• Note
Autrice •
Miei
carissimi
lettori,
ritorno
dopo tre
mesi di silenzio dovuto a un "blocco dello scrittore" che
credevo irreversibile. Avevo una repulsione per tutto quello che
avevo scritto e che provavo a scrivere, tanto da avere avuto la
tentazione di cancellare tutto e abbandonare il Fandom. Quel poco
che, con immensa fatica, riuscivo a mettere nero su bianco mi
sembrava assolutamente orripilante e senza senso. Insomma, non
è
stato un gran bel periodo. Forse avevo bisogno di una pausa, o forse
ero alla ricerca di un nuovo stile – non l'ho ancora capito
–
fatto sta che neanche questa one mi soddisfa appieno, ma sono
contenta di averla finita e pubblicata. Ho intenzione di mantenere la
promessa fatta un po' di tempo fa a una mia lettrice che desiderava
una storia circa il viaggio di Sasuke e Sakura durante il quale
è
nata Sarada e di portare a termine le altre fan in sospeso. La
prossima volta che vi capiterà di leggere il mio username
tra gli
aggiornamenti sarà per l'epilogo di Entelechia che sto
ultimando.
Approfitto
per
ringraziare caldamente tutti i lettori che hanno recensito la mia
ultima one. Rispetto e amo ogni singola parola delle Vs recensioni e
quando mi ritrovo a corto di parole – come in questo periodo
–
preferisco non rispondere con un telegrafico "grazie"
perché le Vs recensioni meritano di meglio. Ci tengo a dirvi
che
senza di Voi non sarei qui a riprovarci, quindi "grazie, grazie
e grazie!".
Adesso
vorrei
spendere due paroline su questa one...
Il
banner è
stato realizzato da un disegno fatto da ALEXIS093,
una promettente
scrittrice e una bravissima disegnatrice.
La
storia,
invece, prende vita da un mio flash mentale – ovviamente
– e
questa volta bello grosso. Come avete potuto leggere
nell'introduzione, in questa storia è presente un
crack-paring. É
solamente accennato, ma rappresenta una mia fantasia post-Shippuden /
pre-Gaiden.
Ho
volutamente
scelto di lasciare scarna la descrizione dell'ambientazione
perché
vorrei che leggeste questa one immaginando un palcoscenico semibuio,
una sedia di legno, un sofà e una porta. (Non ho assunto
droghe
mentre la scrivevo, lo giuro, ma questa immagine mi ha perseguitata
per tutta la stesura, rendendo forse la storia un po' teatrale).Di
tanto, in tanto troverete dei flashback che spiegano gli avvenimenti,
altrimenti la storia sarebbe entrata di diritto nella categoria no
sense.
Adesso
vi prego
di accomodarvi... (e chiamate la neuro, nda)
… che si alzi
il sipario.
«
Avresti dovuto
dirmelo »
La
voce di Sasuke è volutamente incolore; ostenta ancora quella
sicurezza che il dubbio ha corroso, rendendolo fragile, emotivo.
Pazzo.
Una
follia cieca, ingestibile, agisce sulla sua percezione dello spazio e
del tempo: è arrivato da appena dieci minuti eppure ha come
l'impressione che l'orologio, appeso alla parete, abbia compiuto
svariate volte il suo giro e che il salottino dell'appartamento di
Sakura sia ancora più piccolo, più buio,
claustrofobico. Le luci
sono spente e riesce a scorgere il viso della ragazza solo grazie al
fioco alone di un abat-jour.
Sarebbe
così facile afferrare il suo collo, sentire la morbida pelle
cedere
sotto la pressione delle nocche e osservare il suo viso mentre la
faringe si occlude: gli occhi deformati dal terrore, la bocca
spalancata, rantolante, in cerca di un debole alito di vita. Sarebbe
appagante assistere al lento scolorirsi delle sue labbra bugiarde e
confortante non dover più incontrare i suoi occhi
dissennanti,
capaci di trasformare putrescenti realtà in dorate
illusioni. Si è
lasciato intrappolare in quella fittizia visione e, adesso, l'unico
modo per uscirne sarebbe eliminarne la fonte.
'Non
potrei mai farti del male.' Cerca
di persuadersi, ma il sangue ribolle. Lo sente pulsare sotto la pelle
e ripensa al battito del cuore di lei, sempre più flebile,
mentre la
morsa intorno al collo si fa più stretta. Una reminiscenza
di un
passato che sembrava ormai lontano. Superato, archiviato. Ma per
quanto si possa correre veloce, gli errori compiuti riescono sempre a
raggiungerti. A volte si ha l'illusione di averli seminati, si volge
lo sguardo indietro e magicamente non sono più
lì, ma alla prima
curva eccoli di nuovo pronti a sbarrarti la strada. È un
circo che
Sasuke conosce bene, ne è l'attrazione principale, ma ora
è stanco
di correre. È tornato, e questa volta per restare,
per
fare la cosa giusta.
