Disclaimer:
Tutti i personaggi di Versailles no Bara, Lady Oscar, sono di proprietà di Ryoko
Ikeda e degli aventi diritto. Non li uso a fini di lucro ma soltanto a scopo
ludico.
Buona lettura e recensite.
Il Sogno
A svegliarla fu un grido: “Non lasciarmi.”
Sudata si ritrovò seduta sul letto, gli occhi spalancati, la camicia scesa da
una spalla metteva a nudo un pezzo di pelle bianca.
Si rese conto che ad urlare era stata lei.
Si guardò intorno intontita, era
nella sua stanza.
Tutto era come sempre al suo posto.
La divisa appoggiata alla poltrona, la
specchiera riccamente intarsiata, il letto a baldacchino nel quale dormiva da
una vita; la tazza di erbe che aveva bevuto la sera prima per cercare di dormire
aveva lasciato una macchia sul comodino.
Guardò la luce pallida attraversare le tende, l’alba l’aveva sorpresa di nuovo,
anche quella mattina come ormai troppe mattine.
Riusciva a dormire solo poche
ore per notte.
Si portò una mano alla fronte, fredda.
Si sdraiò sul letto, si mise un braccio
sugli occhi, un sospiro profondo.
Aveva fatto ancora quel sogno, da un po’ di
tempo non le dava tregua.
Si trovava in un prato.
Andrè era vicino a lei, le parlava, muoveva le labbra ma
lei non lo sentiva, lo sguardo chino, triste.
Lei gli parlava, lui non le rispondeva e si allontanava sempre di più; lo chiamava urlando il suo nome,
quando cercava di correre verso di lui si accorgeva che i suoi piedi erano
impantanati nella melma; non riusciva a muoversi.
Provava a tirare fuori i piedi
dal fango, ma ogni suo passo diventava uno sforzo enorme e Andrè si allontanava
da lei sempre di più senza più voltarsi indietro, finché non lo vide sparire,
come uno spirito, dissolversi nel nulla.
Oscar sbadigliò, stanca.
Mise entrambe le mani sugli occhi, coprendoli.
Sentì le lacrime bagnarle le dita, scendere giù per le guance.
Quel sogno la stava tormentando da diverse notti, ormai.
La cosa che più la straziava era che il sogno rispecchiava la realtà.
Ormai erano mesi che lei e Andrè non si parlavano, che non vivevano più sotto lo
stesso tetto.
Si vedevano sempre per lavoro, ma il loro rapporto era quello tra
superiore e sottoposto.
Lei era il comandante della guardia metropolitana, lui uno dei suoi soldati.
In fondo aveva voluto lei tutto questo. Era stata lei a dirgli che non aveva più
bisogno di lui, che voleva vivere come un uomo.
Lui aveva reagito in una maniera inaspettata per lei.
Le aveva detto che la amava, sbattuta sul letto, sullo stesso letto in cui ora giaceva.
Il bacio rabbioso che le aveva dato se lo ricordava ancora, bruciante sulle sue labbra.
Cosa sarebbe successo se lei non si fosse messa a piangere, sentiva ancora il
ricordo delle sue mani sul suo seno, la sua erezione vicino all’anca, il rumore
dello strappo della camicia, il fresco sulla pelle del seno, nuda.
Non si era mai sentita donna come in quel momento, neppure quando si era vestita
con un abito color ghiaccio per Fersen.
Non si era accorta nel tempo che il suo migliore amico era un uomo, un uomo
innamorato e disperato che aveva usato la sua forza per ricordarle che lei era
una donna e niente avrebbe cambiato questa condizione.
Non era successo niente quella notte tra lei e Andrè, ma la frattura che si era
creata tra loro era rimasta ancora aperta a distanza di mesi.
Dopo quella notte
era tutto cambiato.
Dopo la sua rivelazione lei non aveva più voluto vederlo.
Nonostante tutto le mancava, da morire.
Avrebbe voluto riavere il suo amico più
caro.
Sapeva che avrebbe potuto contare su di lui sempre.
Più volte le aveva salvato
la vita, l’aveva fatta ragionare, era da sempre il suo punto fermo, che per
colpa sua si stava allontanando da lei.
