Quella sera la luna splendeva
sgargiante in cielo, illuminava il monte del quale la dea Atena aveva
ripreso il legittimo possesso. Non era passato molto tempo, da quando
avevano sepolto i caduti del conflitto e sanato le proprie ferite.
Il Santuario, adesso,
aveva nuovamente la sua dea e il suo giusto ordine era stato
ristabilito.
Saori stringe nella
mano la sua fidata Nike – compagna di ormai millenarie
battaglie –, espande un poco il proprio cosmo in direzione di
una persona precisa e aspetta. Il vento muove il bordo del suo chitone,
gioca con la sua frangia e fa tremare leggermente la sua pelle per il
fresco. Lei sa che tutto questo che si presenta al suo sguardo le
appartiene. La sua esistenza divina le è palese,
inevitabile. Come ogni volta che apre gli occhi per osservare il mondo
che deve proteggere. Voleva essere Saori un po’ di
più, voleva vivere ancora come una ricca ereditiera. Il fato
non sembra aver avuto pietà per lei nemmeno in questa vita.
« Saori-san.
» Seiya quasi rotola per terra, scivolando velocemente ed
accostandosi a lei. « Perché mi hai chiamato?
»
« Sarebbe
crudele chiederti un poco di compagnia? » non lo guarda,
Saori, torna a portare il suo peso sulla Nike. Sente lo sguardo del
cavaliere sulla nuca, e quasi si stupisce della sua risposta.
« Anche io
volevo parlarti di tante cose, ma ora, beh, sei Atena. Non è
facile. » il ragazzo si accompagna a lei, si siede su un
gradino del patio della statua e torna ad osservarla. Saori sorride, e
istintivamente non ne capisce il perché. Poi ricorda. Tenma.
Tenma aveva detto le stesse cose, in una notte di luna simile a questa.
Non nega che vorrebbe
tornare indietro e creare una solida amicizia con il pegaso,
com’era stato nella loro vita precedente. Cancellare tutte le
cattiverie che gli ha fatto, e ricominciare come amici cari e stretti.
Perché lei ricorda tutto, ma Seiya niente, e ciò
la infastidisce.
Sospira, appoggia la
Nike, si siede accanto a Seiya. Ora che ha ripreso il suo ruolo e
scacciato il male dalla sua casa, e adesso?
Ade è ancora
ben lontano dal suo risveglio. Non ha niente da fare e ciò
la irrita.
« Saori-san,
non è da te fare così. » dice allora
Seiya, e la guarda. La ragazza lo sostiene, determinata, costringendo
Seiya a deporre la loro sfida. Saori abbozza un sorriso, vittoriosa,
prima di dare voce ai pensieri che si agitavano nella sua mente da
diversi giorni.
« Mi annoio.
Mi annoio terribilmente a stare qui. Non mi sento adatta a questa vita,
nonostante sia consapevole di esserci nata. Di averla istituita io
stessa. »
« Non sei di
certo obbligata a stare qui. » Saori aggrotta le
sopracciglia, come quando lui la contrariava da bambini.
« Sono Atena,
Seiya. Il mio posto è qui. »
«
Perché? » la domanda la lascia spiazzata.
Perché il compito di Atena era rimanere al Santuario. Era
quella la risposta, ma non la sentiva completamente giusta. Tutte le
sue precedenti vite rimanevano tra le mura del Santuario
perché erano sempre in stato di guerra. Ogni volta che la
sua missione divina tornava a farsi presente, imbracciava il suo
scettro e indossava l’armatura.
Ma ora non
c’era nessuna guerra vicina. Questa consapevolezza la
colpisce.
« Visto?
Donna odiosa, non sai come rispondere! » Seiya scoppia a
ridere, salvo schivare all’ultimo un fendente dello scettro
della dea. Saori si alza, si sistema meglio la sua veste, e sorride
debolmente.
« Hai detto
che volevi parlarmi, Seiya. » parla, riprendendo il suo
contegno. Il cavaliere del Pegaso si fa serio, si acciglia, e distoglie
lo sguardo dalla sua figura.
« Avevi
promesso che mi avresti aiutato a trovare mia sorella. Mentivi?
» a lei non sfugge l’amara ombra del volto di
Seiya. Se ne dispiace. Vorrebbe che il suo amore potesse curare quel
malessere, quella distrazione. In fondo, lo capisce. Anche lei ha dei
fratelli, ma dei quali non ha mai sentito la mancanza –
tranne forse Aron, lui le mancava ancora terribilmente.
Perciò, forse, anche Seiya dovrebbe smettere di pensare a
quella sorella che ormai deve essere inevitabilmente perduta.
« No. Ho
promesso una cosa, e visto tutto quello che hai fatto per me, mi sento
in dovere di rispettare il mio patto. » gli occhi di Seiya si
illuminano, probabilmente il solo pensiero di riabbracciare
l’amata sorella gli dona un’incredibile energia. Se
ne sente quasi invidiosa. « Ti do ragione, niente per ora mi
trattiene qui. »
« Tornerai in
Giappone, Saori-san? »
«
Sì. »
« Allora
posso anche andare. » quella brusca ritirata quasi la
indispettisce, Saori, che osserva Seiya quasi sfuggirle tra le dita e
sparire in un battito di ciglia. Fissa il punto in cui è
scomparso, batte una volta gli occhi, si volta verso la sua statua, e
sorride. Non sarebbe successo niente, se fosse tornata a Tokyo per un
paio di giorni, una settimana magari.
Si sente piena di
entusiasmo, pensando quasi di accettare l’invito al
compleanno dei Solo – non appena erano venuti a conoscenza
della sua presenza in Grecia, non avevano esitato a spedirle una
missiva –. Non era ancora detto niente. Il suo ruolo divino
poteva aspettare. Ade stesso, per lei, poteva continuare a dormire per
altri due secoli.
« A quanto
pare, posso essere Saori ancora per un po’. »
Ok, prometto
che questa è l'ultima cosa, poi lascio stare questo fandom
per un po. C:
Questa storia
è un tentativo di introspezione.
Una AtenaSaori
ancora abbastanza indecisa se volere davvero il suo ruolo. (Infatti,
non appena può, a differenza di Sasha abbandona il
Santuario.) Una cosa che si mette, cronologicamente, tra il Sanctuary
Arc e il Poseidon Arc. Un rapporto con Seiya non ancora maturato. E la
luna. Quella sempre.
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