Il terribile avvento
Il
terribile avvento
-
e le sue funeste conseguenze -
La
rivolta ha inizio!
C’è
sempre un luogo a cui tornare.
Ogni
uomo sa che esiste, lo chiama casa,
lo anela e lo rincorre per tutta la vita. Sa che, qualunque cosa
accada, da qualche parte qualcuno lo attenderà,
guarderà
l’orizzonte sperando nel suo ritorno; e il solo pensiero
basta a
fargli superare le avversità, a risollevarlo quando si sente
a
terra, a dargli le forze che normalmente non troverebbe mai.
Questo
luogo, per Shikamaru Nara, era la rassicurante realtà di
Konoha.
Gli
piaceva pensare alla Foglia, mentre era in missione: quando doveva
avventurarsi in operazioni complesse e mettere a repentaglio la vita,
l’idea che suo padre l’attendesse sdraiato al sole
lo convinceva
che sarebbe rientrato, come lui aveva sempre fatto.
L’ultima
missione si era protratta decisamente troppo a lungo; lo avevano
mandato oltre confine per una consulenza strategica di pochi giorni,
e invece era rimasto lontano quasi due mesi. Sentiva la mancanza di
casa, la mancanza di noia, e la mancanza di normalità.
Quando lo mandavano in missione c’era sempre qualcosa che
cambiava,
ma Konoha restava ogni volta Konoha.
Varcò le
grandi porte del
villaggio respirando a pieni polmoni. Lungo il cammino se
l’era
presa abbastanza comoda da arrivare pressoché riposato, ma
l’aria di casa lo rinfrancava particolarmente.
Girò lo
sguardo tutt’attorno, abbracciando con gli occhi ogni angolo
del
villaggio, riconobbe le vie e qualche viso. Salutò con un
cenno un vecchio amico di famiglia, poi sistemò meglio lo
zaino e si avviò verso casa.
La strada che dalle
porte conduceva
al centro era ampia e piena di negozi, a quell’ora affollati
di
persone. Shikamaru scorse una vetrina piena di manichini, e per un
attimo pensò che quello era un posto in cui Ino avrebbe
potuto
azzerare il conto del padre, se fosse stato tanto sprovveduto da
permetterglielo. Nel preciso istante in cui lo realizzava, vide la
suddetta Ino uscire dalla porta principale con le mani piene di
borse.
Per un attimo
rallentò,
frastornato. Da quando Ino si permetteva spese folli di quel calibro?
Gli Yamanaka avevano vinto la lotteria della Foglia mentre era via?
Al seguito della
kunoichi comparve
anche Sakura, ugualmente carica, e con sconcerto Shikamaru le vide
scoppiare in una risata che avrebbe volentieri definito chioccia, se
non fosse stato scioccato dalla loro improvvisa amicizia. Vide la
prima prendere a braccetto la seconda, e prima che la sua mandibola
toccasse terra, loro si accorsero di lui.
«Shika!»
lo chiamò
Ino, agitando le borse per fargli un cenno. «Quando sei
tornato?»
Lo
avvicinarono con un sorriso radioso, che lui non riuscì a
condividere, e Sakura gli posò una mano sul braccio,
sbattendo
le ciglia... coperte
di mascara?
«Cosa mi sono
perso?»
balbettò passandosi una mano sulla fronte. «Chi
è
Shika?»
«Oh, che
sciocco»
ridacchiò Ino, scambiando un’occhiata complice con
Sakura.
«Chi sarà mai Shika, eh?»
Lui le fissò
stordito.
«Da quanto
eri via? Due mesi?»
domandò Sakura. «Immagino che Konoha ti sia
mancata
molto... E anche la tua squadra» ammiccò verso Ino.
«Dove
sono le telecamere? E’ una candid camera, vero?»
rabbrividì
lui, sottraendosi al suo tocco. «Che diavolo vi è
preso?
Da quando siete così... così... così piattole?»
Sakura e Ino
arrossirono
bruscamente, tanto da spingere Shikamaru a fare un precipitoso passo
indietro, e, furenti, scagliarono tutta la loro violenza verbale su
di lui.
