..::.Io, la Tua Ombra.::.
Il ragazzo correva, affannato,
frettoloso come se avesse il Diavolo alle calcagna lungo la strada
principale della città.
Un ragazzo forse come tanti, un paio
d'occhi che avevano nuovamente imparato che cosa fosse la gioia di
vivere... una corsa disperata contro il tempo prima che il sole
tramontasse.
Il tramonto.
Il suo limite.
Perché sapeva che se lei ci fosse
stata veramente, sarebbe svanita con il calare del sole e l'avanzare
della luna. Sarebbe tornata nel suo mondo fatto di Buio e Stelle, dal
quale poteva vegliare su di lui.
Perché è necessario vegliare nelle
tenebre, dove c'è più bisogno della luce.
Non aveva trovato un solo passaggio
ingombro, nessuno aveva fermato la sua corsa...tutti si spostavano
alla sua vista, quasi riuscissero a sentire la sua urgenza, il suo
bisogno di arrivare in tempo e riuscire finalmente a rivederla; come
se la mano di qualche Dio lo stesse aiutando.
Non lo stesso Dio che l'aveva
ostacolato fino a ieri.
Perché lo sentiva.
Lei c'era.
I suoi singhiozzi.
Le sue lacrime.
Il suo dolore.
Similde nella piccola infermeria del
quartiere dei Custodi piangeva disperata, scossa dai singhiozzi
frenetici come una foglia in balia del vento, sola
nell'immensità di
quel bianco accecante che poco aveva a che vedere con i suoi vestiti
a brandelli, le ali candide macchiate di sangue, il volto graffiato.
La tenue luce delle stelle al di
fuori della piccola e unica finestra che dava nella stanza irradiava
Ombra, il reame degli Angeli, di una luce quasi beffarda, tristemente
dolce e malinconica in quel momento così disperato.
Philip.
Glielo avevano portato via.
Così piccolo, così dolce, da pochi
anni sotto la sua custodia...sette anni passati a vegliare su di lui
notte e giorno, seguito fin dal suo primo respiro, atteso con
più
ansia di quanta ne avesse avuta sua madre nel partorirlo, cullato
nelle lunghe notti di febbre senza che lui mai sapesse della sua
presenza costante.
Uno spirito della morte l'aveva
preso.
“La sua ora è giunta” le aveva
detto con espressione seria e distante quando le si era
presentato“i
patti sono chiari! Lascialo andare Angelo Custode!”.
Ma come poteva farlo?
Come?
Quale Custode senza cuore avrebbe
potuto permettere che il suo protetto, così ingenuo,
così gioioso,
venisse preso da uno Spirito della Morte quando ancora era
così
piccolo?
Non lei.
Non Similde.
Aveva lottato.
Aveva sfidato quello Spirito, si era
battuta con tutte le sue forze, aveva usato tutti i suoi poteri...ma
alla fine, troppo debole e incapace di competere, era caduta,
sopravvissuta per miracolo.
Philip se ne era andato con lo
Spirito.
La Custode ora piangeva.
L'aveva trovata Arthemisia, l'Angelo
guaritore che l'affiancava in caso di bisogno, sola sulle rive del
Pison, il corso d'acqua che divideva il regno degli umani da Ombra,
troppo debole persino per superare la barriera che le avrebbe
permesso di tornare a casa.
Lo schermo del Palmare di Controllo
di Philip in mille pezzi.
L'aveva presa e portata nella Sede
Amministrativa di Ombra, dove ora si decideva il suo destino.
Ma quale destino poteva interessare
a lei, Angelo Custode che aveva perso il suo protetto?
Angelo Custode.
Non fedele agli Dei.
Non fedele agli Angeli superiori.
Sempre fedele al proprio protetto.
Un rumore di porta che si apriva
distrasse la giovane Custode dai suoi pensieri. Alzò il
volto ancora
sporco di sangue e rigato di lacrime verso la figura che al suo
sguardo si era palesata, riconoscendo fortunatamente la figura di
Arthemisia, che preoccupata, era tornata da lei non appena possibile.
-Hanno deciso...- disse
semplicemente avvicinandosi alla branda dove l'amica era distesa,
sedendosi al suo fianco e lasciando che la Custode si sciogliesse nel
suo abbraccio consolatorio.
-Non importa...- mormorò Similde,
circondando la vita della Guaritrice e poggiando il capo sul suo
seno, come una figlia con la propria madre.
-Hai infranto tutte le regole di
Ombra...- cominciò.
-Non importa...- ripeté lei.
-Hai tentato di ostacolare uno
Spirito della Morte. Hai versato sangue che non ti apparteneva. Hai
usato il tuo potere per attaccare-.
-Non importa...- una nenia.
-Ti importerà- asserì Arthemisia,
cingendo protettiva la figura della collega -Non ti manderanno
nell'Oblio. Non ti cacceranno da Ombra. Non ti puniranno nemmeno...-.
-E allora che faranno?- la voce di
Similde era un sussurro.
Ormai che le importava?
Arthemisia prese fiato -Ti hanno
affidato un nuovo protetto...-.
A quelle parole, la giovane Custode
si sciolse dall'abbraccio, alzandosi appena per guardare la
Guaritrice in volto -Quale punizione sarebbe questa? Un nuovo
protetto? Ovvio che me ne avrebbero dato un altro...-.
-Non essere precipitosa. Ti affidano
un nuovo protetto... ma non sovraintenderai alla sua nascita...-.
-Cosa vuoi dire?-.
-Voglio dire che il tuo protetto è
già ragazzo. Ha diciassette anni e il suo Angelo Custode
è stato
ucciso da un Demone di Luce... è scoperto perché
non si è trovato
nessuno disposto a sostituirlo...-.
Il volto di Similde non perse
traccia di dolore, ma tuttavia si fece meno distante -Nessuno? E
perché? Che cos'ha questo povero ragazzo?-.
-Ha già perso tre Custodi. Uccisi
dai Demoni. Non si sa perché. Senza qualcuno a dirigerlo e
guidarlo
è diventato un caso quasi impossibile- senza aggiungere
altro, tirò
fuori dalla tasca della tunica il Palmare di Controllo, porgendolo
alla Custode.
Similde esitò un secondo.
Poi le dita si chiusero su
quell'oggetto che la sera prima lo Spirito della Morte le aveva
strappato dalle mani. Esitante lo aprì -Zachary Silver...-
mormorò,
leggendo il nome del ragazzo. Gli occhi si sgranarono di colpo nel
vedere la sua linea della vita -Morirà tra dieci giorni...-.
Arthemisia annuì gravemente -Droga-
disse -Ma non è la sua ora. Il Consiglio ha conferito con la
Morte
ed essa non prenderà la sua anima perché non ha
decretato la sua
fine. Saranno i Demoni a prenderlo, la sua fine è stata
orchestrata
da loro...-.
-Ed io cosa devo fare?-.
-Quello che sai fare. L'Angelo
Custode. Proteggilo, guidalo... salvalo. Potrai farlo Similde?-.
Similde esitò.
Lasciò che il suo sguardo cadesse
sull'immagine che il Palmare di Controllo dava del suo nuovo
protetto. Un ragazzo semplice, sfortunato, che tutti avevano paura a
proteggere -Sì... voglio farlo...- decise infine.
In quegli occhi così limpidi e
offuscati dal dolore di vivere, aveva trovato qualcuno che valeva la
pena salvare.
Voleva solo raggiungere il vecchio
palazzo abbandonato.
Ed eccolo.
Si ergeva silenzioso e solitario nel
mezzo della città, unico sprazzo di silenzio nella frenetica
esistenza che si svolgeva attorno.
Salì le scale, più velocemente che
poteva.
Il palazzo era alto, le scale
troppe, ma non gli importava...voleva solo vederla.
Spalancò con impeto la porta che
dava sul tetto, tanto che questa cigolò pericolosamente, sul
punto
di cadere quando sbatté contro il muro.
E lui avanzò di un passo, verso il
cornicione.