'Nessun
rimpianto' si
era ripromesso,
varcando i cancelli di Konoha, un mese prima, e non avrebbe mai
potuto prevedere quello che sarebbe accaduto, quali fatali
coincidenze lo avrebbero portato a provare, invece, un aberrante
rimorso.
«
Due anni »
Sakura
è seduta sul divano, rigida, ma non per il senso di colpa
bensì per
la consapevolezza che sia finalmente giunto il momento di quel
chiarimento mai avvenuto, rifuggito da entrambi, troppo scomodo e
pericoloso.
Ha
le gambe accavallate, la fronte alta leggermente corrugata e il suo
sguardo è orgoglioso, sostiene quello di Sasuke. Sembra
volergli
trasmettere un monito, un avvertimento: ' Non mi
lascerò ancora
calpestare da te'.
Lei
non lo sa, non pensa di poter ambire a tanto, ma lo sta mettendo a
disagio, lo innervosisce, perché lui, nella ragione, sa di
avere
torto; mentre lei, nel torto, ha almeno sei ottime ragioni per
permettersi di guardarlo dall'alto in basso, in ogni caso, sempre,
facendolo sentire piccolo, meschino, colpevole. Sei
anni in
cui le loro vite si sono incrociate in modo surreale. Sei anni in cui
il perdersi e il ritrovarsi si sono avvicendati ciclicamente: un
sadico circolo vizioso fatto di dolore, di morte e di guerra, in cui
il dannato ha ottenuto la sua redenzione e la virtuosa la sua
condanna; il paradosso che l'ha spinta più volte a
chiedersi: 'A
cosa è valso tutto questo dolore?'.
«
Due anni in cui non mi è stato dato di sapere se fossi vivo
o morto.
»
Sakura
pronuncia quelle parole a voce bassa, artificiosamente controllata.
Sta recitando la sua parte alla perfezione in quel teatro
dell'assurdo. È ferita, da molto tempo ormai, e ogni volta
che
Sasuke le si avvicina qualcosa dentro di lei ricomincia a sanguinare,
forse il cuore, il fegato, forse ogni organo del suo corpo.
Un'emorragia incontrollabile che la spezza in due, la fa contorcere e
pregare.
Sakura
prega che Sasuke presto riparta, che non smentisca quello che
è
sempre stato chiaro a tutti, ma non a lei. Non può illudersi
ancora
e non ha intenzione di ascoltare una predica da chi ha avuto sempre
l'innata propensione a razzolare male, soprattutto in merito a
qualcosa che è stato naturale, plausibile, prevedibile.
Non
ha rimpianti, lei, e i rimorsi li ha pagati con le lacrime.
«
Avresti dovuto » ripete lui, con la speranza che rincarando
la dose
di disprezzo lei abbassi quello sguardo logorante. Non ha altra
scelta che colpirla senza pietà: Sakura ha motivazioni
valide, può
scavare in quel passato torbido da cui lui non sa ancora difendersi.
Non può permetterglielo, deve annientarla prima, riportarla
al suo
giusto ruolo di succube.
Ma
non c'è più nulla di quella ragazzina in lei, la
guerra ha avuto
ripercussioni profonde, intime, che l'hanno costretta a cambiare. Si
è rotto qualcosa e Sasuke sa bene di esserne una delle
cause, forse
la principale. Sente un'eccitazione insana, sordida, salirgli dentro,
prendendo consapevolezza di quale potere avesse avuto su di lei e di
quanto, adesso, vorrebbe vederla strisciare ai suoi piedi,
implorante, piangente... noiosa.
«
Mh! » Sakura si porta una mano al mento, fingendo di
riflettere. «
Forse avrei dovuto mandarti un piccione viaggiatore, o forse no,
meglio... avrei potuto lasciarti un messaggio in uno di quei punti di
contatto in cui non hai mai messo piede, no? » ironizza
stoicamente.
Ha smesso da un po' di prendersela per i suoi atteggiamenti
incomprensibili: la pretesa di imporre con caparbietà il suo
punto
di vista, incurante di quello degli altri, è monotona,
stantia. Una
predica sulle ʺmancanzeʺ, proferita dalle sue
labbra,
risulta alle sue orecchie assolutamente ridicola: 'Dov'eri
quando
Toneri ha attaccato?', 'Dov'eri quando mi hanno
rapita?' e
'Dove diavolo eri ogni qual volta ho avuto bisogno di te?'.
Sakura
non può saperlo e lui tace. Gli è fin troppo
facile indovinare ciò
che le stia passando per la mente: i suoi occhi sono carichi di
furente delusione.
