Chapter
3- Body strewn across the dead end street
24
aprile 1916
L'ultima stella
brilla ancora, luminosa e fiera, quando gli uomini di Peadair
vengono destati dai loro sonni. Per qualcuno sarà l'ultimo
prima del sonno eterno, lo sanno e ne sono fieri. La fierezza del
soldato è qualcosa che racchiude in sé un senso
vitale di energia e la solennità propria alle morti
gloriose, qualcosa di venerabile e leggibile sui loro volti, su cui
figura una dicotomia tra la freschezza del bambino e la stanchezza del
vecchio. E' come un segno distintivo, qualcosa che accomuna tutti i
combattenti.
Gli uomimi vengono
preparati in fretta, i più abbienti con divise e i
più poveri con abiti logori, indossati anche nei giorni
precendenti. I visi vengono sciacquati nello stesso catino di ceramica
pieno di crepe, che tanti e tanti visi aveva visto prima di quelli.
Peadair parla a
loro, ancora una volta. Cerca di dar loro fede e speranza, come
dovrebbe fare un vero leader, sicuro che gli inglesi si arrenderanno
presto. Ahimè, niente di più sbagliato!
«Ci hanno schiacciato per
settecento anni, ci hanno negato la nostra identità, hanno
violentato le nostre donne e ucciso i nostri uomini, ma
com'è vero che Gesù Cristo è risorto
dalla Croce oggi noi risorgeremo con Lui! La dominanzione non
durerà ancora a lungo, abbiamo dalla nostra parte capitani
valorosi come Pearse, Connolly e MacDermott, senza dimenticare Clarke e
De Valera. Non potranno vincere ancora!»
E' l'ultima frase
pronunciata dal fabbro, prima che la porta si spalanchi improvvisamente
ed entri una donna vestita poveramente, i capelli castani raccolti in
una treccia. Il viso porta i segni dell'età che avanza,
eppure non le si darebbe più di una trentina d'anni. La
seguono due personcine, una ragazzina di sedici anni, sottile e
piccolina come un fuscello di faggio, la pelle candida costellata di
efelidi , i lunghi capelli rossicci lasciati selvaggi e un bambino di
non più di sette anni che sta attaccato alla gonna della
madre. S'incammina verso Dillion, seguita dai figli. Si tratta di
Caoimhe, venuta a salutare il primogenito.
«Dillion, figlio mio... Non
so se e quando tornerai, ma sono fiera di te e sono sicura che anche
tuo padre lo sia. Io... Volevo salutarti nel caso non dovessimo... Tu
dovessi... Sì, insomma, se dovessi perdere anche te elmeno
ti avrò stretto un'ultima volta tra le mie braccia.»
Gli dice, il viso
rigato da calde lacrime di amore e paura. Prima di abbracciarlo gli
carezza il viso, con tutto l'amore che una madre possiede per il
proprio figlio.
Questo genere di
manifestazioni tende a sciogliere anche i cuori più duri,
infatti ognuno ha interrotto le prorpie azioni per rivolgere
l'attenzione a quell'attimo toccante. Peadair invita i presenti ad
abbandonare la causa, tornando dalle famiglie. Uno, forse due quelli
che effettivamente si ritirano, più per codardia che reale
preoccupazione. Non Dillion, che ancora tra le braccia della madre si
limita a salutare lei, Neave e il piccolo Miceàl. Bacia
tutti e tre, assicurando alla madre il proprio ritorno da vincitore
contro gli assassini del padre. La vendetta è uno dei motivi
per cui ancora combatte.
La donna esce,
voltandosi spesso verso il figlio, e gli uomini si armano. Il gruppo
viene accuratamente diviso in dieci file da cinque uomini ciascuno. A
capo, Evelyn e Peadair non si scambiano una parola, mentre guidano i
loro Volontari verso il General Post Office.
Credo che per
lettore non sia diffice figurarsi questa milizia silenziosa che avanza
per le strade della fredda Dublino, all'apparenza una banda di
disperati, in realtà un esercito dell'Indipendenza e della
Libertà.
Non un rumore si
ode per le strade della nebbiosa Dublino se non i rintocchi delle
campane pasquali. Le note sono quelle dell'Angelus, incitamento alla
resurrezione dello stato libero d'Irlanda. L'Irlanda
rinascerà come e con Dio, il dominio Britannico ha le ore
contate.
Con quale sicurezza
IRA, Volounteers e IRA si mescolano nella nebbia del mattino, fratelli
che imbracciano le armi contro i rivali inglesi. In quanti sono venuti
per occupare il General Post Office! Uomini, donne, perfino qualche
bambino.
Evelyn e Dillion
sono rimasti al pianoterra dell'edificio, esposti in prima persona al
fuoco nemico.
