Memorie di una viaggiatrice distratta

di Aron_oele
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Gli arrivi, così come le partenze, potrebbero essere associati a un colore.
Verde come la speranza; bianco come la neve; blu come una tempesta.
E se dovessi trovare un colore per l'arrivo che ci (s)travolse tutti quel sabato pomeriggio nel nostro piccolo ryokan, sarebbe sicuramente il rosso.
Rosso, come il fuoco, come i suoi capelli.

Mentre il sole tramontava, lasciandosi alle spalle una giornata fatta di terme e risate, e l'aria si faceva più fresca tingendosi di blu, una figura minuta fece la sua comparsa nella mia vita e nella piccola sala da pranzo, spuntando oltre la porta con una testolina colma di capelli rossi.
Lucenti e ondulati capelli rossi che le ricadevano sulle spalle.

***

Il nostro week-end rilassante alle terme stava per finire e l'indomani mattina saremmo ripartiti per tornare a Nerima. Così per quel sabato sera, complici le poche attrattive del piccolo e tranquillo paesino che ci ospitava, avevamo deciso di passare la notte fra i boschi ombrosi alle pendici delle montagne.
Eravamo tutti intorno al grande tavolo, intenti a preparare le ultime cose prima della partenza, quando la nostra anziana ospite scostò le tende perlacee dell'ingresso annunciandoci che avevamo una visita. Non poco sorpresi, ci guardammo gli uni con gli altri, cercando di indovinare chi potesse averci raggiunto. Magari il dottor Tofu, liberatosi dagli impegni dell'ambulatorio; o magari, sconfiggendo la pigrizia, Soun e Genma; o ancora Hiroshi, Daisuke, Yuka e Sayuri. Le nostre congetture, o speranze, andarono avanti finché invece, con un sorriso a trentadue denti stampato sul giovane viso, ad entrare dalla porta fu una ragazzina dai capelli rossi che non avevo mai visto prima.
Una sconosciuta con il viso simpatico e l'espressione di chi ha commesso una marachella.
Si inchinò rispettosamente salutando i presenti e poi incatenò i suoi incredibili occhi scintillanti ai miei con aria impaziente.
<< Ranko! Che ci fai tu qui? >> chiese Ranma apparendo più sgarbato di quanto non volesse << Non dovevi aspettarci a casa? >>
<< Sì, sì, ma non ce la facevo più! Dovevo assolutamente raggiungervi! >>
<< Saremmo tornati domani... >>
<< Lo so, ma a casa con gli zii è una noia e poi sono mesi che non fate altro che raccontarmi di lei, non potevo aspettare un minuto di più! >> rispose con convinzione la ragazza, e qualcosa nel suo modo di fare mi disse che era sicura di spuntarla.
<< E va bene, vieni qui. Jude, lei è mia cugina Ranko, avresti dovuto conoscerla al nostro ritorno a casa ma... >> disse Ranma alzando le spalle con aria rassegnata, mentre la nuova arrivata appariva soddisfatta.
Io le sorrisi e lei fece lo stesso mimando un “finalmente” con le labbra.
Era una ragazzina minuta e piccola di statura, ma estremamente proporzionata. Madre natura era stata generosa con lei, concedendole curve in gran quantità e un corpo smaliziato e sensuale. Il viso poi era tremendamente bello: lunghe ciglia nere incorniciavano sfavillanti occhi blu -molto simili a quelli di Ranma ripensandoci, ma più dolci e sensuali-; le cui palpebre, truccate leggermente da una linea lilla, conferivano allo sguardo armonia e delicatezza. Gli zigomi alti e rosei, il naso piccolo, le labbra piene e fresche. Era bellissima. Somigliava al cugino quel tanto che bastava per dirmi che anche lei era un'artista marziale, ma aveva nell'espressione qualcosa di frizzante e sbarazzino che nascondeva un carattere impetuoso e piccante.

Un vulcano in piena eruzione, un cuore che pompa frenetico, un treno che sfreccia a tutta velocità, ma con un sorriso che avrebbe fatto vacillare il più duro dei cuori.
Questa era Ranko Saotome e io lo avrei capito quella sera.

