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Crew&Ship:
Sirius Black, Remus Lupin | Wolfstar Warnings: Slash, Fluff, Cose Tenere e Buffine Dove la Rana dice cose: preciso immediatamente che non è tutta farina
del mio sacco. Mi sono liberamente ispirata a questa
bellissima fanart (Dio benedica chi l'ha disegnata) e non me ne pento.
Questa è una fanfic di compleanno, del mio compleanno. Non del mio vero compleanno (a quello manca ancora qualche mese), ma quello di Roxar,
quello qui su EFP. Sono già passati otto anni e mi sembra ieri che
pubblicavo le mie prime, sgangherate fanfiction. Sono successe una quantità
di cose, in questi anni, alcune sono passate, altre sono rimaste per un po',
altre ancora ci sono ancora oggi. Sono passati otto anni e io devo dire
grazie a questo sito, che mi ha dato l'opportunità di conoscere due persone
a cui sono legatissima e senza le quali la mia vita, sebbene in due maniere
completamente differenti, sarebbe senz'altro diversa. Non ho bisogno di fare
nomi; se stanno leggendo, sanno che mi sto riferendo a loro. E allora, quale modo migliore di festeggiare se non postando qualcosa di
presumibilmente demenziale, su una ship che amiamo follemente tutte e tre? Ovviamente, devo ringraziare anche tutte le persone che in questi anni mi
hanno seguita, recensita, letta e, soprattutto, quelle 333 persone che mi
hanno inserita tra i loro autori preferiti e che vorrei ringraziare uno per
uno. Questa, care 333 persone, è anche un po' per voi. Bene, basta con gli zuccheri e andate a leggere. <3 La vostra amichevole Rana di quartiere.
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«I
get older and life fades but you remain.» (Imagine Dragons, Second chances - perché sì, ovviamente ♥)
C'è un motivo se lo chiamano
Felpato.
Non ha niente a che vedere con il
suo talento per la Trasfigurazione, che gli permette di assumere le
sembianze di un notevole cane nero; difatti, è un nomignolo che si porta
cucito addosso da molto prima, frutto inevitabile delle sue comparse
silenziose e felpate che hanno fatto perdere un battito o due a ben più di
una persona. Non che lo faccia di proposito – non lo fa – ma, d'altro
canto, non fa neppure niente per annunciarsi. Basterebbe un piccolissimo
passo più rumoroso del solito per evitare un principio di infarto a quelli
che hanno la sfortuna di capitare sulla sua strada.
Come Remus in questo preciso
momento, per esempio, che è impegnato a scrivere furiosamente il suo tema di
Incantesimi e si rende conto troppo tardi di quella macchia di colore che
riempie metà del suo campo visivo periferico.
«Santo cielo, Sirius!» strilla come
una ragazzina spaventata, si sente come una ragazzina spaventata, ma
non vede chi potrebbe biasimarlo o deriderlo: Sirius – o per meglio dire Felpato –
si è come materializzato al suo fianco, fissandolo con quell'espressione
canina un po' folle e un po' entusiasta, con la lingua tutta penzoloni sulla
destra. La coda si agita sul pavimento, impegnata com'è a scodinzolare
furiosamente; per quale motivo, Remus non saprebbe davvero dirlo.
«Sei consapevole del fatto che
chiunque potrebbe entrare e che sarebbe piuttosto difficile giustificare un
cane in un dormitorio, vero?»
Per tutta risposta Felpato si limita
a trascinarsi sulle zampe posteriori, spostandosi di lato quel tanto che
basta a spingere la testa contro la mano di Remus, che allontana
immediatamente la pergamena nel caso in cui il cane inizi a sbavare.
«Fa' come ti pare, ma non darmi
fastidio» lo rimprovera, scuotendo la piuma davanti al suo tartufo prima di
scoccargli un'ultima occhiata di biasimo e tornare al suo tema. Non riesce
più a lavorare speditamente come prima, non adesso che lo sguardo di Felpato
continua a seguire febbrilmente qualsiasi movimento della sua mano,
innervosendolo. Ciononostante, essendo ormai temprato alle interruzioni di
Sirius, dopo qualche minuto gli riesce più facile concentrarsi sul fruscio
graffiante della piuma sulla pergamena. Lo ignora perfino quando poggia il
muso sul tavolo, fissandolo con insistenza, o quando spinge la testa
nell'incavo del suo gomito per ricevere una carezza o anche solo un po' di
attenzione. Remus non si prende neppure la briga di scacciarlo: solleva il
gomito e continua a scrivere.
