Drown
“Sakura chiru
Nawashiro-mizu ya
Hoshi-zuki-yo”
“Cadono i
fiori di ciliegio
sugli specchi d'acqua
della risaia:
stelle, al chiarore
di una notte senza luna”
(Yosa Buson)
Camminava a passi
lenti, misurati.
Il vento era forte,
freddo; al suo orecchio pareva un ululato rabbioso,
l'ululato di un lupo pronto ad attaccare, per uccidere.
Lui invece era stanco,
le sue membra chiedevano una tregua, un po' di
riposo, ma non era quello il momento adatto a ristorarsi.
Pareva che la
velocità nei movimenti che lo avevano reso
così famoso – e alle volte tanto invidiato, specie
da quel ragazzino – era sparita senza lasciare alcuna traccia.
La vista cominciava ad
annebbiarsi, la mano – l'unica mano
che ora possedeva – teneva ben saldo il moncone dell'altro
braccio ormai perduto.
Il calore del sangue
che sentiva scorrere era in netto contrasto col
gelo che gli sferzava il volto.
Mai avrebbe creduto
che sarebbe stato colpito, mai avrebbe creduto di
sentirsi così prossimo alla fine, come i fiori di ciliegio
che cadevano al suolo, in silenzio.
Non si avvertiva
nemmeno il delicato suono del loro lieve posarsi sulle
acque della risaia; l'intero villaggio di Kanna non avrebbe notato,
proprio in quel momento, lo spettacolo della natura che gli si parava
davanti.
Si morse le labbra,
trattenendo un lamento di dolore, mentre altri
rivoli di sangue continuavano a scendere, lasciando una traccia sul
terreno.
I nobuseri avrebbero
potuto trovarlo in fretta, eppure non se ne curava.
Non era stato
addestrato a mostrare le sue debolezze, non gli era stato
nemmeno insegnato a fuggire.
Non lo stava facendo
neppure ora.
Non era mai stato un
uomo di molte parole, ma aveva il dono
di non dire mai una sciocchezza.
Persino in quel
momento, per quanto avvertisse la presenza della fida e
certa compagna dei samurai sul suo capo, continuava imperterrito a
camminare.
Non avrebbe
più impugnato due katane, ma una sarebbe
bastata, avrebbe lottato fino alla fine.
Kyuzo lo sapeva, aveva
altro da fare e non si sarebbe fermato prima di
aver raggiunto il suo scopo.
Questa volta aveva una
ragione per cui impugnare le armi e, se
necessario, avrebbe fatto compagnia a quei delicati fiori in quella
notte illune.
Annegando in una pace
eterna.
Sembrava una notte
perfetta per la sua dipartita, pensò.
[328 parole]
Angolino autrice.
Salve!
Sebbene pare che mi saluti da sola, in quanto in questa sezione ci sono
solo le mie storie, non nascondo che mi mancava scrivere qui e
l'iniziativa de La
corsa delle 48 ore mi ha dato lo stimolo giusto per ritrovare
una passione mai del tutto spenta.
Ci ritroviamo durante l'ultima battaglia, nella quale Kyuzo ha perso un
braccio.
Sarò anche stronza, ma lo haiku utilizzato mi ha proprio
ricordato i samurai.
Nell'haiku l'immediatezza è tutto e, sottolineando nella
loro brevità la caducità della vita, ecco che mi
è venuta l'ispirazione.
Considerando anche che nella cultura giapponese il fiore di ciliegio
è il simbolo del samurai, perché è
tanto bello e maestoso quanto un samurai nella sua armatura e al
contempo è fragile come il samurai, la cui vita
può essere recisa altrettanto rapidamente quanto quella di
un fiore... si spiega quanto mi è venuto alla mente.
La citazione in corsivo è un'espressione di Fernanda Pivano
che disse parlando di Gregory Corso, un poeta che apprezzo, e l'ho
trovata parecchio calzante anche per Kyuzo.
Grazie per l'attenzione e se siete arrivati a leggere fino a qui.
Un saluto,
Barbara
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