Si alzò dal letto, sentì una fitta ai reni, la giornata sarebbe stata intensa,
si spogliò per indossare la divisa, uscì dalla stanza per recarsi al lavoro.
La mattina in caserma i soldati che non erano in servizio riposavano nelle loro
brande.
Il nuovo comandante pur essendo arrivato da pochi mesi, aveva messo
tutti in riga, facendoli lavorare sodo.
Le notizie giravano in fretta, tutti
capirono ben presto che il nuovo comandante biondo era una donna.
I commenti su di lei non si risparmiavano, poiché pensavano che fosse soltanto una nobile
sciocca, presuntuosa che era andata a comandarli per divertimento.
I soldati erano uomini rudi, abituati alla fatica ed alla battaglia.
Molti non sopportavano di essere comandati da una donna, peggio ancora nobile.
I rapporti tra i due schieramenti non erano stati dei migliori.
Nessuno si fidava di lei e per lei era lo stesso.
La donna sapeva che non le
avrebbero ubbidito con facilità, inizialmente.
Doveva guadagnarsi la loro fiducia.
In quei mesi, Oscar aveva più volte dato
dimostrazione di non avere paura di niente, di prendere sul serio il suo lavoro
ed i suoi soldati.
Una settimana prima, tutti i soldati avevano deciso di mancare l’adunata, si era
presentato solo Andrè, facendo da portavoce, dicendole che tutti i soldati non
la volevano perchè donna.
Lei sul cavallo lo guardò soddisfatta, un mezzo sorriso sulle labbra, gli occhi
brillanti, se questa era una sfida, non vedeva l’ora di accettarla.
Si recò nelle camerate, non aveva paura di loro.
Invitò il loro rappresentante a
battersi con una qualsiasi arma, se avesse perso se ne sarebbe andata, avrebbe
lasciato l’incarico; se avesse vinto lei, avrebbero dovuto fare la parata e
ubbidire ai suoi ordini senza fiatare.
Uno di loro, il più grosso e facinoroso fu contento di battersi con lei, voleva
solo umiliarla ed ucciderla.
Oscar uscì vincitrice dalla sfida con l’arma
bianca. Non aveva sottovalutato il suo avversario, la grazia dei suoi movimenti
e l’esperienza avevano fatto sì che riuscisse a batterlo.
In più occasioni aveva dimostrato di essere all’altezza del suo compito, tra i
soldati c’erano quelli che la odiavano e quelli che la rispettavano.
Si erano
stupiti tutti per il rigore e la determinazione con cui quella donna faceva il
suo lavoro.
“Che donna ragazzi, io me la sbatterei volentieri sul tavolo, le farei passare
quei modi altezzosi da cagna nobile. Tu che ne pensi Alain?” chiese Marcel
L’uomo si mise a ridere: “Non ci proverei se fossi in te, ti staccherebbe prima
le palle e poi la testa, a morsi.”
Andrè nella branda aveva sentito i commenti, sorrise, anche se ribolliva, i
commenti degli altri uomini su di lei non gli piacevano.
Alain aveva già capito da tempo che lui e il comandante si conoscevano.
Alain aveva intuito i suoi sentimenti, ma sarebbe stato pericoloso se anche gli altri
lo avessero scoperto.
Era riuscito a farsi accettare dai suoi compagni, ma
alcuni non sopportavano i suoi modi quasi aristocratici.
La giornata era trascorsa tranquilla, tra parate, esercitazioni, turni.
Verso sera, Oscar si trovava nel suo ufficio, intenta a firmare dispacci e permessi.
Era stata una giornata intensa, avrebbe continuato a lavorare ancora per qualche
ora.
Aveva in mano il permesso di licenza di tre giorni di Alain, sapeva che
aveva la madre anziana, firmò anche quello e lo mise da parte, prendendo un’
altro documento.
Prima di firmarlo, ripensò all’assurda proposta di matrimonio
che aveva ricevuto da parte di Girodel la sera prima, si era fatta una bella
risata; suo padre doveva essere proprio impazzito, se pensava di trovarle alla
sua età un marito.
Fino a quel momento non aveva mai pensato ad una famiglia, era stata sempre
molto concentrata sulla carriera militare, sul suo lavoro.