Kakashi
non le ha rivelato nulla e nessuno lo ha visto mentre assisteva alla
disfatta di Kido e dei suoi seguaci. Era arrivato tardi e lei si era
già occupata di tutto. Ma proprio in quel momento Sasuke
aveva
compreso di dover fare ritorno.
«
È per questo che sono tornato. » ammette.
«
Per proteggermi? » Sakura sputa quelle parole con tagliente
sarcasmo
volto a demolire quella sua insopportabile presunzione di essere
ancora indispensabile. Lo era stato, insostituibile,
e lei aveva vissuto in funzione della sua persona, della sua
felicità.
Troppo
umiliante risponderle che è proprio quello il motivo; che
non riesce
a immaginare che qualcuno possa farle del male, che se fosse arrivato
appena un attimo prima avrebbe ucciso quel maiale di Kido per aver
osato usarla come merce di scambio e che quando aveva saputo
dell'attacco di Toneri, il suo primo pensiero era stato lei. Non
può
dirle che in quei due anni quel sentimento acerbo, da ragazzino,
seppellito dall'odio, è maturato. Ora lo riconosce, sa
dargli un
nome, e
fa male,
come
sempre.
Troppo
sicuro di se
stesso non ha colto i segnali, gli sguardi imbarazzati, i pensieri
taciuti.
'Stupido,
ingenuo, innamorato.'
I
secondi passano
inesorabilmente.
Sasuke vorrebbe poterne fermare il corso, avere più tempo.
Mugola
qualcosa di
incomprensibile, un suono sordo, l'inizio di un sofferto discorso, ma
Sakura non gli dà modo di tentare. Sbuffa e scuote la testa.
«
Sono io, vero?
Sono l'anello mancante. »
Sasuke
increspa la
fronte: non riesce a seguire il discorso o forse non vuole.
«
È me che vuoi. Il mio perdono. » pronuncia quelle
parole in un
soffio, eppure rimbombano nella testa di Sasuke come un urlo
agghiacciante. 'Perdono'.
«
Ecco, prendilo
pure. È tutto tuo! » prorompe immediatamente dopo,
muovendo la mano
in un gesto di stizza, di esasperazione, e Sasuke riesce a vedere
chiaramente quel perdono tanto agognato schizzare via dalla sua mano
e ricadere al suolo.
Sarebbe
così facile
cedere alla tentazione di abbassarsi, raccoglierlo, e andare via, ma
non è così che ha immaginato di ricevere la sua
assoluzione e
rimane lì, immobile, a fissarla mentre diventa parte
integrante di
un'anonima mattonella.
«
Non voglio. »
Sasuke
rivela ad
alta voce i suoi pensieri, riconquistando l'attenzione di Sakura,
ormai certa che quella conversazione sia giunta al capolinea.
«
Mi ero illusa che
per una volta potessimo essere d'accordo su qualcosa »
ribatte lei,
mestamente, portando le mani a comprimere le tempie che sembrano sul
punto di scoppiare « Allora dimmi, Sasuke-kun,
cos'è che vuoi? ».
•
Sasuke
cammina per le strade di Konoha con il naso all'insù,
osservando i
cambiamenti del "suo" Villaggio, i suoi primi passi verso
il progresso tecnologico. Sono passate appena due settimane
dacché
vi ha fatto ritorno, dopo due anni trascorsi in cerca di
un'espiazione che non ha mai davvero ottenuto. Naruto ha insistito
perché fosse presente alla sua cerimonia di insediamento e
lui, suo
malgrado, ha acconsentito.
È
stupito dal fatto che Konoha non mostri più, verso di lui,
alcun
tipo di diffidenza, come se avesse dimenticato, rimosso, ciò
che è
stato, ciò che ha fatto.
Non
è costretto a ignorare gli sguardi di disprezzo, di
disappunto, o
peggio, di pietà: non è più il bambino
sopravvissuto alla strage
del Clan Uchiha, non è più il nukenin e neanche
il figliol prodigo.
Lui è "nessuno".
Facce
mai viste gli passano accanto, qualcuno lo urta casualmente senza
timore.
Realizza,
in quel frangente, che forse la possibilità di ricominciare,
di
essere chiunque lui voglia, non sia poi un'utopia e immagina l'ombra
del passato dissiparsi fino a divenire un piccolo neo sulla pelle,
che seppur indelebile, risulterebbe invisibile a un occhio poco
attento.
Varca
la soglia del Palazzo dell'Hokage e i suoi occhi, alla ricerca di un
viso conosciuto, incontrano quelli di Sakura.
L'illusione
si infrange contro quelle immagini, quelle sensazioni, che quelle
iridi rievocano nella sua mente. Sembrano essersi incastonate in modo
perenne all'interno della pupilla, come gemme antiche di cui non
è
più possibile stimarne il valore.
Sasuke
sarebbe disposto a pagare qualsiasi prezzo per estrarle e sollevarla
da quell'angoscia che ha spontaneamente condiviso con lui, da sempre.