In poco tempo,
cadono le prime vittime su entrambi i fronti. La morte non fa davvero
paura se non quando si fa vedere, presenza silenziosa tra le macerie,
lascia gli uomini che la scorgono color della neve, le labbra che bacia
diventano violacee, la carne che tocca si apre sotto le pallottole e il
sangue scorre, abbandonando il corpo come la vita che vola via. Ah,
com'è leggera, la vita! Figurina nello zoo di cristallo che
è il mondo, basta un sibilo di una pallottola che scappa
già via come una ninfa spaventata, lasciando vuoti i corpi
esangui.
Alza i tuoi occhi
dalla polverosa strada, lettore, la giornata sta già
volgendo al termine. Quando si combatte, il tempo non si conta. La
resistenza degli uomini è forte, quando collaborano per uno
scopo comune.Alle ultime luci del sole, gli inglesi non sventolano
ancora bandiera bianca. Ancora eretta è invece quella nera
della morte e della distruzione, in un General Post Office che comincia
a traballare, i danni dell'artiglieria ben visibili sulle sue facciata.
Appostati dietro
protezioni improvvisiate, gli inglesi aspettano che un ribelle faccia
un passo falso e si scopra. Tra loro, un viso dai lineamenti severi,
gli occhi piccoli e neri, presta più attenzione degli altri.
Sul suo petto brilla il grado di generale.
Come in un sadico
gioco, quell'uomo è responsabile di almeno una trentina tra
morti e feriti, in quella giornata. Scruta attento le postazioni
nemiche, un movimento, un uomo si scopre. L'inglese riesce chiaramente
ad osservare il viso del ribelle, lo riconosce ed esita, sul viso un
espressione sorpresa. Il padre che riconosce il figlio. In questo caso,
la figlia. Infatti, Hugh ha riconosciuto Evelyn, nonostante la
fuliggine a sporcarle il viso e i vestiti maschili a coprire le sue
forme.
Una leggera
pressione sul grilletto dell'arma.
Uno, due secondi.
Un grido nel
silenzio.
Evelyn cade,
colpita al petto dal proiettile.
Dillion le si
precipita affianco, coprendo la ferita con la mano, cercando di fermare
l'emorragia con le sue stesse mani. Tutto inutile, Evelyn sputa sangue,
colpita vicinissimo al cuore.
«Ti giuro che tu non lasci
la vita qui, vieni via con me. Saremo liberi Evelyn, te lo giuro!»
Singhiozza
il ragazzo, guardando il viso dell'amata. Gli avevano già
rubato il padre, quei figli di puttana. Se solo il re li avesse
ascoltati prima, il roseo viso che tante volte aveva baciato non
starebbe diventando sempre più pallido.
«Mi sono ribellata... Loro mi hanno spezzata... Combatti Dillon, combatti per entrambi. Ti ho amato come ho amato la libertà...>» mormora Evelyn, tra i
colpi di tosse misti a sangue. Ed è l'unica cosa che riesce
a dire prima che la vita decida di scivolare via dal suo piccolo e
fragle corpo.
Muore tra la
polvere, ma tra le braccia della persona che ama. Chi dice che morire
nel sonno è la morte migliore è nel sonno mente,
è meglio morire occhi negli occhi di chi ti ama,
così da poter portare il ricordo delle sue iridi fin oltre
la morte.
E' triste
però, far soffrire una persona a cui si è donato
il proprio cuore. Lasciarla distrutta, piangente, tra calcinacci e
polvere da sparo.
Una mano si posa
sulla schiena di Dillion. Un giovane si offre per confortarlo. Lo aiuta
ad alzarsi, lo abbraccia. Tutto questo senza dire una parola, che
potrebbe aggravare ulteriormente il dolore della perdita. Solo quando i
singulti ormai si sono calmati, lo sconosciuto azzarda una o due parole.
«Ormai
non c'è più niente da fare, James è
andato. Anche Achille dovette confrontarsi con la morte di Patroclo, ma
tornò a combattere. D'altro canto ti sono vicino, anche io
se perdessi Michael sarei perduto... Comunque, io sono Harry. Adesso
pensa a salvarti la pelle, va bene?»
Sarà
difficile seguire il consiglio di Harry, in quelle giornate che
passeranno alla storia come uno dei più grandi fallimenti
sulla strada dell'Indipendenza. Sarà difficile evitare le
pallottole nemiche, troppo preso dalla foga di abbattere più
inglesi possibili per vendicare le morti che segnano la vita di
Dillion, ma se vorrete scoprire come vivrà il nostro
protagonista dopo quei giorni potrete continuare ad ascoltarlo
attraverso le mie semplici parole.
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Salve
a tutti!
Perdonate
per la lunga assenza, sono stata parecchio impegnata in questo mese (o
mese e mezzo? Non importa).
Sappiate
che mentre scrivevo la parte della morte di Evelyn ho pianto
più della metà dei miei liquidi corporei, ma
spero che voi non abbiate sofferto troppo.
Questo titolo lo lascio indovinare a voi, vi dico solo che è
una canzone degli U2 c:
Comunque,
ci sarà un piccolo epilogo; solo che non so quando lo
posterò, sono riprese le lezioni e ho un sacco di roba da
studiare, sob.
Alla
prossima!
-
Angel
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