Note della traduttrice :
Il fandom italiano è gravemente povero in
termini di fic Spideypool. Ho dovuto sopperire! Questa è una
traduzione autorizzata
di una fanfic estremamente famosa nel fandom (originale: qui),
divisa in due parti. Ho scelto di tradurre questo lavoro in primis per
la sua brevità, poi perché è raro
trovare un
Deadpool IC, e questo, a parer mio, lo è parecchio.
L'autrice si è ispirata a un mix di fumetti-MCU-Superfamily
universe, quest'ultimo accennato mooooolto
vagamente (nella traduzione è, tipo, invisibile XD).
E niente, spero che vi piaccia! Qualsiasi commento verrà
prontamente girato in forma privata all'autrice
originale.
Ed eccomi qui col secondo (e ultimo) capitolo. Ringrazio i recensori
(risponderò dopo, promesso!), i lettori e tutti coloro ai
quali è piaciuta anche un pochino questa storia.
Prossimamente pubblicherò alcune drabble che ho scritto
sulla ship, e sto pensando se tradurre o meno una long-fic. Vedremo. ^_^
Nel
frattempo, godetevi il capitolo!
Vedere il vero te stesso (non
è ciò che avevo immaginato)
-
2 -
Cambia tutto
Peter
aprì
lentamente gli occhi.
Davanti
al suo campo
visivo c'era un soffitto. Era un soffitto con cui non era familiare,
con macchie non familiari e privo degli adesivi di stelline brillanti
del suo soffitto a casa.
Brontolò,
sonnolento. C'era qualcosa di strano e sbagliato, in un certo senso,
ma in quel momento non riusciva a capire che cosa fosse
esattamente…
“Oh,
ehy. Sei
vivo.”
Gelò
al suono
della voce e voltò di scatto il viso.
Deadpool.
Era
nella stessa
stanza con Deadpool e il suo segno di ragno non si era attivato.
Era
nella stessa
stanza con Deadpool.
Deadpool,
che era
palesemente pronto a picchiarlo e ucciderlo nel sonno, qualcosa di
rosso e appiccicoso colava dalle sue dita… sangue, poteva
solo
che essere il sangue di una delle sue molte vittime indifese
o…
il sangue di Peter… merda, lo avrebbe…
Peter
aveva avuto
incubi che erano iniziati proprio in quel modo.
Saltò.
Non
aveva scelto razionalmente di muoversi, ma come al solito il suo
corpo reagì prima di avere il tempo di pensarci. Un secondo
era sdraiato sul divano, e il secondo dopo era accovacciato accanto
alla parete più lontana, respirando freneticamente.
“Wow,”
Wade strascicò le parole. “Sei veloce.”
Peter
scosse la
testa e cercò di ripulire la sua visione sfocata. Si sentiva
prossimo ad un attacco di panico. C'era qualcosa di sbagliato nel suo
corpo. Tutto sembrava così pesante e lento. Deadpool doveva
avergli fatto qualcosa. Doveva aver…
“Stai
lontano!” Ordinò. La sua voce risuonava ruvida e
si
interruppe a metà. “Metti le mani dove posso
vederle!”
“Amico,”
disse Wade, dimenando le dita “Le mie mani? Seriamente?
Perché
non ti preoccupi di quello che posso fare con le dita dei piedi? Per
non parlare dei denti.”
“Dove
sono?”
Domandò Peter. Iniziò lentamente a entrare nel
panico.
Dopo un breve sguardo in basso notò che stava indossando
soltanto una maglietta verde dall'aspetto poco familiare, che era
almeno tre taglie più grande per lui. “Cosa
è
successo? Cos'hai fatto? Dov'è la mia roba?
Stai…-stai
dove sei, non muoverti!”
“Sono
molte
domande, zuccotto. Vuoi che ti risponda in ordine cronologico,
alfabetico o completamente casuale?”
Peter
sbatté
le palpebre, e parte del panico defluì un poco.
Soprattutto
perché
Wade non si era ancora mosso dalla sua posizione.
Allora…
okay,
forse Wade non era esattamente pronto a colpirlo. Era stravaccato su
una poltrona, la maschera arrotolata verso l'alto che mostrava la
bocca e una striscia di pelle gravemente sfregiata. Stava mangiando
un taco, e il liquido rosso e appiccicoso sulle sue dita
era…
salsa?
Peter
iniziò
a sentirsi un po' meglio. E molto più stupido.
Ma,
sapete, si
trattava ancora di Deadpool e Deadpool era sempre
pericoloso.
“Dove
sono?”
Ripeté.
“Cosa
ti
sembra?” Wade inclinò il capo, apparendo curioso e
vagamente divertito. “Non è la Batcaverna, in caso
te lo
stessi chiedendo. Posso continuare a mangiare? Il mio taco si sta
raffreddando. E tendono a succedere brutte cose quando il mio taco
diventa freddo. Tipo persone che perdono arti e teste e cose.”
