Prologo
Le
porte di vetro dell’aeroporto di Narita si aprirono con un lieve fruscio. Fece
qualche passo avanti, poi si fermò, respirando l’aria di Tokyo. In quel momento
si rese conto di quanto le fosse mancata quella città negli ultimi due anni.
Quel profumo di moderno ma anche di tradizione, di dinamismo ma anche di
pazienza, di pragmatismo ma anche di sacralità…Tokyo era tutto questo e molto di
più. Una città dalle mille sfaccettature, dai mille volti, dai mille sentimenti.
Tokyo era il luogo che l’aveva vista nascere, crescere, ridere, piangere,
soffrire…innamorarsi. Per tutti questi motivi l’avrebbe sempre considerata la
sua casa. Il pensiero di rimanere solo una settimana le diede una stretta al
cuore, ma non poteva assolutamente fare altrimenti. Non solo per il suo bene, ma
anche della persona che in quel momento era la più importante della sua vita.
Salì su
un taxi e diede all’autista il noto indirizzo di Shinjuku. Per tutto il tragitto
rimase con lo sguardo fisso oltre il finestrino, ad osservare quel paesaggio che
non vedeva da due anni, ma che le era rimasto nel cuore. Tutto era lo stesso di
quando se n’era andata, soprattutto a Shinjuku, il quartiere che più le era
stato caro e che ora rivedeva con timore e una stretta al cuore. Troppi ricordi,
e non tutti felici, la legavano a quel posto, ma non poteva tornare indietro.
Aveva deciso di tornare e di affrontare il passato, non poteva lasciarsi vincere
dalla paura. Era ora di dimostrare a tutti, ma soprattutto a se stessa, che la
vita che aveva condotto lì fino a due anni prima era un capitolo chiuso.
Definitivamente.
E per
farlo non c’era altro modo che affrontare i suoi fantasmi. Rivedere tutti.
Rivedere lui. Con la speranza che il suo cuore avrebbe retto al colpo. Che
avrebbe retto alla sofferenza e alla rabbia che l’attanagliavano ogni volta che
ripensava a lui, alle sue parole…
Il taxi
stava percorrendo ora la Shinjuku-dori, trafficata e rumorosa come la ricordava,
e il suo sguardo si fece attento, pilotato verso un punto in lontananza, dove
sapeva trovarsi un palazzo bianco a sei piani. Poi svoltò a destra e, dopo
qualche metro, si fermò di fronte ad un bar. Un lieve sorriso le incurvò le
labbra. Quel luogo le era molto caro e ancora di più lo erano i suoi
proprietari. Moriva dalla voglia di rivedere quella che ancora oggi, a distanza
di due anni, considerava la sua migliore amica. La persona che le era sempre
stata vicino, nei momenti belli come in quelli brutti, consolandola e
infondendole coraggio. La persona che era sempre stata pronta a donarle un
sorriso e una fetta di torta quando si sentiva triste e che molte volte le aveva
offerto una spalla su cui piangere.
Scese
dal taxi e pagò l’autista, che nel frattempo aveva scaricato il suo trolley dal
bagagliaio. Mentre questi se ne andava rimase a fissare qualche minuto la
facciata del locale. Neanche quello era cambiato di una virgola. Il cartello
sulla porta diceva che era chiuso, ma lei sapeva che i proprietari vivevano in
un appartamento al piano di sopra e che sicuramente li avrebbe trovati a casa.
Perciò, afferrò il manico del suo trolley e si diresse verso il retro
dell’edificio, dove si trovavano le scale che portavano direttamente al piano
superiore.
Non fu
facile trascinarsi dietro il trolley, ma alla fine mise piede sull’ultimo
scalino e si fermò, riprendendo fiato. Qualche secondo dopo, la porta si aprì.
Come al solito, quando c’era lui in casa non serviva il campanello…Alzò lo
sguardo e sorrise all’uomo che era venuto ad accoglierla.
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