That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Hogwarts - II.003
- Reazioni
Alshain
Sherton
Malfoy Manor, Wiltshire - mer. 1 settembre 1971
“L’atteggiamento del
Ministero è inaccettabile!”
“Ormai siamo sottoposti a ogni
genere di vessazione! Umiliati dalla feccia”
“E’ colpa di
Dumbledore, solo colpa sua, dovremmo appoggiare Sherton nelle sue
battaglie, mettere da parte i nostri screzi…”
“Sì, è
da anni che ha capito quali rischi corrano i nostri figli in quella
scuola!”
“No! Ormai siamo andati troppo
oltre! Dobbiamo sostenere Tu-sai-chi… è
l’unico che abbia le palle per rimettere al loro posto
babbani e sangue sporco!”
“Vero… è
lui che dobbiamo sostenere per la conquista del Ministero!”
Misuravo il salone delle feste di Malfoy Manor con passo nervoso, non
perché agitato da quanto ascoltavo e da quanto stava per
compiersi, ma perché la mia mente era lontano, molto lontano
da lì. Accanto a me c’erano persone che conoscevo
da una vita, il fior fiore dei purosangue della Gran Bretagna e non
solo, ma non mi curavo affatto di loro, né della magistrale
prodigalità di bevande, comodità e pietanze che
Malfoy ci aveva messo a disposizione per allietare la serata. Non mi
preoccupava lontanamente nemmeno l’idea che qualcuno di noi
fosse in realtà una spia del Ministero, nei giorni
precedenti era stato questo il pensiero che mi aveva angustiato tutta
la notte: essere trovato in compagnia di personaggi compromettenti,
rovinando così la mia vita e quella della mia famiglia per
sempre. No, il mio pensiero era su, al Nord, nel magico castello di
Hogwarts, accanto a mia figlia, che in quel momento affrontava per la
prima volta, da sola, la vita, lontano da me, e si trovava di fronte,
subito, uno degli eventi più importanti per il suo futuro.
Mi ripetevo tra me e me tutte le parole che avrei dovuto usare per
dirle che non m’importava se era finita a Corvonero, parole
che dovevano riflettere il fatto che l’amavo anche
più di prima, che mi scusavo per tutti i turbamenti che le
avevo procurato in quegli anni, e che non doveva preoccuparsi, avevo
trovato un modo legale e sicuro per liberarla dalle sue più
profonde paure. Parole che nascondessero, soprattutto, la mia delusione
cocente, laggiù in fondo alla mia anima, dove ormai
nascondevo fin troppe cose.
Vidi la mia immagine riflessa in uno dei meravigliosi specchi
incorniciati nell’argento, tra decori serpenteschi: avevo
scelto uno dei miei più eleganti abiti neri. Ero tutto di
nero, quella sera, niente variazioni sui toni del grigio, solo nero,
perché quel colore esprimeva come mi sentivo: in lutto, in
lutto per la morte della mia integrità. Mi sistemai di nuovo
il colletto, odiavo quelle serate proprio perché dovevo
rispettare regole e convenzioni, e quel modo di vestire per me era una
costrizione. Strinsi di nuovo la cravatta, un vero cappio, controllai
che i capelli fossero in ordine: tra un po’ sarebbero stati
di nuovo lunghi, l’idea di tagliarli…
l’avevo fatto passare per un vezzo, vero, in
realtà avevo seguito il gesto simbolico di Mirzam,
anch’io avevo sacrificato qualcosa come lui, per qualcosa cui
tenevo di più. Mi sentii osservato, allora rimasi davanti
allo specchio ancora un po’, per far credere che fossi preso
da un momento di vanità, mi misi a giocare con i baffi, e a
lisciarmi la barba, mentre in realtà saettavo lo sguardo
sugli altri invitati. Non potevo credere di aver accettato, io, Alshain
Sherton, la compagnia di quella manica di nullità, feccia
ancor peggiore dei babbani stessi, omuncoli che vedevano nel sangue e
nelle stragi l’unico modo per sentirsi pienamente se stessi.
Finora avevo parlato solo con Orion e Cygnus, com’era normale
aspettarsi, e con Emerson: era stato davvero uno shock trovarlo
lì. Non so quanto anche lui si fosse sentito a disagio nel
vedermi a casa di mio cugino, proprio quella sera. Lui, tra i maghi del
Nord, era quello meno vicino alle filosofie di Salazar. Mi chiedevo
cosa ne sarebbe stato della Confraternita se lui stesso avesse
ceduto… Se mi ero imbarcato in quella follia, era solo
perché contavo che gente come Emerson si opponesse con
forza. Certo mi aveva confidato di essere lì solo per farsi
un’idea della situazione, quindi sarebbe stato di quelli che
se ne sarebbero andati prima della fine della serata, prima
dell’arrivo, o meglio della comparsa, di Voldemort. Ma
vederlo lì non mi aveva fatto piacere. Cercai di riportare
la mia espressione a un’aria cordiale, ma per quanto mi
sforzassi, non riuscivo a eliminare quel senso di ostile sufficienza
dalla faccia, né a zittire dentro di me quella voce che mi
urlava contro tutto il disprezzo che provavo per me stesso. Avrei
dovuto bere, oh sì, bere fino ad annebbiarmi la mente, per
farla smettere di urlare, così magari avrei cantato, con la
mia voce, ben altro e Riddle, o ancora prima Malfoy e Lestrange,
avrebbero finalmente messo fine a quello scempio… a modo
loro.
“Nervoso, Alshain?”
Abraxas, magnifico come sempre, si era avvicinato, silenzioso: lo
percepii nello specchio, un angelo di luce, accanto a me, una maschera
di morte. Non mi resi conto subito che mi stava offrendo un altro
firewhisky con faccia sorridente e sguardo cordiale, quasi gongolava
per la perfetta riuscita della serata, per quanto sarebbe stato
contento di lui il suo padrone, che di certo era già
nascosto da qualche parte a spiare tutti noi e le nostre reazioni, e
soprattutto per quanto gli avrebbe fruttato in termini di potere e
ricchezza la mia presenza e quella di Orion lì, quella sera.
Osservai il liquore, la mia ancora di salvezza, la via per la fine dei
miei tormenti, quel colore ambrato mi seduceva, ne sentivo in anticipo
il sapore sulle labbra e la lingua, lo guardai con occhi smaniosi, ma
quando stavo per cedere, declinai cortesemente l’offerta.
“Sai, Abraxas, apprezzo molte
cose, ma cerco di non esagerare mai…”
Gli feci vedere che stavo tenendo in mano un bicchiere ancora in parte
pieno.
“Mi sconvolgi sempre cugino,
è incredibile quanto non applichi mai a te stesso
l’indulgenza e la generosità che dimostri per il
resto del mondo…”
“Te compreso!”
Rise, anche se sapeva benissimo che la mia osservazione non era dettata
esattamente da benevolenza.
“Allora, che
cos’hai? Ripensamenti? Non ti va di far vedere apertamente
come la pensi a tutti questi galantuomini? Ho visto che non hai parlato
quasi con nessuno…”
“No, cugino, no…
E’ solo la serata sbagliata… ho la mente lontana.
A Hogwarts, per l’esattezza…”
Mi portai la mano alla barba, fingendo di essere ancora impegnato a
curare il mio aspetto.
“Capisco... Mi dispiace, non
ho pensato proprio alla coincidenza: era prevedibile che saresti stato
distratto... Ma come ti ho detto l’altro giorno, davanti alla
Gringott, a me non importa del risultato dello smistamento, sarei
comunque ben lieto di mantenere fede a quel famoso patto: ho visto tua
figlia… è ancora una bambina, naturalmente, ma si
capisce già che sarà stupenda come sua madre.
Sarà una Malfoy perfetta, a parte per il colore dei capelli,
s’intende…”
Aveva una faccia aperta in un candido sorriso, così puro,
innocente, così tremendamente falso, strinsi il bicchiere
che avevo in mano talmente forte che lo ruppi in mille pezzi, ferendomi
la mano e spargendo il whisky, misto al mio sangue, tutto intorno. Tra
i presenti, che pure non avevano sentito nulla di quella discussione
fatta a fior di labbra, era calato un silenzio sbalordito: Orion aveva
subito smesso di parlare con Lestrange e mi aveva rivolto
un’occhiata preoccupata, poi aveva squadrato Abraxas,
cercando di capire qualcosa dalla sua espressione.