***

Avevo più volte sentito nominare dalle belle labbra di Kuno la “ragazza con il codino, ma solo poco prima di metterci in cammino, quando già aveva spalancato la porta con un'entrata scenica degna del miglior attore melodrammatico, mi resi conto che si riferiva proprio a Ranko.
<< Oh mia dolce e cara stella della notte! >> esordì lui aprendo teatralmente le braccia.
<< Oh mamma, Kuno, ma ci sei anche tu? >>
<< Non temere mio meraviglioso pulcino, d'ora in poi non ci lasceremo mai più! >> esclamò Tatewaki balzando in avanti e prendendo a rincorrere attorno al tavolo la ragazza, che non si sapeva se fosse più arrabbiata o spaventata.
<< Sparisci brutto idiota! >> gridò lei, sempre scappando. Lo stesso sangue di Ranma le scorreva nelle vene.
<< Amore mio fatti abbracciare! >> continuava a dire lui cercando di afferrarla da dietro.
Io risi, sinceramente divertita dalla scenetta, e mentalmente aggiunsi un'altra vittima alla lista del senpai.
<< Anche lei? >> chiesi mentre guardavo Nabiki che, leggermente infastidita, portava via Kuno trascinandolo per il retro della t-shirt e intimandogli di “smetterla di fare il cretino con tutte”.
<< Eh già, ha un'insana passione per i maschiacci come vedi, gli piace anche Akane! >> rispose Ranma beccandosi un pugno in testa da entrambe le ragazze.
<< Non dargli retta, Jude! >> disse Akane prendendo il mio braccio destro e facendolo passare sotto il suo.
<< Già! >> confermò Ranko facendo lo stesso dall'altra parte << So fin da ora che diventeremo grandi amiche! >> esclamò poi con voce squillante. Con queste premesse e tenendoci a braccetto, ci incamminammo verso quella che sarebbe diventata un'altra avventura, solo che noi ancora non lo sapevamo.


***


I boschi che circondavano il piccolo paesino erano meravigliosi di giorno, con il verde che brillava bagnato dalla luce e gli uccellini che parevano colorare l'aria cantando ininterrottamente.
Lo scenario notturno però era, se possibile, ancora migliore.
Freschi e silenziosi, con la terra umida e le foglie lisce di rugiada, colmi di ogni sfumatura di verde, marrone, ocra e grigio, quei luoghi offrivano uno spettacolo ancestrale e misterioso, illuminati solo da una falce di luna e dalle stelle.
Ben presto trovammo una piccola radura fra gli alberi frondosi.
L'odore di pino e muschio, di terra bagnata e di erba ci solleticava le narici, mentre la luce salmastra che filtrava dai rami intrecciati rendeva tutto più magico.
<< Qui sarebbe perfetto accendere un falò e raccontarci storie dell'orrore >> suggerì Nabiki guardando insistentemente la sorella minore, che sapeva essere una gran fifona.
<< Ma proprio storie di mostri e fantasmi? >> chiese Akane con voce infastidita << non potremmo raccontare a Jude qualche leggenda tipica del nostro paese? >>
<< Ma che noia! L'horror è più divertente! >> esclamò Ranko.
<< Io do ragione a Pel di carota! L'horror è meglio! >> intervenne Shan-pu.
<< Shan-pu ha ragione! >> La spalleggiò Mousse.
<< Tu vuoi una storia dell'orrore solo per spalmarti su Ranma come al tuo solito, brutta vipera! >> intervenne Ukyo.
<< Ok, allora forse no... >> sussurrò il ragazzo con gli occhiali leggermente confuso.
<< E tu che vuoi? Pensa al tuo fidanzato! >> gridò la cinesina di rimando.
<< Ryoga non è il mio fidanzato! >> Diede in escandescenza la cuoca, mentre il diretto interessato, visibilmente arrossito, era nel frattempo combattuto su quale fanciulla in difficoltà aiutare: se Akane, palesemente terrorizzata da quel genere di racconti; Ranko che, sbattendo le ciglia con fare suadente, lo stava lentamente abbindolando; oppure Ukyo, anche se non sapeva bene se volesse la storia horror per accaparrarsi lei stessa le attenzioni di Ranma o non la volesse solo per impedirlo a Shan-pu.
<< Guarda che nessuno aveva parlato di Ryoga >> sussurrò Shan-pu a tradimento e i due ragazzi partirono a raffica con una serie infinita di giustificazioni fra le prese in giro e le risate degli altri, mentre io li guardavo e cercavo di capire quanta verità ci fosse nelle loro parole.
<< Basta, silenzio! Ho io la storia perfetta >> parlò infine Nabiki << Così accontenteremo l'una e l'altra >>

