2. Le scelte si fanno in pochi
secondi e si scontano per il tempo restante.
Erano
brava gente, gli ethberiani.
Non
gli avevano fatto neppure una domanda, e lui… lui non aveva
detto niente. Dopotutto, nessuno, specie chi è rimasto un
bambino nel cuore, è impaziente di confessare le proprie
colpe. E non sarebbe stato giusto, ma almeno sarebbe stato naturale, se solo
la colpa fosse stata un’altra, se solo non fosse stato Freezer, se solo loro non fossero
stati Freezer e Goku. Ethbera aveva tutto il diritto di sapere chi
– cosa
– fosse appena atterrato sul suo suolo, ma i suoi abitanti,
loro… loro erano brava gente e quando l’avevano
visto non avevano fatto domande e lui non aveva detto niente.
Erano
brava gente, non avevano bisogno di appellarsi a ragioni per salvare
una vita. Neppure una vita dannata e condannata. Goku cercò
di non chiedersi cosa sarebbe cambiato se l’avessero saputo.
Un’infermiera
spalancò di botto la porta facendolo sussultare, e lo
cercò con gli occhi. Era pallida, sembrava esausta, per
quanto gli riuscisse ancora difficile leggere le espressioni di quei
volti alieni color sabbia, ma la disperazione nei suoi occhi era un
linguaggio universale che non aveva bisogno di venire tradotto.
Corse
per raggiungerlo, e la sua toga, che in un giorno più felice
sarebbe rimasta candida, gocciolò sangue per tutto il
corridoio, al suo passaggio. Goku non riuscì ad impedirsi di
fissarle, quelle gocce, una ad una, ed avrebbe davvero voluto poter
avere una speranza in merito, nel bene o nel male.
«Il
suo amico, sa se è allergico o meno allo Hysteb?»
lo interrogò con una certa urgenza.
Si
riscosse e la guardò come se le fosse spuntata una testa in
più. Se Freezer era allergico a cosa?
«Non… non credo… Io non lo conosco poi
così bene, ma… non credo,
dai…».
La
giovane ethberiana sospirò. «‘Non
credo’ non basta» disse affranta. «Se
gliene diamo e poi è allergico… Siamo
già ben oltre il cosiddetto colpo di grazia».
E
questo era il punto in cui un amico
l’avrebbe guardata con il terrore negli occhi ed il cuore che
perdeva battiti nel petto, era il punto in cui si sarebbe alzato e
l’avrebbe presa per un braccio. ‘Ma se la
caverà, vero?’, avrebbe chiesto un amico.
Ma
Goku scoprì solamente che, oltre la pietà, gli
riusciva molto, molto difficile pregare per la vita di un mostro.
Se
le viscere erano state messe dentro, era perché non
dovessero vedere la luce del sole. Poco ma sicuro. Ancor meno ed ancora
più sicuro: nessuno avrebbe dovuto maneggiare le viscere di
qualcosa che fosse ancora vivo, specie di qualcosa che fosse ancora cosciente.
Lo
avevano allontanato a pochi passi dalla porta di quella che doveva
essere una sala operatoria, spintonandolo via con l’urgenza
chi non ha neppure mezzo secondo da perdere e, se possibile,
è perfino già in conto negativo con le lancette
dell’orologio. Sulla barella, Freezer non aveva
più emesso un suono, neppure quando l’avevano
raccolto; fissava un punto imprecisato con occhi sbarrati ed il volto
segnato dal dolore, e muoveva le labbra e snudava i denti ed apriva la
bocca in modo incoerente, ma Goku non sentiva neppure il suono del suo
respiro. Era una scena grottesca, era una scena spaventosa, era una
scena sbagliata.
‘Lui…’
aveva iniziato, ma aveva anche scoperto di non poter continuare. Per
dire cosa, poi?
Si
era voltato con un sussulto quando un ethberiano gli aveva messo una
mano sulla spalla. Era un maschio, e sembrava più vecchio
degli altri – sempre che avere una maculazione rossa
più estesa sugli avambracci e sulle tempie fosse
effettivamente sinonimo di vecchiaia – e indossava una tunica
differente dalla liscia stoffa sintetica di coloro che avevano preso in
custodia Freezer, più ricca, più ornata e
più pesante.