Non
è stato lui a chiederglielo, eppure non può fare
a meno di sentirsi
in debito nei suoi confronti.
Sakura
alza timorosamente una mano, invitandolo ad unirsi a lei e agli altri
compagni dell'Accademia che attendono l'arrivo del nuovo Hokage. Nel
breve lasso di tempo che Sasuke impiega ad attraversare la stanza,
realizza che da quando ha fatto ritorno quella è la seconda
volta
che ha occasione di incontrarla. La prima volta risale al giorno
stesso in cui ha varcato i cancelli del Villaggio.
Nel
rivederla, prova una strana sensazione: un misto tra emozione,
imbarazzo e paura. Lei indossa un vestito sobrio, delicato, adatto
alla sua persona, e lui non può far altro che mascherare,
abbassando
il capo, un'involontaria smorfia: è strano vederla senza la
sua
uniforme.
«
Ciao, Sasuke-kun »
Sakura
arrossisce appena, portandosi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio:
una scusa per controllare, con un'occhiata furtiva, che non vi sia
nulla fuori posto. È terrorizzata all'idea che quel vestito
la
faccia sembrare uno spaventa passeri, che quella scollatura un po'
più accentuata rispetto ai suoi canoni, non mostri
più del dovuto,
e che riesca ad arrivare alla fine della serata con quelle scarpe
così scomode. In realtà, però, la sua
unica preoccupazione è che
quel vestito piaccia a Sasuke e lui, in un certo senso, lo sospetta.
«
Ciao » è l'unica parola che Sasuke riesce a
proferire prima
dell'arrivo del Settimo Hokage di Konoha.
•
«
Hai mai provato
la sensazione di avere un cappio intorno al cuore? » sussurra
Sakura, con una guancia poggiata sulle ginocchia e gli occhi chiusi.
Si è accartocciata su se stessa, cercando di creare una
barriera, un
guscio, in grado di proteggerla. Con la mano destra stringe il polso
sinistro creando un incastro perfetto, un sigillo coriaceo,
difficile da sciogliere, che tiene saldamente unite le braccia,
avvolte intorno alle gambe.
«
Fai fatica a
respirare e ti auguri che quello sia il peggio che possa accaderti...
ma è solo l'inizio. »
Sasuke
non vuole
ascoltare, vorrebbe scappare. Conosce molto bene la sensazione di cui
sta parlando Sakura, fa parte del passato, e lui non vuole
ricordarla.
«
Sta zitta! »
inveisce con ferocia, alzandosi dalla sedia e dirigendosi d'istinto
verso la porta.
«
Non puoi fare
niente per fermarlo » la voce della ragazza adesso
è chiara,
decisa. Ha alzato la testa e Sasuke riesce a sentire chiaramente i
suoi occhi sulla schiena, trafiggerlo come punte di spilli roventi
«
Sai di cosa sto parlando, Sasuke. Senti il sangue; lo senti sgorgare
dal petto, dagli occhi, dalle unghie e sai che non puoi fermarlo, che
continuerai a dissanguarti. »
«
Dannazione! »
ringhia. La mano destra si infila tra i capelli e li stringe fino
a che non prova dolore.
«
Mi hai chiesto tu
di dirti la verità » argomenta Sakura, in risposta
a quella
reazione del tutto prevedibile.
Sta
scappando, come
sempre, e lei è stanca di rincorrerlo.
Rimane
immobile.
Stringe solo un po' di più le gambe al petto, con un
movimento
impercettibile, per sopperire all'inevitabile sensazione di vuoto che
proverà quando Sasuke andrà via. Sa che nel
momento in cui lui
varcherà quella porta non potrà più
contare su una prossima
volta, che quando Sasuke prende una decisione difficilmente
ritorna sui suoi passi e valuta se sia opportuno compiere un ennesimo
gesto di cieca abnegazione per evitare che questo accada. Potrebbe
mettere da parte l'orgoglio, il desiderio di sbattergli in faccia
quanto lui l'abbia fatta sentire inutile; potrebbe abbassare la testa
e comportarsi esattamente come quella ragazzina che Sasuke riteneva
insopportabile. Sì, potrebbe farlo, ma a che scopo? Non
è neanche
del tutto certa del motivo che ha spinto Sasuke a presentarsi a casa
sua e a sollevare quella questione. Nella più rosea delle
ipotesi
può essere stato spinto dalla gelosia; nella peggiore, da
semplice
sadismo. E lei, per ovvi motivi, non osa sperare nella prima.
Lei
era certa di
aver frainteso quell'inaspettato gesto di affetto che lui le aveva
donato poco prima di partire. Lo aveva confuso con una promessa e su
quella aveva costruito un castello di carte fatto di aspettative,
speranze e sogni, troppo instabile per poter resistere
all'inesorabile scorrere del tempo che, mano a mano, lo aveva
distrutto partendo dall'apice.