Niente.
Il ragazzo sembrò spaesato, come se
non si aspettasse il luogo deserto...era stato così sicuro,
così
certo della sua sensazione.
Poi avanzò ancora.
-Similde...-
chiamò chiaramente.
Quando aveva varcato i confini
segnati dal fiume Pison si era sentita osservata.
Quello era il confine, l'unico
passaggio per raggiungere il regno dei mortali.
E al di là del fiume, sorgevano i
due grandi regni; Ombra, la città degli Angeli. Luce, la
città dei
Demoni.
La riva del fiume era territorio
neutrale, per secoli gli Angeli avevano rispettato la tregua che era
stata decisa per quel luogo. Ma non si poteva mai sapere che cosa
aspettarsi da un Demone.
Un Demone non manteneva mai la
parola data se non gli veniva un comodo.
E così aveva passato in fretta il
confine segnato dal fiume, scendendo verso il mondo mortale,
invisibile agli occhi degli umani e consapevole di dove dovesse
andare.
E lo aveva raggiunto.
Zachary.
Visto di persona, era ancora più
triste.
Un ragazzo di diciassette anni stufo
della vita ancor prima di averla vissuta veramente...alto, magro come
un manico di scopa, senza un filo di muscoli ad accezione di quelli
fatti per strada, litigando per un filo di droga o per non farsi
portar via i pochi soldi che era riuscito a racimolare.
Capelli lunghi fino alle spalle, di
un caldo castano scuro quasi tendente al nero, in piacevole contrasto
con gli occhi verdi, così grandi e belli, eppure
così spenti e
distanti.
Due profonde occhiaie segnavano il
suo volto.
Innumerevoli i segni della vita
sulle braccia e sul corpo.
Senza un vero scopo.
Aveva lasciato la scuola e viveva in
uno squallido appartamento con una madre sempre sbronza picchiata in
continuazione da un padre troppo violento.
Lavorava come lavapiatti in un
ristorante, dove il proprietario che ben sapeva la sua situazione,
non aveva cuore di lasciarlo a casa nonostante i suoi innumerevoli
errori.
E tutto quello che guadagnava finiva
in quelle sostanze che gli bruciavano la vita.
Perché i Demoni lo volevano tanto?
E Similde non lo conosceva.
Non lo aveva visto nascere, non lo
aveva visto crescere.
Non poteva conoscerlo veramente.
Sapeva che con lui il Palmare di
Controllo sarebbe stato inutile.
E così prese forma umana.
Fece quell'unica cosa che gli Angeli
solevano non fare, quel passo che molti Custodi non facevano mai.
Perché prendere forma umana significava diventare come loro:
vulnerabili, fragili, mortali.
Ma se quello era l'unico modo per
conoscerlo, per riuscire ad avvicinarlo e capirlo, per salvarlo da
quel destino che gli abitanti di Luce avevano deciso per lui, allora
non avrebbe esitato.
Così un giorno si fece trovare sul
suo posto di lavoro, sorridente, con quel vestito di pizzo e quel
fiocco rosso tra i capelli troppo grande per il suo viso sottile -Io
sono Similde, la nuova cameriera- disse -E tu?-.
-Zachary... chiamami Zack...- le
sorrise, scrollando le spalle nella sua direzione.
Quel giorno tra di loro non vi
furono altre parole.
-Zachary...- un'esitante voce
femminile, insicura nel mormorare quel nome per intero.
Un sorriso tremulo.
-Similde...-mormorò di risposta, il
tono di voce era quello di un bambino che per la prima volta vedeva
la neve.
Aveva desiderato vederla più di
ogni altra cosa al mondo.
Ma lei non doveva essere lì.
Gli aveva detto che non sarebbe mai
più tornata.
Che sarebbe sempre rimasta ad Ombra.
Eppure eccola,
di nuovo davanti a lui, inaspettata come la pioggia d'estate, con
quel suo solito vestito vezzoso che la faceva sembrare una pregiata
bambola di porcellana antica, con quel suo sorriso timido e sincero,
con quel fiocco rosso tra i capelli troppo grande che le dava l'aria
di una bambina.
Erano passati due giorni da quando
era diventata il suo Angelo, ma la linea della vita segnata sul
Palmare di controllo non mutava.
Otto giorni era il termine ultimo
che le era stato dato, non era ancora cambiato e questo significava
che se non fosse riuscita, i Demoni sarebbero venuti a prendere
l'anima del ragazzo.
La prima volta che suo padre lo
picchiò lei era lì, invisibile, senza sapere che
cosa fare. Molte
volte i suoi protetti si erano presi degli scappellotti e dei
rimproveri, ma quello andava oltre la sua comprensione: un padre che
feriva il figlio, con cattiveria e rabbia.
E lui non aveva pianto.
Non una lacrima.
Difendeva semplicemente la madre,
prendendo ogni botta con espressione ostinata disegnata in volto, non
una parola, consapevole che esse avrebbero generato altre percosse,
per poi scoppiare il lacrime di rabbia e frustrazione non appena si
fu trovato solo, nascosto sotto le coperte del letto, il volto
affondato profondamente nel cuscino per attenuare il rumore del suo
pianto.
Quella notte Similde lo cullò a
lungo, protetta dai poteri magici del sonno, come se con quel gesto
riuscisse in qualche modo a guarire le ferite della sua anima.
Era un Angelo che vegliava il suo
protetto.
-Non so che cosa fare Arthemisia...-
aveva detto alla Guaritrice in un momento di sconforto -Mi trovo in
una situazione che non comprendo...-.
Arthemisia le aveva accarezzato i
capelli con un sorriso tranquillo, rassicurandola come meglio poteva
-Sono certa che lo farai. Se lo terrai lontano dalla droga...-.
-Noi non possiamo intercedere sul
libero arbitrio. Se Zack vuole drogarsi io...-.
-Hai fatto male a prendere forma
umana...-.
-Forse...-.
-No, sicuramente. Non l'hai visto
nascere, non l'hai visto crescere... per te Zachary potrebbe
diventare ancora più importante di Philip, e non sono sicura
che sia
un bene-.
-No Arthemisia, stai tranquilla. Non
decadrò. Non voglio infrangere ancora le regole di Ombra...-.
Sapeva che per quel peccato era
previsto l'Oblio.
E Ombra era la sua casa.
E Zachary era un umano che aveva
bisogno di lei...doveva salvarlo ad ogni costo perché era
quella la
sua missione, non vi erano altri motivi, e se aveva scelto di
prendere forma umana era solo perché quello era l'unico modo
per
conoscerlo veramente.
Non aveva tempo.
Solo altri otto giorni.
E così tentò di avvicinarlo
ancora..
Come se niente fosse si avvicinò a
lui durante una delle pause al lavoro, e con un sorriso luminoso
disse -Sai, io sono nuova qui... e tu a conti fatti sei l'unico che
conosco. Ti andrebbe di uscire dopo il lavoro?-.
Lui la guardò, silenzioso per
qualche secondo.
Similde poteva quasi sentire i suoi
pensieri... perché una ragazza così viene a
chiedere a me una cosa
del genere? Perché qualcuno dall'aspetto così
perbene si accorge
che esisto e non sono solo aria che si sposta al suo passaggio?
-Certo...- le disse dopo qualche
minuto- Ci vediamo dopo il lavoro...-.
E così era stato.
L'aveva aspettata fuori dal
ristorante e insieme avevano iniziato a percorrere una strada a caso.
-Sei sempre così silenzioso...-
disse Similde, imbarazzata nell'accorgersi che quello era una specie
di appuntamento.
-Non ci siamo visti molto, come fai
a dirlo?- rispose Zachary, sorridendole.
Era bello il suo sorriso, anche se
immensamente triste.
-Ti ho guardato a lungo in questi
due giorni...- non si accorse dell'ambiguità di tali parole
-Non
parli mai con nessuno. Fai il tuo lavoro e ascolti solo musica...
c'è
qualcosa di più in te di quello che mostri, Zachary...-.