«Piattole?!
Come osi? Voi maschi non capite mai un cavolo di niente! Senza noi
donne il mondo non andrebbe avanti! Siamo amiche! Amiche!
Vi sembra tanto strano? In fondo lo eravamo anche prima!»
«Ok, ok, ho
capito...»
balbettò Shikamaru.
«No, non hai
capito! Alla fine
il vero problema siete voi! Se solo Sasuke si fosse deciso prima, ci
saremmo risparmiate un sacco di fatica»
«Sasuke? Che
c’entra
Sasuke?»
Ino e Sakura
ammutolirono di botto,
stupite.
«Oh,
è vero!»
esclamò la prima. «Shikamaru ancora non lo
sa»
«Non so
cosa?»
«Che Sasuke
è tornato»
rispose Sakura, con un sorrisino. «E che è ormai
evidente che noi due non abbiamo più alcuna ragione per
litigare...»
Le due kunoichi si
guardarono e
risero sotto i baffi, con occhi inspiegabilmente brillanti. Senza
sapere perché, Shikamaru ebbe un brivido.
«Sasuke
è tornato?»
chiese allibito. «Chi l’ha catturato?»
«Catturato?»
ridacchiò Ino. «Direi che più che
catturato è
stato sedotto...
Ma in fondo lo sapevamo già da prima, no?»
«Eh
sì...»
sospirò Sakura. «Me ne ero resa conto da tanto
tempo»
«S-Sedotto?
Chi...? Cosa? E
Tsunade? Il consiglio?»
«Oh, come sei
poco romantico!»
sbuffò Ino, puntandogli un dito contro il petto.
«L’amore
è l’amore! Non si può contrastare!
Renditene conto in
fretta, perché è la forza più potente
di tutte!»
“Che
fine ha fatto il chakra?” si chiese Shikamaru, senza parole.
Diamine, in due mesi succedeva davvero di tutto.
«Dove lo
tengono?»
«Lo
tengono?» Sakura e
Ino assottigliarono gli occhi minacciosamente.
«Perché
dovrebbe essere prigioniero?»
«Perché
è un
traditore, ha tentato di uccidere Naruto, giurato di distruggere
Konoha e si è alleato con Orochimaru?»
«Certo che tu
non capisci
proprio niente!»
No,
in effetti non capiva. E aveva il tremendo sospetto di non
voler capire.
«Oh, lo
scoprirai da solo»
sbottò Sakura, con aria di superiorità.
«Anche
se, sinceramente, pensavo che un genio come te lo avrebbe intuito
subito»
«Lascia
perdere» sbuffò
Ino, prendendola nuovamente a braccetto. «Ci ho avuto a che
fare per anni, è un genio solo quando vuole»
«Se non ci
arrivi, cerca Kiba
e Neji!» suggerì Sakura, mentre l’altra
già la
strattonava. «Oh, e non dimenticare di passare da
Choji!»
aggiunse poi, strizzandogli l’occhio. L’attimo dopo
lei e Ino
scoppiarono a ridere, allontanandosi con i loro mille pacchi.
Shikamaru rimase
immobile in mezzo
alla strada, frastornato.
C’era
qualcosa di terribilmente storto
in quella Konoha... Sasuke rientrato, perdonato e... e dove, di
preciso? Che era successo? Cercare Kiba e Neji sembrava faticoso...
Ma naturalmente il caso aveva in serbo il suo jolly, come di
consueto.
Shikamaru si
girò,
intenzionato a rientrare e chiedere spiegazioni al padre, quando vide
proprio Kiba e Neji dall’altra parte della strada, davanti a
un
negozio ninja. Che incredibile coincidenza!
Sembrava che stessero
scegliendo un
nuovo kit base, da quella distanza. Neji indicava qualcosa oltre la
vetrina, Kiba si chinava a controllare e poi rideva. Certo che era
strano vederli in giro insieme: non avevano contatti dai tempi
dell’accademia, praticamente. Ma nemmeno Sasuke era mai stato
il
cocco di Tsunade, per quel che ricordava.