L’ethberiano
si era fermato e aveva fatto cenno ai medici di iniziare a preparare la
sala senza di lui. Aveva guardato Goku con pietà e
dispiacere, ma quando aveva parlato la sua voce ovattata era stata
ferma e sicura.
‘Può
capitare che si renda necessario un intervento di trapianto
pluriorganico, ma persino nei casi più estremi io lo
sconsiglio. Qualora debba venire coinvolta più del 35% della
massa corporea e del 20% degli organi vitali, persino con le
preparazioni migliori e le cure pre-intervento iniziate per tempo, la
percentuale di successo oscilla fra il 55 ed il 60%’ aveva
spiegato con il tono pratico di chi vuole mettere a nudo la
realtà. ‘Non serve che io faccia notare di quanto,
questa povera creatura, sia ormai fuori asse. Se
l’amputazione fosse stata eseguita clinicamente e secondo le
procedure avrei dato massimo un 30% di probabilità di
sopravvivenza, ma questa è una ferita di guerra e,
benché riconosca la sua straordinaria resistenza laddove una
persona normale non sarebbe durata cinque minuti, credo comunque che,
data la situazione, ci troviamo attorno ad un 10%, forse anche
meno’ aveva esitato ed aveva gettato un occhiata oltre la
porta prima di riportare la propria attenzione su Goku. ‘Non
posso promettere che non morirà fra cinque minuti sul tavolo
operatorio’.
Non
era stato gentile, non nel senso umano del termine, ma era stato
onesto. Lui era stato
onesto, aveva pensato con il cuore. Perché se
qualcuno ti porta davanti ad una creatura con metà corpo
amputato e i visceri riversi al suolo, e ti chiede se per caso non
è possibile fare qualcosa, se nonostante
l’evidenza si sente in dovere di chiedere, allora cosa pensi?
Un amico. Un fratello. Un familiare. Non un assassino, mostro, tiranno,
nemico… chi andrebbe a pensarlo? Ecco la verità:
non si mente solo con le parole, ma anche con i gesti. Ed ecco
l’ironia: non si mente solo con l’intenzione di
mentire, ma anche con il semplice desiderio di fare la cosa
più giusta e umana ed essere onesto, onesto con tutti. Esiste
una parola, per questo: fraintendimento, che diventa inganno, nel
momento in cui non viene corretto. Il dottore l’aveva
frainteso, e lui non l’aveva corretto, e il
dottore… il dottore aveva detto ‘ci
proverò’, ma senza convinzione: non si sopravvive
con metà corpo amputato e i visceri riversi al suolo, ma
c’era un ragazzo che chiedeva aiuto, che sperava ancora per
quella vita – e la speranza è legame. Goku glielo
aveva letto negli occhi e nell’energia vitale.
Anche
l’odio è un legame: forse avrebbe dovuto
spiegarglielo. E correggerlo, quando per Ethbera Freezer era diventato
‘suo amico’. Ma non lo aveva fatto. Il dottore era
stato onesto, era stato umano, aveva deciso di tentare
l’impossibile per salvare un mostro indegno di continuare a
respirare e aveva scelto di essere buono con una creatura mai gli
avrebbe restituito una frazione di gentilezza che non fosse da
intendersi con l’ossimoro di una morta rapida e indolore e lui, l’eroe, non
aveva detto niente.
‘Se
nascondi qualcosa di solito è perché sai che
è sbagliata’ gli aveva detto Chichi una volta.
E
guardando la porta chiudersi alle spalle del medico Goku aveva
sospirato e scosso la testa, cercando di tenere a mente che salvare una
vita, malgrado il passato, le intenzioni e le circostanze non
è mai sbagliato, ostinandosi a non pensare che Chichi, la
sua Chichi… lei aveva sempre ragione, in un modo o
nell’altro.
All’inizio
aveva atteso, contando i minuti – buffo, pareva fosse
destinata a diventargli un’abitudine, negli ultimi tempi. Poi
aveva iniziato a fissare la porta e a dondolare i piedi, annoiato, e
dopo ancora si era alzato ed era quasi ricaduto a sedere notando che
– accidenti – era ancora rotto dalla testa ai piedi
e le gambe non lo reggevano quasi più.