-Forse- le aveva risposto -Ma non ti
farebbe piacere saperlo-.
-Perché?-.
-Perché sei una brava ragazza...-.
Non parlarono molto durante il
tragitto.
Similde non era abituata ad avere
contatti così ravvicinati con degli essere umani, avendo
sempre
vissuto ad Ombra e non essendosi mai mostrata ai suoi protetti,
sebbene li amasse oltre ogni altra cosa al mondo.
-Dove mi porti?-.
-Sei sicura di voler andare in posti
che frequento?-.
-Perché no?- era un Angelo, che
cosa doveva temere?
E lui la portò al Sotterraneo.
Non un locale, più che altro un
luogo di ritrovo di altri ragazzi come lui, disadattati, soli,
schiavi di quelle sostanze che avrebbero segnato la fine di Zachary.
-Non ti piace?- le chiese lui,
alzando la voce per sovrastare il volume troppo alto della musica-Te
l'avevo detto che non era un posto adatto a una brava ragazza...-.
Similde si voltò verso di lui,
guardandolo con occhi spalancati -In questo posto regna la
tristezza...- disse semplicemente, prima di rigirarsi e proseguire,
diretta verso un angolo meno in vista.
Piccolo. Polveroso. Sporco. Antro di
perdizione.
Sembrava il territorio perfetto per
un demone, forse lo era veramente.
Zachary la seguì, affiancandola. Le
parole di lei lo avevano colpito nel profondo, così
semplici, eppure
così sentite e così sincere. La prese per un
braccio e la voltò
verso di se, quasi ansioso di rivedere la sincerità di
quello
sguardo -Perché sei voluta venire qui? Pensavo si capisse
che tipo
di persona sono...-.
Lei gli sorrise, senza sfuggire da
quella presa delicata...lo immaginava più brusco -No. Non si
capisce
affatto...- rispose.
Si guardarono in silenzio per alcuni
istanti, poi lei si avvicinò di un passo, alzandosi sulle
punte per
parlargli all'orecchio, come se avesse paura che qualche
entità la
sentisse -Mi fai ballare? Non ho mai ballato in vita mia...-.
Lo sguardo che Zachary le riservò
era stupito, quasi incredulo -Mai per davvero?-.
-Mai...-.
Lasciò la presa al di lei braccio,
lasciandola delicatamente come l'aveva presa, porgendole poi la mano
-Allora vieni... non è così difficile sai?-.
Quella notte, Zachary non si drogò.
Non bevve con quegli amici come lui
che lo stavano attendendo nel solito stanzino per farsi insieme delle
dosi, non finì mezzo morto su un marciapiede attendendo che
le
sensazioni alterate dalla droga tornassero normali prima di
rincasare.
Semplicemente ballò.
Innocentemente.
Con quella ragazza che conosceva da
due giorni appena ma che aveva saputo guardarlo più
sinceramente di
chiunque altro.
Quella notte Similde, ballando per
la prima volta in vita sua tra le braccia di un ragazzo, perse la sua
prima piuma.
Ma non se ne accorse.
E dopo quella notte, quando guardò
sul Palmare di Controllo, la linea della vita si era alterata:
Zachary
Silver, 17 anni
Tempo rimasto: 25 giorni
Cause dipartita: incidente stradale
Zachary non si
mosse, rimanendo a guardare la di lei figura stagliata nel rosso del
tramonto, come se fosse la cosa più bella.
-Sei veramente
tu?- una domanda così tremendamente infantile da risultare
meravigliosa.
-Sì...- rispose
lei, senza ancora il coraggio di scendere.
I lunghi capelli
neri raccolti con quel grande fiocco rosso e il corto vestito di
pizzo bianco e nero scosso dalla leggera brezza, parevano essere
l'unica nota mobile in tutta quella fermezza, in tutta
quell'esitazione. Persino le grandi ali, quasi del tutto senza piume
che la giovane portava ora schiuse agli ultimi raggi del sole, erano
fisse, immobili.
Il suo Angelo
Custode.
-Perché..?-
chiese.
Una
domanda sola, semplice, secca, eppure così accorata e
disperata.
L'aveva notata da un paio di giorni,
la figura che, all'incirca dal momento in cui aveva messo piede nel
mondo degli essere umani, la stava seguendo senza un attimo di sosta.
Anche quando era invisibile.
Era un uomo distinto in apparenza
senza niente di sconveniente, con indosso un lungo cappotto scuro e
un capello gessato, aveva i tratti del volto nascosti da una pesante
sciarpa che portava al collo e una ventiquattro ore in mano.
Inizialmente non ci aveva fatto
caso, e nel prendere forma umana si era imposta di usare il Palmare
di Controllo il meno possibile; eppure, dopo il terzo giorno che la
seguiva, anche in posti dove lei si presentava in forma incorporea,
un dubbio le aveva turbato la mente.
Così aveva ceduto e aveva letto i
dati di quell'uomo sul Palmare: Diaspro.
Solo un nome.
Scritto in verde.
Un Demone di Luce.
Perché un Demone la stava seguendo?
Nonostante il loro odio secolare, quando erano nel mondo umano, era
raro che si osteggiassero, a meno che i piani di uno non andassero a
cozzare contro quelli dell'altro.
Che fosse quello il demone che
seguiva Zack?
Se era così doveva sapere che
Similde era il suo Angelo Custode, o non l'avrebbe seguita.
Decise di affrontarlo.
Per il bene suo e quello di Zachary.
Non ci era voluto molto...era
bastata un'occhiata in metropolitana, lo aveva fissato, rimanendo
invisibile agli occhi di tutti meno che ai suoi, per poi scendere ad
una fermata a caso, camminando fino a quando non aveva trovato un
vicolo nascosto.
E lì, prese forma materiale.
-Te ne sei accorta...- le disse il
Demone, ancora senza palesare il suo volto.
-Un Demone che segue un Angelo nel
mondo materiale... non potevo non accorgermene, sei in grado di
vedermi anche quando sono informe...-.
-Un Angelo Custode che prende forma
umana per aiutare il suo protetto...- il suo tono era di scherno -Non
è contro qualche vostra regola?-.
-Contro la tradizione. Non contro le
regole...- aveva paura.
Si era ripresa da poco dalla lotta
contro lo Spirito della Morte, e temeva di doversi battere con il
Demone, specie se non era a conoscenza del suo livello.
-Che cosa vuoi Custode?-.
-Che cosa vuoi tu, Demone- la sua
voce era straordinariamente calma -Mi segui da giorni ormai, ho
intralciato forse i tuoi piani?-.
-Voglio solo una cosa e tu mi stai
mettendo i bastoni tra le ruote...-.
-Vuoi Zack?-.
-Sagace...- lentamente, il Demone
aveva iniziato a togliersi la sciarpa scura dal volto, rivelando un
viso umano in tutto e per tutto, ad eccezione degli occhi che
splendevano gialli come quelli di un gatto -Sono anni che lavoro per
averlo, uccidendo quelli che come te si mettono in mezzo. Mi sono
fatto notare per tastare il tuo livello, ed ora sono qui per
avvertirti: ricorda, uccidere un Angelo nel mondo umano va contro la
tradizione, non contro le regole...-.
La linea della mascella di Similde
si fece dura e severa, mentre la preoccupazione iniziava a farsi
strada dentro di se -Non lo avrai Demone. Combatterò fino
all'ultimo
per salvarlo...-.
Non aveva paura di morire per
Zachary, così come non aveva avuto paura di rischiare per
Philip.
-E allora morirai, Angelo...- le
parole del Demone erano cariche di disprezzo.
-Chi sei? E perché vuoi il
ragazzo?-.
-Il mio nome è Diaspro, Demone
della Superbia- una pausa -E il motivo per cui voglio il ragazzo mi
appartiene. Questo era solo un avvertimento, Custode... non mi piace
uccidere le belle ragazze...- le rivolse un sorriso, osceno,
lussurioso, demoniaco.