Stava
per raggiungerli, rassegnato all’idea di chiedere a loro, ma
qualcosa lo bloccò, e bloccò anche il suo stomaco
–
probabilmente per sempre: lì in mezzo alla strada, senza il
benché minimo pudore, Neji e Kiba si stavano baciando.
Sì,
baciando. Baciando.
B-A-C-I... eccetera. E non sembrava un perfido bacio di Giuda,
piuttosto sembrava un appassionato amplesso a malapena trattenuto.
La
prima reazione di Shikamaru fu di guardarsi attorno, nel panico: di
lì a due secondi la via si sarebbe bloccata, qualcuno
avrebbe
spalancato gli occhi, tutti li avrebbero additati, anche di
nascosto... E invece nulla. Nessuno sembrava toccato
dall’avvenimento, anche se era chiaro che tutti li avevano
visti.
Anzi, un paio di ragazze li fissarono intenerite.
Shikamaru
sbatté le palpebre, impallidendo. Si sentiva la gola secca,
e
la cosa peggiore era che quei due non
smettevano!
Oddio, non riusciva a muoversi, era paralizzato dallo shock.
Finché non
furono Neji e Kiba
ad accorgersi di lui. Con molta naturalezza si staccarono, e Kiba gli
fece un cenno entusiasta.
«Shika!»
“Da
quando sono Shika?!”
«Ma allora
sei tornato!»
insisté Kiba, raggiungendolo con le dita intrecciate a
quelle
di Neji. «Tutto bene oltre confine?»
«Là
sì» rispose lui lapidario.
Kiba lo
fissò senza capire.
«Immagino
tu abbia sentito del ritorno di Sasuke» mormorò
Neji,
serio. E vederlo serio
che stringeva la mano di Kiba faceva venire il voltastomaco.
«Ehm,
sì, qualcosa»
si costrinse a balbettare, con la voce molto più che roca.
Neji
annuì comprensivo, poi – orrore! -
guardò Kiba e
sorrise
dolcemente.
«Sono
contento che per quei
due sia andato tutto bene» commentò.
«Sì,
anche io»
rispose Kiba con uguale sorriso.
Shikamaru
sentì la colazione
ribellarsi nello stomaco.
«Er... Temo
di dover... sì,
sono proprio in ritardo... Scusate tanto eh»
balbettò in
tutta fretta, arretrando traballante.
Neji e Kiba lo
guardarono con
moderata curiosità, stupiti. Quando Shikamaru ebbe dato a
entrambi le spalle, Kiba si lasciò andare a una piccola
risata.
«Oddio,
l’hai visto? Che
carino, tutto imbarazzato...»
«Ehi,
carino?» mormorò
Neji indispettito.
«Tu sei
bellissimo»
replicò Kiba, avvicinando il viso al suo. «E io ti
amo»
«Quanto mi
ami?»
«Tanto»
«Tanto
quanto?»
«Tanto
così...»
Shikamaru, a dieci
passi di
distanza, diventò letteralmente verde, e dovette chinarsi in
un angolo per vomitare tutto quello che aveva mangiato. Tremante, si
rialzò e si appoggiò per qualche attimo al muro,
cercando di riprendersi.
“Kiba
e Neji li ho trovati – purtroppo.
Ma non mi hanno detto nulla di Sasuke. E, francamente, penso davvero
di non volerlo sapere ora. Ho un orribile presentimento”
Ma che diavolo era
successo in quei
due mesi? Chi o cosa aveva fatto impazzire il mondo?
“Devo
raggiungere papà. Lui sicuramente saprà
spiegarmi”
Leggermente instabile
cercò
di trascinarsi avanti, sempre appoggiato alla parete; era entrato nel
villaggio pieno di energie, ma dopo dieci minuti di permanenza si
sentiva già distrutto.
All’altezza
del negozio di interni
da cui si riforniva sua madre fu colto da un capogiro, e dovette
fermarsi di nuovo. Mentre cercava di riprendersi, sentì una
mano posarsi sulla sua spalla.
