- Metto
le note qui perché, be’, quando ho
finito di scrivere mi sono sentita un po’ vuota, come se ci
fosse altro da
scrivere ma non abbastanza tasti. E forse nemmeno parole.
- Vorrei
che lo provaste anche voi, quindi non
vi annoierò sotto con i miei sproloqui.
- Stavo
ascoltando una canzone e mi è tornato
in mente una cosa che ho ascoltato non mi ricordo né dove,
né da chi, né quando.
Parlava di due persone che si amavano, dei loro gesti. Ho provato a
cercarlo ma
non l’ho trovato, così l’ho scritto io
con quello che ricordavo e con quello
sentivo. Ho aggiunto i miei bambini ninja perché vorrei che
si amassero così.
Se voi sapete da chi mi è nata l’idea vi sarei
grata se me lo dicesse in modo
che io possa contattare (se possibile) la persona in questione e
avvertirla,
nominarla, ringraziarla o nonloso
- Non
so quando o dove ambientarla, potete
decidere qualsiasi momento della seconda serie.
- Spero
di non avervi annoiato e vedere qualche
vostro commento.
- V
-
-
-
-
- La storia di un
bacio.
- Perdonatemi,
ma io non ce la facevo più. E io non
sono uno di quelli che lascia spazio alla ragione, ai pensieri. Sono
istintivo,
mi lascio andare alle emozioni ed è il mio corpo a
raccontare una storia, non
le mie parole.
- Perdono
ma non ce la facevo più.
-
- Mi prendi,
stringi le tue mani sulle mie spalle e mi butti sul letto, ti stendi su
di me e
mi baci.
- “Non
ci amiamo”,
- “Non possiamo” e
- “E’
sbagliato”
- Sussurriamo,
tra un bacio e l’altro, quasi fosse aria. Ma io mi lascio
baciare e faccio
finta di non amarti davvero, come se non importasse e domani potessi
già
dimenticarti, baciare con la stessa intensità altre labbra.
- “Questo
non
vuol dire niente”.
- Passo le dita
sul tuo viso bianco, liscio, privo di barba o imperfezioni, ti bacio il
collo e
tu sospiri, annuso il tuo odore che non è mai stato
così sbagliato, perché è
quello di un assassino, che sa di sangue. Passo le dita tra i capelli,
lisci,
non si impigliano e sembrano le piume di un falco, stringo le ciocche e
bacio
più forte.
- “Sei
mio”. Non
sei mio. Non sarai mai mio.
- Lascio i
capelli, faccio scivolare le dita sulla schiena, l’accarezzo
con i polpastrello
e la sento tremare, fremere. E fremo pure io. Seguo le vertebre, in
rilievo,
accarezzo un graffio, una vecchia ferita cicatrizzata. Chi hai lasciato
che ti
ferisse, amore mio? Accarezzo le scapole, sporgono, sembrano ali (le
ali di un
angelo) tagliate e le stringo come se potessi volare via di nuovo da
me, come
hai sempre fatto. Ti stringo di più, di più, non
è ancora il tempo che ti
ricrescano e che tu possa volare via da me. Non ora, non domani.
- Mi abbracci
forte, fortissimo, e sento la mia anima frantumarsi alla tua presa, mi
manca il
fiato, lo lascio
andare tra i tuoi
capelli. Mi solleticano il viso. Scivolo con le mani sul tuo collo, lo
sfioro
delicatamente, e ti alzo la testa.
- E ti guardo.
- Come sei bello
- Ho guadagnato
la tua attenzione, posi gli occhi su di me, sulle mie labbra e io miei
sulle
tue. Hai il viso leggermente arrossato, le labbra umidi e gli occhi
neri,
glaciali, lucidi. Mi guardano, dilatati, scuri pieni dinonsoche.
- Quanto sei
bello.
- E quanto vorrei
che il tempo si cristallizzasse così, con noi due
allacciati, abbracciati,
amati e nessuna guerra fuori, stretti così come due amanti.
Tendi io collo, ti
trattengo per qualche secondo. Qualche altro secondo per guardarti,
ammirarti e
sentire che sei mio. Un altro secondo. Un altro. E un altro ancora.
- Ancora. Mi
baci un’altra volta, con gli occhi chiusi, le ciglia nere che
sfiorano le
guance, e chissà cosa, chi,
vedi
dietro le palpebre. Chissà. Se ti rimane qualcosa di me.
- Incrociamo le
dita, le lingue, i corpi combaciano, si incrociano anche le gambe,
tutto per
avere più spazio. Non c’è
più spazio e nemmeno tempo-no, stringiamoci ancora.
È
tutto troppo stretto per potersi allontanare, staccare. E il tuo odore
ormai è
il mio, la mia saliva la tua. Mi mordi il labbro inferiore, mi baci il
mento,
mi baci il collo e io sono sotto un cielo stellato a contare le stelle
cadenti.
Ti alzi di poco e bacio la punta del naso, ti accarezzo le guance
–quante cose –
le labbra –che vorrei dirti – ti bacio le palpebre
chiuse –ma che non sono in
grado – la fronte –di spiegare – sposto
le ciocche corvine –quante storie che –bacio
anche quelle –non ti racconterò mai. Posi le
labbra sulla fronte e io ti
allontano, mi guardi offeso. Ti allontano giusto un po’,
giusto per ammirarti
meglio mentre i nostri corpi s’intrecciano.
- Ti fermo, si
ferma il tempo. E si ferma il mio cuore. Appoggi la mano sulla mia,
accarezzi
il dorso con le dita lunghe, scendi per il polso, segui il profilo
delle vene
sull’avambraccio, mi fai il solletico sull’angolo
del gomito e sfiori il
muscolo in rilievo, ruoti intorno alla spalla e mi fai rabbrividire
arrivando
al collo. Segui il mento, ti fermi agli angoli della bocca e poi le
appoggi
sulle labbra. Le apro e ti bacio le dita a una a una come se fossero i
petali
di una rosa. Le bacio come se fossero le tue labbra.
- Mi baci i
graffi sulle guance e sento il tuo respiro nelle orecchie, tra i
capelli e
affondo il viso sull’incavo della spalla. Sei su di me. E i
tuoi sospiri
coprono il ticchettio dell’orologio, tempo inesorabile che
fuori scorre mentre
noi siamo fermi abbracciati. Le lancette vanno avanti. E le tue labbra,
che si
appoggiano sulle mie. Ti bacio piano e tu mi baci più forte,
mi lascio andare.
Per una volta voglio lasciarmi andare e lasciarmi baciare. Da te.
- Mi sorrisi
sulla guancia, da quanto non sorridevi Sas’ke?
- “Naruto..-”
sussurri sulla mia pelle e ti bacio il collo, proprio sotto il mento.
Mi lascio
stringere e ti stringo. Non ci amiamo –o forse sì.
Ma domani non importerà.
- Te ne andrai
di nuovo. E io ti seguirò di nuovo.
- Combatteremo,
di nuovo.
- E io mi
lascerò baciare, di nuovo.
- E tu ti
lascerai amare, di nuovo.
- Ti stringo
più
stretto, le mani su di me, ovunque. Mi lascio toccare, baciare, mentre
tu ti
lasci amare.
- Ti
racconterò
la storia di un bacio, con questo mio corpo.
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