E
quando anche
l'ultima carta era caduta sotto il peso delle altre, il dubbio che la
sua attesa sarebbe stata vana era diventato una certezza e aveva
iniziato a sanguinare. Era stato quello il momento in cui aveva
iniziato a provare lo spasmodico bisogno di sentirsi viva, amata,
ricercando l'unica persona che avrebbe potuto davvero aiutarla, darle
quello che desiderava.
Sakura
ripensa a
quei momenti e s'incupisce pensando al fallimento colossale di
quell'insana idea che non ha fatto altro che creare problemi,
incomprensioni e altra sofferenza. Lui si era
immolato
spontaneamente pur sapendo che non ci sarebbe stato un futuro, che i
suoi sentimenti per lei non erano più gli stessi, che vi era
un'altra nel suo cuore. Lo aveva fatto
perché la conosceva
meglio di chiunque altro e aveva compreso quanto profondo fosse il
dolore che provava e non poteva fare altro che aiutarla –
come
sempre. Anche in quell'occasione l'aveva difesa.
'Un'ennesima
disfatta.'
Quando
Sakura si era
resa conto dell'indiscutibile falsità di quel rapporto aveva
provato
ribrezzo verso se stessa e un cieco astio verso colui che l'aveva
ridotta a elemosinare quell'amore che lei sapeva di meritare.
Non
può perdonargli
l'umiliazione provata e, quindi, non ha intenzione di fermarlo.
'Che
se ne vada!'
urlano i suoi nervi che si snodano sotto la sua pelle come serpenti
tronfi di veleno, ma la sua volontà è un'altra:
scappare sarebbe
troppo facile... lei desidera fargli del male, anela di fargli
provare anche solo un decimo della sofferenza che ha dovuto patire a
causa sua. Non gliene importa niente di quel passato per il quale gli
ha sempre perdonato tutto, delle sue paranoie, dei suoi problemi, dei
suoi peccati. Per una volta, una sola dannatissima volta, vuole
essere lei il problema, il peccato, la paranoia, il passato che lo
perseguita.
Sasuke
è
combattuto. La nomina di Naruto è stato solo un pretesto per
ritornare. La decisione era ormai presa, ma la codardia ne aveva
procrastinato l'attuazione. Temeva di doversi abituare all'ennesimo
cambiamento, di trovarsi di fronte a qualcosa di completamente
opposto alle sue illegittime aspettative. Era conscio del fatto che
il tempo fosse passato per tutti, che ognuno avesse vissuto la
propria vita indipendentemente da quella dell'altro – dalla
sua –
ma la sua natura egoistica sperava che qualcosa fosse rimasto
immutato; qualcosa di cui aveva capito l'importanza. Ed era stato
fastidioso, nonché imbarazzante, il modo in cui Sakura,
invece, lo
aveva accolto. Lo sguardo sfuggente, il palese disagio, le parole di
circostanza: un atteggiamento plausibile nei confronti di un
estraneo.
Lì
per lì gli
aveva dato il giusto peso, ritenendo quel comportamento comprensibile a
causa del tanto tempo passato dall'ultima volta che si erano
visti, ma la costante latitanza della ragazza , nei giorni
successivi, gli aveva fatto sorgere il dubbio che quel qualcosa
avesse perso la sua intensità – che la
promessa fosse stata
infranta.
Era
stato
inghiottito da un buco nero proprio nel momento in cui aveva imparato
ad amare la luce. La brama di appurare che quello non fosse solo un
dubbio, ma un impietoso tradimento, era diventata, in breve tempo,
una ossessione. Si chiedeva chi fosse stato tanto temerario da
tentare una simile impresa: desiderava ucciderlo. Si domandava come
lei avesse potuto dimenticare tutto quell'amore che aveva sempre
professato di provare per lui: desiderava chiederglielo di persona e
sbatterle in faccia la sua volubilità. E rimpiangeva di non
essere
stato presente in quel frangente: sarebbe riuscito ad evitarlo.
Era
riuscito a
stento a controllare quel vortice logorante di pensieri con la
consapevolezza di essere stato lui stesso artefice di quell'ingrato
destino. La parte razionale che con tenacia cercava di far prevalere
su quella emotiva, lo aveva persuaso a non compiere gesti folli, a
prendersi le sue responsabilità, ad analizzare quello che
era
avvenuto quel giorno alle porte di Konoha e trovare, infine, un alibi
per Sakura: la promessa l'aveva fatta a se stesso.
Un giorno
sarebbe ritornato a prendersi il suo amore.
«
Non era mia
intenzione farti del male » le confessa, sforzandosi di
reggere il
suo sguardo con la speranza di scorgervi un briciolo di
pietà o
almeno la remota possibilità di un ennesimo perdono.