«Shikamaru?
Ehi, tutto bene?»
gli chiese una voce nota.
Con leggero timore,
Shikamaru alzò
lo sguardo e vide il maestro Asuma.
«Sei
verde» gli fece
notare lui, fissandolo preoccupato.
«Maestro...
Io... Credo di
aver bisogno di una mano»
Asuma inarcò
le sopracciglia
sorpreso. «Tu? Da me?»
Con leggero imbarazzo
si guardò
alle spalle, e sembrò leggermente impacciato.
«Ora forse
non sarebbe
tanto...»
Shikamaru intravide
quel che
nascondeva oltre la schiena, e quando notò solo Kurenai
sbatté
le palpebre.
«Oh, capisco,
è un
appuntamento?» domandò, passandosi una manica
sulla
fronte.
«C-Che
dici!» sbottò
Asuma, arretrando imbarazzato. «Certo che no! Giusto,
Kurenai?»
«C-Certo che
no!»
confermò lei, arrossendo improvvisamente.
Shikamaru li
fissò stranito.
«No?»
«No! Ci
siamo... Incontrati
per caso»
«Maestro...
Kurenai è sua moglie»
sibilò Shikamaru, ormai vicino all’irritazione.
«Che
diavolo dovrebbe fregarmene se uscite insieme?»
«Shht!»
scattò Asuma all’improvviso, tappandogli la bocca.
«Non
a voce tanto alta!»
Kurenai si fece
più vicina,
guardandosi attorno con preoccupazione. Per assurdo, sembrava che i
passanti la squadrassero male.
«Shikamaru,
per favore...»
mormorò, chinandosi alla sua altezza. «Non
imbarazzarci
più di così»
«Ma che
diavolo succede?»
alitò lui, non appena Asuma lo lasciò libero di
parlare.
Allora Kurenai si
asciugò una
lacrimuccia, e sotto lo sguardo comprensivo di Asuma iniziò
a
raccontare del Terribile Avvento...
Il
giorno in cui comparve, nessuno ci fece caso.
Sembrava
un evento isolato e destinato a morire, qualcosa di insignificante e
un pochino triste. Arrivò, solo e sperduto, e fece la sua
timida apparizione. Si presentò con un nome complesso e
assolutamente impronunciabile, qualcosa che suonava molto come Basu
Ichi Mikan Borupen Onna Mushi Ichigo Nana Kudamono Isu Akai, e fu
ricordato come il Biemme.
All’inizio
alzò la testa poco alla volta, guardandosi attorno con
curiosità.
Fu circondato di attenzioni, accarezzato e riempito di consigli, e
dapprima parve apprezzarli. Poi, però, si fece
più
forte; con lui, si fortificò anche la sua natura malvagia,
al
punto che presto prese il sopravvento.
All’improvviso
non faceva più pena.
Ci
si accorse che era ovunque, in ogni angolo. Che era forte. Che era
impossibile ignorarlo, e che Konoha stava lentamente soffocando sotto
la sua stretta. Il Biemme era cresciuto, si era nutrito di
ciò
che lo aveva soddisfatto e poi aveva iniziato a contaminarlo, gioendo
della sua opera. Li aveva intrappolati tutti, in un lasso di tempo
incredibilmente breve; li aveva imprigionati e aveva mutato ogni
cosa: persone che mai si erano parlate erano cadute preda di una
passione divoratrice, pensieri, opere e parole si erano ribaltati
assumendo significati opposti e contrastanti, gli ideali si erano
sgretolati, la confusione aveva preso il sopravvento, valori e
convenzioni erano completamente saltati. In breve tempo
l’omosessualità si era trasformata nella
più normale
e accettata delle condizioni, eventi assurdi e irreali avevano preso
corpo con disarmante frequenza – nessuno avrebbe mai scordato
Neji
che inciampava
e cadeva nel
mezzo di una missione, prontamente soccorso da un Kiba che non si
capiva cosa ci facesse lì, o anche Rock Lee che sussurrava
tenerezze alle orecchie di un Gaara misteriosamente lontano da Suna
–
e le persone avevano preso ad accoppiarsi girando
un’immaginaria
ruota della fortuna: non potevi sapere con chi saresti uscito il
giorno dopo, perché probabilmente lo avresti incontrato
sulle
scale, e solo al terzo gradino avresti capito che era
l’uomo/donna
della tua vita, nonostante lo vedessi per la prima volta.