Poi senza aggiungere altro spalancò
le sue ali, nere come il peccato, continuando a guardarla come aveva
fatto in tutti quei giorni.
E senza indugiare prese il volo,
sparendo in un vorticare di piume nere.
Ma Similde non ne era spaventata.
Non più.
-Diaspro, Demone della Superbia...-
mormorò, stringendo i pugni con forza -Ti giuro davanti a
Dio che
salverò Zachary, a costo della mia vita...-.
-Perché no?-
rispose lei.
Per un momento
Zachary non seppe rispondere. Era sempre stata così dal
momento in
cui l'aveva conosciuta, mutevole come le stagioni, inafferrabile come
l'aria, sempre maledettamente incoerente e senza spiegazioni.
Ma cosa
importava infondo delle spiegazioni?
-Non... non
dovresti essere qui...- trovò il coraggio di dire, cercando
di
mettere da parte i suoi sentimenti e i suoi pensieri.
Lei doveva
restare ad Ombra.
Quella era la
sua casa.
-Non
dovrei essere nemmeno così felice di vederti se è
per questo...- il
sorriso tremulo delle di lei labbra permaneva, come una carezza a
distanza per gli occhi.
-Perché ti droghi?- quella domanda,
da quasi due settimane, aleggiava sulle labbra dell'Angelo; un
quesito inespresso che non trovava risposta nei dati forniti dal
Palmare di Controllo.
Lui odiava la droga, odiava lo stato
a cui portava, odiava il dolore che provava ogni volta che sentiva
l'ago appuntito bucargli la pelle... eppure continuava a farlo.
La prima notte che lo vide bucarsi
rimase scioccata. Non tanto dal gesto, non era la prima volta che
assisteva a cose simili, quanto per la sua espressione. I suoi occhi
così spaventati per quello che stava facendo,
così nauseati,
eppure, così annebbiati dall'astinenza, così
terribilmente
disperati.
E Similde si era chiesta perché.
Cosa lo portava a fare quello che
faceva?
Dopo la sera al Sotterraneo era
quasi venuto naturale per entrambi fermarsi a parlare dopo il lavoro,
andare a bere un caffè insieme, salutarsi come due vecchi
amici.
E a Zachary non importava se la
ragazza non beveva mai niente, neanche l'acqua, se non l'avesse mai
vista mangiare. Sapeva solo che quella voce sottile e quella presenza
così eterea lo calmavano, lo facevano sentire come mai si
era
sentito prima: a casa.
Quel pomeriggio, lui aveva deciso di
portarla lassù, in cima a quel palazzo abbandonato, dove
amava
andare nei pomeriggi primaverili, quando ancora andava a scuola e
quando ancora la sua vita non sembrava così pessima.
Lei, che in tutto e per tutto
sembrava la reincarnazione del sole che tramontava, che nella notte
spariva sempre come un fantasma, e che lui temeva di non rivedere il
giorno successivo.
-E' così palese che lo faccio?-
domandò lui, distogliendo gli occhi dalla di lei figura, che
seduta
sul cornicione del palazzo lo guardava, seria.
Non voleva vedere la compassione nei
suoi occhi.
-Per me sì...- rispose lei, senza
muoversi -perché lo fai?-.
-Perché sono debole- si vergognava
terribilmente di ammetterlo davanti a lei, ma aveva la sensazione di
non poter sfuggire da quegli occhi che lo fissavano così
sinceramente -E nessuno può aiutarmi...-.
-La fede può farlo...-.
-La fede?- quelle parole gli
suonarono tra le più stupide che avesse mai sentito -Non
esiste
niente lassù Similde... esiste solo l'inferno, ed
è qui, sulla
terra...-.
Similde si alzò in piedi
sorridendo. La sua figura, eretta sul cornicione, non pareva
così in
pericolo come inizialmente Zack aveva pensato -Hai ragione, il
paradiso non esiste, e neanche l'inferno...- con uno scatto gli diede
le spalle, lasciando che gli ultimi raggi del sole le illuminassero
il volto -Vedi?- domandò, allungando improvvisamente la mano
indicando l'orizzonte -Laggiù, al di là di tutto,
c'è un fiume...
e al dì là di questo fiume c'è Ombra,
il regno degli Angeli...-.
Zack avanzò di un passo verso di
lei, ridendo sommessamente -Ma che cosa stai dicendo?-.
-Che laggiù, in quel regno lontano,
c'è qualcuno che ti ama più di qualsiasi altro,
qualcuno che segue
la tua vita da quando sei nato, e che ti ha messo a fianco un Angelo
che ti guiderà fino alla fine dei tuoi giorni...- socchiuse
gli
occhi, cercando di dominare la forte nostalgia che aveva di casa
-Come puoi non credere a tanto amore?-.
Non seppe mai Zack, che cosa lo
spinse esattamente quel giorno.
Ma dentro di se non si perse mai la
visione di quel momento, di quella splendida ragazza che lo capiva
meglio di chi lo aveva messo al mondo, il suo profilo stagliato agli
ultimi raggi del sole che fissava un regno al di là del
mondo.
Fu solo un attimo.
Ma quell'attimo lo spinse a
percorrere quell'unico passo che li separava.
Con quel tocco così gentile che
nonostante tutto lo contraddistingueva, la cinse delicatamente con
entrambe le braccia, tirandola verso di se, voltandola come se fosse
una bambina.
Similde presa alla sprovvista non si
ribellò.
I loro corpi erano così vicini.
-E qui Similde? Qui c'è qualcuno
che mi ama?-.
E nel maggio del 2008, in cima ad un
palazzo, avvolta solo dal silenzio e dalle braccia del suo protetto,
Similde diede e ricevette il suo primo bacio.
Un bacio casto, timido e impacciato.
Così dolce da rendere chiara la
verità, chiara come il giorno che ormai stava scemando
all'orizzonte: non lo aveva visto nascere, non lo aveva visto
crescere, non poteva riservargli l'amore e la dedizione che un Angelo
deve riservare al suo protetto.
Poteva riservargli l'amore e la
dedizione che una donna provava per un uomo.
E quando Similde si accorse della
seconda piuma che lenta si staccava dalle sue ali, un moto di paura
la fece sobbalzare e scappare di corsa.
Di nuovo, aveva infranto le regole
di Ombra.
Un Angelo non poteva amare in quel
modo.
L'unico amore concesso era quello di
Dio.
Zachary la guardò impotente mentre
lei si allontanava da lui, il terrore disegnato sul volto e le
lacrime che le riempivano gli occhi. Non poté far nulla
quando lei
gli diede le spalle, scappando il più velocemente possibile
da quel
palazzo, da quel sentimento che le sarebbe costato l'esilio dalla sua
casa e la perdita delle sue ali.
Quella notte, Zachary, la passò nel
caos che solo la droga sapeva dargli.
Spese tutti i soldi che aveva con
se, tutte le sue energie, sperando finalmente di non risvegliarsi
più
da quel torpore che lo prendeva sempre dopo che l'ago gli aveva
bucato le vene.
Perché in un secondo, aveva perso
forse l'unica cosa bella che gli fosse mai capitata...e
perché lui
stesso, si rendeva conto che le brave ragazze si innamoravano dei
cattivi ragazzi solo nei film.
Invisibile ai suoi occhi, Diaspro
della Superbia sorrideva.
-Sei felice?- il
ragazzo sentì la sua voce, esitante.
Non voleva
sentire la risposta, la temeva al pari di una chimera, eppure sentiva
di averne un bisogno fondamentale.
In qualsiasi
caso qualcosa sarebbe stato distrutto: se lei avesse detto di no, il
suo cuore ridotto in mille frammenti, se avesse detto di si,
probabilmente il resto della loro vita.
Eppure...
eppure non poteva non saperlo.
Similde tremava, scossa dai
singhiozzi e dalla paura, tenendo tra le mani quella piuma che solo
il giorno precedente aveva perso.
Non aveva avuto il coraggio di
tornare ad Ombra.