Si
era massaggiato la zazzera nera e sparata con una mano, sospirando
rassegnato.
Magari
sarebbe stato il caso di occuparsi di sé stesso, adesso,
aveva pensato, perché, davvero, ai dottori non serviva a
nulla che ne stesse lì come un cane da guardia, in quel
momento: Freezer non avrebbe combinato proprio un accidente di niente
nello stato in cui si trovava eccetto magari morire, ma, davvero, farlo
adesso sarebbe stato proprio uno scherzo di pessimo gusto.
E
lui aveva bisogno di farsi dare un’occhiata e mettere
qualcosa nello stomaco – non necessariamente in
quest’ordine, però. E, parlando di
ordine… chissà che qualcuno non riuscisse ad
indicargli la mensa dell’ospedale.
Era
tornato quasi tre ore dopo con movimenti e pensieri incerti e
più fasciature che pelle scoperta, cercando con cautela la
porta che aveva lasciato fra tante tutte uguali
‘Non
posso promettere che non morirà fra cinque minuti sul tavolo
operatorio’.
…Ma
la porta era ancora chiusa, e sentiva voci provenire dal suo interno.
Voci agitate e voci tranquille, momenti di silenzio e minuti di passi
affrettati e ordini quasi gridati.
Si
era seduto in silenzio, riprendendo, quasi fosse un gesto dovuto, la
stessa seggiola che aveva abbandonato tempo prima e fissando la porta
in silenzio. Freezer era ancora
vivo. Da quasi venti ore, ormai.
E
dire che il patto silenzioso per il quale l’aveva sottratto
alla morente Namecc – che lui, Freezer, aveva
distrutto – non prevedeva che sopravvivesse, ma solo che
morisse in modo più giusto, più umano…
Aveva ripensato ai genocidi e ai bambini morti e a Gohan che rischiava
la vita e a… e a Crilin,
e si era passato una mano sul viso, quasi sconsolato.
Ingenuo.
Non si sopravvive con metà corpo amputato, verità
universale – ma, a quanto pare, il fatto che Freezer non
avesse l’onore di tener fede ad un patto era un
più che degno avversario nella scala delle affermazioni
inoppugnabili che regolavano l’universo.
Goku
sospirò.
Arrivati
a questo punto aveva la sensazione che fosse quasi ora di dare bandiera
bianca: se Freezer fosse morto… ormai non sapeva
più come pensarla. Sarebbe stato giusto, una giustizia in
mondo che di giusto aveva ben poco, ma… arrivati a questo punto?
Anche se Freezer fosse morto, lui aveva comunque tentato di salvarlo.
Perché prima,
prima c’era stato l’inevitabile, prima Freezer non
sarebbe comunque potuto sopravvivere, perché non si vive con
metà corpo amputato e i visceri riversi al suolo, al massimo
si sopravvive per un po’, ma poi, se lui non avesse cercato
Ethbera, se lui non gli avesse permesso di raggiungerla… ma
era inutile. Aveva
cercato Ethbera – perché, poi, si chiedeva a
lavoro fatto… perché farlo se tanto
Freezer non avrebbe dovuto raggiungerla? – e lui gli aveva permesso di
raggiungerla e lui
lo aveva consegnato alle mani dei medici. Che senso aveva, ormai,
continuare a ripetersi che voleva solo
lasciarlo sperare? Pace fatta con sé stessi: aveva cercato
di salvarlo.
Si
passò una mano fra i capelli.
Ingenuamente,
inconsapevolmente, agendo di anima e non di testa, ma l’aveva
fatto. E anche se Freezer fosse morto, lui aveva comunque cercato di
salvarlo.
E
fosse vissuto, sarebbe vissuto grazie a lui e aveva la netta
– spaventosa – sensazione che avrebbe dovuto
assumersi la responsabilità di quelle sue azioni
sconsiderate, anche se in
che modo non osava neppure provare a trovare il coraggio
di pensarlo.
“Ma
perché mi caccio sempre nei guai?”
pensò levando gli occhi al cielo con uno sguardo che aveva
un che di disperato.