I
primi tempi era stato quasi divertente. Ci si guardava in giro e si
notavano le stranezze più grandi – Sakura e Ino
che
sperperavano denaro e chiocciavano ad ogni ora del giorno, Neji che
sorrideva ad Akamaru, grida di inumano godimento dalle finestre di
Rock Lee – ma presto tutto era diventato spaventoso. Nessuno
era
più padrone della sua vita, nessuno sapeva più
chi
fosse, e parlare con il prossimo si era fatto rischioso –
chissà
mai che andare a comprare le uova non diventasse una torbida
relazione a base di sesso selvaggio.
La
maggior parte degli uomini di Konoha era caduta, e persino la
famiglia del Kazekage sembrava invischiata in un’improbabile
vicenda incestuosa che, per assurdo, non scandalizzava nessuno. I
pochi superstiti, additati con scorno e guardati con diffidenza,
reggevano tra innominabili difficoltà. Tenten aveva provato
a
non farsi notare, cercando di scamparla, ma alla fine era rimasta
intrappolata in una ferrea amicizia quasi femminile con Lee, di
quelle che ci si scambia il diario dei segreti. Hinata, dopo un
promettente inizio a base di eremitaggio, era stata coinvolta nelle
beghe sentimentali di Kiba, e si era fatta sua confidente. Persino la
suprema Tsunade aveva deciso di resuscitare
Orochimaru, dotarlo di un carattere a dir poco zuccherino e spingerlo
tra le braccia di Jiraya, guardandoli pomiciare con gli occhi colmi
di lacrime commosse.
A
quel punto Kurenai e Asuma avevano capito di essere soli, e si erano
rassegnati all’idea di vivere la loro anormalità
con la
dovuta circospezione.
Era
un mondo difficile, quello, per gli eterosessuali...
«Però
tu sembri ancora
incontaminato!» esclamò Kurenai, con gli occhi
brillanti
di emozione. Lo afferrò per le spalle, lo fissò
intensamente, e lo scosse piano. «Shikamaru, forse con te
potremo affrontare il Biemme e riportare le cose alla
normalità!»
Shikamaru la
fissò.
Lei fissò
lui.
La fissò.
Lo fissò.
Si fissarono.
«No,
Kurenai!» esclamò
Asuma all’improvviso, allontanandola prima che si lasciasse
andare
a un bacio appassionato nonché illegale con un delicato
minorenne.
Kurenai
piombò in ginocchio,
e le persone che avevano intravisto la scena schioccarono le dita
deluse.
«Per poco non
cadevate nella
sua trappola!» esclamò Asuma, prendendo sotto
braccio
uno Shikamaru profondamente turbato.
«Dio mio...
E’... E’
terribile, è come se non fossi più te
stesso!»
allibì lui, pallido.
«Lo
so, piccolo,
lo so...» mormorò Asuma accanto al suo orecchio.
Shikamaru
sentì un brivido
correre lungo la schiena e si fece indietro precipitosamente. Asuma,
sgomento, si passò una mano sul viso.
«Oddio! No,
la maestro-allievo
no! Sono rimasto troppo scioccato da Gai!» si
disperò,
stravolto.
«Gai?»
«Shikamaru,
scappa!» gridò Kurenai. «Devi andartene,
o
inizierai a chiamare Choji paperella
mia!»
Shikamaru
fissò entrambi con
il terrore negli occhi. Attorno ai tre si era raccolto un discreto
gruppetto, che osservava incuriosito la scena.
«Quando
arriva la lemon?»
gridò qualcuno dalle file posteriori.