Tempo che, Ranma e Ryoga da una parte e Mousse e Alexander dall'altra, trasportassero nella radura due grossi tronchi caduti su cui sedersi -facendo notevole sfoggio dei loro bicipiti- e che Kuno cercasse della legna per accendere il falò, ed eravamo tutti stretti intorno al fuoco.
Solo Nabiki era in piedi di fronte a noi.
Si schiarì la voce e assunse una posa concentrata socchiudendo gli occhi:
<< Si comincia >> sussurrò con tono spettrale. << Secondo una leggenda, centinaia e centinaia di anni fa, in Giappone viveva una giovane donna. Si diceva che fosse bellissima, con lunghi capelli neri e occhi color dell'ebano.
La bella fanciulla incontrò un samurai, un uomo forte e valoroso, il quale si innamorò perdutamente di lei e ben presto ne fece la sua sposa e la sua concubina (*) >>
<< Fin qui niente di strano >> disse Akane ostentando coraggio mentre Ranma, seduto accanto a lei, la guardava di sottecchi alzando un sopracciglio poco convinto.
<< Aspetta a parlare, sorellina. Come dicevo, questo giovane samurai era un uomo estremamente vigoroso, un marito premuroso e un compagno affidabile. Questo almeno per i primi anni.
Con il tempo divenne morbosamente geloso della bellezza della moglie, che incantava chiunque incontrasse, e cominciò a chiuderla in casa, accecato dalla gelosia. Ma più lui la nascondeva agli occhi del mondo, più la vanità della donna accresceva a dismisura >>
Mentre Nabiki parlava -con una lentezza che faceva presagire un colpo di scena- tutti noi ce ne stavamo accoccolati l'uno al fianco dell'altro, guardando ora la nostra narratrice, ora il fuoco caldo e scoppiettante davanti a noi.
Ranko, sporta quasi totalmente in avanti per ascoltare meglio, non aveva affatto paura e avrebbe voluto solo essere lasciata in pace, cosa che non faceva altro che ripetere a Kuno, il quale invece cercava di abbracciarla tranquillizzandola con le sue rime strampalate.
Ukyo, ancora stizzita per ciò che era successo prima, neanche guardava Ryoga, che se ne stava seduto a braccia conserte, sfiorando con un gomito lei e con l'altro me.
Io ero in mezzo a Ryoga e Alexander e cercavo di seguire il racconto senza farmi distrarre dall'inconscia paura dentro di me.
Dopo di noi sedevano Shan-pu, ovviamente avvinghiata al braccio di Ranma, e Mousse, che aveva un'aria alquanto indispettita.
Poi Akane e infine Kasumi.
Tutti con gli occhi che pendevano dalle labbra di colei che raccontava la storia con estremo trasporto.
<< La donna, stufa della situazione, si trovò ben presto degli amanti che appagassero la sua voglia di attenzioni e la sua smisurata vanità. Ma il samurai ne venne a conoscenza e, in un impeto d'ira, colpì la donna con la propria katana, squarciandole la bocca da orecchio a orecchio e gridando: “Chi ti dirà che sei bella adesso?” >>
L'atmosfera inquietante del bosco notturno, resa ancora più torva dalla figura poco illuminata della narratrice, fu interrotta bruscamente dal grido della ragazza che imitò la sfortunata sposa, tanto che la maggior parte di noi sussultò spaventata e alcuni uccelli volarono via da un albero vicino, facendoci rabbrividire ancora di più con i loro versi striduli.
<< Tutto qui? >> chiese Ranko, l'unica a non aver fatto nemmeno un fiato.
<< Assolutamente no >> riprese la narratrice. << Da quel giorno cominciarono a girare strane voci su di una donna che, nelle notti di nebbia, vaga con il volto coperto da una mascherina e che, se incontra un passante, lo ferma e gli chiede: “Kirei da to amou?”, “Credi che io sia bella?”.
A quel punto il povero passante non sa che fare, fin quando la giovane donna non si toglie la mascherina, mostrandogli l'orrido squarcio che la sfigura, sbarrando gli occhi diventati ormai color ghiaccio e ripetendo ancora la domanda >>
