Driin
driin. Squilla un telefono. Armando
risponde.
“Dottor
Mendoza” dice Sandra.
“Sandra
sempre ad interrompermi!” le risponde Armando.
Ero così
concentrato nel pensare a me e Betty e alle ultime due notti trascorse!
Quella
prima e quella dopo l’intervista e questa rompiscatole mi
disturba! Un momento,
Sandra sta chiamando dall’Ecomoda. Che sia successo qualcosa
a Betty? Come se
mi leggesse nel pensiero “Stia tranquillo dottore, Betty sta
bene, ma è in
ospedale e mi ha chiesto di chiamarla per dirle di raggiungerla
lì”
“Cosa?” urlo
con tutte le mie forze che Lorena entra spaventata nel mio ufficio.
“Dottore…
non è successo niente di grave, ma raggiunga Betty in
ospedale e chieda di
lei!”
Per niente
convinto dalle sue parole, corro, anzi volo all’ospedale
provando a chiamare
Betty al cellulare che però non mi risponde.
Quando
arrivo all’ingresso chiedo
di lei e vengo inviato al reparto di Neonatologia, dove finalmente
trovo mia
moglie circondata da un manipolo di poliziotti. Insomma
c’è qualcosa che mi
sfugge.
Betty, non
appena mi vede, mi getta letteralmente le braccia al collo.
“Amore, sei
arrivato finalmente” mi dice.
La stringo a
me. Ma non ci capisco nulla. “Betty cosa sta
succedendo?” le chiedo.
“Lei è il
marito della dottoressa Pinzon?” mi chiede un poliziotto.
“Si sono io,
piacere Armando Mendoza” mi presento.
“Armando,
ecco vedi, all’incirca alle dieci di stamattina, ha iniziato
a suonare
l’allarme della mia macchina, che era posteggiata in garage
in Ecomoda. Wilson
si è avvicinato per capire quale fosse il problema
è ha trovato un vetro rotto,
lo sportello aperto e questo scatolo con dentro un neonato.”
“Vuoi dire
che hanno abbandonato un neonato nella tua macchina?” le
chiedo.
“Tenente,
può fare vedere a mio marito cosa c’era nello
scatolo oltre al bambino?”
Il tenente
mi mostra una rivista, dove campeggia un primo piano di Betty, dal
momento che
praticamente da due giorni è su tutti i giornali a causa
della sua intervista e
poi un foglio con su scritto ‘Betty
sei
una persona davvero speciale, prenditi cura del mio bambino. Si chiama
Alejandro e io non posso tenerlo. Abbine cura. Mayte’.
“Non capisco
Betty, chi è questa Mayte? Noi non conosciamo nessuno con
questo nome, vero?”
“No Armando. Non ho idea di chi possa essere. Quando abbiamo
visto che c’era il
ambino, ho subito chiamato la polizia e sono venuta in ospedale
perché mi
sembrava che non respirasse bene e ti ho fatto chiamare” mi
dice.
“E adesso,
qual è la prassi?” chiedo al tenente.
“Al momento,
bisogna vedere quale sia lo stato di salute del bambino, intanto noi
abbiamo
iniziato le ricerche della sua madre naturale, ma se non otterremo
notizie, il
bambino verrà dichiarato adottabile dal giudice”
mi risponde lui.
Proprio
in
quel momento, in reparto arriva Hugo.
Passano
delle ore senza che sappiano dirci niente. Finalmente arriva il
dottore. La
polizia ci ha comunicato che se volevamo andare via potevamo farlo, che
ci
avrebbero fatto chiamare. Ma Betty non ha voluto muoversi da
lì, nemmeno con le
bombe. Questa storia non presagisce niente di buono.
“Dunque, la
situazione è la seguente…il bambino ha una forte
insufficienza respiratoria e
abbiamo dovuto collegarlo alle macchine. Secondo le nostre analisi
è un bambino
prematuro di circa un mese e mezzo e sua madre non deve avere avuto una
gravidanza facile. Se non intervengono altre crisi respiratorie, ce
la farà.”