Arthemisia era al suo fianco,
preoccupata, che guardava la propria collega stringere
spasmodicamente la piuma che aveva perso, chiaro segno del rischio di
decadenza che stava correndo.
-E' solo una piuma...- cercò di
dirle per calmarla -se sarai cauta non succederà
più. Capita a
tutti prima o poi nella vita di fare un errore, ma non significa che
sei decaduta... Dio è buono, ti ha avvertito del pericolo,
ma a
tutti concede di tornare indietro...-.
Similde si lasciò andare tra le
braccia di Arthemisia, come spesso faceva quando si sentiva
triste...la Guaritrice era a conti fatti la sua unica vera amica.
La decadenza.
Ciò che spaventava ogni Angelo,
ancora più dei Demoni.
Come si poteva accettare una vita
mortale, dopo aver conosciuto l'amore di Dio, il più
autentico e
forte che vi fosse in tutto il mondo? Lontani dal regno di Ombra,
dalla culla di ogni Angelo, dalla beatitudine che Dio concedeva.
La perdita di quella piuma
significava che dentro di lei stavano sbocciando sentimenti e
sensazioni non permesse, che stava iniziando a desiderare come un
Angelo non dovrebbe, che stava rendendo sue tutte quelle sensazioni
umane che leggeva negli occhi di Zack ogni volta che lo guardava.
E lo guardava sempre.
-Ho paura...- singhiozzò disperata
-Tanta paura...- temeva quei sentimenti nuovi che la stavano
prendendo, aveva paura di essere cacciata da Ombra e di perdere le
ali.
Ma infondo al proprio animo, dentro
di se, quelle sensazioni le piacevano.
E amare Zack era la cosa più bella
e dolce che le fosse mai capitata.
-E' proprio vero...- mormorò
Arthemisia -Che nessun Custode dovrebbe prendere un protetto dopo la
sua nascita...-.
Quando improvvisamente sentirono
bussare.
-Chi è?- domandò Arthemisia,
alzandosi in piedi e andando all'ingresso.
-Similde... sono Zack...-.
Per qualche attimo Zachary non
ottenne alcuna risposta. Poi sentì chiaramente qualcuno
armeggiare
con i chiavistelli e poco dopo vide la porta aprirsi, palesando la
figura di una donna piuttosto giovane, dai lunghi capelli ramati.
-Mi scusi...- disse Zack, sentendosi
improvvisamente in imbarazzo -Io... cercavo Similde...-.
-Non dovresti essere qui- taglio
corto questa.
-Come?-a quelle parole sentì che
qualcosa non andava. Chi era quella donna per dirgli che non avrebbe
dovuto essere li? La madre di Similde forse? Era troppo giovane.
Eppure il suo tono, anche se
imperioso, era più che altro una preghiera -Vattene via,
Zachary
Silver... lasciala stare-.
-No...- mormorò lui scuotendo il
capo, ancora troppo debole per reagire veramente -La prego... me la
faccia vedere. Solo qualche attimo... io devo solo parlarle...-.
La donna esitò.
-Arthemisia... lascialo entrare...-
la voce di Similde era esitante, stanca, carica di lacrime.
Zachary si sentì stringere il
cuore.
Arthemisia parve esitare ancora, poi
si fece di lato lasciando passare il ragazzo, che barcollando appena,
entrò nella piccola e vuota sala.
Quello che vide lo mise stranamente
a disagio: un appartamento piccolo e quasi totalmente vuoto, ad
eccezione di qualche scatolone e un tavolo con alcune sedie. Seduta a
terra, al centro della stanza, stava Similde, il volto ora asciutto
ma sconvolto, i capelli sciolti sulle spalle. Ai suoi piedi, alcune
grosse piume bianche delle quali non capiva la provenienza.
Per un secondo i due ragazzi si
guardarono in silenzio.
-Ti ha scioccato così tanto il mio
bacio?- domandò Zack.
-Sì...-.
-Io... ascolta, io non intendevo
baciarti come passatempo...-.
-Lo so...- sì, lo sapeva anche
senza guardare il Palmare.
-Ci conosciamo da poco ma... ma non
so nemmeno io che cosa mi prende! So solo che... che sei una delle
poche cose belle che mi siano capitate e non voglio perderti...- una
pausa -Vorrei poterti dire che non accadrà più se
ti ha tanto
sconvolto ma non... non posso giurarlo...-.
-Zachary...- la voce della giovane
si incrinò appena -Credo che non... non dovremmo
più vederci...-
Il volto di lui si fece di pietra
-Cosa?-.
Com'era doloroso per lei dire quelle
cose -io non...non posso Zack. Credimi non posso- sentiva le lacrime
solleticarle le guance.
Non poteva.
Non voleva.
Non le era concesso.
-E' perché... perché mi drogo?-
domandò dopo un secondo di esitazione -Perché
sono un cattivo
ragazzo?-.
-No... non è...-.
-Io... Similde non posso prometterti
che ce la farò ma... cambierò!
Cercherò di resistere, di
smettere... se è questo...-.
-Non è questo!!!- la sua voce si
fece più alta.
-E che cos'è allora?-.
Similde esitò -Non... non posso
dirtelo...-.
-Certo. Capisco...- Zachary le diede
le spalle, allontanandosi di un passo -Per cosa mi sei stata vicina
fino ad oggi allora?? Per cosa se non vuoi... non vuoi nemmeno
fidarti di me?- si bloccò di colpo, quando gli occhi gli
caddero su
un 'oggetto appoggiato sull'unico tavolo della stanza.
Un Palmare.
Distrattamente lo gratificò di uno
sguardo rapido, fermandosi quando, a caratteri cubitali,
notò
scritto il suo nome -Che cos'è?- domandò,
allungando la mano per
prenderlo.
Gli occhi di Similde si sgranarono
di colpo -No! Aspetta!!-.
-Fermo!- Arthemisia, che fino a quel
momento era rimasta ferma sulla soglia, scattò in avanti nel
tentativo di bloccare il ragazzo.
Tutto
inutile.
Il volto del ragazzo perse
improvvisamente colore quando lesse quanto c'era scritto sopra -che
cosa significa?-domandò, lasciando che i suoi occhi
carezzassero le
parole che scorrevano.
La sua vita, i suoi ricordi, i suoi
dati personali, persino i suoi gusti e le sue passioni.
-Zack, non è...-.
-Da quanto mi segui?- quella
domanda, così dura e secca, interruppe ogni giustificazione
sul
nascere -Tu, sei pazza... come fai a sapere tutte queste cose di me?-
era come se l'avesse tradito.
Similde scosse il capo. Il suo
Palmare di Controllo. Che cosa avrebbe pensato ora di lei? Sapeva che
era sbagliato, che era rovinoso per entrambi, ma non voleva che lui
smettesse di guardarla in quel modo così speciale -Lasciami
spiegare...-.
-Spiegati!- con forza poggiò il
Palmare sul tavolo, distogliendo gli occhi da quello scempio -Adesso
spiegati perché questa... questa è una cosa
malata!-.
Silenzio.
Per qualche istante la Custode non
seppe proferir parola.
Lei era un Angelo, non poteva
mentire.
Ma lui non si sarebbe accontentato
di un “non posso dirtelo”, non questa volta.
-Sono un Angelo di Ombra- disse.
Con tutto il cuore e tutta la
sincerità che possedeva.
Gli mise tra le mani il suo essere.
Arthemisia alle loro spalle sgranò
gli occhi.
-Cosa?- la voce del ragazzo era
rotta, stanca.
-Sono un Angelo di Ombra...- ripeté.
Si alzò, raccogliendo una delle piume cadute -Il tuo Angelo
Custode...- lentamente, come se quel gesto potesse spiegare tutto,
gli mise tra le mani la piuma -Questa l'ho persa per te...-.
