Autoconvinzione

di Aanya
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Guardava fuori dalla finestra di quell’albergo sgangherato e non si muoveva. Non ci riusciva. Se avesse potuto avrebbe fatto a meno di sentire anche quel flebile rumore che faceva il suo respiro. Aveva un nodo allo stomaco e sentiva che un senso di nausea lo stava avvolgendo.
La pioggia leggera ma continua aveva lasciato progressivamente il posto ad un timido sole calante che sbucava da una coltre di nubi, colorando il cielo di sfumature grigio-rosate.
Osservava l’esterno, dietro a quel vetro opaco, sporco, cercando di individuare l’orizzonte oltre le case in prospettiva. Si sentiva perso, vuoto, traditore. L’unica cosa che voleva era lei e sapeva di non poterla avere.
Fece un’inspirazione più lunga, fissando un punto nel vuoto, oltre il vetro, cercando di non fare caso a quel peso che sentiva al condotto lacrimale. Espirò.
C’era silenzio, troppo. Non c’era più la sua risata cristallina, non c’erano più quelle frasi ripiene di sarcasmo a punzecchiarlo.
Non c’era più lei. Quei suoi grandi occhi azzurri indagatori e quel suo modo di camminare come se stesse inscenando una danza silenziosa.
Perché le aveva mentito? Perché non aveva trovato il coraggio di dirle quello che provava? C’era una risposta per tutto questo e lui l’aveva sempre conservata dentro di sé come un male incurabile.
Non la meritava.
Si sentiva debole e questo lo atterriva ancor più di tutto. Lui non era mai stato un debole. Eppure quell’unica ragazza aveva stravolto le sue convinzioni e la sua vita, proiettandolo in un vortice di emozioni dal quale non voleva sottrarsi, ma dal quale veniva sballottato e ferito.
Posò una mano sul vetro e chinò la testa in avanti. Il contatto con il vetro freddo lo fece rabbrividire.
Non avrebbe mai potuto darle quello che le spettava, se non qualcosa di immateriale che in quelle circostanze sarebbe stato gettato in un cestino, insieme alla sua dignità.
Alzò lo sguardo e i suoi occhi spenti riflettevano le luci del tramonto. Era amore. Era sicuramente amore quello che stava provando perché sentirla così lontana, nonostante fossero ancora nella stessa città, lo stava dilaniando dentro.
Ma non era all’altezza. Aveva sbagliato. Forse si meritava tutto questo.
Avrebbe voluto solo stringerla tra le braccia ancora una volta, sentire che lei aveva ancora bisogno di lui. Inspirare il profumo dei suoi capelli, della sua pelle delicata come velluto. Baciarla, assaporando il gusto delle sue labbra irraggiungibili.
Si staccò dal vetro lentamente, quasi di malavoglia, e prese la valigia ai suoi piedi. Il suo cervello gli diceva che non la meritava.





Angolo autrice
Stavo scrivendo tutt'altro oggi. Poi mi sono fermata, ho guardato fuori dalla finestra e aveva smesso di piovere, colorando il cielo di rilassanti sfumature. Sarà perché oggi mi sono rivista questo film d'animazione, ma mi è partita l'ispirazione e ho buttato giù qualche riga. Introspezione vieni a me!
Ho immaginato la scena in un possibile spazio temporale tra l'addio con Anastasia e il momento in cui Dimitri è alla stazione, pronto per andarsene, ma capisce che ha dimenticato qualcosa.
Se vi ha lasciato qualcosa lasciate un commento se vi va. Au revoir.
Aanya




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