Nabiki, totalmente immedesimata nella parte, mimava alla perfezione gesti e cadenze del fantomatico spettro, sbarrando anch'essa gli occhi, scattando in avanti, alzando la voce e deformandosi i lineamenti del viso per apparire più terrificante.
Il risultato fu che, ovviamente, la maggioranza delle ragazze lanciò un urlo atroce che rimbombò per tutto il bosco.
<< Che storia tremenda! >> disse Kasumi portandosi una mano a coprire la bocca.
<< Lanma, ho tanta paura, stringimi forte! >> gridò la cinesina strusciandosi ancora di più al ragazzo.
<< Ma Shan-pu, ci sono qui io a proteggerti! >> cercò di intervenire -del tutto inutilmente- Mousse.
Dal canto suo Ranma, badando poco alla ragazza completamente abbracciata a lui, si voltò verso Akane domandandole se fosse tutto a posto e se per caso non avesse paura.
<< Niente affatto! >> rispose lei con stizza. << Vai a proteggere Shan-pu se ci tieni tanto! >>
<< Sei sempre la solita stupida >> sussurrò lui con voce piuttosto roca e si girò verso Shan-pu, abbracciandola a sua volta.
Io, dopo aver tratto un breve sospiro strozzato, assistetti alla scena corrugando la fronte, non riuscendo proprio a capire cosa nascondesse il comportamento lunatico di quei due.
Ma Nabiki non mi diede il tempo di avvicinarmi alla mia amica, perché subito riprese a raccontare la storia con tono ancora più basso e spettrale:
<< A questo punto la leggenda prende vie diverse, ma sempre terribili. C'è chi dice che la donna, dopo aver posto la domanda, divori le povere vittime con la sua bocca enorme, oppure che sparisca in una risata agghiacciante. Altre fonti, più attendibili, ci dicono che invece tutto dipenda dalla risposta della vittima: se risponde di no, allora la sua sorte è orribilmente segnata e lo spirito la insegue fino a casa per colpirla mortalmente con un paio di forbici. Se invece il malcapitato risponde di sì, e quindi mente, la donna lo sfigura per vendetta, esattamente come un tempo il marito fece con lei >>
<< Ma una via di fuga c'è >> proseguì poi con voce truce e inquietante facendo tremare di paura noi ragazze.
<< E quale sarebbe? >> chiese con enfasi Ranko, così tranquilla che le mancavano solo i popcorn.
<< Non bisogna rispondere. Bisogna tenersi sul vago vaghi e correre... correre più che si può! Sapete, dicono che la donna prediliga altre fanciulle come lei come sue vittime... magari con i capelli neri e gli occhi castani... sai Akane, allo spettro piacciono molto i boschi notturni... >>
<< Adesso basta! >> gridò la diretta interessata << Mi avete stufata con queste stupide storie! I fantasmi non esistono e nessuna donna verrà a squarciarmi la faccia questa notte quindi, se permettete, io me ne vado a letto! >> e così dicendo si infilò diretta nella tenda senza badare alle proteste di noi altri.
<< Akane dai, non andartene! >> disse Ranko << E tu idiota, fai qualcosa per fermarla, no? >> aggiunse poi rivolta al cugino.
Ma Ranma girò con noncuranza la testa dall'altra parte, continuando ad accarezzare Shan-pu e sussurrando, più rivolto a se stesso che agli altri: << Non me ne importa niente di quello che fa quella stupida! >>
Ciò mi convinse ancor di più che, più che per la paura della storia, Akane se ne fosse andata per un altro motivo, un motivo che era seduto alla sua destra e che coccolava una rumorosa ragazza cinese.
Un motivo che, chissà perché, le faceva nascere dentro un mostro peggiore di quello delle storie di Nabiki, un sentimento verde come il bosco in cui ci trovavamo.
Un motivo che, e lo scoprii poche ore dopo, aveva dentro di sé gli stessi pensieri ed emozioni.

