Parole: 751
I beg you to forgive me.
{Perchè io la via te l'avrei spianata.}
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"Caro Kain,
Ne è passato di tempo, eh? Quanti anni sono, ormai? Cinque, dieci?
Scommetto che tu li avrai contati tutti, giorno per giorno.
Mi chiedo dove tu sia, in questo momento, mi chiedo cosa tu stia facendo. Non
mi hai nemmeno dato la possibilità di salutarti, non mi hai nemmeno dato la
possibilità di chiederti scusa.
Per tante cose, amico mio. Per essere stato così ciecamente cattivo con te
tutti questi anni. Per averti rubato la donna che amavi, benché non
volutamente, per averla stretta e baciata davanti ai tuoi occhi. Immagino che
sia stato l'ennesimo pugno nello stomaco ricevere l'invito al nostro
matrimonio. Non ti biasimo per essertene andato senza aver nemmeno avvisato.
La verità è che né io né Rosa siamo più gli stessi da quando non ci sei. Per
tutta la vita mi sono ripetuto che, se avessi avuto un figlio, lo avrei chiamato
Kain. Quando è stato il momento, però, nemmeno Rosa ha avuto il coraggio di
farlo. E se non ti vedessimo più? Saremmo riusciti a sopportare il peso del tuo
ricordo impresso nel nostro bambino?
Non c'è solo questo. Anzi, tutt'altro. Sarebbe bello se il problema si
riducesse a un paio di lettere in più o in meno da scrivere su una carta.
Mi sono detto fin dalla giovinezza che tu ci saresti sempre stato. Benché io
non ci abbia mai creduto per davvero mi sono sempre visto con dei figli. Il
fatto è che nelle mie immaginazioni c'eri sempre tu. Non riesco a ricordare
nemmeno un momento in cui io non abbia visto i miei bambini fra le tue braccia,
o vicino a te, ad ammirarti e prendere esempio.
Vedere Ceodore crescere senza di te è la condanna a cui mi hai obbligato. Devo
ammettere che è una punizione abbastanza efficace a tutta la sofferenza che ti
ho procurato in questi anni. Una vendetta servita su un bel piatto di argento
lucido.
Non gli ho mai nascosto la tua presenza. Sa che c'era un amico di suo padre, un
fratello, che al momento non c'è più. Non so se mi aspettassi che non facesse
domande in merito, ma mi sento bruciare gli occhi ogni volta che mi tira la
manica e mi chiede dov'è lo zio, perchè lui lo vuole conoscere, lui vuole
essere bello e bravo come sei tu.
Alla sera io gli ho sempre raccontato le nostre gesta, mai le fiabe. Non c'è
stata una singola volta in cui non abbia fatto il tifo per te.
Edge dice che dovrei smetterla di scrivere a vuoto come sto facendo ora, dice
che dovrei semplicemente radunare un bel gruppo di uomini e venire a cercarti.
"Andiamo, non può essere morto. Vero?". Cosa significa quell'ultima
parola, Kain? Cos'è questo dubbio che ci assale tutti quanti, cos'è
quest'incertezza? Cosa devo mandare a cercare i miei uomini? Una persona viva e
vegeta nascosta chissà dove o un cumulo di ossa e resti, forse anche infondo al
mare, o rubati da un mostro?
Vorrei che tu potessi perdonarmi. So che è una richiesta grande, troppo grande,
ma vorrei chiederti scusa per averti fatto sentire il secondo, quando per me
invece eri il primo. Proprio non capivi che il mio esempio eri tu? Io non sono
mai stato il primo per mia capacità, Kain, lo sono stato perchè aspiravo ad
essere come te.
Allora torna indietro, per favore, chiariamo tutto. Ci sono stati tanti, troppi
malintesi nella nostra amicizia, al punto tale che non so nemmeno più se mi hai
voluto bene o se non hai fatto altro che odiarmi fin da quando eravamo piccoli.
È così, amico mio? Speravi forse che mi togliessi dai piedi per farti posto,
speravi di poter avere la via libera se io fossi sparito?
Se è così ti prego di perdonarmi. Perchè io la via te l'avrei spianata.
Ti giuro che..."
Ceodore irruppe nella stanza, senza nemmeno far caso a suo padre. Frugò
frettolosamente nella libreria alla ricerca di qualcosa, borbottando un saluto
fra i denti prima di sparire nuovamente, lasciando l'uscio di legno scuro
appena socchiuso, abbastanza perchè potesse vedere il corridoio pigramente
illuminato dalle torce.
Eppure era già troppo tardi. Se il giovane principe si fosse fermato un secondo
di più avrebbe visto i fogli pallidi della lettera rattrappirsi nelle fiamme
del camino a fianco dello scrittoio, tingendosi a poco a poco di nero fino a
sbriciolarsi, carbonizzati.
L'ennesima lettera che finiva in quel modo. La decima, o l'undicesima quella
settimana.
«Tanto» - Si disse Cecil, portandosi la mano stanca sugli occhi umidi di
lacrime - «tu non la leggeresti mai.»