Non riusciva proprio
ad immaginarsi in una casa, ad ubbidire ad un marito, contornata da un nugolo di
bambini urlanti.
Le venne la pelle d’oca al solo pensiero.
La reazione dopo la notizia fu di iniziale smarrimento, sostituita da un
solitario scoppio d’ilarità in camera sua.
Non poteva davvero credere che proprio Girodel la chiedesse in sposa, lui che
solo pochi mesi prima riceveva gli ordini da lei.
Un matrimonio di convenienza,
sarebbe stato solo quello per lei, perché come le aveva detto poco prima l’uomo,
lui era stato da sempre innamorato di lei, dalla prima volta che si erano visti,
ma lei non provava niente per lui; un altro pensiero, la fece sorridere.
Mettiti in fila Victor, Andrè ha la precedenza su di te, di molti anni.
Si riscosse dai suoi pensieri perché fu attirata da un certo trambusto nel
corridoio, si alzò, aprì la porta dell’ufficio.
Sentì che un soldato passando
diceva che nell’armeria stavano pestando Andrè.
L’istinto di correre per andare
da lui fu forte, ma doveva intervenire come comandante.
Quando arrivò
nell’armeria ormai tutto era finito.
Vide Andrè a terra, malconcio, le si strinse il cuore.
Alain era inginocchiato
accanto a lui, molto probabilmente era riuscito a calmare gli animi prima che
lei arrivasse a sbattere tutti in cella di rigore per almeno un mese.
Sentiva
che Andrè sussurrava, Oscar, non ti sposare.
Lo sentirono entrambi, Oscar non
fece una piega. Alain, la guardava la bocca piegata in un ghigno, gli occhi due
fessure.
“Beh, comandante credo proprio che Andrè sia veramente innamorato di Voi.” Si
avvicinò a lei guardandola negli occhi:
“Non penso che Voi vee lo meritiate. Siete una donna fredda, senza cuore. Non riesco
proprio a capire come possa amarvi così tanto. Vi lascio soli.”
Uscì ridendo.
Si avvicinò all’uomo per terra.
Lo aiutò lentamente ad alzarsi, vide che
piangeva.
Le si strinse il cuore, non avrebbe mai voluto vederlo così annientato.
Gli mise
una mano sulla schiena, lui ebbe un sussulto:“Andrè, ce la fai ad alzati? ti
accompagno in infermeria.”
Lui si alzò lentamente, portandosi una mano al fianco cercandosi di alzarsi da
solo,
Oscar fu pronta a sorreggerlo, anche se con fatica, era molto pesante.
Oscar sentiva il peso dell’uomo, il suo braccio sulle spalle, cercò di mettergli
un braccio attorno alla vita, ma lui sussultò.
“Lascia, Oscar. Vado da solo.”
Cercò di scostarsi da lei.
“Non dire sciocchezze, sei troppo debole.”
Lei non lasciò la presa, lui non
osava guardarla; barcollando come due ubriachi riuscirono ad arrivare molto
lentamente nella stanza per le cure. L’ufficiale medico li accolse stizzito.
Oscar lo aiutò a sdraiarsi sul lettino, lui volse lo sguardo dall’altra parte,
lei uscì dalla stanza prima di essersi sincerata che lui ricevesse delle cure
adeguate.
La donna tornò nel suo ufficio, chiuse la porta, arrivò alla scrivania, batté
forte i pugni sul legno scuro, si sentiva pungere le lacrime agli occhi,
“Maledizione.” Imprecò.
Non avrebbe mai voluto che Andrè soffrisse per colpa sua.
Non era stata lei a
volersi sposare, le stavano imponendo un matrimonio che sarebbe stata una farsa.
Ricordava perfettamente lo sguardo di scherno di Alain, le sue parole; forse era
vero, non si meritava l’amore di Andrè, rivide la sua disperazione.
Sentì le lacrime scenderle dagli occhi.
Stava cominciando ad innamorarsi di lui,
si stava accorgendo che non era più solo affetto quello che sentiva per il suo
amico d’infanzia.
Dopo aver cercato tanto l’amore di Fersen, solo ora si rendeva conto che ce
l’aveva avuto sempre vicino.