“Vieni di là,
sistemiamo questa mano!”
Abraxas cercò di trascinarmi nel suo studio, con fare
tranquillo, più che altro per rasserenare gli altri
presenti, che chissà cosa s’immaginavano: di
sicuro era più nervoso di me, perché in passato
aveva già visto di cosa ero capace quando
m’inquietavo com’ero inquieto in quel momento.
Orion si staccò dal gruppo e cercò di
raggiungerci, anche lui sapeva, ma gli feci cenno che andava tutto bene.
“Allora… a cosa
dobbiamo quest’attacco d’ira, cugino?”
Trafficava rapido con la bacchetta tra i pezzi di vetro e la mia carne,
senza alzare gli occhi sulla mia faccia, ben lieto di avere qualcosa
d’impegnativo da fare, che lo giustificasse della sua
codardia.
“Lo sai bene, voglio che tu e
tuo figlio stiate lontani da Meissa… pretendo che a mia
figlia siano risparmiati questi discorsi e queste preoccupazioni,
è piccola, deve vivere serena e in maniera adeguata
all’età che ha. Siamo intesi? Se vengo a sapere
che Lucius ha di nuovo fatto qualcosa per
spaventarla…”
“Ma dai, lo sai
com’è Lucius… tua figlia si
è lasciata impressionare dai racconti di suo fratello e ha
sicuramente visto minacce, dove c’era solo un gioco
innocente…”
Mi stava fasciando la mano con maestria, come faceva da una vita, da
quando, piccoli, si occupava lui, non mio fratello, dei tagli che mi
procuravo giocando in giro per quella vecchia casa. La ritrassi come se
mi avesse punto con qualcosa di velenoso.
“Lucius ormai è
maggiorenne, Meissa ha appena undici anni, non c’è
nulla d’innocente nei suoi stupidi scherzi! Non deve darle
più fastidio, altrimenti prima mi occupo di te che non sai
educarlo, poi passo a lui…”
“Merlino! Ma che discorsi fai,
Alshain! Ora ci sarei io dietro? Ti pare che stia lì a
istigarlo contro di lei? Cosa ci guadagnerei? Sai che voglio solo una
cosa da te e da tua figlia…”
Aveva alzato la voce più del dovuto e se ne era
già pentito, mi guardava serafico, innocente, ma sapeva bene
che con le sue ultime parole mi aveva messo addosso il desiderio
atavico di spezzargli il collo. Mi limitai a ringhiare, con voce bassa,
perché temevo che Orion o altri fossero accorsi dopo
quell’ennesimo alzar di voci e non volevo certo che alcuni
discorsi diventassero di pubblico dominio.
“Vuoi forse negarlo? Guardami
negli occhi e negalo, se ne sei capace… E nega anche altre
cose, tipo certe visioni o certi sogni… O una strana
tempesta su Herrengton, o… la storia
dell’incidente di mio fratello…”
Abraxas aveva nel frattempo ripreso la mia mano e ormai aveva finito di
fasciarmela: me la lasciò all’istante, il sorriso
cortese sparì dalla sua faccia, mi guardò serio,
dopo essersi rifugiato di là del suo scrittoio, quasi a
prendere le distanze e mettersi in salvo da quanto temeva potesse
accadergli.
“In guerra si devono usare
tutti i metodi in nostro possesso, lo sai bene come me: avevi bisogno
di riflettere e prendere la giusta decisione, quella che non accettavi
solo per orgoglio, mettendo a rischio tutto quello che hai di
più caro. Avevi bisogno solo di una spinta…
Sì, è vero, te l’ho data io, ma erano
illusioni, Alshain, solo illusioni…. Se avessi aspettato,
quelle illusioni potevano diventare
realtà…”
“Tu fa ancora una cosa del
genere a mia figlia e l’ira di Tom Riddle sarà una
carezza rispetto a quello che ti farò io!”
“Io non ho fatto nulla a
Meissa! Ho toccato solo i tuoi sogni… i tuoi
sogni… Non so nulla di Meissa, di strane tempeste e quanto a
tuo fratello… non sono stato io a beneficiare di certe
disgrazie, o sbaglio?”
“L’hai ammesso due
secondi fa e già neghi… vigliacco!”
Misi mano alla bacchetta e lo guardai con odio, chiusi gli occhi
provando a scacciare la rabbia eccessiva.
“Ho ammesso quello che ho
fatto a te, perché dovrei negare il resto? Io non toccherei
mai la tua famiglia, lo sai, sarei l’unico a farmi quello
scrupolo, e tu sai bene anche il motivo…”
“Tieniti alla larga da tutti
noi, Abraxas, lo dico per il tuo bene…”
Abraxas annuì, mi guardò negli occhi.
“Sta bene…. Sai
anche tu che non avrò bisogno di infastidirti ancora se
davvero hai compreso cosa devi fare per mantenere la tua famiglia al
sicuro…”
“Sei solo un porco, Malfoy, un
bastardo maledetto... mi fai letteralmente ribrezzo, credevo che almeno
questo ti fosse rimasto di sacro nella vita, il rispetto per la
famiglia e il tuo sangue, ma… a quanto pare mi sbagliavo,
sei ottenebrato dalla sete di potere…”
“Sono solo realista, Alshain,
e ti dico un’altra cosa… se insisto tanto per
Meissa, è proprio per aiutarti a tenera al
sicuro… Se oltre a essere tua figlia, fosse anche la moglie
di Lucius, sarebbe praticamente un’intoccabile, e se avessero
un figlio… ti rendi conto del potere che avrebbe quel
bambino, nostro nipote? Potrebbe spazzare via
chiunque…”
Mi alzai e mi voltai per andarmene.
“Hai capito, ora,
perché faccio tutto quello che sto facendo?”
Non riuscivo più a trattenere la mia collera, lo sapevo
bene, ero arrivato al mio limite di sopportazione, dovevo uscire da
lì il prima possibile, togliermi quella faccia e quella voce
di dosso, respirare aria fresca, aria sana, o rischiavo di scatenare
l’inferno tra quelle mura e non sarebbe rimasto nessuno
lì in quella casa, in vita, a raccontare quello che era
davvero successo. E c’era altro a tormentarmi
l’anima: Abraxas era sincero e questo significava che io
avevo un nemico nell’ombra. Sperai con tutto il cuore che
fosse solamente Lestrange, ma l’inquietudine nuova che mi
sentivo addosso mi turbava profondamente.
“Com’è
vero che siamo purosangue, Malfoy, ti prometto che ti
ucciderò, quali che siano le tue motivazioni, qualsiasi cosa
faccia o non faccia Riddle: se mia figlia verserà anche solo
un’altra lacrima a causa tua e delle tue
macchinazioni… io ti ucciderò. Non
tornerò più sull’argomento.”
Mi voltai per tornare dagli altri, ma scorsi uno sguardo strano in
Abraxas che mi turbò, lo stesso che avevo percepito nella
radura dei thestral: era preoccupato per me, non mi rendevo ancora
conto del vero grado di pericolo in cui avevo messo me e la mia
famiglia.
***
Orion
Black
Malfoy Manor, Wiltshire - mer. 1 settembre 1971
“Che cosa pensi sia successo,
Orion?”
“Non ne ho idea…
Probabilmente i soliti screzi per via dei ragazzi…”
“Oh, sì…
immagino… è stato davvero divertente vedere il
piccolo Rigel mettere in difficoltà Lucius l’anno
scorso!”
“Mmm…”
Roland Lestrange continuava a vantarsi con me e mio cugino del fatto
che entrambi i suoi figli fossero amici dei giovani Sherton, ma non
poteva importarmene di meno: erano rare le volte in cui avevo visto
Alshain dare di matto come in quel momento, e quella sera non poteva di
certo permetterselo. Nessuno di noi due poteva permetterselo.