“Dottore”
interviene il tenente “il bambino verrà preso in
carico dai servizi sociali. A
momenti arriverà chi dovrà occuparsene. Loro sono
i signori Mendoza, la madre
l’ha abbandonato nella macchina della dottoressa Pinzon,
quindi è naturale che
vogliano delle informazioni sul neonato, credo che possa dargliele
senza
problemi.”
“Posso
vedere il bambino?” chiede Betty. “La
prego” dice rivolgendosi al poliziotto. “Per
favore! Sua madre l’ha affidato a me!”
“Va bene”
cede il tenente.
“Potete
vederlo tutti” dice il dottore, “ma dovrete
indossare tutto il necessario e
potrà toccarlo solo una persona, penso lei signora, gli
farà bene sentire un po’
di calore materno.”
Entriamo
nella sala di terapia intensiva, coperti dalla testa ai piedi. Con
grande
delicatezza ci fanno avvicinare all’incubatrice dove
c’è il bambino e Betty
delicatamente introduce le mani e prende le sue.
Lo guardo,
per la prima volta lo vedo. È uno scricciolo color
caffellatte, con dei ricci
che minuscoli spuntano dalla sua testolina. Vedo che Betty piange,
mentre il
bimbo le stringe un dito, nel sonno.
“Non riesco
a capire come si possa ad abbandonare un dono del genere” la
sento dire.
Stiamo dieci
minuti lì e poi il medico ci chiede di uscire.
“Dottore”
chiede Betty “non
possiamo restare qui
stanotte?”
“No signora.
Se succede qualcosa saremo noi che vi avvisiamo, ma è
inutile. Tutta l’assistenza
necessaria gliela forniamo noi” ci dice il dottore.
Quando torniamo
in corridoio, veniamo raggiunti dal tenente Lopez e
dall’assistente sociale.
“Signora
Mendoza, le presento l’assistente sociale, Patricia Soler.
Lei si occuperà di
Alejandro. Tuttavia domani deve venire in commissariato
perché dobbiamo
interrogarla. Ed è necessario interrogare tutte le persone
della sua azienda
che possano aver visto qualcosa!”
“Va bene
tenente. Ci vediamo domani” gli dice Betty. Poi si rivolge a
me “Ti prego,
portami a casa. Sono sfinita.”
Mentre
usciamo, Hugo che è con noi ci dice “Betty,
Armando, se non la fate voi
la richiesta per adottarlo, la presenterò
io. Anche se sono single e gay, non permetterò mai che quel
bambino finisca in
un orfanotrofio o in una casa famiglia. E adesso buonanotte”.
Mentre Hugo va
via, abbraccio Betty che piange sconsolata e con lei
mi dirigo
verso la mia macchina per andare a casa.
*****
Sono nella
mi camera da letto. Oggi è stato uno dei giorni
più difficili della mia vita.
Quando sono tornata a casa, ho abbracciato i miei figli e non li ho
lasciati andare
per più di dieci minuti. E’ stato difficile
spiegare loro quanto è successo,
soprattutto a Roberto, ma poi hanno capito.
Adesso aspetto
Armando che sta facendo addormentare Aurora. Io nel frattempo mi
spazzolo i
capelli, anche se ancora sono corti. Lo faccio per rilassarmi ma non ci
riesco.
Vedo che
Armando è arrivato e mi volto verso di lui. Quando ci siamo
sposati ci siamo promessi
di starci accanto nella buona e nella cattiva sorte, ma un bambino
abbandonato
nella mia macchina come si classifica? Lo guardo cambiarsi. Quando ha
finito,
si volta e mi dice “Betty, noi abbiamo dei problemi
giganteschi in questo
momento… la mia nuova sorella, Miguel, il mio supposto
tradimento, l’intenzione
di far fuori la mia impresa, i miei genitori separati, una bambina di
nemmeno
due anni, non è un po’ troppo per pensare di
adottare Alejandro??” mi chiede.
Io non ho
ancora aperto bocca. Ma lui sa leggermi dentro.
“Lo so che
per te sarà difficile lasciarlo andare e
che…”
“Sua madre
lo ha affidato a me!” gli dico interrompendolo.
“Sua madre
era una egoista senza scrupoli!” mi dice. “Facile
così. Pensa che siccome tu
hai le possibilità economiche puoi prenderti cura di suo
figlio?”