«
Me ne hai
fatto... me ne hai fatto così tanto che ormai è
dentro le mie ossa,
dentro la mia carne, respira con i miei polmoni. E anche adesso che
sei qui e potrei finalmente dirti quanto ti ho amato e quanto ti amo
ancora, le parole mi si fermano in gola e tutto quello a cui riesco a
pensare è che, dannazione, vorrei tanto non aver mai provato
niente
per te! »
Sakura
sbarra gli
occhi il più possibile per trattenere le lacrime che le
offuscano la
vista.
'
Non voglio
piangere ' prova ad imporsi, ma una stilla, traditrice,
scende
comunque a rigarle il viso e, percorrendo velocemente la guancia,
precipita sul braccio sinistro. Sasuke riesce a sentirne il rumore:
fa eco nelle pareti dei timpani, amplificandosi fino a diventare
assordante. D'istinto vorrebbe portare le mani a coprirsi le
orecchie, ma ben presto si accorge che l'angoscia racchiusa in
quell'unica lacrima ha già intossicato l'aria; serpeggia tra
le sue
gambe come un'ombra inquieta; accarezza la sua pelle, vi si insinua,
contaminando ogni cellula del suo corpo. Ormai è troppo
tardi per
scappare.
É
consolante
apprendere che i sentimenti di lei non siano mutati e non
può
biasimarla per l'ultima, infelice, frase che ha proferito a denti
stretti. Il suo sapore è amaro, più sgradevole
del senso di colpa
che può mutare, nella peggiore delle ipotesi, in una scialba
assoluzione. Il rimpianto può degenerare in un aspro rancore
che,
con il tempo, impedisce alla lingua di percepire altri gusti
più
piacevoli. Per esempio la dolcezza dello sguardo di un fratello nel
suo ultimo istante di vita.
«
Non avrei dovuto
lasciarti sola » sussurra, colpevole, sforzandosi di
trattenere
l'involontario tremolio della sua mano destra che anela di
infrangersi contro un muro, contro il pavimento, per dare sfogo alla
rabbia, alla delusione, per quel tradimento di cui è l'unico
e
indiscutibile responsabile.
«
No, infatti »
conviene Sakura, con pacato risentimento, poggiando di nuovo la
guancia sulle ginocchia non in segno di resa, bensì per
ritagliarsi
una breve pausa da quella recita grottesca di cui è
protagonista.
Gli attori sono sempre gli stessi, il dolore è sempre lo
stesso. É
diverso solo il contesto.
•
«
Sono contento
che tu sia venuto. » Naruto sorrideva con soddisfazione,
guardando
dalla finestra del suo nuovo ufficio il Villaggio che lo aveva scelto
come guida.
«
Non potevo
mancare. » gli aveva risposto Sasuke, stranamente rilassato.
Era
certo che la Foglia sarebbe stata in buone mani da quel momento in
poi.
«
Hai in
programma di restare? » gli aveva chiesto subito dopo l'amico.
«
Ancora non lo
so. In realtà non sono certo che questo sia il mio posto
»
«
Sempre le tue
solite cazzate, Teme. » aveva sbottato Naruto «
Sono passati due
anni e ancora non sei riuscito a levarti di dosso i tuoi stracci.
»
e non si riferiva, di certo, al suo abbigliamento.
«
Non avete
bisogno di me, qui. Sarei più utile altrove. »
aveva argomentato
l'Uchiha, confermando la tesi dell'amico.
«
Pensi davvero
che Lei non abbia bisogno di te? » Era stato fin troppo
semplice per
Naruto comprendere a chi si riferisse l'Uchiha, troppo orgoglioso per
andare dritto al punto, troppo pieno di sé per accettare
l'evidenza
dei fatti, troppo stupido per ammettere di essere lui ad aver bisogno
di Lei.
Sasuke
si era
voltato immediatamente per mascherare i muscoli del viso contratti e
si era diretto verso la porta.
«
Ci ho provato,
sai? Ho provato a sostituirti. » aveva dichiarato Naruto, con
una
nota di rammarico nella voce. Non era sua intenzione fargli del male,
né tradire Sakura, ma era riuscito a fermare Sasuke e
attirare la
sua totale attenzione.
«
Ma ho fallito. » aveva continuato, osservando nella vetrata
il
riflesso dell'amico e le sue spalle rigide, impercettibilmente
tremanti « Lei non ha mai voluto me e io ero ormai cosciente
di non
volere lei. Ma in questi anni ci siamo sempre sostenuti a vicenda. Tu
non puoi saperlo. Non c'eri. » Il "dito nella piaga" non
era strettamente necessario, ma Naruto sapeva di non avere molto
tempo a disposizione: Sasuke aveva sempre avuto una predisposizione
innata per la fuga, soprattutto quando si trattava di quei legami che
aveva avuto difficoltà ad accettare e che aveva
più volte tentato
di distruggere.
