Twilight- I am Edward Cullen
Le dita scorrono veloci sui tasti bianco latte del mio piano
a coda, mentre la luce rossastra con sfumatura del tramonto inonda la stanza
del salone. Chiudo gli occhi mentre mi lascio trascinare dalle note che sono
infisse nella mia memoria, ormai, centenaria.
Sento indistintamente, dopo il mio secondo si bemolle, il
leggero fruscio di una gonna di raso, che sfiora dolcemente la pelle candida di
due gambe che ondeggiano ad ogni giravolta, come il vento sottile che accarezza
la mia nuca, prodotto dalla dolce frustata dei boccoli morbidamente modellati
della persona che balla ridente dietro di me, come ad elogiare la mia musica
ristoratrice per la mia mente e i miei sensi saturi del profumo indescrivibile
della mia amata ossessione dagli occhi color cioccolato fuso.
Ed è proprio pensando a lei che intono le ultime note del
mio assolo al piano, e come ogni pianista professionista inchino la testa verso
la tastiera, ora calma dopo le frequenti vibrazioni, in omaggio alla mia Musa
ispiratrice.
Sospiro, reclinando il capo verso la spalla ricoperta da una
leggera camicia di cotone rosata, in tinta con la gonna fluttuante stretta
attorno alla vita sottile della persona che mi cinge teneramente il collo con
le sue braccia accoglienti e sinuose nelle forme; e mentre ispiro il suo
profumo di bacche selvatiche e di dolcezza, mi abbandono con un sorriso luminoso
ad un suo bacio sulla mia guancia destra, fredda e dura come il marmo più
resistente.
Adoro quella sensazione di dolcezza, calore interiore e
tenerezza, ed è con l’animo dannato lenito
da questi sentimenti benefici, che accolgo con una risatina deliziata il
complimento dell’unica persona che possa placare il mio tormento con un unico
abbraccio.
“ è bellissima, tesoro. Ti prego, suonala più spesso. Adoro
vederti suonare. Sei bravissimo.”
E riaprendo gli occhi ricolmi di compiacimento e certezza
per quell’amore così rassicurante, le rispondo ammirato e contagiato da quello
sguardo così pieno di aspettative ed orgoglio e quel sorriso più luminoso del
sole, in quei momenti dove sulla sua espressione traspariva la felicità:
“ Grazie, mamma.”
E lei, sciogliendosi con grazia dall’abbraccio e
allontanandosi di qualche passo da me e dal piano, strumento che tanto ama, non
prima di avermi scostato una ciocca di capelli dalla fronte e avervi posato un
bacio leggero, mi sussurrò con lo sguardo traboccante di amore
materno e luccicante di lacrime di gioia che non sarebbero mai potute sgorgare
liberamente, reazione che il più delle volte manifestava a quella magica e mai più
sincera e veritiera parola: mamma.
Si, perché Esme era mia madre a tutti gli effetti, senza
termini di paragone.
“ Di nulla, angelo mio.”
Sghignazzai a quell’appellativo, mentre scuotevo la testa
seguendola eclissarsi in giardino, ad occuparsi delle sue camelie in boccio.
Angelo…si, ma con ali di pipistrello.
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