“Come fai ad
essere così insensibile? Cosa ne sappiamo di lei?”
gli dico. “E inoltre noi
abbiamo parlato di avere un altro figlio. Che ci fa se invece di farlo
noi, lo
adottiamo? Cosa cambia?”
“Betty, non
sarebbe nostro figlio!” mi dice lui. “Non sarebbe
la stessa cosa!”
“Armando, io
non lo abbandono! Mi dispiace! Sua madre me lo ha affidato e io non
sarò
soddisfatta fino a quando non saprò che lui avrà
il meglio dalla vita!” gli
dico.
“Betty….” mi
dice lui.
“Betty, Betty, Betty! Basta
Betty!” gli urlo. “Non
voglio abbandonarlo, non posso!” Mi avvicino a lui che si
è sdraiato sul letto.
“Perché non
vuoi tenerlo? È perché è
mulatto?” gli chiedo.
“Amore, noi
non sappiamo niente di questo bambino! Non sappiamo da dove viene, se
ha dei
parenti, se ha un padre naturale da qualche parte. Cosa che non
possiamo
escludere. Ti prego. Non pensare che saranno tutte rose e
fiori!” mi dice accarezzandomi
il volto. “Pensa anche a noi e ai nostri figli. Loro hanno
bisogno di te e
anche io. Non possiamo imbarcarci in una situazione del genere senza
nemmeno
pensarci. Così a cuor leggero.”
“Va bene!
Hai vinto tu. Hai ragione. Le tue motivazioni sono valide. Ma
risolvibili.
Sappi che se io per causa tua dovrò rinunciare a lui
sarò molto, ma molto
delusa da te e dall’uomo che credo tu sia” gli dico
e mi corico dandogli le
spalle per la prima volta nella mia vita. Perché quando ci
siamo separati, lui
è andato via di casa.
E’ l’ alba. Ho
dormito poco e male. Sono stata sveglia a pensare ad Alejandro, forse
sarebbe
stato meglio se fossi rimasta in ospedale con lui. Mi sento
responsabile per
lui e non capisco perché Armando non voglia accettarlo. Gli
do ancora le
spalle. Solo che adesso lo sento avvicinarsi e stringermi tra le sue
braccia.
Non mi volto. Non voglio né posso dargliela vinta. Lui mi
bacia sulla guancia e
poi il collo e la spalla sinistra.
“Betty” dice
incerto “qualsiasi cosa succeda, sappi che io ti amo e che tu
sei la persona
più importante della mia vita!” conclude e si alza
dal letto.
“Dove vai a
quest’ora?” gli chiedo.
“Sul divano,
cerco di riposare un po’. Qui, nessuno dei due ha chiuso
occhio stanotte e io
ho bisogno di dormire, almeno un paio d’ore!”
“Ti prego”
gli dico io “torna qui. Torna qui. Non voglio stare sola.
Abbracciami.”
Lui in
silenzio mi ubbidisce e mi stringe tra le braccia. Io appoggio la mia
testa
sulla sua spalla come sempre e finalmente chiudo gli occhi.
*****
Sono
al
commissariato con Armando. Il tenente Lopez ci presenta un suo collega,
il
tenente Gil.
“Abbiamo
delle novità in merito al bambino” ci dice subito.
“Questa
notte abbiamo ritrovato un cadavere” interviene il tenente
Gil. “Ed era quello
di Mayte Ortiz. Diciannove anni. Giamaicana. Noi la conoscevamo
perché molte
volte abbiamo provato ad aiutarla. Mayte era una prostituta. Aveva un
protettore ed era incinta. Come vi dicevo, molte volte abbiamo cercato
di
convincerla ad uscire dal giro ma è stato del tutto inutile.
Aveva troppa
paura. Il nostro supporto non è mai stato sufficiente per
denunciare il suo
protettore. Non si fidava di noi. il medico legale ci ha confermato che
il
bambino era nato e al tempo stesso che è morta per una serie
di emorragie
interne, causate da percosse che le hanno anche causato il parto
prematuro. Ho
visto dalle informazioni del database che il mio collega cercava una
madre che
aveva abbandonato il figlio di nome Mayte e allora sono venuto
qui.”
Sono
assolutamente sconvolta e stringo le mani di Armando.
“E adesso
cosa succederà al bambino?” chiedo.