Decise
di venire a patti con l’emicrania che già gli
bussava alle tempie lasciando da parte il dopo in favore
dell’adesso: Freezer era ancora
vivo e forse
sarebbe sopravvissuto, ma adesso era ancora in quella stanza bianca,
adesso non c’era un futuro certo, adesso il Freezer
di domani
era sia vivo che morto, per quel che ne sapeva. Chichi tempo prima gli
aveva detto che qualcuno aveva studiato una situazione simile, una
volta, e forse la cosa sarebbe potuta essere utile alla sua situazione,
ma non l’aveva ascoltata attentamente e non riusciva a
ricordarsi niente di niente; sapeva solo che – forse
– da qualche parte dovesse c’entrarci un
gatto…
Scosse
la testa e sospirò di nuovo, e questa volta c’era
una nota di divertimento, in quel sospiro, mentre un pensiero si
affacciava alla sua mente: male – o bene? – che
andasse, aveva già imparato una cosa su Freezer, almeno.
‘Una
persona normale non sarebbe durata cinque minuti’, ma Freezer
era ancora vivo.
‘Non
posso promettere che non morirà fra cinque minuti sul tavolo
operatorio’, ma Freezer c’era già da
mezza giornata.
Decisamente,
Freezer doveva avere un rapporto molto conflittuale con gli ultimatum
da cinque minuti.
∞
Sussultò
quando si sentì toccare sul braccio.
«Cos…
dottore!» esclamò, svegliandosi di botto dal sonno
in cui era scivolato. «Ha… ehm…
finito?» tentennò, non sapendo bene come porre la
domanda.
L’ethberiano
annuì con espressione grave. «Vieni con me,
ragazzo, è il caso di parlare un attimo a
quattrocchi».
Goku
esitò, grattandosi la testa, confuso. «Come
mai?» chiese, e fece per chiedere anche altro, ma il suo
stomaco lo interruppe con un ringhio rumoroso che li fece bloccare
entrambi. Il Sayan gettò imbarazzato un’occhiata
verso il basso, quasi a voler rimproverare le proprie viscere, e
ridacchiò scompigliandosi ancor di più la zazzera
nera e sparata. «Scusi tanto, di solito quando mi sveglio ho
fame… Non è che mi accompagna in mensa e parliamo
lì?».
Per
tutta risposta l’ethberiano gli gettò un occhiata
moderatamente attonita; solo qualche secondo dopo Goku
realizzò che questa era una situazione simile a quelle per
cui lo rimproverava sempre Chichi a causa del suo comportamento
sconveniente negli incontri con i professori di Gohan.
Il
sorriso sciocco gli scivolò dalla faccia lentamente, quasi
speculare al movimento della mano che ricadde lungo al fianco.
«Ehm, scusi… non volevo mancarle di
rispetto».
Con
suo sollievo il dottore sorrise. «Non è un
problema, lo posso capire, dopo aver passato quasi una giornata intera
in questo corridoio, preoccupato per il tuo
amico…» gli concesse, compassionevole e Goku
dovette usare tutto il suo autocontrollo per non spiegare al dottore
che, guardi, quello è Freezer, ed un mostro psicopatico
e… davvero, ‘amico’ non lo è
neanche un po’. «Ma temo che la mensa sia chiusa a
quest’ora, d’altronde è ormai notte
inoltrata» proseguì il dottore, mentre Goku
gettava una rapida occhiata fuori dalla finestra – accidenti,
ma quanto aveva dormito? «Ti offrirò qualcosa nel
mio ufficio, e intanto discuteremo del quadro generale».
Goku
esitò, rizzando le orecchie per il tono che non pareva
presagire – quasi fosse una novità, negli ultimi
tempi – nulla di buono o di semplice o che – altra novità
– non gli facesse capire di essersi nuovamente messo nella
peggiore situazione immaginabile. «Il quadro generale di
cosa, esattamente?» si azzardò a chiedere, con
cautela.
E
ricevette proprio la risposta che non voleva sentire: «Della
situazione medica, che non è affatto buona».
