Vera Monfort

di laolga
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PROLOGO

-Immaginate...-

Immaginate una ragazza apparentemente normale, i capelli castani arruffati sul capo, gli occhi scuri, macchiati da un resto di mascara messo frettolosamente all'ultimo minuto, in ascensore, in ritardo per la scuola, il volto pallido, perennemente corrucciato in una smorfia di stanchezza, assonnato dopo una notte passata a rigirarsi senza sogni fra le coperte pesanti, troppo pesanti, opprimenti, bollenti...

Immaginate che questa ragazza scenda dall'ascensore, che con le dita di una mano cerchi inutilmente di pettinarsi i capelli, e che con l'altra sfiori la maniglia gelida del portone di casa, aprendolo, e poi che esca in strada, dove come con uno schiaffo il freddo di quel duro inverno le darà il buon giorno, investendola di rumori, di voci trepidanti, di fruscii inquieti, di latrati di cani, risate di bambini, scalpiccii di passi affrettati, e che, sommersa dal caos cittadino, la nostra ragazza rimanga per qualche inesorabile attimo sull'uscio di casa, ad assorbire tutti quei rumori.

Immaginatela affrettarsi a percorrere la via principale, superando le vetrine ormai note, schivando i passanti di ogni mattino, aspettando eterni minuti ai soliti semafori per poi passare col rosso, impaziente e stufa, sempre sopportando il peso schiacciante di un enorme zaino scuro, pieno di libri inutili e pesanti per materie altrettanto inutili e pesanti.

Immaginatela arrivare ormai di corsa alla scuola più rinomata della città, precipitarsi a perdifiato per quattro rampe di scale, col fiato bloccato alla trachea, le gambe molli e le braccia appese al corrimano, l'unico conforto in quella pazza, folle, insulsa, corsa contro il tempo.

Immaginatela... non chiedo molto, ma almeno provateci.

Allora, ci siete riusciti?

Davvero?

Complimenti, vi siete appena immaginati niente popò di meno di

Vera Monfort, che, l'avrete già intuito, sono proprio io.





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