«
Non sto qui a spiegarti le motivazioni, credo che tu sia capace di
comprenderle da solo, ma a conti fatti penso che quell'assurda recita
sia riuscita solo a peggiorare le cose. É stato un errore.
» aveva
concluso, socchiudendo appena gli occhi azzurri, ritornando con la
mente a quei giorni, ormai lontani, in cui il desiderio di dare
sollievo all'animo tormentato di Sakura lo aveva spinto a mettere da
parte i suoi desideri, il suo amore, per adempiere a quella promessa
che le aveva fatto da adolescente, mentre Sasuke, alle sue spalle,
lasciava silenziosamente la stanza.
•
«
É ironico, non
trovi?» Sakura infrange l'opprimente silenzio.
Ha
un sorriso
sardonico, nascosto da un ciuffo roseo di capelli che ricade lungo la
guancia.
«
Per una volta mi
hai sopravvalutata... e io ho fallito »
É
una constatazione
pesante; riflette il disagio, il senso di inadeguatezza, che lei ha
tentato in tutti i modi di superare, pensando che in quel modo
avrebbe ottenuto la sua approvazione. Ha fallito miseramente,
è un
dato di fatto. Non è stata abbastanza forte da aspettarlo,
ha ceduto
alla necessità di ricevere almeno un po' di calore umano per
mantenersi quantomeno tiepida, per combattere quell'intenso freddo
che le faceva vibrare la pelle ogni volta che pensava a lui e al
fatto che non ci fosse certezza che lui tornasse.
«
Mi dispiace. Per
quanto io mi sforzi, non faccio altro che deluderti. »
conclude,
serrando gli occhi e con essi le lacrime che si era ripromessa di non
versare.
Sasuke
la ascolta,
la guarda, tace. Trova assolutamente ingiusto quel suo masochistico
mea culpa: un fiore, dopotutto, non ha bisogno di calore e di luce
per vivere?
Il
dilemma di sempre
ricomincia con prepotenza a intorpidire le certezze che ha costruito
in quegli anni: quel fiore può sopravvivere all'autunno?
La
risposta l'ha
davanti agli occhi, chiara come non mai. Vede i suoi petali
raggrinziti, lo stelo ricurvo su se stesso, e vorrebbe tanto avere la
forza di tranciarlo.
Non
può: l'autunno,
in fondo, non è mai stato troppo freddo. Potrebbe conservare
l'essenza di quel fiore sotto una coperta di foglie marce,
attendendo, paziente, l'arrivo della primavera successiva per vederlo
rifiorire.
'Stolto!
Non
potrà mai accadere' cerca di
persuadersi. Non può permettersi di ammettere che senza di
lei, non
vi sarebbe più un autunno, ma un gelido e grigio inverno.
« Ti sbagli! »
Di
nuovo le parole
fuoriescono inconsciamente. Sasuke scopre in esse una
spontaneità
che non credeva di avere, molto diversa dall'istintività
dettata
dalla rabbia o dall'odio. Dà voce a quei pensieri che
necessitano di
uscire da quell'ingarbugliata rete in cui vuole tenerli imprigionati
per il timore di mostrare una parte di sé troppo fragile,
emotiva,
che in pochi hanno avuto l'onore di conoscere.
«
Sì, hai ragione.
Ho sempre sbagliato. » sbotta Sakura, sciogliendo il sigillo
e
saltando in piedi. Si avvicina in fretta, troppo in fretta e Sasuke
indietreggia come intimorito. Non vuole averla così vicino.
« Ho
sbagliato con te, con Naruto, verso me stessa. Non avrei mai dovuto
riporre le mie aspettative in qualcosa che non accadrà mai.
E...
grazie! Grazie di essere qui per ricordarmelo!
»
'Fa
male, come
sempre'
Sakura
inizia a
capire, a intravedere l'elefante nella stanza(1)
.
Cerca
di ignorarlo, ancora, e cede al desiderio di toccare il viso del suo
amato, un'ultima volta. Allunga una mano tremante fino a sentire
sotto i polpastrelli la fredda pelle della sua guancia.
Lui
si scosta in modo brusco, come scottato da quelle dita morbide e
delicate. Non può ancora lasciarsi andare, non prima che lei
riesca
finalmente a comprendere che non tutto è perduto.
Sakura
schizza di nuovo sul divano, richiude il sigillo e abbassa il capo.
Si sente umiliata, ma allo stesso tempo, nel profondo del cuore,
prova un inspiegabile sollievo.
Ripartire
da zero, tabula rasa. Era questo a cui voleva arrivare Sasuke.
Vomitarsi
addosso tutto il rancore, farsi del male, anche fisico se necessario,
rinfacciarsi ogni mancanza.