«…Uhm,
ghafie, dohore»
articolò a fatica il Sayan, la bocca tanto piena che quasi
il suono non riusciva a uscire. Deglutì l’enorme
boccone e riprovò: «Urca, grazie, dottore! Questo
è squisito, che cos’è?»
chiese, ma non diede all’ethberiano il tempo di formulare una
risposta coerente che si ributtò sullo strano pasticcio
verde e terroso, ficcandosene in bocca una cucchiaiata che si
avvicinava più alla mestolata.
Il
medico, seduto rigido dal lato opposto della scrivania ovale, lo
guardava con le labbra serrate e gli occhi sbarrati, tanto immobile che
pareva non respirare neanche. ‘Ma dove metti tutto quel che
mangi?’ era una domanda stampata a lettere cubitali sul viso
maculato.
«P-Prego»
riuscì infine a rispondere meccanicamente. «Lieto
che sia di tuo gradimento, tuttavia credo che sia ora di discutere del
resto, non ti pare?» suggerì cauto –
forse perché, nella mentalità universale,
chiunque mangi con tanta foga non dovrebbe essere interrotto.
L’allegria
sul viso di Goku si attenuò leggermente. Il Sayan
deglutì ed abbasso sul piatto praticamente vuoto sia lo
sguardo che le posate. No, non gli pareva: l’ultima cosa che
gli serviva era di discutere di Freezer, di capire fino a che punto
fosse messo male, di sapere che sarebbe morto, di sapere che sarebbe
vissuto.
Il
medico prese il suo silenzio come un invito a continuare, e quasi di
preventiva, Goku sentì immediatamente il mal di testa che
minacciava di tornare. «Emicorporectomia,
sei famigliare con questo termine medico?».
Goku
batté le palpebre e mosse le labbra per cercare di farsi
rotolare la parola sulla lingua, ma, santo cielo, non era neppure certo
che sarebbe riuscito a leggerla,
figurarsi ripeterla e ricordarla.
«Emicorporectomia»
proseguì il dottore «è una parola
complessa per indicare un particolare tipo di intervento di amputazione
che comprende la perdita totale della parte interiore del corpo;
può dirsi anche ‘amputazione
transolombare’ o ‘transezione corporale’.
L’intervento medio, per quanto di ‘medio’
ci sia poco da parlare quando si tratta di questo tipo di chirurgia,
è una chirurgia radicale in cui il corpo viene amputato
sotto la cintura, e la colonna lombare viene tagliata. Questo porta
alla rimozione di gambe, organi genitali, del sistema urinario,
pelvico, di ossa, ano, e del retto. Si tratta di una procedura
mutilante che, come accennai vagamente prima di iniziare
l’intervento, consiglio solo come ultima risorsa e solo per i
pazienti con malattie gravi e fatali quali osteomieliti, tumori, traumi
gravi» s’interruppe, per accertarsi che il suo
interlocutore lo stesse seguendo.
Goku
sussultò quasi, scavando nel proprio cervello per tirare
fuori qualcosa di intelligente da dire, ma, onestamente, non gli venne
in mente nulla – anche perché si era perso
più o meno a ‘emicorto’…
‘emiorosco’… alla prima parola, ecco
– quindi si limitò ad annuire con aria
moderatamente perplessa pensando che, se le speranze di Freezer
derivavano dalla sua capacità di destreggiarsi in quei
discorsi allora, davvero, neanche Shenron sarebbe riuscito a salvarlo.
Il
dottore parve intercettare i suoi dubbi. «Lasciami finire,
poi ti sarà più chiaro. Stavo dicendo:
solitamente, l’operazione viene svolta in due fasi: nella
prima ci occupiamo di interrompere le funzioni degli apparati
coinvolti, e nella seconda eseguiamo la vera e propria amputazione.
Ammesso che il paziente non muoia sul tavolo operatorio, bisogna
considerare le complicazioni al sistema circolatorio, che viene
dimezzato nella sua ampiezza, e possono esservi danni al cuore, mentre
questo cerca di ristabilizzare la pressione sanguigna; i reni vengono
messi sotto sforzo, ed una morte per emorragia non è una
possibilità ma un rischio pressante ed effettivo e vengono
necessitate trasfusioni costanti… ovviamente, non essendovi
più la muscolatura né gli apparati vitali,
pensare ad una protesi è quasi fantascienza, ma questo
argomento viene toccato solo nel caso in cui il paziente osservato
rientri sia nei pochi trenta su cento a lasciare vivi il tavolo
operatorio che nell’ancor più bassa percentuale di
coloro che riescono, effettivamente, a sopravvivere al post
intervento».