Si sedette sulla sedia, stanca.
Sentì una fitta al basso ventre.
Allungò le lunghe gambe sotto il tavolo, sospirò.
Si asciugò le lacrime,
continuò il suo lavoro.
Ritornò a casa, poche ore più tardi.
La settimana successiva durante le esercitazioni del pomeriggio, Oscar allineò
tutti i soldati per la parata di saluto.
Alain fece cenno ad Andrè, sussurrandogli che il comandante sembrava molto
pallido.
Lui fece spallucce, era una settimana che non si vedevano.
Il comandante, dopo aver sciolto il plotone si diresse verso le scuderie, fu un
attimo, si sentì mancare le forze, vide tutto nero e non sentì più nulla. Andrè
e Alain consegnarono le armi uscirono fuori in cortile e videro il cavallo del
comandante, dirigersi verso di loro.
Si fermò davanti ad Andre abbassando il muso verso la sua mano.
“Cesar, come mai sei fuori?” Gli accarezzò il muso ed il collo, si era sempre
preso cura di lui.
Gli prese le briglie e lo portò verso le stalle.
Alain vide con quanto affetto trattava l’animale,
“Andrè, di cosa ti occupavi a
casa del comandante?”
Lui si voltò per guardarlo:
“Di un po’ di tutto. Quando ero piccolo ero il
compagno di giochi di Oscar, poi sono diventato il suo attendente e lo
stalliere. Mi sono sempre occupato del mio e del suo cavallo.” Sorrise,
accarezzando il muso di Cesear.
“Ma lei non mi ha mai trattato da servo. Abbiamo avuto la stessa istruzione. Gli
stessi insegnanti severi, le stesse punizioni.
Forse a lei che doveva diventare
capitano delle guardie reali, è stata riservata un’educazione ancora più rigida
della mia, suo padre voleva così.
Non sai quanti schiaffi e frustate si è presa
da suo padre o dai maestri, solo per forgiare il carattere.”
Gli disse a bassa voce.
Alain assentì, iniziava a capire tante cose, su di lui e
sul comandante.
Svoltato l’angolo videro il comandante a terra.
Andrè lasciò le briglie e corse verso di lei.
“Oscar!!!.”
La prese tra le braccia, scuotendola delicatamente.
Alain sorrise, il suo amico era proprio partito per quella donna.
Lei aprì gli
occhi, sentì l’odore famigliare di Andrè.
Accennò ad un sorriso, subito
sostituito da una smorfia.
“Oscar, cosa?” Lei rise, una risata profonda.
“Nulla, Andrè deve essere stato solo un calo di pressione.”
Lei gli appoggiò la guancia sul petto, le girava la testa; era da tanto tempo
che non aveva un contatto con lui, fu contenta di stare tra le sue braccia anche
se per poco.
“Aiutami ad alzarmi, ti prego.” Gli disse in un sussurro, il dolore al ventre
non le dava tregua.
Lui si alzò tenendola per la vita delicatamente,
“Riesci a camminare?”
Lei in un primo momento assentì staccandosi da lui, un altro capogiro la fece
vacillare.
L’uomo fu pronto per sorreggerla, tenendola per le spalle e la vita.
Lei ebbe un
altro lamento per il dolore.
Lui la prese sotto le ginocchia e la portò all’interno della stalla.
Alain li
seguiva con il cavallo.
La depose sulla paglia pulita, per farla riposare un
momento.
“Grazie Andrè, ora puoi andare.” Lui si chinò davanti a lei.
Alain era accanto a loro, li osservava divertito, quei due stupidi si amavano
alla follia ma non se ne rendevano conto.
“Sei sicura di riuscire a tornare a casa?” Lei assentì.
“Promettimi che appena arrivi mangi e ti fai preparare una tisana dalla nonna,
contro i dolori?”
Oscar rise, si ricordava ancora le prime volte che aveva il
ciclo e stava male, Andrè era più spaventato di lei nel vederla piegata in due,
lei era arrabbiatissima perché da bravo soldato non accettava che una cosa del
genere capitasse proprio a lei, in quei momenti non riusciva ad accettare di
essere nata donna.
La nonna le preparava una tisana di erbe contro i dolori che avevano la capacità
di calmarla e rilassarla.