“Come sta? Non sono riuscita a passare
ancora in ospedale, perché dovevo venire qui!”
“Lotta,
signora Mendoza” mi dice il tenente Lopez. “Di
positivo c’è che stanotte non ha
avuto crisi respiratorie.”
“La dinamica
è piuttosto chiara” ci dice il tenente Gil. “Probabilmente
Mayte l’ha vista in tv o sui
giornali signora Mendoza e dopo aver partorito ha deciso che lei
sarebbe stata
la madre perfetta per il suo bambino. Probabilmente è stata
picchiata a morte
dal suo protettore. Non è la prima volta. Da quando era
incinta, guadagnava
meno denaro e più volte ha rischiato di abortire. Noi
l’abbiamo salvata tre
volte. E lei sempre ci diceva che il suo bambino era più
importante di tutto.
Se fosse stato maschio l’avrebbe chiamato Alejandro come suo
nonno. E infatti
così è stato. Purtroppo era in uno stato di
soggezione psicologica tale che non
ci è stato possibile sottrarla al suo padrone.” Il
tenente fa un sospiro. “Abbiamo
il dna di Mayte e l’abbiamo mandato in laboratorio per fare
il confronto con
quello del bambino e confermare la parentela. Abbiamo preso le immagini
a
circuito chiuso della vostra azienda e le visioneremo per capire
definitivamente come siano andate le cose.”
“E adesso
qual è la procedura?” chiede Armando.
“Adesso
cercheremo i familiari del bambino con i servizi sociali”
risponde il tenente
Lopez. “Diffonderemo un’ immagine di Mayte ai
frequentatori abituali di
prostitute e vedremo se qualcuno si presenta per stabilirne la
paternità. Nel
frattempo, il bambino verrà dato in affidamento ai servizi
sociali se nessuna
famiglia fa richiesta.”
“No, farò io
richiesta di affidamento” dico. “Almeno fino a
quando non sapremo se il bambino
ha dei parenti o se il padre si presenterà. Non
permetterò che venga portato in
una casa famiglia. Dove devo andare per fare le richiesta?”
dico convinta. Non
importa se Armando non è molto convinto della mia idea. In
qualche modo lo
convincerò che questa è la cosa migliore da fare.
*****
Ho
lasciato
Betty in ospedale e sono andato via. Sono molto arrabbiato con lei. Si
è
comportata come se il mio parere non contasse. Vado a casa dei miei
genitori.
Voglio parlare con mia madre.
“Se sei
venuto per parlarmi di tuo padre, puoi anche andare via!” mi
dice accogliendomi
sulla porta.
“No mamma”
le dico salutandola con un bacio. “Papà non
c’entra. Sono venuto perché ho
bisogno di te.”
“Cosa ti è
successo figlio mio?” mi chiede lei.
“Una
prostituta ha abbandonato suo figlio nella macchina di Betty nel garage
dell’Ecomoda
e ha lasciato un biglietto in cui le chiedeva di prendersi cura del
piccolo.
Siamo appena stati alla polizia. La prostituta è morta.
Betty vuole adottare il
bambino ma io non voglio. Cosa devo fare mamma? Cosa devo
fare?”
Vedo che mia
mamma è turbata.
“Respira
innanzitutto” mi dice. “E raccontami daccapo tutto
l’accaduto.”
Io mi siedo
sul divano e le dico tutto dall’inizio non omettendo niente.
Nemmeno che non ho
dormito stanotte e le velate minacce di Betty.
“Figlio mio…
tu lo sapevi che Betty aveva un gran cuore quando l’hai
sposata e inoltre lei
adesso è una madre. Se dovesse abbandonare quel bambino non
se lo perdonerà
mai.”
Sono
stupito. Mia madre che prende le difese di Betty! “Ma non
sappiamo neanche se
potremo tenerlo. E poi, ci sono i nostri figli. Anche loro sono
importanti!”
“Certo. Ma
aiutare questo bambino cosa toglierebbe a loro? Di cosa hai paura
Armando?” mi
chiede. “Non ti dico questo per il buon nome dei Mendoza o
perché voglio
proteggere il tuo matrimonio con Betty, però pensaci,
perché no? Cosa ti
impedisce di aiutare questo bambino?”