E così, dopo un po', tutti entrammo nelle nostre tende sperando, l'indomani mattina, di vedere quel clima di tensione dissolversi assieme agli spiriti della notte, anche se io avevo il sentore che per noi non solo i guai non fossero ancora finiti, ma che anzi fossero appena iniziati.


***

Eravamo andati a dormire di malumore, ognuno immerso nel fumo grigio dei propri pensieri.
Da quando Akane si era rintanata nella sua tenda, Ranma era diventato intrattabile.
Irascibile e nervoso, aveva rifiutato in malo modo le attenzioni fino a quel momento concesse a Shan-pu e poco dopo se ne era andato dopo poco anche lui, lasciando un'atmosfera tesa nella radura.
Ognuno di noi si era perso nella propria malinconia e aveva trovato un valido motivo per abbandonare il sorriso.
Ukyo, silenziosa, guardava il cielo stellato; Shan-pu lanciava lamoi d'odio a chiunque tentasse di avvicinarla; Ryoga sbuffava inquieto; Nabiki faceva un solitario con le carte, stranamente tranquilla; Alexander, pensieroso, era andato a fare una passeggiata fra i boschi e persino Kuno stava in silenzio, lucidando la sua spada seduto su una roccia.
Così eravamo entrati nelle tende, con le lamentele di Ranko -l'unica a non aver perso l'allegria- come unico sottofondo.
Avevo fatto abbastanza fatica ad addormentarmi; il buio era denso e umido e l'immagine terrificante di quella donna squarciata mi appariva continuamente davanti agli occhi.
Anche nel sonno poi, frammenti della discussione avvenuta poco prima, mischiati a pezzi di sogni senza senso, venivano a disturbarmi, aiutati dai sassolini nel terreno, che riuscivano a farsi sentire anche oltre il sacco a pelo.
Fu un sonno agitato, sudato e freddo.
Proprio quando mi pareva di aver trovato un momento di stabilità, uno scossone mi ridestò immediatamente, facendomi sgranare gli occhi nell'oscurità.
<< Jude... >> bisbigliò un'ombra accanto a me, << Jude... >> ripeté una seconda volta.
Nell'ancora velata incoscienza del primo sonno non mi resi conto di chi fosse, sentivo solo una voce di donna chiamare il mio nome e mi pareva di intravedere, grazie al tiepido bagliore lunare, due occhi chiari.
Istintivamente mi misi sulla difensiva, mentre il cuore cominciava a battere all'impazzata e l'adrenalina a scorrere frenetica nelle vene.
<< Jude... >> sussurrò per la terza volta.
Non che fossi il tipo che crede alle storie di fantasmi, ma l'atmosfera triste e silenziosa di quella notte, proprio dopo il terrificante racconto di Nabiki ancora vivido nella mente, e quella presenza inquietante che mi chiamava per nome, contribuirono non poco al vacillare della mia razionalità.
Mi tirai su a sedere, certa ormai che non si trattasse di un sogno, e decisi di fare un tentativo:
<< Sì? >> sussurrai flebilmente rivolta alla sagoma accovacciata accanto a me.
<< Sei sveglia? >> chiese questa.
<< Sì >> risposi io sempre più dubbiosa che fosse uno spettro. << Chi sei? >>
<< Sono Ranko, vieni un attimo fuori >> rispose, e la sentii uscire prima di poterle chiedere qualunque spiegazione.
Mentre lasciavo il piacevole tepore ormai accumulato nel mio sacco a pelo e scostavo il lembo di stoffa plasticata varcando la soglia della tenda, a stento riuscii a trattenere le risate.
Che stupida! Come avevo potuto credere che si trattasse davvero della donna della storia?
Invece, ad aspettarmi in piedi sull'erba c'erano Akane e Ranko, entrambe vestite di tutto punto ed entrambe con un'espressione interrogativa sul viso di fronte alla mia reazione divertita.
<< Perché ridi? >> mi domandò la ragazza dai capelli rossi.
<< Niente, niente >> risposi in fretta io dandomi -per la centesima volta- della scema per aver confuso Ranko con il fantasma della storia. << Dimmi tutto >>
<< Ti va di venire con noi? >> mi domandò lei sorridendo.
<< Dove andate a quest'ora? >> chiesi guardando l'orario. Segnava l'una del mattino.
<< In discoteca... >> sussurrò Akane con l'espressione colpevole.
Solo in quel momento feci caso al modo in cui erano vestite: Akane indossava una mini gonna nera -davvero mini-, scarpe col tacco e un giubbotto corto di pelle, sempre nero. Rossetto scuro sulle labbra, ciglia lunghe e l'aria di chi fa qualcosa che sa di non dover fare. Era davvero bellissima.
Mentre Ranko degli shorts -davvero short- e un top che lasciava poco spazio all'immaginazione.
<< In discoteca? >> ripetei io incredula.
<< Esatto. Qui è una palla mortale, ve ne siete andati tutti a letto alle undici! >> disse la rossa << Siamo giovani, dobbiamo divertirci! >>
Io guardai Akane e con lo sguardo le chiesi cosa diavolo stessimo facendo.
Non conoscevo Ranko, anche se avevo intuito il suo carattere sbarazzino e frizzante, ma ormai avevo imparato a conoscere Akane e sapevo bene che non era il tipo da sgattaiolare via di notte per andare a ballare in una discoteca.
<< Così, per cambiare un po' >> rispose lei alla mia domanda muta, quasi mi avesse letta nel pensiero, ma io percepii che il motivo doveva essere un altro. Il suo sembrava il tipico atteggiamento di chi vuole farla pagare a qualcuno ed io ero quasi certa che quel qualcuno fosse Ranma.
<< Dai, ci divertiremo! >> mi incitò Ranko << Io lo faccio sempre. Con i genitori severi che ho se non scappassi di notte, non uscirei mai! Torneremo domani mattina prima che gli altri si sveglino, nessuno se ne accorgerà e noi avremo passato una bella serata in barba a questi noiosi tutti arti marziali! >>
Io ero ancora titubante e una marea di motivi per cui quella fosse davvero una pessima idea mi vorticava nella testa.
<< Avanti, lasciamoci andare per una sera! >> disse Akane con malcelata insicurezza e una muta richiesta di compagnia nei suoi occhi mi convinse ad accettare.
Il tempo di infilarmi anche io qualcosa di “adatto” a una serata in discoteca e già eravamo sul treno notturno che ci avrebbe riportate a Tokyo.