Ufficialmente non eravamo andati insieme a quell’incontro,
ero stato convinto da Cygnus, il mio cugino-cognato a partecipare a
quella “riunione”, mi aveva fatto intendere che
avremmo incontrato di persona il famigerato Lord Voldemort, avremmo
ascoltato dalle sue labbra le sue intenzioni future riguardo al
Ministero e i suoi rimedi contro le limitazioni in cui sempre
più spesso versavamo noi, esponenti di famiglie che non
apprezzavano l’avanzata dei mezzosangue e dei sangue sporco
ai vertici dei centri del potere. Il pensiero di trovarmelo davanti in
carne e ossa mi aveva turbato nei giorni precedenti in maniera assurda,
ma ora mi rendevo conto che la realtà era anche peggiore di
quanto mi aspettassi: eravamo in una specie di acquario, esposti tutti
quanti al suo esame. Mi guardavo intorno sperando di trovarne una
traccia ma era palese che si fosse ben nascosto e maledicevo la mia
folle decisione di farmi coinvolgere in quella dannata serata. Quando
volevo ero un maestro nel trovare ottime scuse, ma non potevo lasciare
Alshain da solo. Era questa la verità. Oramai era chiaro,
solo chi fosse rimasto oltre la riunione avrebbe parlato direttamente
con lui, avrebbe conosciuto i piani; chi di noi durante quel maledetto
incontro si fosse mostrato compiacente, sarebbe stato contattato in un
secondo momento, avrebbe avuto un ruolo più o meno esplicito
nei suoi giochi; tutti gli altri, prima o poi, sarebbero stati invitati
in maniera più o meno amichevole a partecipare. Io non avevo
alcuna intenzione di mostrarmi compiacente al momento, né
quella di essere forzato a partecipare a qualsiasi cosa avessero per la
testa. Avevo detto che avrei gradito sovvenzionare, senza farmi troppa
pubblicità, le attività che fossero state
necessarie alla causa, ma non potevo concedere molto di più:
d’altra parte non erano pochi coloro che dubitavano delle mie
reali condizioni di salute. Per una volta mi ritrovavo ad affermare tra
me e me che essere deboli poteva essere un vantaggio!
Sapevo che Roland Lestrange, come pure suo figlio, stranamente assente
quella sera, era uno dei tramiti, un vero e proprio reclutatore e che
io ero uno dei soggetti più analizzati quella sera. Da me
forse davvero si aspettavano solo denaro e contatti e soprattutto
cercavano qualsiasi informazione utile riguardo Alshain. Ero nervoso,
quello che ero chiamato a fare quella sera e nei giorni seguenti,
necessitava tutte le mie doti d commediante, sapevo che ci sarei
riuscito, ero bravo nei bluff, al contrario di Sherton che non poteva
contare sulla stessa abilità. Uomo troppo diretto e poco
diplomatico. Lui era stato tirato dentro davvero, a lui non sarebbe
stata chiesta solo una partecipazione silenziosa: con
quell’incontro estivo a Godric Hollow era ormai coinvolto
direttamente e molto più di quanto una persona cauta e
accorta come me ritenesse opportuno. Quando uscì dallo
studio di Abraxas era a dir poco nero di rabbia, probabilmente se ne
sarebbe voluto andare all’istante, ma ora era ancor di
più sotto lo sguardo di tutti. Mi avvicinai, offrendogli
qualcosa di non troppo alcolico.
“Che cosa è
successo? Cos’erano quelle urla e che significa
questo?”
Presi la sua mano e con difficoltà riuscii a riportare la
sua attenzione su di me.
“Abbiamo parlato di
Meissa…”
“Ancora con questa storia?
Forse sei proprio tu a prenderla troppo sul serio!”
“Troppo sul serio? Sei
impazzito anche tu?”
Forse sì, forse la tensione accumulata era troppa e parlavo
a vanvera, ma Alshain stava perdendo di vista i pericoli veri e
immediati, per correre dietro al suo fantasma personale: suo cugino
Abraxas. Ormai litigavano ogni volta che s’incontravano, e
sempre per lo stesso argomento.
“Alshain…
rifletti… La verità è che sei teso per
lo smistamento, ma guarda che ore sono: ormai è tutto
finito, inutile agitarsi... La tua curiosità, la nostra
curiosità, avrà fine tra poco: ho chiesto a
Phineas di informarsi subito e mi sono portato dietro uno di quei
famosi specchi… appena Walburga saprà qualcosa, ce
lo dirà…”
Gli porsi uno degli specchi magici che c’eravamo costruiti da
ragazzi, e che usavamo per tenerci in contatto a distanza, quando non
eravamo a Hogwarts.(*NdA: consideriamoli gli antenati degli specchi che
Sirius e James usano quando sono lontani!)
“Specchi…
credevo... il mio è sparito!”
“Questo è il tuo,
colgo l’occasione per ridartelo. L’avevi prestato
ai ragazzi quando sono stati da me, ricordi?”
“A dire il vero no…
ho la mente azzerata in questo momento”
“Salazar, sei così
teso che rischi di fare un casino stasera, vedi di darti una
calmata!”
“Non ho alcuna intenzione di
restare un minuto di più qui, stasera!”
“Alshain, non fare scherzi, ho
sentito molte persone stasera, molti sono venuti per Lui, ma molti,
vogliono ascoltare te, lo sanno che hai molto da dire sul futuro dei
giovani e della razza magica… qui tutti hanno dei figli che
sono esposti a certi rischi… sanno cosa hai loro da dire e
sanno quanto ti sei battuto in passato per dirglielo…
sarebbe a dir poco strano che dopo tante battaglie tu ti privassi del
pubblico che hai cercato per anni…”
“E se mi ascolteranno,
contribuirò a farli associare a Riddle, te ne rendi conto?
Io gli darò in pasto tutta questa… persino gente
come Emerson… anche se non uccidessi mai… sarei
stato io a consegnare le armi di Riddle nelle loro mani… io
sarò responsabile…”
“Ne abbiamo già
parlato, nessuno di loro farebbe qualcosa che non ha già
intenzione di fare… non avresti nessuna
responsabilità, e in cambio avresti la sicurezza per la tua
famiglia. Per me è un buon compromesso…”
“E se ti dicessi che qualcuno
mi ha tradito?”
“Che vuoi dire?”
"Ho parlato con Abraxas delle strane
visioni di Meissa… Non è stato
lui…”
“E da quando credi a quello
che ti dice Malfoy?”
“So riconoscere quando
è sincero…”
“E quindi? Hai scoperto che
c’è qualcun altro nell’ombra…
che grande novità… Nessuno dei due conosce un
certo Roland Lestrange, vero?”
“Roland non potrebbe, solo chi
mi è vicino può farlo… nessun altro
potrebbe toccare i miei figli…”
“Qualcuno vicino…
molto vicino… Uno come me?”
Mi guardò, mantenni un’espressione il
più possibile tranquilla, sembrò comprendere
subito quanto fosse vicino alla pazzia in quel momento.
“Smettila Orion… ho
capito cosa vuoi dire… Dovrai aiutarmi a venire a capo anche
di questo… ma cosa?”
Guardai le sue mani, lo specchio vibrava delle ben nota luce verdastra.
“Ci siamo
Alshain…”
Sorrisi, ma quando vidi la faccia di Walburga emergere dallo specchio,
contrita, il mio cuore batté un colpo fuori tempo, una
strana tensione mi prese allo stomaco, o meglio divampò
feroce nonostante, per tutta la giornata, avessi cercato di mantenerla
sotto controllo.
“Fammi parlare con
Alshain!”
Tono spiccio e a dir poco funereo, la tensione si fece
un’onda di gelo, densa che salì lenta dalle mie
estremità a cingermi il cuore. Gli porsi lo specchio,
tremante. Avevo una strana, stranissima sensazione, da alcuni giorni
prima della partenza quando Sirius era entrato nel mio studio e avevamo
finito col parlare per tutto il pomeriggio. Non l’avevamo mai
fatto.
“Phineas dice
che…”
In quel momento anche i ritratti presenti nel salone di Malfoy Manor
entrarono in agitazione, i verdi occhi di smeraldo dei serpenti di
Salazar si misero a luccicare, sapevo cosa significava, era la notizia
che tutti noi aspettavamo con ansia, ero così felice da non
poterlo credere. Contemporaneamente Abraxas fece il suo ingresso in
compagnia di Lord Voldemort in tutta la sua oscura magnificenza: non
avevo capito un cavolo di come funzionava quella serata, evidentemente.