“Quindi mi
stai dicendo che se papà fosse venuto da te con la sua prima
figlia, tu l’avresti
accettata anche se non era figlia tua?” le chiedo a
bruciapelo.
“La bambina
non avrebbe avuto nessuna colpa Armando. Di certo ci avrei impiegato un
po’ di
tempo ma credo che sì… l’avrei
accettata!”
“E allora
adesso che cosa c’è di diverso?” le
chiedo.
“Adesso c’è
di diverso, che quella donna Mary o come diavolo si chiama si
è presa uno
spazio che era mio. Io avevo dato dei figli a Roberto. Io sono sempre
stata la
madre dei suoi figli. Mentre adesso si scopre che prima di me ce
n’è stata un’altra!”
“E tu hai
paura che papà avrebbe potuto amare questa donna come ha
amato te? O dubiti che
lui ti abbia amato per davvero o credi che lui abbia amato lei
più di te?” le
chiedo.
“Armando,
non dovevamo parlare di tuo padre!” mi ricorda mia madre
facendomi capire che
ci ho colto nel segno. “E comunque la tua situazione
è diversa, perché ad
adottare questo bambino dovrete essere in due. È una scelta
che dovete fare
assieme.”
*****
Quando
arrivo in ospedale, noto che c’è già
Hugo con il bambino. Il dottore l’ha fatto
entrare, nonostante non sia orario di visita. Ci sono anche i servizi
sociali. Hugo
parla con Patricia Soler. Io, dopo aver indossato il camice, la cuffia
e i
guanti mi avvicino all’incubatrice dall’altro lato
e accarezzo dolcemente il
bambino. Non posso fare a meno di piangere e vedo che anche Hugo ha gli
occhi
gonfi.
Quando
usciamo da lì Hugo mi chiede di prendere un caffè
e invita anche Patricia
Soler.
“Betty,
senta….”inizia. “Come le ho
già detto ieri sera è mia intenzione chiedere
l’affidamento
del bambino. Anche se sua madre avrebbe voluto che ve ne prendeste cura
voi, se
Armando non vuole, io non intendo abbandonarlo.”
“Hugo… ho
già detto alla polizia che abbiamo intenzione di fare la
richiesta per l’affidamento
del bambino, mentre
loro cercano qualche
parente o il padre.”
“Signora Mendoza”
interviene Patricia Soler “io ammiro che voi vogliate aiutare
il bambino, ma
deve ammettere che se anche la madre l’ha indicata come
candidata ad avere cura
di Alejandro, la sua situazione non è la più
adeguata al momento affinché le
venga affidato il bambino, una volta uscito dall’ospedale. In
questo momento
lei è sotto i riflettori per la sua vita privata e sembra
che suo marito abbia
una relazione con un’altra…”
“Queste sono
tutte bugie!” la interrompo io. “La mia famiglia
è molto solida! Io e mio
marito ci amiamo moltissimo e non ha nessuna relazione con
un’altra donna!
Questo pettegolezzo è frutto di un inganno, e molto presto
presenteremo una
denuncia per diffamazione. Tutto questo è stato fatto per
danneggiare mio
marito sul lavoro. Ma lui non ha nessuna relazione extraconiugale,
né tanto
meno io.”
“Però vi
siete separati, meno di due anni fa… capisce che queste non
sono buone basi…”
prova a dire lei.
“Mi scusi se
la interrompo di nuovo” le dico. “E’ vero
che ci siamo separati, per un breve
periodo, ma i motivi che ci hanno portato a farlo sono ampiamente
discussi e
superati. Hugo diglielo pure tu!”
“E’ vero
dottoressa Soler! Loro si amano moltissimo e hanno una famiglia
meravigliosa.
Ma comunque se per qualche motivo dovessero essere scartati, io sono
disponibile a prendere in affidamento il piccolo. Qui nessuno di noi ha
problemi a mantenerlo, sia emotivamente che economicamente.”
“Signori,
capisco le vostre intenzioni, ma non bastano. Sarà il
giudice a decidere non
appena saranno rese effettive le dimissioni dall’ospedale,
sapremo chi si
occuperà di Alejandro. Inoltre signori, sapete benissimo che
il bambino non
potrà uscire da qui prima di tre settimane.”