Allora Shikamaru
accolse l’appello
di Kurenai e iniziò a correre, come mai aveva corso prima.
Fu
uno strano percorso, il suo: ad ogni passo rischiava di sbattere
contro qualcuno, e per ragioni misteriose si sentiva attratto da
ognuno dei misteriosi sconosciuti che cercavano di intralciarlo. A un
tratto si sentì invadere da una colata di disperazione e
pensieri intrisi di solitudine, desideri suicidi e incomprensione.
Provò l’insostenibile desiderio di entrare da un
parrucchiere e nascondere mezza faccia sotto la frangia, ma sulla
soglia del negozio, davanti a un minaccioso omone con un paio di
cesoie, si riprese e ricominciò a correre.
Come poteva liberarsi
dal maleficio?
Chi poteva aiutarlo? Forse suo padre... Oppure... Naruto! Ma certo!
Chi, se non lui, poteva essere rimasto immune? Con Naruto avrebbe
salvato Konoha!
Deviò
bruscamente evitando un
Lee parecchio strano, e raggiunse la casa di Naruto con lo sforzo
equivalente a un percorso di addestramento. Ci arrivò
ansante,
sudato e affamato; quando suonò il campanello, si rese conto
per la prima volta che era arrivato al capolinea, che se Naruto non
l’avesse aiutato ogni cosa sarebbe finita. Esso era
incredibilmente
potente...
«Sì?»
disse la
voce dall’citofono.
«Naruto...
Sono io»
ansimò Shikamaru, guardandosi attorno con circospezione. Lo
sentiva. Il Biemme si annidava negli angoli, pronto ad assalire anche
lui.
«Sei
arrivato, finalmente!
Sali!» esclamò Naruto.
Nessuno
Shika
all’orizzonte... buon segno. Shikamaru entrò nel
palazzo e
salì le scale fino a raggiungere l’appartamento
che gli
interessava. Prima che potesse bussare la porta fu spalancata, e
Naruto gli sorrise raggiante.
«Eccoti! Ce
ne hai messo di
tempo!» disse con uno sbuffo, tirandolo dentro.
«Temevamo
che non saresti arrivato in tempo»
«Allora lo
sai?» domandò
Shikamaru corrucciato. «Il Biemme non ti ha
contaminato...»
«Contaminato?
Certo che no!»
Naruto scosse la testa, quasi indispettito. «Nessuno
può
contaminare il futuro Hokage!»
Shikamaru
sospirò di
sollievo. Per fortuna Naruto era sempre Naruto.
«Dobbiamo
escogitare un piano.
Analizzare il nemico, trovare il suo punto debole, ed
eliminarlo»
esordì. «Non possiamo attendere un minuto di
più,
o verremo colpiti anche noi»
«Giustissimo.
Hai
perfettamente ragione. Ma, ehm, io non sono mai stato un gran
cervellone»
«Tu
raccoglierai dati»
«Certo»
Shikamaru si
fermò per un
istante, fissando Naruto.
«Naruto...»
«Sì?»
«Quella che
vedo attorno ai
tuoi occhi non è matita, vero?»
«Cosa? Oh,
questo... beh, sai,
mi fa gli occhi più grandi...» Naruto
sbatté le
ciglia con finta innocenza, giocherellando con le unghie.
«Oh. Gli
occhi più
grandi» ripeté Shikamaru, lentamente.
«Sì,
comunque...
Pensavo che non possiamo lavorare da soli, e che magari possiamo
farci aiutare!» riprese Naruto, entusiasta.
«Conosco
qualcuno che potrebbe darci una mano!»
«Qualcuno di
non
contaminato...?» mormorò Shikamaru, iniziando a
mostrare
i primi segni di diffidenza.
«Sì!»
felice come
un bambino, Naruto arrossì e guardò verso la
porta del
bagno, un po’ emozionato. «Sasu-chan! Puoi venire
un attimo?»
“Sasu-chan?!”