***

La discoteca era l'esatto contrario del bosco che avevamo lasciato.
Musica techno sparata a tutto volume, luci colorate e psichedeliche che creavano effetti ottici nel buio, un caldo quasi afoso, odore di fumo e alcol e una folla di persone che ballava talmente vicina da far mancare il fiato.
Non era affatto il posto per me.
E a quanto pareva nemmeno per Akane, che si guardava intorno con l'aria spaesata e leggermente curiosa di chi si trova in un posto per la prima volta.
Guardava tutto: le alte balconate da cui sporgevano persone urlanti, le sfere stroboscopiche sparse qui e lì come stelle comete sul soffitto scuro, il DJ che incitava la folla alzando le mani a ritmo di musica.
<< Questa è la discoteca più cool del momento >> ci disse Ranko alzando la voce per farsi sentire. << Seguitemi! >> E ci trascinò per mano verso il bancone del bar.
<< Ranko! >> esordì il barista dandole il cinque e, dopo essersi scambiati qualche battuta in giapponese, prese ad agitare shaker e a maneggiare alcolici di ogni tipo.
<< Che sta facendo? >> chiese Akane palesemente spaventata dalla risposta.
<< Ci prepara da bere, è ovvio! >> rispose la ragazza con i capelli rossi come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
<< Ma io sono astemia! >>
<< Non avevi detto che volevi lasciarti andare? >>
<< Io... veramente... >> disse titubante mentre l'euforia iniziale cominciava a scemare.
L'incertezza era visibile nei suoi occhi. Se ne stava lì, in piedi, continuando a tirare verso il basso i lembi della cortissima gonna come a volersi coprire, truccata come una bambola dark, ma con l'espressione più tenera e impaurita che potesse avere, guardandosi intorno disorientata e sempre meno convinta della sua scelta.
Akane era una ragazza tranquilla, una di quelle che queste cose le vede fare solo nei film, ma quella sera, fra la titubanza che la governava, ogni tanto si fermava a riflettere, si spostava la frangia dagli occhi e socchiudeva le palpebre, concentrandosi su un punto fisso del pavimento lucido per poi rialzare la testa con una nuova luce e una nuova forza a governare i suoi intenti.
<< Allora? >>
<< E cosa ci starebbe preparando? >>
<< Un cocktail buonissimo che prendo sempre, tanto che il mio amico Eichi >> e indicò il barman che stava ancora trafficando dietro il bancone << l'ha soprannominato “Ranko”! >>
<< Ma quante volte sei già stata qui? >> domandò Akane con un'espressione talmente pura, incredula e innocente che per la prima volta mi fece pensare di essere davvero la sorella di Kasumi.
<< Lo vuoi il cocktail, sì o no? >> le chiese Ranko alzando un sopracciglio.
Poi le bisbigliò all'orecchio una frase in giapponese che la riaccese e le fece brillare gli occhi di una strana luce.
<< Ma certo che lo voglio! >> rispose Akane con vigore. << Dammi anche una sigaretta >>
<< Così mi piaci!! >> disse Ranko porgendole l'accendino dopo essersene accesa una anche lei.
La tosse che accompagnò la prima boccata di Akane mi disse che no, lei non aveva mai fumato in vita sua, e anche io accesi una delle mie Marlboro light guardando stupita Ranko buttare giù il suo drink tutto d'un sorso.
Akane beveva a piccoli sorsi quel liquido trasparente dall'odore terribilmente forte che in gola bruciava lasciando una scia rovente, e rideva a crepapelle con Ranko e, mano a mano, si rilassò. Forse fu l'alcol o il calore che appiccicava i vestiti, forse fu il brivido della disobbedienza, il desiderio di vendetta, la consapevolezza di aver fatto qualcosa di assolutamente folle o la voglia di evadere, ma si lasciò andare al divertimento scatenandosi in pista assieme a Ranko, dimenticandosi, fra un sorso e una risata, di tutti i suoi pensieri.
Improvvisamente mi squillò il cellulare: era Ranma.
Risposi tappandomi un orecchio per cercare di sentire meglio, ma la musica era assordante.
<< Dove siete? >> mi chiese in tono perentorio.
Stavo per rispondergli quando Akane, avvicinandosi, mi domandò chi fosse. Io mimai “Ranma” con le labbra e lei mi strappò il telefono di mano urlando qualcosa nella sua lingua madre e riattaccando in malo modo.
<< Non facciamoci rovinare la serata da quello scocciatore, che ci lasciasse in pace! >> disse mal celando il risentimento che provava nei suoi confronti e trascinandomi di nuovo verso il centro della pista.
L'istinto però mi disse di mandare un SMS al ragazzo, scrivendogli il nome della discoteca nella quale ci trovavamo e accompagnato da un “È tutto ok, ci stiamo solo divertendo un po'. Non vi preoccupate, a domani”.

Ranko era davvero un'ottima ballerina. Aveva sciolto la treccia, lasciando che i lucidi capelli rossi le scendessero sulle spalle in una cascata setosa, e si muoveva a ritmo di musica, come se quei toni forti le attraversassero il corpo in una scarica elettrica.
Ancheggiava consapevole, reclinava la testa indietro ridendo divertita, le sue forme scolpite guizzavano provocanti ad ogni movimento, era così bella e raggiante che in un attimo attirò tutti gli sguardi su di sé.
E di conseguenza su di noi.
Anche Akane ballava, avendo ammorbidito i freni naturali di un carattere responsabile, ed era bellissima mentre, sfrenata ed eccitata, si muoveva trasportata dalla musica.
Insieme, sudate e pericolosamente belle, erano come miele per gli orsi mentre si tenevano per mano e abbandonavano vergogna e problemi.
Due ragazze scatenate alla conquista di una notte di follie.