“Si, Andrè stai tranquillo, sono solo un po’ stanca.”
Alain, tossicchiò per attirare la loro attenzione.
I due lo guardarono:
“Andrè, non penso che il comandante ce la faccia a tornare a casa da solo,
perchè non lo accompagni tu.” Oscar iniziò a controbattere che non ce n’era
bisogno, ma si accorse che le forze la stavano abbandonando ancora.
Era la prima volta in tanti anni che stava così male.
Andrè la sorresse.
“Oscar ti accompagno a casa.” Disse lui risoluto.
Alain si mise a ridere:
“E bravo il comandante, ha fatto la scelta giusta. E poi
dopotutto, i permessi per le uscite li firma lui.” Fece per uscire dalla stalla,
aggiungendo:
“Mi raccomando tutti e due, vedete di non farvi scappare la buona occasione che
avete per stare un po’ insieme. Mi sembrate due verginelle in pena.” Oscar
arrossì, piccata gli disse:
“Alain, fatti un po’ i fatti tuoi e vedi di non mancarmi di rispetto.” Lui si
voltò un sorrisetto impertinente sulle labbra:
“Non mi permetterei mai, mio comandante. Sto solo dicendo la verità.”
Uscì dalla stalla:
“La verità fa male, mio bel comandante.”
Andrè riaccompagnò Oscar in ufficio per i permessi.
Una volta firmati,
ritornarono alle stalle per prendere i cavalli.
Andrè insistette per prendere
una carrozza, ma Oscar non volle.
Durante il viaggio ebbero modo di parlare come non accadeva da tanto, Oscar
sentiva che Andrè avrebbe voluto chiederle del matrimonio, ma non ne aveva
coraggio.
Arrivarono a casa in tempo per la cena.
La nonna li accolse con gioia.
Era da tanto che non vedeva più i suoi due bambini insieme, andò subito in
cucina a finire di preparare la cena.
Andrè aiutò la donna a scendere da cavallo prendendola per la vita, la depose a
terra delicatamente.
Lei chiuse gli occhi appoggiandosi a lui.
“Grazie, Andrè. Ce la faccio da sola. Ora vado nella mia stanza a riposare, ci
vediamo dopo.”
Lui portò i cavalli nelle scuderie e si diresse verso casa, finalmente dopo
tanto tempo avrebbe riposato nel suo letto.
Dopo cena, Oscar era nella sua stanza, i dolori erano insistenti.
Sentì bussare
alla porta. Vide Andrè entrare con un vassoio e una tazza di porcellana e una
teiera.
“Oscar come va?” Si avvicinò titubante, l’ultima volta che era stato in quella
camera la serata non era finita nella maniera migliore.
La vide sdraiata a letto, le gambe piegate al petto, pallida.
Appena sentì la voce di Andrè lei si alzò e lo guardò.
Si mise a sedere sul
letto, la schiena appoggiata ai cuscini, sentì un buon profumo di tisana e il
suo profumo, ebbe un brivido.
Lui per giustificarsi di essere lì, le disse:
“La nonna mi ha minacciato di portarti la tisana e di fartela bere.”
Lei gli
sorrise, forse la nonna aveva capito che c’era stato qualche cosa tra di loro.
Ormai li conosceva perfettamente.
Andrè pose il vassoio sul comodino e diede ad
Oscar la tazza. Lei la prese ed iniziò a bere, ma prima fece segno all’uomo di
sedersi sul letto accanto a lei.
Il materasso si inclinò leggermente per il suo peso.
Dopo pochi minuti di silenzio Andrè disse che aveva sonno e si congedò.
Lei gli chiese di rimanere ancora un po’.
Lo guardò negli occhi;
“Andrè, ecco io volevo dirti del matrimonio.” Lui
trasalì:
“Questa è una cosa di cui io non mi devo interessare, fai come meglio credi.”
La guardò per un momento poi distolse lo sguardo, inghiottendo. Lei gli mise la
mano sul braccio per avere un contatto con lui:
”E’ mio padre che ha organizzato tutto, d’accordo con il Generale Buouiet. Io
non ne sapevo nulla.”
Andrè chinò lo sguardo, fissò il pavimento lucido.