Shikamaru
sbiancò, fissando il bagno con costernazione. La porta si
aprì
e – orrore e raccapriccio! – Sasuke fece la sua
comparsa,
indossando la
tuta arancione di Naruto.
“Aaaaaaaaaaaaargh!”
«Che hai
Nacchan?»
domandò con uno sbuffo seccato.
La sedia su cui era
seduto Shikamaru
cadde a terra con fracasso, mentre il suo occupante si alzava
precipitosamente.
«Oh,
Shikamaru» commentò
Sasuke con un’occhiata indifferente. Solo a lui la tuta di
Naruto
poteva stare bene. Solo a lui nel mondo contaminato da Esso,
probabilmente. E, nota non meno rilevante, pure i suoi occhi erano
truccati.
«Anche voi
siete perduti!»
constatò Shikamaru, disperato.
«Perduti?»
Sasuke
ghignò, affascinante ed eccitante, e stronzo – ma
tanto gli
stronzi vanno alla grande. Con passo felpato si portò dietro
Naruto e posò una mano sulla sua spalla, possessivo.
«Io
preferisco dire che siamo in paradiso... vero Nacchan?»
sussurrò al suo orecchio. Gli occhi di Naruto si fecero
lucidi, il suo respiro accelerò.
“Mio
Dio! Sta per avere un orgasmo solo perché Sasuke sussurra!
Il
Biemme ha poteri tanto grandi?!” penso Shikamaru, sconvolto.
“Ora
capisco cosa intendevano Sakura e Ino”
«Naruto mi ha
riportato a
casa, e ci siamo innamorati» continuò Sasuke,
orgoglioso, giocherellando con una ciocca dei capelli di Naruto.
«Ho
capito di aver sbagliato, tradendo il villaggio. L’ho fatto
perché
ero ossessionato da mio fratello, ma un giorno lui mi ha detto
‘vivi,
Sasuke, vivi la vita che non ho vissuto io’. Itachi era
innamorato
di un suo compagno di squadra, un biondo, e il colore dei capelli mi
ha ricordato Naruto e fatto capire che lo amo! Nessuno al mondo, da
quel momento, avrebbe potuto tenermi lontano da lui! Persino gli
anziani lo hanno capito al volo...»
Shikamaru si
appiattì alla
parete, sconvolto.
«Sasu-chan...
Così lo
spaventi» mormorò Naruto timidamente.
«Hai ragione.
Scusa, Nacchan»
rispose Sasuke, baciandogli la fronte.
Shikamaru fu davvero
felice che il
suo stomaco fosse già vuoto. Felice per sé e per
il
pavimento.
«Voi...»
balbettò.
«Sì,
io sono seme,
naturalmente» annuì Sasuke.
«Non
volevo sapere questo!»
strillò Shikamaru, con la testa improvvisamente invasa da
immagini terrificanti.
«Shika,
dovresti rilassarti...» sbuffò Naruto, e per
assurdo
sembrò più piccolo e paffuto, quasi deformato.
«Cosa c’è di sbagliato? Ci amiamo! Da
sempre siamo
stati legati, e ora il nostro sentimento è venuto alla luce
e
si è definito...» arricciò le labbra,
offeso.
«Oppure vuoi dire che tra me e Sasuke non
c’è mai
stato nulla di speciale?»
Shikamaru
boccheggiò, a corto d’aria. «Ma voi...
Voi vi
prendevate a pugni! Per qualunque cosa! Eravate rivali!
Cioè!
Per assurdo, anche se doveste... Insomma, dovreste litigare
per chi sta sopra e chi sta sotto!»
«Litigare?»
Sasuke
inarcò un sopracciglio.
«Oh, no...
Ogni tanto ci
scambiamo i ruoli» spiegò Naruto, arrossendo
leggermente. «E’ abbastanza equo»
Shikamaru ebbe un
capogiro.
«Devo... Devo
andarmene...»
ansimò, appoggiandosi al muro.
«Non ti fermi
per un caffè?»
propose Sasuke, rivolgendogli il suo sorriso più ammiccante.