Goku
lo osservava ad occhi sbarrati, grattandosi la testa quasi
meccanicamente. Dire che stava capendo poco e niente era un eufemismo,
e l’unica cosa che riusciva a pensare di aver afferrato era
anche l’unica che sapeva di per certo: che avere
metà corpo amputato non è cosa una buona in
nessun contesto. Però… «Ehm,
scusi…?» azzardò, dubbioso.
«Ma questo perché me lo dice? Insomma, F–orse…
ehm… forse è importante, ma qui abbiamo
già… eh… qualcuno tagliato a
metà, no? Non è che ha dovuto farlo
lei…».
Abbassò
la mano, sperando con tutto il cuore che l’ethberiano non
avesse notato la sua gaffe. Stava per sfuggirgli il nome di Freezer,
perché stava parlando di lui, era normale, lo conosceva, no?
Se conosci qualcuno non lo chiami ‘lui’ o
‘ehi, tu’… ma si era trattenuto. Di
nuovo. E dire che l’occasione era buona, non serviva
nascondere nulla, non c’era la necessità
di nascondere qualcosa, no? Ma lui, di nuovo, non aveva detto niente. Non capiva
da dove gli venisse quell’ostinazione a tenersi per
sé l’identità del paziente, ma non
gli piaceva. Non lo faceva stare bene con sé stesso, lo
faceva sentire in colpa. Fu un sollievo quando il medico riprese a
parlare.
«Tutto
questo per spiegare che genere di operazione complicata sia la semplice
amputazione chirurgica,
un intervento volontario e controllato, eseguito con le procedure di
regole e mezzi sterili, e per farti capire, persino nelle condizioni
migliori, che genere di pericolo comporti. Ma qui, come tu hai
giustamente sottolineato, non stiamo parlando di amputazione, ma del
riattaccare una parte del corpo amputata, cosa che, te lo assicuro,
presenta difficoltà ancor maggiori, specie considerando lo
stato della ferita».
«Era…
sporca?» buttò lì il Sayan, sentendosi
vagamente ridicolo.
«Non
solo» rispose l’altro, poi cambiò
bruscamente argomento: «A che specie appartiene, il mio
paziente?».
Goku
boccheggiò. «Eh, non saprei…»
borbottò, rendendosi conto solo in quel momento del punto:
il suo pianeta natale, Vegeta-sei, era stato distrutto per una
questione di specie,
perché erano Sayan, lui e Vegeta erano entrati nel mirino di
Freezer perché
erano Sayan e Freezer temeva i Sayan. Avevano sofferto a
causa della specie in cui erano nati, erano stati condannati a causa
del loro sangue, e lui, per ironia, non conosceva neppure il nome della
razza che avesse avuto la maledizione di partorire un essere abbietto
come Freezer. Vegeta doveva averlo saputo, ma Vegeta era morto.
«Come
temevo» sospirò il dottore. «Abbiamo
tentato un prelievo di sangue ed uno di midollo spinale, ma
già con il primo esame non abbiamo trovato tracce di
corrispondenza biologica nei nostri archivi. Speriamo
sull’analisi del midollo, ma ne dubito. Se la situazione
clinica fosse diversa manderei dei campioni di tessuto biologico
crioconservato su un pianeta affiliato, a dodici ghuarmts da
Ethbera, ma nel nostro caso è vitale il fattore tempo e
attendere che le operazioni del processo vengano espletate non
è neanche lontanamente attuabile, senza contare che
potrebbero comunque non portare a nulla».
«E…
quindi? È un problema?».
Il
dottore sgranò gli occhi. «Come possiamo curare
qualcuno di cui non conosciamo la biologia? Specie qualcuno nel suo
stato: non possiamo andare a tentativi e vedere come il suo organismo
reagisce ai nostri medicamenti, perché un passo falso
sarebbe fatale, e questo ci preclude molte possibilità che
altrimenti avrei considerato fertili».