“Sono felice di essere qui con
tutti voi, a festeggiare la serata in cui tutti i figli degli Sherton
rientrano finalmente nella casa del grande Salazar
Slytherin…”
Il brusio si sollevò subito alto, molte facce si
avvicinarono per complimentarsi, io che stavo già attaccato
al suo collo fui allontanato senza tante cerimonie, ritrovandomi
accanto a Abraxas che brindava alla sua famiglia. Voldemort si
avvicinò col suo fare spettrale, mi diede la mano sorridendo
strano con quella sua bocca senza labbra, chinai subito lo sguardo, in
un gesto automatico, di devozione che non provavo affatto,
passò subito oltre, mentre tutti gli si aprivano dinanzi,
permettendogli di avvicinarsi rapido all’unico che sembrava
attirare la sua attenzione. A pochi passi da Alshain alzò il
suo calice.
“Questo è un segno
anche per noi, il maestro e il discepolo sono di nuovo uniti davanti a
voi tutti, nella pienezza della gloria di Salazar… la grande
famiglia purosangue deve riunirsi come abbiamo fatto noi, le vecchie
dispute siano risolte…”
Non potevo crederci, stava parlando come se volesse far passare per
opera sua il risultato di quello smistamento, come se fosse per la
devozione di Alshain nei suoi confronti che la maledizione era
finalmente distrutta. Lanciai uno sguardo a Alshain, ormai si
tratteneva a stento. Mentre riflettevo su quei pensieri, mi resi conto
che Walburga mi stava sibilando, forte del fatto che tutti erano
concentrati altrove, una serie di epiteti che da anni ben conoscevo.
“Si può sapere che
diavolo vuoi? Non vedi che sono impegnato? Milord è qui d
fronte a me…. ”
“E immagino che si stia
complimentando con te per quello che ha fatto quell’idiota di
tuo figlio…”
Guardai di nuovo Walburga, questa volta con un’attenzione che
da anni non avevo più nei suoi confronti… la
felicità momentanea lasciò subito spazio
all’onda di ghiaccio che ormai mi stringeva alla gola,
lottavo per non perdere coscienza.
“Che cosa vuoi dire? Che cosa
ha fatto Sirius stavolta?”
“Sirius è entrato a
Grifondoro…”
“Che cosa? NO! Non
è possibile… a Grifondoro, no! Non
può…”
No, stavolta era troppo pure per me, mi aggrappai alla spalla di
Alshain, che nel frattempo doveva aver intuito qualcosa e si era
sottratto all’assalto generale, per assicurarsi che andasse
tutto bene: lo vidi farsi pallido esattamente come me, tutto avevamo
immaginato, tutto avevamo calcolato, ma non
quell’epilogo… Cosa diavolo era successo? Dove
avevamo sbagliato?
“Orion!”
Mi sentii mancare la terra sotto i piedi, mentre la bionda figura di
Abraxas Malfoy e mio cugino aiutavano Sherton a sostenermi. E tutto
intorno i brusii si levavano concitati, ancora presi dal discorso di
Voldemort e dalla scena del mio quasi svenimento, speravo che nessuno
di loro avesse ancora scoperto il motivo del mio mancamento.
Com’era stato possibile? E che significato occorreva dare a
quella notizia? Non poteva essere... Sirius non poteva esserci riuscito
davvero...
“Ti riaccompagno a casa,
Orion…”
“Non è
nulla… non è nulla…”
In realtà vedevo delle macchie rosso-oro che vagavano,
annebbiandomi la vista, oscurando tutto quello che era la
realtà attorno a me. Fiato corto, sudore freddo e cuore a
mille… Quel piccolo bastardo! Non sapevo se stavolta mi
stesse ammazzando sul serio o avesse trovato il modo di salvarci da una
serata che poteva metterci tutti quanti nei guai.
“Ti accompagno…
questa serata è iniziata male e sta finendo
peggio!”
Sherton era a dir poco furioso, anche se non capivo se per i risultati
dello smistamento o per tutto il resto. Mi aiutò a
rindossare il mantello, mentre fulminava con occhi carichi
d’odio coloro che si stavano complimentando per Meissa e in
particolare Malfoy e Lestrange, che cercavano in tutti i modi di
trattenerlo… L’ultima cosa che notai fu lo sguardo
carico di curiosità che Lord Voldemort ci rivolgeva mentre
ci smaterializzavamo da Malfoy Manor… E la serata era appena
all’inizio.
***
Alshain
Sherton
Amesbury, Wiltshire - mer. 1 settembre 1971
Ci materializzammo non molto lontano, a pochi istanti uno
dall’altro, il bosco era rischiarato dalla luce della luna,
ormai prossima alla sua completa pienezza. Avanzammo nella faggeta
gomito a gomito, due ombre oscure tra tante altre, in silenzio: da
Malfoy ci era bastato uno sguardo, quello a noi tanto noto da non aver
bisogno di parole, quello che nessun altro sapeva cogliere e percepire.
Arrivati al punto d’ingresso, sfiorai appena la pietra verde
del mio anello, svelando ai nostri occhi ciò che la magia,
che avevo intessuto negli anni, celava a tutti gli altri. Aprii con un
incantesimo la porta di quello che sembrava un semplice capanno da
cacciatore ed entrai, Orion mi seguì immediatamente, mentre
il bosco si era già richiuso alle nostre spalle, celando
qualsiasi traccia del nostro passaggio. Buttai il mantello sul divano,
e andai al caminetto per accendere il fuoco, Orion rimase in piedi alla
porta, di sicuro era ancora sconvolto. Mi voltai, il suo viso
illuminato dal fuoco non tradiva emozioni, ma le sue mani tremavano
abbastanza da svelarmi il suo stato d’animo. Andò
a sedersi al suo solito posto, versando da bere per entrambi, sempre
senza dire una parola, quasi muovendosi in maniera meccanica. Mi
avvicinai, andando a sedermi di fronte a lui, dovevamo parlare e farlo
in fretta, nemmeno le nostre famiglie dovevano avere dei sospetti. A
quel punto, era troppo importante stabilire gli ultimi dettagli tra
noi, per comprendere al meglio la situazione, prima di affrontare e
parlare con chiunque altro.
“Orion, ti senti
bene?”
La straordinaria notizia di Meissa a Serpeverde era praticamente
bruciata e archiviata, sarebbe stato l’argomento delle mie
future conversazioni in società, certo, ma non era quello il
momento. Non era quella la notizia più importante della
giornata. Ci stavamo giocando tutto: per questo la sorte di Sirius
andava analizzata e puntualizzata al più presto.
“Sì, sì,
sto bene… Te l’ho detto che sarei stato molto
convincente…”
“Convincente? Ho temuto che ti
fossi sentito male davvero!”
Orion sospirò, affondando nella poltrona, con le mani sulla
faccia, io strapazzavo con movimenti ripetitivi e nervosi il bastone da
passeggio che mi ero portato dietro come facevo sempre, quando avevo
dinanzi una di quelle dannate serate. Lo guardai, lottava con se stesso
per fingere tranquillità, ma di certo aveva
l’inferno nell’anima.
“Te l’ho detto,
quando voglio, so recitare meglio di chiunque altro…
D’altra parte, mi hai reso tutto… Non è
stato poi così difficile… Era normale per un
Serpeverde fare quella faccia e sentirsi male davanti a una notizia del
genere… Grifondoro? Un Grifondoro, Alshain? Di questo non mi
avevi parlato!”
“Beh… le
cose… o si fanno per bene, o non si fanno
affatto…”
Buttai giù in un solo sorso il whisky e guardai verso di lui
con la coda dell’occhio. Mi rivolse uno sguardo inquieto e
spietato, dal suo punto di vista avevo giocato sporco, lo
sapevo… ma… Sorrisi nervoso… La
verità… Giocavo con il bicchiere tra le mani e
seguivo con lo sguardo le fiamme che danzavano nel
caminetto… La verità era che le cose erano
sfuggite al mio controllo e non avevo idea di cosa fosse
successo… Intercettai di nuovo lo sguardo ancora sconvolto
del mio amico: sapevamo entrambi, a parte lo shock del momento, che era
andato tutto secondo i piani, addirittura di là delle nostre
più rosee aspettative. La cosa sconvolgente era che nessuno
dei due sembrava avere idea di cosa fosse davvero successo.