*****
Io
e Hugo
siamo tornati in Ecomoda. Stasera andremo di nuovo in ospedale a vedere
come
stia Alejandro. Quando arrivo al piano degli uffici vengo accolta dalle
ragazze
che subito mi chiedono del bambino. Subito veniamo interrotte da Freddy
che
porta un gigantesco vaso di fiori che contiene circa cento rose rosse.
“Stimatissima
presidente, dottoressa Betty, cioè voglio dire
Pinzon” inizia Freddy “queste
rose sono per te, cioè per lei voglio
dire!”
“Betty” dice
Hugo “guarda assolutamente chi ti invia questo bellissimo
omaggio. Guarda c’è
una lettera.”
La prendo in
mano e inizio ad aprirla quando le porte dell’ascensore
annunciano l’arrivo di
Armando.
Gli vado
incontro e lo bacio. “Grazie” gli dico
“non dovevi. Non ce n’era bisogno, ma
sono bellissime.”
“Mostro” mi
dice lui “non c’era bisogno di cosa? Io non ho
fatto niente!”
Ci spostiamo
verso la scrivania di Ana Maria dove ci sono le rose.
“Non me le
hai mandate tu queste?” gli chiedo indicando
l’enorme vaso di fiori.
“Io?” si
acciglia lui. “No, Betty, non sono stato io!” mi
dice in tono infastidito e
geloso.
“Forza Betty”
mi dice Sandra. “Leggi la lettera.”
“Si Betty,
leggi la lettera!” aggiunge Hugo.
“Ok” dico io
rassegnata e la apro.
Meravigliosa
Beatriz,
mi
chiamo Antonio Cardenas,ho quarantadue anni,
sono avvocato e vivo a Cali.
Mi
sono permesso di scriverti e di inviarti
queste rose perché voglio dirti che sei la donna della mia
vita. Quella che
sempre ho aspettato ma che non avevo ancora trovato.
Ho
visto la tua intervista in TV e sono rimasto
semplicemente strabiliato della tua bellezza interiore ed esteriore.
Sei
favolosa. Sul tuo viso ho visto tutta la sofferenza che hai vissuto con
quel
disgraziato di Miguel Rodriguez che definire uomo, non è
possibile se non si
vuole danneggiare tutta la categoria.
So,
sempre tramite stampa, che tu sei sposata
con Armando Mendoza. Quest’uomo che è stato
pubblicamente accusato di tradirti
e che tu difendi. Fino a quando non sei apparsa in televisione, con il
tuo
pudore, il tuo imbarazzo, il tuo arrossire nel raccontare gli
avvenimenti più
intimi della tua vita non avevo capito quale splendida donna tu fossi. Ti
cerco da
sempre e adesso che ti ho trovata non posso fare altro che chiedere la
tua
mano. Vuoi sposarmi Beatriz?
Non
posso non chiedertelo perché non vivrei in
pace. Non sono un pazzo, sono una brava persona. Sono disposto a venire
a
vivere a Bogotà per te. Ho un’ottima posizione
sociale e non avremo mai problemi
economici. Se decidi di lasciare tuo marito, ma anche se non vuoi
lasciarlo, ti
prego conosciamoci e dammi la possibilità di renderti felice!
Antonio C.
Non
posso crederci! Chi è questo
pazzo e cosa vuole da me?
Armando strappa la lettera dalle mie
mani e la rilegge.
“E’ uno scherzo vero?” dico rivolta
alle ragazze che alzano le spalle.
“Betty” dice Ana Maria con
circospezione “ci sarebbero anche queste”
mostrandomi uno scatolo pieno di
lettere.
“Cosa?” urla Armando. “Altre
proposte di matrimonio?” chiede sarcastico.
“Armando non penserai sul serio che
io accetti una proposta del genere, vero?” urlo.
“Fate sparire queste rose!”
ordino. “Ana Maria leggi tu tutte le lettere e se ne trovi
qualcuna particolarmente
carina me la fai leggere, basta che non siano proposte indecenti o di
matrimonio” le dico seguendo Armando che è entrato
in presidenza.
Lo seguo e vedo che si è seduto
sulla mia sedia e che sta scrivendo qualcosa. Devo dire che mi fa un
certo
effetto vederlo nuovamente seduto lì!