Goku
annuì, le sopracciglia vagamente corrugate. Sì,
quello più o meno l’aveva capito.
«Però, mi scusi… Io continuo a non
capire il punto: si riprenderà o no? E come è
andato l’intervento?».
A
quel punto, l’ethberiano sospirò leggermente.
«Sei uno a cui piace la concretezza delle cose, eh?
Parlerò più semplicemente» sorrise.
«Molto bene. Il problema, con la situazione che ci troviamo
fra le mani, è che non possiamo sapere neppure se domattina
sarà ancora vivo né tantomeno fare piani medici a
lungo termine per un recupero, eppure ci stiamo già
torturando il cervello per capire come tirarlo fuori dalle crisi che
potrebbero verificarsi in una prossima settimana che forse non
arriverà neppure a vivere. Abbiamo una diagnosi estremamente
riservata, e incerta. L’intervento, per quanto possibile,
è riuscito, ma non posso promettere che supererà
la notte, per vari motivi: il più urgente e pressante
riguarda il tempo in cui gli arti amputati sono stati separati al resto
del corpo, il processo di deterioramento, seppur in minima parte,
è già iniziato e nessun chirurgo scommetterebbe
sulla possibilità che non
si verifichi una grave forma di infezione, o addirittura di cancrena.
Se dovesse accadere, ci sarà ben poco che io possa fare se
non alleviargli le sofferenze con dei palliativi, ma tenteremo di
prevenire la situazione con una terapia antibiotica aggressiva. Se
supererà i primi giorni, arriveranno altri ostacoli. La
ferita era stata causata da un laser, dico bene?».
Goku
annuì di nuovo, colto di sorpresa dal brusco cambio di
argomento, ricordando con un vago brivido i due dischi laser con
Freezer aveva ossessivamente tentato di ucciderlo, per di
più dopo che già
una volta, a ben pensarci, lui aveva tentato di
risparmiargli la vita. Perfetto, aveva davvero bisogno di
ricordarsi quanto fosse grata la creatura per cui si stava torturando
il cervello con quel casino.
Per
un attimo parve che il medico volesse indagare sul come fosse capitato
il tutto, ma poi qualcosa – forse la stessa titubanza negli
occhi di Goku – lo fece desistere. «Il laser, o per
meglio specificare, alcune delle sue sottovarianti vengono usati anche
in chirurgia. Conosci una proprietà medica del laser? No? Cicatrizza. Ed
è stato questo, probabilmente, a contenere
l’emorragia e a salvarlo: nel momento in cui è
stata inferta, la ferita si è anche cicatrizzata. Ma questo,
se da un lato è stato un vantaggio, dall’altro
è stato un ulteriore danno, perché ci ha
costretti a danneggiare ulteriormente il suo corpo ed i suoi organi
vitali per poterla riaprire ed avere materiale che organico che potesse
ricongiungersi, invece dei due lembi senza sbocco che ci siamo trovati
davanti; in pratica abbiamo dovuto rimuovere millimetri quadrati di
carne da entrambe le parti delle sue mutilazioni. Questo potrebbe
causare emorragie interne, e la situazione richiederà un
monitoraggio costante, oltre alla consapevolezza che potremmo doverlo
riportare d’urgenza in sala operatoria e sinceramente dubito
che potrebbe sopportare un secondo intervento: tieni conto che, oltre
al fisico già provato, ha perso molto sangue e non
conoscendo la sua biologia non possiamo azzardare una trasfusione
sintetica».
Ci
fu un’altra pausa, e Goku annuì per mostrare che
stava perlomeno cercando di seguire il discorso. Il che era un
po’ più facile, almeno, ora che il medico aveva
smesso di mitragliarli il cervello con tutte quelle assurde parole
scientifiche; un po’ più difficile,
d’altro canto, era sentire e comprendere con esattezza quante e quali fossero le
sofferenze che Freezer stava attraversando, provare quella
pietà indesiderata per la sua terribile condizione senza
riuscire ad abbandonare la consapevolezza che, dio, Freezer
avrebbe potuto benissimo rivelarsi un ingrato, tentare di ucciderlo,
tentare di uccidere il dottore e tutti gli innocenti e loro, loro che
l’avevano salvato, gli ethberiani, che erano brava gente
che si trovava in pericolo a causa di quella sua maledetta, sbagliata
pietà. Strinse i pugni in grembo, lottando per non chiedersi
cosa si provasse ad uccidere la creatura a cui si è salvato
la vita.