“Tu avevi in mente tutto
questo dall’inizio e non me l’hai detto,
Alshain?…”
Aveva gli occhi quasi febbricitanti, mentre mi arpionava il braccio con
una certa violenza. Sospirai e lo guardai negli occhi, senza
più indugi, mentre gli rispondevo: era giusto essere onesti,
almeno adesso.
“D’accordo,
Orion… lo ammetto… io non ho idea di cosa sia
successo stasera… ero convinto che sarebbe finito a
Corvonero, va bene? Era naturale che finisse lì…
Non sarebbe stato nemmeno troppo sconvolgente, in fondo…
Voglio dire, per voi Black certamente sì, ma per me, per noi
due che ci stavamo preparando da tempo… anche
perché come previsto durante l’estate ha
sviluppato una notevole curiosità… Ed
è incredibilmente dotato: anche Deidra, dalla prima volta,
ha notato che come mago è straordinariamente
abile… L’anello che gli ho dato intensifica
semplicemente alcuni elementi, li doveva solo esaltare, ma non poteva
cambiarlo in niente di diverso da quello che è. Poteva anche
non funzionare e, in effetti, secondo me, l’anello non ha
funzionato. C’è qualcos’altro in ballo.
C’è qualcosa che non ho valutato…
qualcosa che non abbiamo considerato, nessuno dei due…
è successo qualcosa Orion?”
“A me lo chiedi? Credevo
stessimo seguendo alla lettera gli stramaledettissimi piani che hai
fatto su mio figlio! Ho fatto tutto e solo quello che mi hai chiesto di
fare, da quando il marchio di Salazar è ritornato nelle
nostre vite: ho ritrovato la pietra, ho rubato l’anello di
Lestrange, ti ho mandato i miei figli a Herrengton… ti ho
difeso di fronte a Walburga… e quello che ho ottenuto
è un figlio a GRIFONDORO!”
Urlò, non l'aveva mai fatto con me, e dall'espressione capii
che se ne pentì subito. Ma come dargli torto?
“Lo so, Orion… ma
quello che ti chiedo ora è se… è
successo qualcosa di strano negli ultimi giorni? Perché il
risultato di questa sera non era nei piani… Sirius
è andato molto oltre quanto avrei voluto… Senza
dubbio ha fatto meglio di quanto avessi previsto: basta dire che ci ha
appena tolto senza sospetti da una situazione spiacevole, e per il
futuro… Nessuno dei Custodi è stato mai scelto
tra i Grifondoro…. La sua condizione ora è
talmente assurda e problematica, che nessuno potrebbe mai immaginare
che sia lui il prescelto... "
Mi andai a guardare la punta delle scarpe: per fortuna dovevo nominarlo
io ed io soltanto, se fosse stata una scelta della Confraternita, mai e
poi mai avrebbero accettato un mago uscito dalla casa di Godric. Avevo
messo in una condizione difficile quel ragazzo, lo sapevo bene, ma
sapevo anche che non sarei stato l’unico a trovarne beneficio.
“Ammesso che, lasciato tra
quella manica di disgraziati, mantenga il desiderio che ha manifestato
con te durante l’estate… e se diventasse un filo
babbano? Se facesse la fine di mia nipote Andromeda?”
“Beh se avesse
quell’attitudine, non si salverebbe nemmeno se stesse a
Serpeverde, l’esempio di Meda è lampante, non
credi? Sappiamo entrambi che non ci credi davvero: se lo temessi, non
l’avresti mai mandato a Herrengton…”
“Beh a dire il
vero… ora inizio a pentirmene…”
Si alzò, iniziò a camminare avanti e indietro
pensieroso, andandosi a lisciare la barba come se fosse di fronte a un
intrigo di cui non riusciva a venire a capo. Scese un silenzio
comprensibile: immaginavo che cosa sarebbe successo una volta che la
cosa si fosse compiuta, sapevo che era il dolore a farlo parlare,
avevamo riaperto antiche ferite e i vantaggi non sarebbero stati
davanti ai nostri occhi ancora per molto tempo. Non avevo nemmeno il
coraggio di guardarlo, vederlo così confuso e dispiaciuto
per colpa mia mi rendeva insicuro e colpevole, mi faceva dubitare della
bontà delle mie scelte… poi si fermò
di colpo e mi squadrò. Conoscevo benissimo anche quello
sguardo, quello di un uomo infinitamente più fragile e al
tempo stesso più forte di me. A volte mi sentivo
incredibilmente fortunato, se avessi dovuto prendere io le sue
decisioni, avrei fallito dopo pochi istanti; quell’uomo,
invece, per i suoi figli stava vivendo all’inferno da sempre.
“No, hai ragione…
tu sarai anche un pazzo, ma come padrino sei perfetto, non gli faresti
mai … scusami… ho esagerato… eravamo
d’accordo, sapevo… la mia reazione è
ingiusta…”
“Non gli ho detto niente,
Orion… te l’ho promesso, da
Fear…”
Si voltò e ci guardammo… il discorso di Fear
… non lo citavo mai, se lo stavo facendo, voleva dire che
parlavo seriamente. Fece un gesto di stizza.
“Ok… basta
così… non voglio sentir parlare anche di Fear
stasera… quello che conta è solo fare in modo che
ne sia valsa la pena… perché sappiamo entrambi
che soffrirà a lungo per questa storia… Ora dimmi
solo questo: il fatto che non sia dove avevi previsto, gli fa correre
il rischio che non dia retta più nemmeno a te?”
Capivo ed era quello che stava preoccupando anche me. Se un uomo come
Dumbledore si fosse messo tra me e lui, non ero certo che avrebbe dato
retta a me… d’altra parte se fosse finito a
serpeverde, avrebbe potuto finire in ani anche peggiori… La
mia schiena fu percorsa dai brividi… No, se fosse stato
necessario, avrei gettato tutte le maschere con Sirius, dopo quello che
mi aveva appena dato, non gli avrei celato la verità,
avrebbe sempre potuto fidarsi di me. Glielo dovevo. A costo di far
prendere un infarto a Orion sul serio.
“Beh… Non dovrei
correre molti rischi: io sono l’adulto buono, tu e sua madre
le arpie che gli stanno rovinando la vita. Hai scelto tu questo ruolo,
ricordi? Da chi pensi potrebbe andare a lamentarsi? Conterà
molto la vostra pessima reazione, Orion… e sappiamo bene che
da Walburga non avremo sorprese…”
Quando mai quella donna aveva fatto un gesto gentile e comprensivo
verso quei due poveri ragazzini? Come se fosse stata colpa loro
se…
“Potrebbe trovare qualcuno che
si metta tra te e lui in quella dannata casa!”
“Saprò affrontare
anche questa, Orion, non sprecherò la tua fiducia o la
sua…”
No, con Sirius e Regulus non c’erano problemi, io sarei stato
il loro punto di riferimento ancora per anni, ottenendo in cambio
esattamente quello che desideravo. Quello che li avrebbe tenuti lontano
dai guai e fatti vivere sereni nonostante il trauma di dover portare un
cognome tanto pesante.
“Non c’è
altro da fare o da dire… Anche se so che sarebbe il caso di
non tornare a casa, stasera, credo sia il momento di tornare a
Grimmauld Place: devo convincere Walburga, anche se non credo sia
necessario, che sia solo colpa mia…”
“Non ricominciare
Orion…”
“Conosci Walburga…
sappiamo benissimo, entrambi, cosa succederà
adesso!”
“Beh credo che stavolta
dovresti ricorrere a un bell’Oblivion e farla finita con
lei… non voglio farmi gli affari vostri, ma mi pare che per
quella storia ormai hai pagato a sufficienza…”
“Tu sai che sono …
innamorato di Walburga… a volte stento a crederlo persino
io, ma è così…”
“E’ senso di colpa,
non amore… non è possibile che tu sia ancora
innamorato di una donna che ti ha … Scusami… non
sono affari miei…”
Orion mi sorrideva, la prima faccia serena che faceva quella sera: era
davvero incredibile, ma era sincero, non so cosa diavolo ci trovasse in
quel mostro di sua moglie, donna bellissima per carità, ma
con un animo infernale che faceva impallidire persino quello di
Lestrange…
“Prima che tu vada a farti
cruciare…”
Lo guardai con una smorfia e Orion si mise a ridere. Che fosse davvero
pazzo o masochista? Cancellai quelle immagini dalla mente e cercai di
mantenermi lucido, dovevamo comunque arrivare alla verità.