Zachary fissò la ragazza che aveva
di fronte come se non l'avesse mai vista, abbassando lo sguardo sulla
grossa piuma bianca che gli aveva dato. Poi rialzò gli occhi
su di
lei -Tu sei pazza...non voglio vederti mai più-
mormorò, prima di
voltarsi e correre fuori dall'appartamento, barcollante.
Similde, quasi d'istinto, mosse un
passo in avanti allungando il braccio, come a volerlo fermare.
Poi lentamente ricadde al suo
fianco.
-Che cosa ho fatto Arthemisia... che
cosa ho fatto?- domandò.
La donna esitò. Poi si avvicinò,
cingendola con entrambe le braccia -Lo ami vero?-.
-Sì...-.
-Allora lascialo andare. È meglio
così. Continuerai a seguirlo, invisibile ai suoi occhi...
Similde,
non puoi amarlo da donna, sei un Angelo...-.
Ma faceva male.
Terribilmente male.
Zachary
Silver, 17 anni
Tempo rimasto: 3 giorni
Cause dipartita: suicidio
-Felice?-domandò
lei.
Il sole
illuminava il suo volto con tutta la sua forza come se volesse a
tutti i costi nascondere alla vista di Zachary i di lei tratti
perfetti.
-Non sono mai
stata così felice in tutta la mia vita...-
mormorò.
Una lacrima,
solitaria e silenziosa, le solcò la guancia...
Zack era stufo.
Questa volta per davvero.
Non aveva senso continuare, non ora
che aveva perso l'unica cosa che credeva lo avrebbe aiutato a uscire
dalla terribile realtà in cui viveva.
Quando l'aveva conosciuta la credeva
una specie di apparizione, innocente e candida in quel quartiere
così
squallido, ma non abbastanza importante da essere più di
quello che
sembrava nella sua vita: un'apparizione.
Poi avevano ballato insieme quella
sera al Sotterraneo, ed era cambiato tutto.
In poche settimane, senza rendersene
conto fino al momento in cui si erano baciati, Zack si era innamorato
di lei.
Per la prima volta nella sua vita
aveva provato quel sentimento che aveva sempre ritenuto di poca
importanza, aveva pensato di offrire se stesso e il suo cuore a
qualcun altro.
Per poi scoprire che questo qualcun
altro, era al di fuori della sua portata.
E adesso non ce la faceva più.
Erano passati due giorni da quando
aveva lasciato l'appartamento di Similde, sconvolto, ed ora, stava in
cima a quel medesimo palazzo dove si erano baciati quell'unica volta,
in piedi sul cornicione dove era stata lei, pronto a compiere quel
passo che gli avrebbe dato la pace.
Era già stato in passato sul punto
di fare quel gesto, ma alla fine qualcosa lo aveva sempre fermato:
sua madre, il proprietario del ristorante, la vecchia signora Livia
che viveva nell'appartamento a fianco al suo e che gli faceva
praticamente da nonna.
Ma la salvatrice che voleva, oggi
non sarebbe venuta.
Strisciò appena i piedi in avanti,
sporgendoli leggermente.
Sentì il vento soffiargli in volto,
delicatamente, scompigliandogli i capelli... il vento.
Aprì gli occhi per guardare
l'ultima volta il sole, quando questi si fissarono all'orizzonte:
laggiù c'era un fiume, e al di là di quel fiume
c'era Ombra, il
regno degli Angeli.
Similde ci credeva.
A suo parere l'orizzonte non era più
che una linea piatta che si estendeva lontano dalla sua portata,
eppure lei era riuscita a darci un nuovo significato...il sole, il
giorno, il mondo.
Era tutto così bello, così
prezioso.
Poteva forse abbandonare un mondo
che non aveva ancora scoperto?
-Io... io voglio vivere...- mormorò
tra sé sé -Voglio vivere...-
indietreggiò, appena, ora consapevole
del vero pericolo che stava correndo.
-Ritieni che sia giusto farlo?-.
Una voce, sarcastica e acuta alle
sue spalle lo fece voltare, molto lentamente.
Un uomo dall'aspetto distinto, con
indosso una giacca scura e un cappello gessato lo stava fissando a
qualche metro di distanza, tenendo tra le mani una ventiquattrore.
Zachary lo fissò stranito -Scusi,
lei chi è?- domandò esitante.
-E''così importante questa vita a
cui ti mantieni attaccato con tanta passione?- domandò
l'uomo,
ignorando volutamente la sua domanda -Infondo non c'è niente
che tu
possa perdere, niente che ti appartenga veramente...-.
-A parte la vita-.
-Che vivrai solo- sulle labbra
dell'uomo si disegnò un ghigno -Lei ti ha abbandonato, vero?
Il tuo
piccolo e perfetto Angelo... ha avuto paura quando si è
trattato di
perdere le ali. Non le ha giocate per te...-.
-Angelo? Tu... cosa ne sai di lei?-.
-Allora hai capito di corsa parlo.
Ed io che pensavo che la tua rinuncia significasse che non ci
credevi...- rise sommessamente -Non importa. Non sono qui per parlare
della Custode... sono qui perché tu devi fare quel salto,
volente o
nolente-.
-Cosa?- il ragazzo sentì il sangue
gelarsi nelle vene -No ascolti, io non so chi lei sia, ma chiaramente
non...-.
-Cos'è infondo? Solo un piccolo
salto... e poi sarai libero. Libero di vedere finalmente Ombra, quel
regno che lei ama più di te, o magari... di vedere Luce...-.
Luce?
E che cosa diavolo era Luce?
-Senta, veramente...-.
-Guarda le tue braccia Zachary
Silver. Sono il chiaro segno che non t'importa della vita. Non sei
abbastanza forte-.
A quelle parole, qualcosa nell'animo
di Zack si ribellò.
Lo sguardo cadde sulle sue braccia
coperte dalle maniche della felpa, che sapeva essere un cimitero di
buchi e graffi... quelle braccia che avevano retto il corpo di
Similde mentre ballavano, che l'avevano stretta. Lei non si era
ritratta, sebbene sapesse che cosa celassero le maniche.
Quei buchi non erano la sua vita.
Non se lui decideva di cambiare.
-Senta- il suo tono era deciso -Io
non so chi è lei, ma questa conversazione mi ha stufato. Sta
farneticando- con decisione, mosse un passo in direzione del palazzo,
con l'intento di scendere, quando sentì una forza strana
bloccarlo
completamente -Ma... cosa...-.
Il volto dell'uomo era annoiato
-basta giocare- disse, avanzando di un passo -Vuoi sapere chi sono?
D'accordo, mettiamo le carte in tavola... sono Diaspro della
Superbia, il Demone che oggi è venuto a riscuotere la tua
anima!- le
pupille di Zack erano dilatate dal terrore -E che tu lo voglia o
meno, salterai- e così diede la spinta.
Lieve, quasi impercettibile.
Zack urlò, sentendo improvvisamente
il vuoto sotto di se e sentendo il proprio corpo che precipitava.
Alla fine, il momento era arrivato,
e senza che lui lo desiderasse veramente.
Era finita.
Poi le sentì.
Due braccia esili che si serravano
attorno al suo corpo quando ancora era a metà della sua
caduta, un
corpo sottile contro il proprio, un profumo familiare e un vorticare
di piume bianche attorno a loro.
Un amore infinito.
-Non ti lascerò morire...-sussurrò
qualcuno.
Zachary non ebbe paura...si lasciò
andare contro quel corpo che lo difendeva, che lo stava riportando in
alto, che non lo lasciava, che non gli avrebbe permesso di morire.
Tenne gli occhi chiusi, timoroso di
guardare, fino a quando non sentì la fredda pavimentazione
del
palazzo sotto di lui...esitante, lasciò il calore delle
braccia del
suo salvatore, per poi voltarsi finalmente a guardarlo -Similde...-
mormorò.
Lei era lì, davanti a lui.
Sorrideva dolcemente.
Le ali spiegate alla luce del
giorno.
Fu solo un rapido sorriso, perché
lei si volse verso il Demone per affrontarlo -Diaspro...-.