Fu un attimo e ci ritrovammo accerchiate.
Una miriade di visi sconosciuti teneva gli occhi puntati su di noi, avvicinandosi sempre di più e bisbigliando con fare suadente frasi che io non capivo.
Qualcuno provò anche a ballare con noi, affiancandoci e muovendosi al nostro stesso ritmo. Akane e Ranko li lasciavano fare, sicure di loro stesse, continuando a tenersi per mano e ballando come se il resto del mondo non esistesse. Io però ero un po' meno tranquilla.
Cominciai a non sentirmi più a mio agio mentre una marea di “beautiful” mi arrivava alle orecchie in un sussurro caldo e delle mani estranee mi cingevano i fianchi o mi afferravano le braccia.
Cercavo di tirarmi indietro, di scacciare in malo modo chi provava, con molta insistenza, a tirarmi verso di sé.
Odore di corpi accaldati e troppo vicini, fumo, cenere e birra, tutto mi opprimeva e non trovavo via d'uscita.
Presto anche Akane e Ranko vennero messe in difficoltà, circondate da ragazzi che le stringevano, le abbracciavano tirandole indietro verso di loro, le accarezzavano con troppa enfasi e, con tutta probabilità, facevano loro proposte indecenti.
Era chiaro che le intenzioni di quel gruppo di uomini non fossero delle migliori.
Un paio di volte le due artiste marziali provarono a sferrare qualche colpo, anche se strette in quella morsa di corpi, ma a vuoto.
<< Maledetti drink >> disse Akane a denti stretti tirando ad un ragazzo, che cercava di toccarla, uno schiaffo che sembrava più una carezza, e io potei vedere chiaramente nei suoi occhi, forse per la prima volta, oltre alla rabbia di non essere riuscita a colpirlo, anche la paura di non farcela.
Era come un incubo: la luce azzurra che brillava a intermittenza e che faceva sembrare ogni movimento a rallentatore cominciava a infastidirci, la musica assordante spaccava i timpani, il caldo e la sensazione di soffocamento aumentavano, sentivamo mani dappertutto e ovunque ci girassimo a cercare un po' d'aria, un'infinità di volti, mani e fiati caldi ci si paravano davanti, impedendoci di allontanarci e tenendoci prigioniere in quella gabbia umana.
Iniziai ad avere paura, vedendo che anche le mie amiche, con il panico negli occhi, erano quasi sopraffatte, e il cuore cominciò a battermi furioso nel petto.
Perché mai ci eravamo cacciate in quella situazione?
Tre ragazze da sole e su di giri di notte in una discoteca della metropoli più grande del mondo.
Inconsciamente avevo sempre saputo che era un'idea pericolosa, ma mi ero lasciata trascinare dal carattere vulcanico di Ranko e dalla voglia di libertà di Akane, e adesso ci ritrovavamo accerchiate da un gruppo di ragazzi con intenzioni poco gradevoli e lontane dai nostri amici.
Cominciai a pregare che, nonostante le rimostranze di Akane, ci fossero venuti a cercare.
Di colpo la musica cessò.
Un ringhio basso e gutturale fece fermare tutti, deciso e terrificante.
Poi una frase, in giapponese, pronunciata da una voce roca e minacciosa, e tutte le mani che ci tenevano strette ci lasciarono di colpo.
Mi girai, con il cuore che non la smetteva di agitarsi fra la paura e la speranza, e li vidi.
Ranma, tra coni di ombra e di luce, con i capelli neri intrecciati e gli occhi blu, assottigliati e cattivi, fissi su quel gruppo di uomini come a volergli dare fuoco solo con lo sguardo.
Serrava i pugni tanto da avere le nocche bianche, con le braccia muscolose tese ai lati del corpo e la bocca distorta in una smorfia di disprezzo.
E poi c'era Alexander, con l'espressione tanto potente che parlava da sola, le braccia incrociate e i muscoli contratti.
L'uno di fianco all'altro, imponenti e torvi.

Ranma disse qualcos'altro e alcuni ragazzi si allontanarono velocemente, quasi scappando. Altri invece, i più ubriachi e spavaldi, insistettero rimanendoci vicino.
Io non capivo cosa stesse dicendo, ma il tono della sua voce e il suo corpo parlavano per lui. Tutto in lui era così forte, profondo e intenso che faceva paura persino a me.
Arrogante e minaccioso, sembrava un eroe. Emanava odore di battaglia, selvaggio e bellissimo, sudato mentre faceva sfoggio dei muscoli, sicuro e forte.
Guardandolo, e guardando Alexander, splendido e pronto affianco a lui, mi sentii di nuovo al sicuro.
Improvvisamente, a mo' di sfida, uno dei ragazzi sfiorò il viso di Akane con la mano, afferrandole il mento e portandola a un centimetro dalla sua bocca.
Fu uno degli errori più grandi della sua vita.
Accecato dall'ira, Ranma scattò come un animale che si lancia all'attacco. Afferrò il ragazzo per il collo, lo alzò diversi centimetri da terra con un braccio solo e lo scaraventò lontano da noi con quanta forza aveva in corpo.
Poi si girò e lanciò uno sguardo di fuoco agli altri ragazzi. “Farete la stessa fine”, pareva dire.
Sudato e arrabbiato, si fece largo in mezzo a loro, afferrò Akane per le spalle, la spinse via fra le braccia di Alexander, e tuonò un “portale via” con tono duro e perentorio.
Pochi secondi dopo, i pugni serrati, era già pronto allo scontro.
Alexander, con le mani ancora sulle spalle di Akane, prese Ranko e me di peso, ci portò fuori e io feci giusto in tempo a vedere Ranma fendere l'aria con dei colpi micidiali lasciando a terra qualche ragazzo, prima che le enormi porte della discoteca si richiudessero davanti a me.
Dagli occhi scuri di Alexander trapelava quanta rabbia, frustrazione e preoccupazione celasse quella sua espressione dura.
Rientrò ad aiutare Ranma senza dirci una parola e ci lasciò a fare i conti con le nostre emozioni.
Ci sedemmo per calmare i nostri cuori impazziti. Spaventate ed emozionate allo stesso tempo, le nostre anime traboccavano di paura e gratitudine.
<< Abbiamo fatto un casino >> bisbigliò Ranko mentre Akane si teneva la testa con le mani.