“… è
fondamentale capire cosa diavolo ci sia di Grifondoro in tuo
figlio… Non vogliamo altre sorprese, giusto?”
In fondo il problema era tutto lì: scoprire cosa quel
dannato cappello avesse visto che a noi era sfuggito.
“Ok, parlando seriamente,
lasciando da parte epiteti e insulti, cosa si dice dei Grifondoro? Che
sono coraggiosi, sicuri, sinceri, impulsivi, giusti,
temerari… ”
“Tuo figlio è
impulsivo e coraggioso, Orion… ma sulla sincerità
e la giustizia ho qualche ragionevole dubbio… inoltre
è furbo, ho visto le sue macchinazioni ai danni del fratello
e altre abilità decisamente Slytherin…”
Orion riprese a camminare, l’espressione concentrata a
rivivere tutte le occasioni, per la verità rare, in cui era
stato abbastanza a lungo con suo figlio da riuscire a mettere da parte
il ruolo odioso che si era imposto. Alla fine si fermò di
fronte a me, il volto di un illuminato.
“Meissa!”
“Meissa? Che c’entra
mia figlia?”
“Avrebbe un senso…
è assurdo certo, ma…”
“Che cosa stai borbottando,
Orion? Cosa diavolo avrebbe fatto Meissa?”
“Sirius mi ha fatto un
discorso stranissimo poco prima di partire… credevo fosse
una sciocca curiosità dovuta a una chiacchierata con tua
figlia. Ha voluto che gli spiegassi la storia della
maledizione…”
“E…?”
“Mi ha chiesto se fosse
possibile fare una specie di un patto col
Cappello…”
“Un patto? Un patto sarebbe un
semplice “Do ut des”, un gesto astuto, degna
espressione di un animo Serpeverde…”
Sì, me ne aveva già parlato Rigel qualche anno
prima ed io gli avevo fatto l’esempio di almeno tre nostri
antenati che ci avevano provato senza ottenere nulla di quanto previsto.
“Non se lo volessi e ci
credessi davvero, Alshain… e soprattutto se per te stesso
non ottenessi nulla in cambio… a parte un mucchio di
problemi…”
“Ha undici anni, Orion! per
quanto possa voler bene a Meissa, per quanto possa essere preoccupato
per lei…. Di certo è più forte la
paura che prova per quello che potreste fargli voi
due…”
“Gliel’ho detto,
esplicitamente… qualsiasi cosa faccia allontanare un Black
dalla sua famiglia, farebbe di lui solo un rinnegato… tu hai
ragione, Alshain, ma per quanto guardi a fondo, non
c’è nient’altro che abbia
senso… tu sai bene che in tutti questi anni non ha mai
bussato alla mia porta… ho fatto in modo che avesse un sacro
terrore di me, ma da quando è tornato da Herrengton, ha
avuto il coraggio di farlo, parlandomi solo di due cose: delle rune e
di Meissa… Aveva lo stesso ardore, tutte e due le
volte… ci tiene davvero…”
Rimanemmo in silenzio, guardandoci distrattamente, entrambi avevamo
difficoltà a rimettere ordine nei nostri pensieri fumosi:
certo quell’idea, per quanto bizzarra, poteva avere un senso,
Sirius si era già dimostrato capace di gesti simili e per
Meissa si era già preoccupato altre volte…
Ripercorsi i due mesi che mi era stato accanto, alcune cose ora
rilucevano di maggiore chiarezza: era animato da giustizia quando aveva
difeso Regulus dalle mie accuse; era stato sincero e coraggioso quando
mi aveva affrontato per spiegarmi che aveva fatto piangere Meissa;
impulsivo quando aveva provato ad attaccare il figlio d
Eileen… Incredibilmente ingenuo e fiducioso quando aveva
affidato la sua vita a un uomo come me, capace di piegare e modellare
la sua curiosità e la sua solitudine a interessi
più grandi di lui…
“Se è come credi
tu… Se è solo per quello che è finito
a Grifondoro… non ci saranno problemi… non cambia
nulla, anzi, la sua fedeltà non solo sarebbe certa, ma
avrebbe ancora più forza… Abbiamo sempre contato
sulla sua lealtà nei miei confronti, ma quello di cui stiamo
parlando ora è molto più…
intenso…”
“Come hai detto anche
tu… sono solo dei bambini, bambini che potrebbero prendere
strade diverse, se li lasciassimo liberi di fare quello che
vogliono… Potresti trovarti con niente in mano per uno
stupido capriccio da ragazzini… te ne rendi conto?”
“Mi aiuterai tu a mettere le
tessere a posto, Orion… tieni… te ne avrei
parlato nei prossimi giorni, come gesto di pace…”
Gli porsi la pergamena che avevo con me dal mattino: subito dopo aver
lasciato i ragazzi a King’s Cross, mi ero allontanato da
Deidra e Mirzam con la scusa di dover ritirare la mia bacchetta da
Olivander.
“La mia copia sta
già nella mia cassetta di sicurezza alla Gringott, in attesa
del giorno in cui ci servirà davvero, la tua aspetta di
essere controfirmata da te nell'ufficio di Kerboliach, l’ho
visto stamani: la pergamena che hai in mano non ha valore legale,
sarebbe meglio se la bruciassi appena avrai letto tutto…
Come vedi, è come l’avresti voluta tu,
pressoché in tutto: l’originale potrebbe saltar
fuori diciamo… durante le feste di Natale 1975, ti sta
bene?”
Orion diede una rapida scorsa al documento, la sua faccia esprimeva
sconcerto e meraviglia. Arrivato all’ultima riga, dove
c’era lo spazio per la sua firma, mi guardò,
incredulo e pieno di domande.
“Ne sei davvero convinto? E
se…”
“L’importante
è che credano di farlo volontariamente, Orion…
questa sera Malfoy mi ha messo i brividi addosso…
c’è qualcuno che lavora nell’ombra, ed
io posso fidarmi solo di te… Tieni buona Walburga per i
prossimi quattro anni e aiutami ad attuare quello che
c’è scritto su questo foglio, Orion…
credo che la ricompensa per il tuo aiuto vada ben oltre i desideri tuoi
e della tua famiglia…”
“Sì ma…
tu lo sai vero che te ne ho parlato solo per lei, Alshain?
Perché io le voglio bene… perché credo
davvero che con noi possa … non m’interessa tutto
il resto... io non sono come gli altri… Lo sai
vero?”
“Se non lo sapessi, non avrei
firmato mai, Orion… so bene che se mi dovesse capitare
qualcosa, tu saresti per lei, per Dei e per gli altri miei
figli… tu sei più di un fratello per
me…”
Lo abbracciai, avrei messo la mano sul fuoco per Orion Black. Sapevo
benissimo che mi stavo mettendo nei guai e avevo bisogno di una persona
come lui cui affidare la mia famiglia se fossi finito ad Azkaban o
addirittura sottoterra. Si staccò e si rimise a leggere quel
contratto, soffocando quel momento di emozione con la stessa aria
professionale che aveva ogni volta che gli sottoponevo qualcosa
d’importante. Lo leggeva compito, ma i riflessi del fuoco mi
mostravano benissimo i suoi occhi ancora lievemente commossi. Si
riprese subito, lesse con attenzione il documento, non alla ricerca di
inganni ai suoi danni, ma per assicurarsi che i miei interessi e quelli
di Meissa fossero garantiti.
“Questo contratto è
fatto bene, non si capisce subito che può essere
invalidato… e qui manca una cosa, importante
direi…”
“Quel particolare non spetta a
noi scriverlo…”
Sorrise, avevo messo in atto tutte le sue raccomandazioni. Si
compiaceva quando gli davo retta come in quel caso.
“Walburga farà
carte false per completarlo a modo suo, lo sai… non credere
che si lascerà fregare così…”
“Walburga non deve
impicciarsi, Orion, né lei né la sua
famiglia…”
“La sua famiglia è
la mia, ricordi?”
“Sai cosa voglio
dire… Io non voglio Pollux o Cygnus in questa storia,
Orion… se uno dei due mette becco nelle nostre faccende,
mando a monte tutto… e per il suo bene, ti consiglio di
tenere anche Regulus lontano da loro”
“Da suo nonno e suo zio? Cosa
diavolo hai per la testa?”