-Similde!!!- rispose lui, gli occhi
gialli ora accesi di rabbia -Questo è stato veramente
scorretto-.
-Io sono stata scorretta?- domandò
lei, parandosi tra lui e il suo protetto.
-Che cosa penseranno i tuoi
superiori a Ombra quando sapranno che hai salvato il tuo protetto
dalla morte?-.
-La stessa cosa che diranno i tuoi
quando sapranno che hai dato una spintarella di troppo. Il mio
compito è quello di vegliare, il tuo quello di tentare, ma
non
possiamo togliere il libero arbitrio-.
Le due entità si guardarono in
silenzio per alcuni minuti sfidandosi con gli occhi... lo stesso
spirito in due corpi avversi, avvinti in un'eterna lotta.
Poi finalmente, Diaspro parlò
-Credo convenga a entrambi, mantenere il riserbo su questa storia-.
-Su questo siamo d'accordo, Demone-
una sensazione di sollievo le prese lo stomaco.
-Sei una degna avversaria, Custode.
Molto meglio di altri Angeli insipidi che ho ucciso. Sarà
divertente
giocare con te...-.
-Non hai intenzione di lasciarlo
stare, vero?-.
-Mai. Lotteremo per lui fino alla
fine dei suoi giorni- improvvisamente, contro tutte le aspettative,
Diaspro sorrise -Sarà molto divertente...- poi, senza
aggiungere
altro, spalancò le proprie ali -A presto, Angelo Custode-.
-Al più tardi possibile, Diaspro
della Superbia...- rispose lei, sentendo i muscoli rilassarsi quando
lui si fu allontanato.
Per un attimo rimase a fissare il
cielo, come a voler calmare la tensione.
Poi sentì una mano calda, gentile,
posarsi sulla sua spalla... e tutto il controllo venne meno.
-Similde...- mormorò Zack, cercando
di non toccarle le ali. Erano così belle e delicate, che la
paura di
sgualcirle lo fermava.
Similde sentì gli occhi farsi
lucidi di lacrime, mentre con lentezza si voltava verso il suo
protetto, andandone subito a cercare gli occhi -Zachary...-
mormorò
a sua volta.
Quel nome bastò per molti minuti.
Fino a quando Zack non si decise a
parlare -Era tutto vero-.
-Sì...-.
-Tu sei... un Angelo-.
-Sì...-.
-E' per questo...- esitò- che non
puoi...-.
Similde avanzò di un passo verso di
lui, le lacrime ora sgorgavano abbondanti dai suoi occhi -Non
posso...vma voglio! Lo voglio con tutta me stessa!-.
Un abbraccio, dolce come il miele e
desiderato come una stella fece da corona a quel pomeriggio di
primavera.
Pomeriggio in cui Similde e Zachary
diedero una svolta alla loro vita.
-Ti porteranno via?- domandò lui
con un filo di voce, senza staccarsi da quell'abbraccio.
-Sì...-.
-Quando?-.
-Presto-.
-Finché potrò starò con te.
Ti
amo, Similde... davvero-.
-Anche io, Zachary. Ti amo più di
Dio...-.
Zachary avanzò
di un passo.
Due passi.
Voleva
avvicinarsi a lei, stringere il suo corpo delicato tra le braccia,
baciarla di nuovo.
Che cosa avrebbe
comportato questo?
-Ti
cacceranno...- disse lui, quasi senza rendersi conto del suo passo
che non accennava a fermarsi -Ti toglieranno le ali, ti...-.
Lei sorrise,
scendendo da quel cornicione. Un movimento verso di lui, verso un
essere umano, verso il regno dei mortali -Non importa. Se tu mi vuoi
ancora, non mi importa più...-.
-Ma Ombra... è
la tua casa-.
La loro prima volta, fu come
entrambi avevano sperato, immaginato.
Quella stessa notte, dopo che
Diaspro se ne era andato, in quel piccolo appartamento vuoto dove si
erano detti addio, consumarono il loro amore insieme, l'uno stretto
all'altro, in un abbraccio dolcemente disperato.
Timidi. Spaventati. Impacciati.
Innamorati.
Similde sapeva che presto sarebbero
venuti a prenderla. La sua energia diminuiva e gli Angeli Superiori
se ne sarebbero accorti di certo.
Ma ormai non temeva più quello che
poteva succedere.
Quando entrarono nell'appartamento e
si scambiarono quel secondo bacio, ogni paura si sciolse e ogni
dubbio fu dissipato.
-E' così strano...- le aveva
sussurrato Zack -Ma così bello...-.
Si.
Non solo bello.
Meraviglioso.
Il suo cuore batteva come quello di
un uccellino spaventato mentre le mani di Zack, impacciate e
inesperte, l'accarezzavano; le loro labbra si incontravano in baci
timidi e appassionati, i loro corpi si univano nel modo più
umano
possibile, in un turbinio di piume che, inesorabilmente, si
staccavano dalle ali dell'Angelo.
Non vi erano altri che loro, il
battito dei loro cuori, le loro anime che disperavano per stare
ancora più vicine di quanto già non fossero e la
loro paura, così
dolce in quel momento così sublime.
E in quella sinfonia di sospiri e
parole d'amore sussurrate, non vi era spazio per Dio.
Quella notte nessun Demone, nessun
Angelo venne a disturbarli.
-Similde... perché il regno degli
Angeli si chiama Ombra?- domandò Zachary dopo qualche ora,
mentre
giacendo al suo fianco le carezzava i capelli.
-Perché è proprio nell'Ombra che
il male prolifera... ed è lì che un Angelo deve
maggiormente
vegliare- rispose lei, stringendosi tra le sue braccia.
Braccia così sottili, belle.
I buchi lasciati dalle siringhe non
sembravano così importanti.
-Cosa ti faranno?- domandò.
-Non lo so...- rispose Similde
-Credo... mi impediranno di prendere forma materiale. Se
giurerò
ancora fedeltà non mi manderanno nell'Oblio- una pausa
-Zack...
quando verranno a prendermi, mi prometti che non rinuncerai mai alla
vita?-.
Lui si mise a sedere tenendola
ancora tra le braccia -Tu mi hai ridato la vita. Non rinuncerei mai a
qualcosa dato da te...-.
Lei sorrise -Perché io non sparirò
mai davvero. Sarò sempre lì... solo che tu non
potrai vedermi-.
Era la prospettiva peggiore.
Ma non voleva turbarla e si chinò
su di lei baciandole le labbra.
L'indomani, gli Angeli la portarono
via, mentre lui ancora dormiva.
Quando si risvegliò e vide che lei
non c'era, capì cosa era successo. Quella mattina Zachary
Silver
pianse tutte le lacrime che poteva piangere, ma prima della fine
della giornata, a se stesso e a lei fece un giuramento solenne: non
avrebbe mai più messo in forse la sua vita. La droga, le
brutte
compagnie... tutto eliminato, per sempre.
Non avrebbe sprecato più un solo
secondo di quel mondo così luminoso e bello che lei gli
aveva
mostrato.
Zachary
Silver, 17 anni
Tempo rimasto: 21900 giorni
Cause dipartita: morte naturale
-Sii tu la mia
casa...- rispose Similde, immergendosi negli occhi di lui mentre
ancora un passo la portò giù dal cornicione,
ancora con le ali
spiegate alla brezza.
Zack allungò la
mano verso di lei, prendendo la sua con delicatezza. Erano ancora
troppo lontani, ma presto l'avrebbe stretta tra le braccia -Non ti
pentirai?-.
L'Angelo scosse
il capo -No, non lo farò. Ho preso la mia decisione Zachary:
io
voglio restare qui con te. Preferisco una vita mortale al tuo fianco,
piuttosto che un'eternità nell'amore di Dio-.
Le stelle di Ombra erano
particolarmente opache quella notte.
Era nel suo regno tanto amato
finalmente, dopo alcune settimane...eppure, mai le era sembrato
così
tetro, così poco luminoso, così povero rispetto a
quello degli
essere umani.