C'è un momento, però, in cui la
piuma rallenta e Remus scocca un'occhiata in tralice, quel tanto che basta a
permettergli di vedere la testa di Sirius nuovamente accasciata sulla
scrivania, sopra un plico di opuscoli informativi che raccontano in termini
entusiastici di decine di carriere diverse. La postura gli conferisce
un'aria così depressa e avvilita che Remus sorride, scuote la testa e torna
a concentrarsi sul tema – manca solo una degna
conclusione e poi potrà finalmente dedicargli quelle attenzioni che Sirius
sembra tanto smanioso di ricevere – e questo non dipende affatto dalla sua
controparte canina; è un singolare bisogno che si porta dietro da che Remus
ricorda.
Ma Sirius
non sarebbe se stesso se, per una volta, si mostrasse quieto e paziente. Per
questo non può dirsi realmente sorpreso quando, spazientito, fa leva sulle
zampe posteriori, premendo quelle anteriori sulle sue spalle. La piuma
intrisa di inchiostro traccia una larga, sbrindellata S, la cui coda si
interrompe sul bordo del foglio. Remus non si arrabbia neppure, ma c'è una
piccola vendetta nella mano che si alza e nella penna che sbaffa il pelo di
Sirius con l'inchiostro residuo. Non si nota neppure, ma sarà clamorosamente
evidente quando riprenderà le sembianze umane. Per adesso, comunque, non
sembra preoccuparsene, occupato com'è a ficcare il muso nell'orecchio di
Remus – che ride, ride e ride come un bambino – e leccargli il collo con la
lingua larga e ruvida.
«Sirius, basta! A cuccia!» ordina,
ma sarebbe decisamente più credibile se la smettesse di ridere e se Sirius
la piantasse di spingere il muso morbido contro il collo, la guancia e
perfino l'occhio. Senza alcun preavviso, poi, gli salta addosso,
accucciandosi come un enorme, goffissimo cucciolo sulle gambe di Remus, che
boccheggia di dolore e cerca di spingerlo via. L'attimo prima le sue dita
sono serrate su un paio di zampe larghe e forti, ma quello dopo ci sono
altre dita che si intrecciano alle sue, un singulto di sorpresa e il crack! secco della sedia che cede, scaraventando entrambi sul pavimento.
«Ow» mugugna Remus, cercando di
sfregarsi la schiena con la mano ancora incastrata in quella di Sirius, che
ha perso l'espressione folle e giocherellona e lo guarda con occhi calmi e
seri, le pupille enormi nella penombra della camera e della scrivania.
Qualsiasi emozione che non sia una febbrile impazienza gli svuota
immediatamente la pancia, perché sa cosa sta per succedere e vuole che
succeda – ci ha
pensato per tutto il giorno e ci ha pensato molto negli ultimi venti
minuti, diviso tra la voglia di terminare i compiti e quella di metterli da
parte per sfruttare questo raro momento di solitudine. E adesso, che sa
essere quasi ora di cena, rimpiange di non averlo fatto, di non aver
sacrificato lo zelo scolastico all'altare della presenza di Sirius.
«Sei un cane cattivo. Molto, molto
cattivo».
«Oh, accidenti, Remus, mi stai
spezzando il cuore».
«Quale cuore? Ne hai mai avuto uno?»
«Adesso mi stai uccidendo».
«Stai tranquillo, dicono che i
peggiori sono sempre gli ultimi a morire».
«Ow! Muoio!» geme teatralmente,
crollando sul petto di Remus, che trema contenendo una risata e che tuttavia
sussulta quando Sirius apre la bocca e affonda i denti nella carne morbida,
stringendo forte. Troppo forte, tanto da strappargli un mezzo gemito e
un'imprecazione soffocata. Dura solo un attimo, però: la lingua sta già
passando sui segni scavati nella pelle e Remus sta già sentendo gli occhi
farsi pesanti e la testa rovesciarsi un po' all'indietro. E quasi trema
quando la bocca di Sirius si stacca all'improvviso, lasciando che l'aria
fredda gli soffi sul collo, solo per poggiarsi contro la sua e baciarlo in
quel modo un po' impacciato e sorpreso di chi ancora non è del tutto
abituato ad avere il proprio migliore amico in quel modo.