“E’ ora che tu torni
a fare il padre Orion… e questo è il terzo regalo
che ti fa Sirius, stasera: ti dà una scusa perfetta per
tornare sui tuoi passi, è evidente che star lontano da loro
non sta dando i frutti che ti aspettavi…”
Sospirò di nuovo, poteva farlo, con Regulus non aveva lo
stesso grado di coinvolgimento che aveva con Sirius, chissà
perché poi… ai miei occhi i suoi figli erano
entrambi straordinariamente promettenti, Regulus opportunamente aiutato
sarebbe potuto diventare nel giro di pochi anni addirittura
più bravo di me nel Quidditch.
“Ti manderò Regulus
come avevamo deciso, stando ai tuoi figli, quel marmocchio ha
stoffa… mi sembra che come scusa sia più che
ragionevole… ma quando tra un anno, finirà a
serpeverde, non aspettarti che Walburga te lo lascerà
ancora, puoi scommettere tutto quello che hai, da stasera mia moglie
sarà madre di un solo figlio… Ora è
meglio che vada…”
“Lo so… ed
è anche per questo che dovresti riflettere su quanto ti ho
appena detto… e fai buon uso di quella carta,
Orion…"
“Ci sentiremo
domani… Ora devo mettere in scena il secondo
atto…”
Mi sorrise con l’aria discola di quando eravamo ragazzini e
sparì con un bop. Lo guardai smaterializzarsi di fronte a
me… per lo meno gli avevo dato qualcosa di cui rallegrarsi,
qualcosa che ci avrebbe uniti per sempre e che risolveva tanti
problemi, con un po’ di fortuna e tanta diplomazia. Spensi il
fuoco con un incantesimo, rimisi indosso il mantello, entrai nel camino
e gettai la polvere volante, pronunciando l’indirizzo di
casa… avevo sul viso il sorriso radioso con cui avrei
annunciato a Dei e Mir che Meissa era finita a Serpeverde. Nel cuore,
però, albergava la profonda preoccupazione per quello che
avevamo appena fatto. Avevamo appena impegnato il futuro dei nostri
figli più amati in una storia dannatamente più
grande di loro.
***
Regulus
Black
12, Grimmauld Place, Londra - mer. 1 settembre 1971
Tutto era iniziato con uno spaventoso urlo. L’urlo di Phineas
Nigellus Black, grande preside di Hogwarts, al quale si sommarono le
urla di tutti gli altri ritratti di Grimmauld Place come
un’onda traboccante odio che trasudava da tutte le pareti di
casa. Se fosse stato più tardi, forse, sarei stato colto da
tutto questo quando ero già al sicuro nella mia stanza, ma
la notizia ci giunse quando ancora ero nella sala dell’arazzo
con la mamma, che mi faceva recitare in piedi davanti a lei le formule
dei principali incantesimi su cui mi aveva istruito il precettore.
L’urlo mi ghiacciò il sangue nelle vene, avrei
voluto che Sirius fosse stato lì con me, perché
se succedeva qualcosa, di solito, se la prendevano con lui: lo sapevo
che era crudele e vigliacco un pensiero del genere, ma forse era il mio
modo strano di dire che mio fratello mi mancava già. Ora non
c’era più nessuno che mi difendesse, volente o
nolente, nessuno che subisse al mio posto le ire della mamma. Nessuno
da cui scappare alla notte quando gli incubi mi straziavano il sonno.
Lei si alzò come una furia per capire cosa fosse successo,
io rimasi in piedi in mezzo alla stanza, con il cuore in gola e una
brutta sensazione che mi faceva rizzare tutti i peli della schiena, non
potevo muovermi, nessuno mi aveva dato il permesso di farlo, e in quel
momento mi sentivo estremamente esposto e in pericolo. Quando
ritornò indietro, mia madre era più pallida di un
cencio, aveva chiaramente problemi a parlare, e i suoi occhi saettavano
tutto intorno come se non fosse in sé. Sapevo di essere
esposto, al centro della stanza, iniziai a pregare tra me e
me… poi sembrò tornare a respirare, il suo viso
rapidamente da bianco cadaverico diventò rosso rubino,
urlò il nome della nuova elfa che aveva acquistato da poco,
da quando, durante la nostra assenza estiva, quella precedente aveva
avuto un brutto scontro con la sua bacchetta: la povera Domizia si
presentò con i grandi occhi a palla e le orecchie cadenti,
mia madre estrasse rapida la bacchetta dalla veste, gliela
puntò contro e all’istante emise la sua
sentenza… Non avevo mai assistito a quell’evento,
non so come non mi si piegarono le ginocchia facendomi crollare a
terra, come fossi riuscito a non vomitare tutta la cena…
Kreacher arrivò di corsa, e trascinò via il corpo
di Domizia, poi gli altri due vennero a pulire il pavimento e la parete
dagli schizzi di sangue. Mia madre affondò le unghie nella
testiera del divano, si martoriava il labbro inferiore, evidentemente
il tributo di sangue non era ancora sufficiente a placare la sua ira.
Si era pericolosamente avvicinata a me: vidi con la coda
dell’occhio che mi osservava, deglutii a stento, un leggero
sentore di sudore m’imperlava la fronte. Cercavo invano di
non tremare, quando mia madre si mosse rapida e mi prese per un polso,
trascinandomi dietro di sè, la sua pelle era bollente,
contro la mia, gelida e umida. M’imposi di non urlare,
m’imposi di non piangere. Non avevo fatto nulla, e non ero un
elfo, doveva rendersene conto.
O no?
Arrivammo nella stanza in cui era esposto il ritratto di Phineas, mia
madre mi schiaffò senza tanti riguardi davanti
all’orrido ghigno del vecchio.
“Diglielo, diglielo subito!
Voglio lo sappia da te…”
Sgranai gli occhi, senza capire. Phineas Nigellus, con l’aria
altezzosa tipica dei Black, mi squadrò come per valutarmi e
avendo, evidentemente, concluso che fossi degno della sua attenzione,
mi parlò senza tanti peli sulla lingua.
“Quell’idiota di tuo
fratello si è fatto smistare a Grifondoro!”
“NO!”
Lo guardai allucinato, poi guardai mia madre: stava piangendo, in
silenzio, dietro di me, abbandonata sulla poltrona di fronte al quadro
foriero di sventure.
“Madre!”
Mi lanciai ai suoi piedi, in ginocchio, di colpo la paura era svanita,
provavo un’infinita angoscia per lei, più che per
mio fratello: quell’idiota stavolta l’aveva fatta
grossa come un castello.
“Madre ti prego, non
piangere…”
Le presi le mani e le strinsi tra le mie, era la prima volta che non
guardavo con paura quelle mani, di solito così gelide e
prive di sentimento… ma ora mia madre era
così… così… non avevo
parole adatte, avrei detto indifesa e ferita, ma era impossibile
immaginare mia madre e la parola indifesa nella stessa frase.
“Ti prego non piangere,
farò tutto quello che vuoi, ma smetti di
piangere…”
Le poggiai il capo sulle gambe… non me l’aveva
permesso mai… se pensavo a un gesto caloroso di mia madre,
al massimo ricordavo quando mi prendeva per mano a Diagon Alleyper non
perdermi o mi abbracciava per le spalle, quando doveva
smaterializzarmi… e comunque mi preferiva evidentemente a
Sirius, perchè a lui non concedeva nemmeno quello. Quando
sentii la sua mano tra i miei capelli, rimasi per un attimo senza
respiro, il cuore mi martellava in testa e in gola, un senso di paura
atavica mi prese senza più lasciarmi: mi avrebbe tirato la
testa all’indietro esponendo la mia gola alla sua follia
assassina? Ma non andò così, anche
l’altra mano si perse tra i miei capelli. Trovai la forza di
alzare il viso: mia madre, il suo viso, erano a pochi centimetri da me,
non avevo mai visto i suoi occhi così da vicino, mai avevo
visto quella nota di dolore in fondo al blu dei suoi occhi bellissimi.
Mia madre aveva un’anima, era la prima volta che me ne
rendevo conto, e quello che vedevo mi strinse il cuore profondamente.