L'avevano presa quella mattina e
portata al Palazzo di Giustizia, dove le avevano detto che sarebbe
stata messa a processo quello stesso pomeriggio.
Lei non si era ribellata, aveva
lasciato che le portassero via il Palmare di Controllo senza battere
ciglio, aveva giurato che non avrebbe tentato di scappare e poi era
rimasta in silenzio, per tutto il processo.
Nessuno le aveva fatto domande.
Le sue ali parlavano chiaro.
-Similde, Angelo Custode, le tue
colpe sono di natura lussuriosa e vanno contro ogni regola di Ombra.
Sei accusata di fornicazione, tradimento del codice dei Custodi, e di
aver stretto un patto con un Demone di Luce per nascondere il tuo
errore. Lo riconosci?-.
-Sì...- un Angelo non mentiva mai.
Anche se dettato dall'amore, la sua congiunzione carnale con Zachary
era un peccato, uno tra i peggiori.
Però non aveva paura.
Preferiva finire nell'Oblio prima di
rinnegare quel sentimento umano che aveva ormai fatto suo, prima di
pentirsi di ciò che aveva portato Zachary ad innamorarsi
finalmente
della vita.
L'Angelo Superiore non cambiò
espressione -Per questo peccato è previsto l'Oblio, ne sei
consapevole?-.
-Sì...- rispose di nuovo lei.
-Se tu avessi rinunciato alla tua
natura Angelica e avessi deciso di decadere nell'umanità
prima di
cedere alla carne avremmo mostrato clemenza, e saresti stata solo
esiliata da Ombra. E l'esserti legata a un Demone di Luce in un
patto, per quanto piccolo, non facilita la tua posizione-.
Diaspro.
Strano che in un momento simile
pensasse a lui.
Chissà se anche lui era finito nei
guai come lei.
-Per tanto...- riprese l'Angelo -Ti
condanniamo a perdere le ali, ed essere gettata nell'Oblio- una
pausa. Per un secondo una smorfia di pietà gli
sformò le labbra
-Immagino te lo aspettassi...-.
Similde annuì, abbassando gli
occhi.
Non si aspettava niente di diverso.
Un Angelo di solito non mentiva.
Ma non poteva dire la verità a Zack
sul suo destino.
Era un Angelo custode.
Non fedele agli Dei.
Non fedele agli Angeli superiori.
Sempre fedele al proprio protetto.
L'Angelo Superiore si alzò in piedi
-C'è qualcuno in questa sala, che parla di clemenza?-.
-Io, signori!- una voce femminile
interruppe -Io parlo di clemenza!-.
Tutti si voltarono verso colei che
aveva parlato: Arthemisia era in piedi, ferma e immota, severa e
imperiosa -io parlo di clemenza!-
-Con che diritto??- esclamò
qualcuno di imprecisato.
-Con il diritto di una Virtù!- il
suo tono mise a tacere ogni protesta.
Similde alzò gli occhi verso di
lei, guardandola da sotto il velo di lacrime.
-parla pure Arthemisia, Virtù della
Temperanza- disse un vecchio Angelo del consiglio.
-Similde ha sbagliato signori... ma
chi, qui dentro, può dire in tutta sincerità di
non essere mai
stato tentato?- non una voce si alzò -Il suo errore
è stato quello
di provare troppo amore per un protetto che non aveva visto ne
nascere ne crescere, ma che avrebbe visto morire! Io parlo di
misericordia! Lo ha salvato, ha impedito ai demoni di avere la sua
anima... Zachary Silver è vivo, vivrà per essere
portato via a
tempo debito dalla Morte- una pausa -Tutto questo non sarebbe stato
possibile senza Similde...-
La verità di quelle parole, colse
gli Angeli Superiori nel silenzio più assoluto.
E dopo quella che sembrava
un'eternità, il capo del Consiglio si decise a parlare...
-Davvero?
Stavolta per sempre?- domandò lui, lasciando finalmente
libero sfogo
alle lacrime che gli permanevano sul volto.
-Davvero...-
rispose Similde- Fino a che avremo vita...-.
Rimasero a
fissarsi ancora per un secondo, persi ognuno nel mistero dell'altro.
E come quel giorno, che pareva ormai lontano secoli, quando lui
scoprì e accettò la di lei natura, si trovarono
in breve l'uno tra
le braccia dell'altro, stretti in quell'amore folle che li aveva
uniti fino a quel momento, scambiandosi quel bacio, che segnava
l'inizio della loro nuova vita.
Insieme.
-Similde,
in virtù dei tuoi meriti evidenti, il Consiglio è
magnanimo. Credo
di parlare a nome di tutti nel proporre a te di scegliere la tua
pena. Potrai rimanere per sempre ad Ombra, abbandonando l'amore che
senti per quel mortale senza mai più rivederlo, e un giorno,
forse,
redimerti e tornare ad essere Custode. O andare sulla terra
abbandonando l'amore di Dio, il tuo regno, per l'amore di quel
mortale, senza la possibilità di tornare ad Ombra. Che cosa
scegli
Similde?-.
E mentre il sole
ormai tramontava, lasciando spazio alla sera e alla luna, Zachary la
stringeva tra le braccia, consapevole che questa volta non sarebbe
sparita.
Lei, che gli
aveva donato più di chiunque altro al mondo, ora era sua per
sempre.
E Similde dentro
di se ringraziava.
Ringraziava Dio.
Ringraziava Arthemisia. Ringraziava Diaspro. Ringraziava quel mondo
umano così bello che adesso le apparteneva. Ringraziava
Zack, per
essere quello che era.
Lenta, l'ultima
delle piume si staccò dalle sue ali.
Zachary stava uscendo dall'ufficio
dell'assistente sociale quando la vide.
Si era deciso, dopo molti anni, ad
accettare l'aiuto di quella donna che lo tampinava da tempo, che
cercava in ogni modo di aiutarlo a uscire da quella vita che faceva.
La vecchia signora Livia, la sua
vicina, si era offerta di tenerlo con se mentre la madre era
ricoverata in una clinica di riabilitazione, finalmente lontana da
quel marito violento che si era decisa a denunciare.
Grazie a Zack.
Perché suo figlio le aveva dato la
forza.
Quella forza che lui aveva preso da
Similde.
-Zachary Silver...- lei lo aveva
chiamato, quasi esitando.
Lui si era fermato, riconoscendola
-Arthemisia...- aveva detto -Cosa ci fai qui? Non pensavo che avrei
ma rivisto... uno di voi...- era tanta la sorpresa.
La Guaritrice gli aveva sorriso -Non
hai idea di quanti di noi siano qui intorno?- si fermò -Ti
trovo
bene...-.
-Sto bene- rispose lui con serenità
-Stò cercando di dare una svolta alla mia vita-.
-E ci stai riuscendo. Hai fatto bene
a venire da questa donna, è molto brava, ha aiutato parecchi
ragazzi...-.
Zachary sorrise, tristemente -Eppure
sono certo che quello che voglio veramente non possa darmelo...-.
Lei sorrise, dolce come solo un
Angelo poteva fare -quello puoi prendertelo solo da te...-
-Non più. Ma ho giurato che questo
non mi ucciderà. L'ho promesso a lei sai?- una pausa -Quando
la
rivedrai... le dirai che va tutto bene?-
-Perché non glielo dici di
persona?- domandò infine Arthemisia.
-Non posso, lo sai bene...-.
-Sai Zachary Silver... a volte le
cose non sono proprio come sembrano...-
Fu in quel preciso istante, che
iniziò la corsa più folle della sua vita.
Similde
divenne...un essere umano.
FINE
Ringrazio di cuore Eylis che
mi ha permesso di scrivere questa storia grazie al suo concorso, un
concorso che mi ha ispirato davvero moltissimo e la cui recensione mi
ha fatto commuovere^^
Dedicata a una
persona speciale: Evi.
Perchè Io
e Te siamo come Ombra e Luce, fondamentalmente una cosa sola.
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