Dolore
annulla dolore: Sakura non lo sta più odiando per quello che
le ha
fatto in passato, ma per quello che le sta facendo adesso. L'ha
costretta a gettare la maschera, ad ammettere di aver terminato la
riserva di pietà, a sfogare tutta la sua rabbia sull'unica
persona
che lo meritava da sempre.
«
Le persone vivono le loro vite aggrappandosi a ciò che
conoscono e
comprendono. » inizia a recitare Sasuke a bassa voce
« E la
chiamiamo "realtà". Ma "conoscenza" e
"comprensione" sono termini vaghi. La realtà potrebbe
essere un'illusione. Tutti vivono in base alle loro supposizioni.
»
«
Mpf! » esclama Sakura, scuotendo debolmente la testa
« E questo?
Che cosa significa? » gli chiede, credendo che quelle parole
siano
un vaneggiamento dettato dall'esasperazione.
«
Vuoi un esempio? » ribatte lui, mentre l'immagine della
katana
insanguinata, conficcata nella schiena di Itachi, compare come un
flash nella sua mente.
Sakura
annuisce con un breve gesto del capo, perplessa.
«
Il fatto che io sia qui a ricordarti che ciò in cui hai
riposto le
tue aspettative non accadrà mai, è una tua
supposizione. » le
spiega, scandendo bene ogni parola, in modo che non vi sia il rischio
che possa fraintendere.
Sasuke
ha la testa bassa, ma riesce chiaramente a percepire il momento in
cui il viso di Sakura si illumina per aver ottenuto una nuova
consapevolezza in grado di annientare ogni sorta di pregiudizio.
L'essere
umano, al momento della nascita, non è provvisto di un
bagaglio
innato di conoscenze. Solo grazie all'esperienza si formano la
personalità e l'intelletto. Ed è sempre
l'esperienza che condiziona
le scelte e aiuta a comprendere gli altri esseri umani.
Sakura
ha provato il senso di colpa derivante dal tradimento, ha compreso il
significato della gratitudine verso chi ha il potere di farti
ricordare ciò che hai perso e che pensi non potrai mai
più avere,
in ultimo ha sentito la sua
angoscia nel momento in cui gli è stata sbattuta in faccia
la
realtà.
Dell'elefante
non vi è più neanche l'ombra: lo ha guardato
dritto negli occhi,
gli ha sorriso e lui è magicamente scomparso.
Ciò
che è inciso sulla morbida cera può essere sempre
cancellato. A
volte rimane qualche segno delle incisioni fatte con maggior vigore,
ma è nulla in confronto alla possibilità di
riscrivere una nuova
pagina, migliore.
Sasuke
si avvicina e le si inginocchia di fronte. I loro sguardi si
sfiorano, comunicandosi a vicenda la medesima volontà di
incidere
insieme parole nuove.
La
sua mano destra si insinua tra le ginocchia di lei, che trema
sentendo le fredde nocche sfiorarle la pelle.
«
C-che fai? » gli chiede, con titubanza. Il suo stomaco fa una
capriola e le sue narici si impregnano del profumo di lui,
così
vicino, così reale.
Sasuke
non la ascolta, rimane concentrato per non abbandonarsi a quel
turbinio di emozioni che quel contatto gli sta provocando. Prova
gelosia, pensando a Naruto e a quante volte lui l'abbia toccata;
rabbia, verso se stesso; ma un'emozione, in particolare, fa fatica a
controllare, prevarica le altre e lo fa sentire leggero: è
l'estasi,
quella pace che lui ha tanto ricercato. Traspira dalla pelle nivea di
Sakura e penetra nella sua. La sente scorrere come una corrente
elettrica nelle vene, arrivare al cervello ed esplodere con tale
impeto da avere l'impulso di gettare indietro la testa e goderne fino
a sentir salire la nausea.
La
mano continua il suo percorso, giunge al sigillo e con una lentezza
estenuante inizia a scioglierlo, accarezzando prima le nocche rigide,
poi il dorso delle mani, fino ad afferrare con un gesto sicuro le
falangi.
«
S-Sasuke-kun?! » sussurra Sakura, impietrita.
Sasuke
si ferma, la guarda, la rassicura.
«
Ti libero. » le dice, semplicemente, incidendo le prime due
parole
sulla cera morbida, di nuovo liscia.
•
(1)
Elefante nella stanza:
è un'espressione della lingua inglese (Elephant in the room)
per
indicare una verità che, per quanto ovvia e appariscente,
viene
ignorata o minimizzata. L'espressione si riferisce cioè ad
un
problema molto noto di cui nessuno vuole discutere. L'idea alla base
è che un elefante dentro una stanza sarebbe impossibile da
ignorare;
quindi, le persone all'interno della stanza fanno finta che questo
non sia presente, evitando di affrontare un problema più che
palese.
[Fonte: Wikipedia]
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