Shikamaru
tremò, prima di tutto perché il caffè
a Konoha
era semi-sconosciuto, e dunque offrirlo era assolutamente illogico, e
poi perché per un secondo aveva trovato Sasuke attraente.
«Non dobbiamo
sconfiggere il
Biemme?» chiese Naruto ingenuamente.
«Voi non
potete più
fare nulla» constatò Shikamaru con voce fievole.
«Perché?»
domandò
Naruto, smarrito.
«Lascia
perdere, Nacchan»
sussurrò Sasuke. «Non sono cose che ci
interessano...»
Sfregò il
naso contro il
collo di Naruto, che di nuovo sembrò perdere staffe,
controllo, e chissà quant’altro. Shikamaru si
trascinò
fino alla porta, cercando di non guardarlo. Lo sentiva, Sasuke era
l’arma migliore del Biemme: voleva circuirlo e includerlo in
un
terrificante triangolo con la magica coppia.
Doveva uscire di
lì. Fuggire,
correre il più lontano possibile... magari cercare suo padre
e
farlo rinsavire, se fosse caduto – brr, con Inoichi? Poi,
insieme,
avrebbero cercato una soluzione.
Raggiunse la porta
ansante, per lo
sforzo di resistere alle occhiate magnetiche di Sasuke e quello
contemporaneo di non vomitare. Una volta fuori sarebbe stato
più
facile, lo sapeva...
«Te
ne vai?» sussurrò Sasuke, avvolto attorno a Naruto
come
un boa constrictor. Dio, chissà che giochini perversi si era
inventato il Biemme per loro! «Prima di scappare con la coda
tra le gambe, ricordati di passare a salutare Choji...»
insinuò
ridacchiando. «Sentiva tanto
la tua mancanza!»
“No,
Choji no!”
Shikamaru si
aggrappò alla
maniglia e si lanciò fuori, inghiottendo il grido disperato
che voleva uscirgli dalla gola.
«Devo fare
qualcosa!»
disse tra i denti, tirandosi in piedi sul pianerottolo.
Urgevano contromisure
estreme. Il
Biemme non poteva agire indisturbato nel suo mondo, non con lui in
vita! Shikamaru amava Konoha, amava le persone che la abitavano e
quello che era. Non avrebbe lasciato che il primo arrivato
distruggesse la sua casa, non l’avrebbe lasciata crollare
senza
fare nulla.
Basta amori
improbabili, basta
accoppiate casuali, basta perversi giochini di letto. Qualcuno doveva
fare qualcosa, e farlo in fretta, prima della degenerazione completa.
Che Naruto e Sasuke fossero in qualche modo sospetti era accettabile.
Che Naruto fosse un tenero peluche sottoposto a ogni volontà
di Sasuke era pura perversione.
«Tornerò»
mormorò, raddrizzando fieramente la schiena.
«Tornerò
con un modo per riportare le cose alla normalità»
Ora che aveva preso la
sua
risoluzione si sentiva più sicuro. Era come se i tentacoli
del
Biemme fossero meno stretti, come se il vero sé stesso
tornasse a galla – e con lui l’apatia, ma cercava
di
contrastarla.
Non sapeva
perché fino a quel
momento fosse stato risparmiato. Sapeva che il Biemme aveva iniziato
a minacciarlo, ma pensava ancora di potersela cavare.
Chissà, forse era merito della pigrizia, che mal si
coniugava
con il sesso selvaggio.
Comunque fosse, quella
era la sua
crociata.
Si augurò in
bocca al lupo da
solo, si guardò alle spalle, dove la porta
dell’appartamento
di Naruto lasciava filtrare rumori e voci altamente sospetti. Sarebbe
tornato.
Prima o poi, sarebbe
tornato.
Eh,
che bello sarebbe uno Shikamaru tutto per noi... vero?
Tornerà? Non tornerà?
Chi lo sa... Forse si palesa solo quando c'è bisogno di
lui...
Si
ringraziano Yamamaxwell per l'ispirazione e harryherm per il supporto.
Anche Mala_Mela, perché avrebbe voluto partecipare. XD
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