“La nonna mi ha detto che ti sposi, che tuo padre ti ha imposto questo
matrimonio. Mi sono sentito morire.” La voce gli si incrinò, le lacrime scesero
sulle guance, sulle sue mani.
Lei posò la tazza sul vassoio, gli si fece vicino, gli toccò la guancia umida,
sentì la barba ruvida sotto le dita, gli diede una sensazione piacevole.
Prese un fazzoletto dalla tasca e gli asciugo le lacrime che continuavano a
scendere.
Lui continuò con la voce rotta dal pianto:
“Vuoi vivere la tua vita come un
uomo, benissimo. E’ una tua libera scelta.” Un sospiro.
“Ho fatto di tutto per entrare tra i soldati della guardia, in questo modo ero
convinto di poterti stare vicino lo stesso, per gran parte della mia vita.” Un
altro sospiro.
“Mi sono illuso di poter dividere la mia vita con te. Anche standoti solo
vicino, anche continuandoti ad amarti in silenzio, da lontano. Ma ora con il
matrimonio, no. Non riesco ad accettarlo. Così ti perderò per sempre.”
Lui si
nascose il viso in una mano.
Ad Oscar si strinse il cuore, non sapeva come fare per consolarlo, esito un
momento, poi d’istinto lo abbracciò.
Al quel contatto lui smise di piangere, si scostò da lei.
“Perdonami, non volevo farti assistere a questa scena pietosa.” Le disse.
Lei rimase accanto a lui.
“Ti sbagli Andrè, non sei un illuso, tu hai sempre fatto parte di me. Tu sei la
mia metà.”
Lei gli prese il viso tra le mani, lo obbligò a girarsi verso di lei,
guardandolo negli occhi, gli sorrise: ”Mi stai dimostrando di amarmi ancora,
nonostante il mio rifiuto.”
Le brillarono gli occhi per la commozione. Gli si avvicinò per dargli un lieve
bacio sulle labbra. Lui trasalì al contatto.
La guardava stupito, la sua Oscar, così vicina, così dolce, lo aveva baciato.
Lei tenne le sue mani sul viso dell’uomo, accarezzandogli le guance:
”Sai, Andrè. Io, penso che non mi sposerò tanto presto.”
Lui trattenne il
respiro, lei gli si avvicinò di più sussurrandogli all’orecchio:
“Non con l’uomo impostomi da mio padre. Ma con colui che ha condiviso con me
tutta la sua vita.” Lui ricominciò a piangere una mano sugli occhi, lei lo
abbracciò e aggiunse:
“Sei tu Andrè. L’uomo che amo, nessun altro. Non potrei vivere senza di te.”
Lui la guardò, lei gli asciugò le lacrime con il fazzoletto umido.
Lui sentiva tutta la disperazione di quei mesi scemare.
Fu poi lui a prenderle il viso tra le mani e baciarla, un bacio languido che
divenne con il tempo carico di passione.
Si staccarono a fatica, Oscar emise un altro gemito, si portò una mano sul
ventre, lui si scostò da lei.
Le sfiorò titubante la mano, lei lo guardò
sorridendogli, gli prese la mano e la mise sul suo ventre in un gesto intimo,
sentiva la mano di lui così calda.
Oscar gli fece spazio sul letto, Andrè si sedette accanto a lei, se l’attirò
più vicino facendola sedere in mezzo alle gambe, le spalle appoggiate ai
cuscini, non smise mai di sfiorarle il ventre in piccole carezze concentriche,
sentì che lei si stava rilassando, il capo e la schiena appoggiati al suo petto,
poteva respirare il profumo delicato di lei.
“Ti prego, Andrè, questa notte rimani qui con me, ne ho bisogno.” Lui le
sorrise.
“Va bene, amore mio, tutto quello che vuoi, basta che stai bene.” Lei rise:
“Non preoccuparti, domani andrà già molto meglio.”
Parlarono ancora a lungo, continuando a baciarsi e a sussurrarsi parole d’amore.
Quella notte dormirono l’uno nelle braccia dell’altro, come doveva essere da
sempre, consapevoli del loro amore e della loro nuova vita insieme.
Spero sia piaciuta.
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