Mia madre aveva un’anima e stava soffrendo terribilmente.
“Farò tutto per te,
lo giuro… non piangere ti prego."
Alzai una mano fino al suo viso, com’era liscia e perfetta la
sua pelle, e così stranamente calda…
com’era simile alla madre di Meissa in quel momento, i suoi
occhi mi dicevano più di quanto fossi mai riuscito a
leggerci…
“Tu sei la mia unica speranza,
Regulus… tu sei l’unica speranza rimasta ai Black,
piccolo mio…”
Le sue labbra scesero fino alla mia fronte. Il primo bacio vero di mia
madre.
*
Rimanemmo così, per non so quante ore: io accoccolato ai
suoi piedi, con il capo sul suo ventre, una sua mano tra le mie,
l’altra tra i miei capelli. Non mi aveva detto altro, ma i
suoi occhi e le sue incredibili carezze dicevano
l’incredibile: perché aveva aspettato
così tanto? Perché non aveva detto le stesse cose
a Sirius? Magari ora sarebbe a serpeverde, dove doveva
stare… Mi scese una lacrima sulla guancia: che cosa ne
sarebbe stato di lui? L’avrebbero buttato fuori come Meda?
Sarei rimasto completamente solo? No, non era possibile, non
era… Sentimmo il bop della smaterializzazione al piano di
sotto, poi il passo pesante di mio padre su per le scale, lo squittio
di Kreacher che gli diceva dove eravamo, la voce cupa in risposta che
gli diceva di sparire. Non bussò, ma aprì con
cautela, mia madre aveva gli occhi aperti e fissavano la porta, quando
lo vide, non si mosse e non disse nulla, anche Phineas fingeva di
dormicchiare.
“Vai in camera tua
Regulus!”
Feci per alzarmi, ma la mano di mia madre m trattenne. La guardai di
nuovo, era odio profondo quello che le leggevo nello sguardo, ma mi
colpì capire che quell’odio era rivolto verso mio
padre. Che cosa stava succedendo? Cos’era quella pazzia nuova
che permeava le pareti di Grimmauld Place? Chi aveva gettato degli
incantesimi oscuri contro di noi, mandando in fumo la mia famiglia?
“Non hai il coraggio di dire
quello che devi davanti a tuo figlio?”
Mio padre rimaneva sulla porta, guardava lei con inquietudine e me con
… paura?
“Quello che devo dirti
è molto importante Walburga e devo dirlo solo a
te… Regulus vai in camera tua!”
Mia madre non mi lasciava andare, li guardavo entrambi implorante, mi
prese la paura vera e legittima che mia madre potesse fargli le stesse
cose che aveva fatto a Domizia…
“Tuo padre non ha il coraggio
di ammettere davanti a te che è solo colpa sua se tuo
fratello è finito nella casa dei
rinnegati…”
“Walburga!”
Mio padre si mosse verso di noi, mia madre si alzò rapida e
imperiosa, mollando la presa su di me: io ne approfittai per fuggire
dietro la poltrona accanto.
“Regulus vattene
subito!”
Mia madre aveva già tirato fuori la bacchetta ed io ero
preso come un topo in trappola, a metà strada tra mio padre
e la porta.
“Digli perché
è colpa tua…”
Mi sbiancai e pregai che fosse solo un brutto sogno.
“Walburga….
Calmati, per favore… non è come pensi
tu… ho una cosa per te… che ti
spiegherà tutto… per favore… lascialo
andare…”
“Digli perchè te
l’ho detto da sempre che Sirius era solo tuo…
digli perchè stasera ne ho avuto la
dimostrazione… e digli soprattutto, che cosa
sei…”
Non capivo cosa stavano dicendo, ma intanto, lentamente, mio padre si
era mosso fino a mettersi tra me e mia madre, ora mi stava facendo
scudo. Davvero pensava che ce ne sarebbe stato bisogno? Davvero quella
donna, che pochi minuti prima, per la volta nella mia vita, mi aveva
guardato con occhi carichi di sentimento sarebbe stata capace di farmi
del male? Davvero mio padre credeva questo?
“Vattene
Regulus…”
Presi coraggio e sfilai via dalla porta, cercando di mettere
più distanza possibile tra quei due e me… in
fondo al corridoio mi voltai appena in tempo per vedere un paio di
lampi rossastri venire dalla porta socchiusa e le urla di dolore di mio
padre. Le cose erano anche peggiori di quanto avessi mai immaginato.
Quell’inverno sarebbe stato dannatamente lungo, invidiavo
quel fratello rinnegato che se ne stava al sicuro nella torre dei
Grifondoro. E soprattutto mi arpionava la curiosità di
capire che senso avevano quelle accuse. Feci rumore per far capire che
ero salito nella mia stanza, poi mi chiusi la porta alle spalle e con
cautela e totale silenzio tornai sui miei passi: Sirius mi aveva
mostrato tante volte come faceva a scendere in cucina in piena notte
senza che gli altri se ne accorgessero. Ritornai indietro e mi nascosi
nelle pieghe d'ombra che riuscivo a trovare lungo il corridoio: stavano
litigando ancora, ma o per il dolore, o per la necessità di
non farsi sentire da me, la voce di mio padre era appena un sussurro
flebile, mentre mia madre… beh, i suoi più che
altro, erano ringhi e ordini secchi.
“Non è come pensi,
Walburga…”
“Non dovevi mandarceli, te
l’ho detto… quell’uomo è
impazzito… io te l’ho detto, quando l’ho
trovato che minacciava mio padre… ti ho detto che uomo
è veramente… ma tu… mai che credi a
me… mai…”
“Walburga… Alshain
non c’entra nulla, e quella storia… sappiamo
entrambi che tuo padre se l’è
cercata…”
“Sempre a
difenderlo… per cosa?”
“Walburga… per
favore… ora c’è qualcosa di
più importante… ha parlato con
Abraxas… l’ha messo alle strette e
quell’idiota gli ha detto tutta la
verità… ora sa che Malfoy non c’entra
niente…”
“E allora?”
“E allora vedi di smetterla
con certi giochetti! Hai già ottenuto quello che volevi, ora
cerca di controllarti, per l’amor di Merlino!”
“Cos’ho ottenuto?
Suo figlio ha sputato su Bellatrix come fosse… E per chi?
Per quell’insignificante mocciosa irlandese? Parli, parli, ma
per la tua famiglia da lui non hai mai ottenuto
nulla…”
Ci fu un momento di silenzio, poi sentii la voce di mio padre
abbassarsi ancora.
“Ora ti imploro…
leggi e cerca di controllarti… vedi di fingere di non
saperne nulla… e poi dimmi che non faccio mai nulla per
te…”
Ancora silenzio, poi un verso stranissimo, mi avvicinai ancora,
perché ormai i bisbigli erano quasi impercettibili.
“Non posso crederci!”
La voce squillante di mia madre ruppe quel silenzio carico di attese,
mio padre gli intimò con un verso di fare
silenzio… Continuavo a non capire.
“Credici, Walburga…
è qui, davanti a te, nero su bianco…”
Era una risata quella che stavo sentendo? Che diavolo stava accadendo
in quella stanza? Le parole che seguirono furono fuoco nelle mie
orecchie e nel mio cervello. Mi avvicinai ancora per assicurarmi di
aver sentito bene, ma all’ultimo il legno del pavimento
cigolò sotto il mio lieve peso, per paura mi ritrassi
rapidamente, il tempo di vedere l’ombra di mio padre
stagliarsi sull’arco della porta e già ero per le
scale. Non si erano accorti di me, forse avrebbero sospettato di
Sirius, se fosse stato in casa, ma di me non avrebbero sospettato mai.
Non ero il tipo da fare certe cose. Avevo il cuore in gola, per la
paura certo, ma soprattutto per le ultime parole che avevo sentito
pronunciare, tra le risate isteriche, da mia madre.
“Finalmente... I figli di
Meissa Sherton saranno dei Black…”
Non sapevo dare un senso a quella serata.
*continua*
NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, hanno aggiunto a preferiti/seguiti/ecc,
hanno recensito e/o hanno proposto/votato questa FF per il concorso sui
migliori personaggi originali indetto da Erika di EFP (maggio 2010). L'immagine scelta
per questo capitolo mi è stata suggerita da AryYuna.
Valeria
Scheda
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