“Armando… cosa stai facendo?” gli
chiedo. Vedo che ha scritto qualcosa.
“Ana Maria” urla come non lo sentivo
fare da anni, cosa che la fa correre in presidenza.
“Prendi questo foglio e invialo a
questo tale Cardenas che si è permesso di scrivere a
Betty!” le dice.
“Cosa?” intervengo io. “Cosa stai
combinando Armando? Non è meglio lasciar perdere?”
“No!” mi risponde.
“Ana Maria, fammi vedere cosa ha
scritto!” le dico prendendole il foglio dalle mani mentre
guardo Armando che
arrabbiatissimo ha incrociato le braccia nel suo solito movimento e
sicuramente
medita vendetta.
Ill.mo
Avv. Cardenas,
chi
le scrive è Armando Mendoza, il legittimo e
unico marito di Beatriz Pinzon.
Le
comunico, qualora non lo sapesse che io e mia
moglie ci siamo sposati con rito cattolico, pertanto lei
resterà mia moglie per
sempre e inoltre NON ABBIAMO nessuna intenzione di divorziare.
Qualora
Lei dovesse avvicinarsi o solo rivolgere
a MIA moglie proposte indecenti sappia che la denuncerò come
stalker e poi mi
toglierò la soddisfazione di spaccarle la faccia.
Cordialmente
Armando
Mendoza
“Davvero
vuoi mandargli questa risposta?” gli chiedo.
“Secondo me è
meglio lasciar perdere!”
“Secondo me no!” ribatte lui. “Se non me
la fai inviare non accetterò
di prendere in affidamento Alejandro!” mi sfida.
“Lo sai che questo è un ricatto? E che il tuo
è un atteggiamento infantile?”
gli chiedo.
“E tu pensi che un uomo ti fa una proposta di matrimonio e io
non
devo nemmeno reagire? Neanche per sogno! Ana Maria, se non vuoi essere
licenziata, perché ti ricordo che io sono ancora un
azionista di questa
azienda, invia immediatamente questa lettera a
quell’idiota!” sbraita.
“Si Don Armando!” acconsente lei, uscendo e
chiudendo la porta.
Mi siedo su una poltroncina davanti la scrivania e guardo mio marito.
Improvvisamente penso alla surrealtà della situazione e
inizio a ridere come
una matta. Lui mi guarda stranito, allora io mi avvicino e allontanando
la
sedia dalla scrivania, mi siedo sulle sue gambe. Vedo che il mio gesto
lo
stranisce.
“Sei proprio matto!” gli dico.
“Io matto? Allora Betty, iniziamo: Nicolas, Michel, Daniele,
Stefan
Castro, l’economista di NY, Corrado Traversi, e ora questo
avvocato tal dei
tali…. Non pensi che siano un po’ troppi questi
uomini che ti girano intorno, perché
io non reagisca?”
“Di tutti questi uomini, non devi temerne nessuno,
perché io amo solo
te. Però ce n’è uno che tu non hai
nominato che potrebbe causarti qualche
problema?”
“Ah si? E chi sarebbe?”mi chiede.
“Alejandro” rispondo io.
“Alejandro…” ripete lui. “Va
bene Betty, hai vinto tu. Però ti chiedo di fare un passo
alla volta. Ti ho già
detto che va bene chiedere l’affidamento, ma non chiedermi di
più di questo al
momento!” mi dice.
“Ok! Forse con una nuova proposta di matrimonio di uno
sconosciuto,
riuscirò a convincerti ad adottarlo” gli dico e lo
bacio.
“Non credo che sarà sufficiente!” mi
risponde lui.
“Io credo di si, perché tu mi ami e
alla fine io ti convincerò! Userò
tutti i mezzi per farlo?”
“Tipo?” mi domanda.
“Dottor Mendoza, questo non è il momento migliore
perché lei scopra
le mie carte” gli dico scherzando, mentre vedo che Camila
entra dalla sala
riunioni dopo aver appena bussato alla porta.
“Betty ma davvero hai ricevuto una
proposta di
matrimonio?” mi chiede intrigata.
Oddio,
questo sarà il pettegolezzo del secolo!
|