La porta si spalanca proprio quando
la mano di Remus trova la nuca di Sirius per avvicinarlo ancora di più e
chiudere quei pochi centimetri di doverosa, prudente distanza tra i loro
corpi.
James, che non è più abituato di
loro a questa nuova situazione e tende a reagire in maniera poco composta,
non riesce veramente a darsi un contegno.
«Per Morgana!» strilla e si volta,
sbattendo la porta con entrambe le mani e tenendole lì ferme, come se vi si
fossero incollate. O come per impedire a chiunque altro di entrare e
sorprendere Remus e Sirius spalmati sul pavimento, con una sedia rotta al
loro fianco che lascia intuire tutto tranne che la verità.
«Ma smettila» lo rimprovera Sirius
con blando interesse, ancora impegnato a fissare gli occhi di Remus come se
potesse trovarci dentro qualcosa di prezioso e inaspettato. «Non facciamo
nemmeno la metà di tutte queste storie ogni volta che ti becchiamo a
sbaciucchiare Evans».
«Cosa c'entra? Voi siete i miei
migliori amici!»
«Appunto, dovresti evitare del tutto
di fare scenate del genere» dice Sirius, con l'aria di uno che ha appena
vinto una disputa. Quale sia la logica intrinseca della sua affermazione,
Remus non saprebbe dirlo. Sa solo che la situazione sta diventando
imbarazzante, con Sirius appiccicato a lui e James alla porta.
Rotola via dal ragazzo e si rimette
in piedi, offrendogli la mano, che accetta subito e impiega più del tempo
necessario a lasciarla. A Remus non sfugge la strizzata veloce, come a dire
che il loro incontro ravvicinato è stato solo posticipato, non rimandato.
«Piantala di provarci con la porta,
ci siamo rialzati, guarda».
Cautamente, James volta la testa e
si rilassa completamente quando prende atto del fatto che i suoi due
migliori amici non sono più spalmati sul pavimento, avvinghiati come amanti
disperati. In verità, non dovrebbero poi biasimarlo così tanto: è ancora
sotto gli effetti di una sorta di shock post-traumatico e basta il minimo
avvicinamento per mandarlo fuori di testa. Forse avrebbero dovuto affrontare
la questione con calma e non farsi cogliere sul fatto, premuti contro uno
dei lavandini del bagno dei Prefetti.
Forse.
«Sì, molto bene, molto bene.
Possiamo andare a mangiare, adesso?»
James sembra sul punto di cedere
all'isteria che si intravede nei suoi occhi e Remus ha così pena di lui che
annuisce e gli va incontro, senza premurarsi di guardare alle sue spalle,
dove Sirius ha piegato le labbra in un'espressione deliziata, che anticipa
una catastrofe.
«Sì, andiamo, Remus; rimanderemo i
nostri incontri del Felpato-tipo ad un'altra volta».
«NON TI SENTO! NON TI SENTO!» urla
James prima di spalacare la porta e volare giù lungo le scale, il più
lontano possibile da loro.
«Era proprio necessario?»
«Certo. I ficcanaso che interrompono
cose interessanti sono in cima alla mia Blacklist. Blacklist,
Remus. L'hai capita?»
Remus si sforza di non sorridere, ma
le sue labbra, a dispetto dei suoi occhi pieni di esasperazione e levati al
soffitto, tremano sospettosamente e si aprono in un sorriso palese quando
Sirius si avvicina e vi schiocca su un bacio rumoroso, da mamma orgogliosa
del proprio figlio. L'immagine è così bizzarra e inquietante che Remus ride,
suo malgrado.
«Dai, Felpato-tipo, andiamo»
lo sprona, un po' scontroso, ma chiaramente imbarazzato. La risata canina di
Sirius lo scorta fino in Sala Comune e Remus pensa sia un suono di quelli
che non gli verranno mai a noia. Il suono di una cosa bella, che gli è
prezioso, per lui che, di cose belle, ne ha conosciute pochissime.
«Signorsì signore. Sbrighiamoci; non
vedo l'ora di stuzzicare James. Voglio proprio vedere per quante portate
resiste prima di perdere completamente la testa».
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