Poco dopo i due ragazzi uscirono.
In un silenzio che gridava, Akane corse incontro a Ranma e affondò la testa nel suo petto.
Lui la strinse forte a sé e le posò un bacio fra i capelli chiudendo gli occhi con forza.
Solo allora mi resi conto di quanto l'avevamo fatta grossa, mentre Akane si lasciava andare in un mare di sussulti, sfogando tutto il suo sollievo.
Il volto di Ranma era provato dalla stanchezza e dalla tensione, un'ombra di paura ancora negli occhi esprimeva tutta l'angoscia che la scena a cui aveva dovuto assistere gli aveva fatto provare.
Respirò rumorosamente, lasciando andare in un soffio tutta la sofferenza e la rabbia accumulate.
Riversò nell'abbraccio ad Akane tutto quello che aveva provato, tenendola stretta per un tempo che parve interminabile mentre lei singhiozzava sommessamente.
Poi la ragazza si staccò e alzò lo sguardo colpevole:
<< Scusami... io... ti sei fatto male? >> chiese sfiorando appena la guancia di Ranma, su cui spiccava un piccolo taglio all'altezza dello zigomo.
<< No >> rispose lui.
<< Sei venuto a salvarmi... a proteggermi... io... non credevo che saresti venuto questa volta >> tentò di dire, ma venne di nuovo sopraffatta dalle lacrime.
<< Tu non mi volevi, nemmeno durante la storia di Nabiki, anche se sappiamo entrambi che stavi morendo dalla paura. Ma io verrò sempre a proteggerti... scema >> sussurrò appena Ranma, prima di ritrovarsi Akane ancora fra le braccia, che piangeva ormai di commozione, e lo stava ringraziando a suo modo.
Quella scena mi scaldò il cuore.
Non seppi cosa si fossero sussurrati finché Ranko non me lo tradusse, ma i loro gesti erano così chiari che, per la prima volta forse, riuscii davvero a vederli.
Dei gesti puri e inaspettati, dettati dall'emozione, senza badare a null'altro.
Dei gesti, ne ero sicura, d'amore.

Improvvisamente sentii un braccio cingermi le spalle e ripararmi dal fresco di una notte che scompariva.
<< Grazie >> sussurrai ad Alexander.
<< È stato un piacere >> rispose lui.
<< Di tutto intendo >>
<< La risposta è sempre la stessa >> bisbigliò stringendomi un po' più forte.
<< Ehi, ma nessuno che abbracci me? >> squittì tutto a un tratto Ranko, facendo separare, in preda al più forte imbarazzo, sia Ranma e Akane che Alexander e me.
<< Dov'è quell'idiota di Kuno quando serve? >> proseguì poi, senza più fare caso a noi quattro rossi come pomodori e avviandosi verso la fermata della metropolitana.
<< Nemmeno un grazie eh? >> disse fintamente polemico Ranma, ma la cugina fece finta di non sentirlo.
Mentre la seguivamo, camminando l'uno accanto all'altra, notai che le nocche delle mani di Alexander erano livide. Senza pensarci due volte le presi nelle mie:
<< Anche tu? >> non seppi trattenermi dal chiedere.
<< Non è niente >> disse lui scostandosi leggermente.
Io non risposi ma lo guardai preoccupata, continuando a carezzargli il dorso con le dita.
<< Non temere Jude, il nostro yankee è un duro. Stasera ha dimostrato che all'occorrenza è uno che i pugni li sa tirare! A proposito amico, bel colpo l'ultimo! >> intervenne Ranma.
<< Grazie, amico >> rispose quello e io lo guardai ammirata mentre, le mani intrecciate, tornavamo a casa.

***

E questa è la storia di come l'uragano Ranko ci ha investiti una sera di fine estate.
Di come quella ragazzina un po' matta, che si annoia in fretta, esuberante e combinaguai, abbia travolto la mia vita regalandomi una serata ricca di ogni tipo d'emozione, una nuova avventura da raccontare e qualche consapevolezza in più.


***




A Margherita
,
benvenuta fra noi <3


Ed eccoci di nuovo qui.
Un sentitissimo e doverosissimo grazie va alla mia "Beta Carotene", ovvero la bravissima Gretel85, ché vi giuro, se non ci fosse lei non pubblicherei affatto.
Grazie anche alla mia Sweetie, Faith84, che mi ha gentilmente suggerito l'idea di inserire una leggenda metropolitana giapponese nel capitolo. A proposito, quella di cui parlo (*) è la storia della Kuchisake onna e qui devo ringraziare la preparatissima Matrona che mi ha aiutata a reperire il materiale per documentarmi.
Il grazie più grande va a tutti voi, che mi aspettate e mi leggete e che mi riempite di gioia quando mi recensite.
Sopratutto alle mie sempre presenti Ladies.
Insomma, grazie, grazie, grazie. Ci vediamo al prossimo capitolo, in cui troveremo... (Pia, per la tua goia sta arrivando lui!)
A presto,

Aronoele (:





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