«Ma
togliendo anche il danno principale ci sono molte altre ferite che
necessiteranno di un intervento medico» proseguì
il dottore, ed il Sayan vide una vaga disperazione nei suoi occhi
mentre iniziava il secondo elenco dei danni. «Abbiamo
fratture varie, contusioni, uno sterno praticamente in frantumi e
costole che dire ridotte in schegge è un eufemismo, ed
inoltre la massa muscolare è in sovratensione, i tessuti
sono lacerati e molti tendini non hanno fatto una fine migliore. Per
risolvere questo problema lo abbiamo già intubato, tenteremo
di invertire il processo sovratensione tramite una serie di impulsi
elettrici» il dottore fece un’altra breve pausa,
poi riprese a parlare con tono sinceramente addolorato. «Non
posso fare una prognosi per un recupero, ma posso dire, sempre ammesso
che sopravviva, che sarà lungo e doloroso e dovremo
sottoporlo ad altri interventi, con l’andare dei mesi, e
forse degli anni».
Anni. Goku
sentì uno strano agitarsi nello stomaco, denso e sgradevole.
Anni. Freezer avrebbe impiegato anni
a guarire. Cosa avrebbe significato questo, per lui, per quella
situazione? Freezer non poteva restare solo con sé stesso.
Non con il suo potere, non con la sua indole, neppure se era
debilitato… ma se non poteva restare solo, se doveva essere
tenuto sotto controllo, se
doveva ricevere cure costanti…
“Dovrò
restare qui con lui?” si chiese con una punta di
disperazione, sentendo un macigno nel petto. Non voleva, davvero, non
voleva assolutamente. Ma che scelta avrebbe avuto? Lottò per
cercare una soluzione, ma Freezer… diavolo, Freezer non era
affidabile, neppure un po’, e uccidere il tiranno non per le
atrocità che aveva commesso, ma perché dopo
averlo salvato si era reso conto le sue condizioni di salute glielo
avrebbero reso scomodo… quello sarebbe stato atroce. Non lo
avrebbe reso migliore dell’essere che condannava.
«E
poi» proseguì il medico ethberiano, e, perso
com’era nei suoi pensieri, Goku quasi non lo
sentì. Col senno del poi, sarebbe stato meglio.
«Rimarrebbero le conseguenze del danno al midollo
spinale».
Goku
rizzò di scatto la testa, fissandolo ad occhi sbarrati. Non
ne sapeva quasi nulla di medicina, certo, ma una volta, in ospedale,
non aveva sentito dire…? Non ci aveva pensato. Aveva visto
Freezer con metà corpo tranciato, sapeva che aveva
metà corpo tranciato, ma non gli era venuto in mente, non ci
aveva pensato, di nuovo
non aveva pensato. «Ma… se il midollo
spinale si rompe, poi non si rimane…?».
«Se
sopravvivrà e il suo corpo sarà abbastanza forte
più avanti nel tempo forse potremo tentare una serie di
interventi di ricostruzione del midollo spinale, ma sì, ora
come ora la paraplegia non è un rischio, ma una
certezza».
–
Attenzione:
il discorso medico e le terminologie presenti in questo capitolo sono
state trattate in maniera ovviamente semplicistica; se fra di voi
c’è un dottore a cui ho fatto prendere una crisi
epilettica mi scuso, ma, capitemi, è una fanfiction che sto
cercando di incastrare fra studio e lavoro. Ho fatto ricerche per
trovare le informazioni di cui ho fatto uso (improprio, temo) in questo
capitolo, ma non è proprio il mio campo.
In realtà, temo che questo capitolo mi sia uscito un
po’ noioso, proprio a causa di tutto il discorso medico, ma,
capitemi, avevo bisogno di provare almeno, a spiegare qualcosa da quel
punto di vista.
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