la fissò senza
avere la forza di muoversi.
Con uno sforzo piuttosto notevole, riuscì a pronunciare una
singola parola:
-Sa…Sas’ke…-. I due tacquero qualche istante. Si guardarono
perplessi ed infine rivolsero nuovamente il suo sguardo al giovane a terra.
- Naruto…Sasuke non è qui. Quando siamo arrivati c’eri solo
tu a terra ferito.- spigò Kakashi, guardandolo serio, poi aggiunse, con più
amarezza - Kyuubi ha fatto parecchi danni stavolta…- .
Naruto non se ne curò. Lasciò docilmente che, una volta
giunta la squadra medica, lo posizionassero sulla barella e lo trasportassero
verso Konoha.
Con angoscia, si ritrovò a pensare che era stato tutto
frutto della sua immaginazione.
Sasuke non era mai stato lì e lui si era illuso un’altra
volta come un povero idiota.
Fu la voce di Sakura a distrarlo dai suoi pensieri.
-Naruto cos’è quello? – disse, indicando qualcosa che
stringeva fra le dita della mano destra. Non si era accorto di avere qualcosa
in mano.
Faticosamente se la portò davanti al viso e quando riconobbe
l’oggetto spalancò gli occhi sorpreso: un piccolo ed artigianale yo-yo su cui
svettava un ventaglio rosso e blu dipinto grossolanamente nel mezzo di una
delle sue facciate.
Un enorme sorriso si aprì sul suo viso. Non si era
immaginato tutto: Sasuke c’era stato sul serio! Ed era stato lui a salvarlo! Un
moto di speranza si riaccese in lui e strinse forte l’oggetto fra le dita.
Ora aveva un motivo in più per voler salvare il ninja moro.
Lo sapeva che non era tutto perduto. Lo aveva sempre saputo:
Sasuke era il suo migliore amico e la persona che lo capiva meglio di chiunque
altro e l’unico che era stato, e sempre sarebbe stato, in grado di salvarlo persino da se stesso…
Per un attimo però, il suo sorriso vacillò e in quell’istante
un unico pensiero fece breccia nella sua mente:
“Dannazione, ora mi
rinfaccerà questo debito con lui ogni volta che ci vedremo…!”
Non sapeva che in realtà erano pari…
…proprio per questo, Sasuke non si sarebbe premurato di farglielo
sapere…
*Biribiri-kun=
significa “fifone, vigliacco, codardo…”. Non è a caso; è un appellativo che
Sasuke usa durante la missione di
Tazuna, quella dello scontro con Haku e Zabuza, per Naruto, quando questi,
spaventato dal primo attacco che subiscono da dei chunin , non riesce a
reagire. In seguito sarà lo stesso Naruto a definire Sasuke in quel modo
durante l’esame di selezione dei chunin, nella foresta, quando vengono
attaccati da Orochimaru.
Questo è un
particolare di cui solo coloro che seguono anche l’anime in giapponese sono a
conoscenza, per questo ho aggiunto questa nota.
Bene,che dire se
non che sono davvero contenta del risultato? Beh, nulla. A parte che mi
complimento con le alte partecipanti (andate a leggere le loro storie! ) e
ringrazio Kagome_chan88 per tutto quanto, a partire dalla sua serietà e
affidabilità, fino alla sua gentilezza e velocità nel darci i risultati.
Davvero grazie!
Qui di seguito è riportato il
giudizio di Kagome_chan88:
-- 1° Classificata "Save Him From Himself" di
Izayoi_007 --
ORIGINALITA’: 9
ATTINENZA: 9
CORRETTEZZA GRAMMATICALE: 10
Stupenda!
Una storia che lascia una lacrima pronta a scendere.
Intensa, travolgente, drammatica, qualcosa che tutti dovrebbero provare.
L’amicizia forte che lega questi due ragazzi è descritta pienamente e
coscientemente, senza esagerare, lasciando anche qualcosina all’immaginazione.
L’inizio è spettacolare: questo Kyuubi arrabbiato che corre apparentemente
senza una meta precisa è descritto in maniera magistrale, forte, bellissimo,
potente.
Quando poi viene svelata la sua preda, pensi che in fondo te lo saresti dovuto
aspettare; l’incontro fra i due amici, la sorpresa di Sasuke nel vedere lì
Kyuubi e non Naruto, e la domanda che sorge spontanea: che ne è stato di
Naruto!?
Poi tutto un susseguirsi di eventi: la battaglia, l’attivazione dello
Sharingan, e… L’incontro.
Quell’incontro strano, surreale, magnifico nella sua impossibilità.
Sasuke che incontra un piccolo ed ingenuo Naruto, senza una casa, senza una
famiglia, solo.
I pensieri di Sasuke, il suo piccolo regalo che ti lascia di stucco…
La scena è di quelle che ti fanno piangere fin da subito, che ti lasciano un
groppo in gola, che fanno sospirare. Loro due, adesso così vicini, ma mai così
lontani.
E poi, Sasuke. Chi deve essere salvato che salva il suo salvatore.
Quelle catene dure e resistenti che lo tengono prigioniero vengono spezzate
solamente grazie all’Uchiha, e poi più nulla.
Il ritorno alla vita di tutti giorni, ma con qualcosa in più.
Una storia ben scritta, che ti fa stringere il cuore.
Il tema è stato sviluppato nella maniera esatta, tenendo, ad ogni modo,
presente, la loro rivalità.
Complimenti.
Non mi resta che
salutarvi e chiedervi di lasciare un commento a testimonianza del vostro
passaggio. Capite bene che fa sempre più che piacere! ^^ Saluti, Izayoi007