Peter
lanciò
uno sguardo sospettoso tutt'attorno.
Effettivamente
non
sembrava la 'Stanza sotterranea delle torture di Deadpool'. Era un
sollievo. Sembrava un appartamento abbastanza normale, un po' sporco
e disordinato, ma non peggiore della stanza di Peter a casa.
“Cosa
mi hai
fatto?” Chiese Peter, cercando di rimanere in piedi. La sua
testa vorticò.
“Sto
iniziando
a sentirmi decisamente poco apprezzato, Spidey. Sono l'eroe
della giornata! Non hai letto le note dell'autore?”
“Wade...”
“C'era
una
bomba – non affatto colpa mia – e un omino verde e
sgradevole su uno skateboard volante, che, comunque, fa molto
inizio anni novanta. Era decisamente il cattivo e tu eri, tipo, la
damigella bisognosa di un principe azzurro. Ed eccomi qui.”
Goblin
Verde.
Esplosione. Giusto.
Lentamente
riaffiorarono in lui pezzi di ricordi.
La
sua maschera…
Wade aveva visto la sua faccia!
Ricordò
l'odore di carne bruciata e si strozzò involontariamente. La
gamba…
Peter
trasalì
e divenne d'improvviso decisamente consapevole della sensazione
pulsante nella parte inferiore del suo corpo. Si costrinse a non
guardare in basso, decisamente convinto che non avrebbe
gradito
ciò
che avrebbe visto.
Wade
morse
nuovamente il suo taco.
Peter
lo fissò.
Ci
fu un momento di
disorientamento quasi vertiginoso, mentre il mondo raffazzonava
attorno a lui e cercò di trovare un punto fisso, qualsiasi
punto, che avesse ancora un senso. Non ce n'erano.
Era…
lì.
E faceva tutto male. E Wade era lì. E non aveva ancora
provato
a ucciderlo. Era sbalordito.
Forse
la sua mente
decise di entrare in corto circuito proprio in quel momento, non era
proprio sicuro di quello che era successo, ma un minuto era dritto in
piedi (okay, si stava appoggiando alla parete, ma era in una
posizione quantomeno verticale) e in seguito il mondo intero
sembrò
andare in tilt a partire dai suoi assi e stava cadendo… e
improvvisamente si ritrovò a sbattere contro un petto ampio.
Wade
lo aveva preso.
Per
un secondo la
sua visione si fece più scura attorno agli angoli e Peter
combatté per rimanere sveglio.
“Okay.
Inaspettato. Non ti facevo il tipo che sviene, ma ehy, va bene
qualsiasi cosa ti piaccia, suppongo. Non giudico mica.”
Peter
percepì
il borbottare basso della sua voce mentre parlava e poi
venne…
preso su e… no.
“Lasciami!”
strillò. Era tuttavia uno strillo virile. Molto virile. Per
nulla assomigliante a un cagnolino che stava per essere castrato.
“Abbiamo
già
giocato a questo gioco, non ricordi? Ti ho portato qui. Come una
principessina.”
“No!”
“Sì,
anch'io ero sorpreso. Ma una delle voci nelle scatoline gialle ha
insistito che fosse la cosa giusta da fare. Visto che, all'apparenza,
ultimamente sono un eroe. Cercherò di entrare nello
stereotipo, sai? Ho anche fatto scendere una gatta da un albero, di
recente. Le ho sparato.”
“…
non
dovresti sparare ai gatti.”
“Ehy,
l'ho
mancata. E lei è saltata giù. E vissero tutti
felici e
contenti, no?” Con più attenzione di quella che
Peter si
sarebbe aspettato, Wade lo ripose nuovamente sul divano.
Peter
si lamentò
un po' quando la sua gamba venne scontrata e sentì gli occhi
lacrimare. Trasalì istintivamente quando Wade gli
stuzzicò
il fianco con un dito.
“Dovresti
muoverti il meno possibile nei prossimi giorni… beh, ore, ma
sembra che abbiamo già superato la fase 'hamburger crudo'.
Guarisci molto in fretta. Efficiente. Non velocemente come me
medesimo, ma non è male per un baby-eroe.”
“Non
sono un
bimbo, ho...”
“Sedici
anni.” Disse Wade, e Peter chiuse la bocca,
perché
l'aspetto di Wade era intenso e improvvisamente serio. “Mi
hai
mentito. Due volte. Il che è pessimo per quello che dovrebbe
essere bravo ragazzo.”
“Io…
mi
dispiace, io...” Peter si fermò. “Che
cazzo? Non
devo scusarmi con te. Non mi dispiace. Non sono affari tuoi.”
“Tuttavia,”
esclamò Wade, che sembrava quasi arrabbiato. “Ti
chiami
Peter Parker, hai vinto il cazzo di primo premio per un dannatissimo
progetto scientifico l'anno scorso per il tuo dannatissimo liceo, e
sei un sedicenne, cazzo.”
“Ma
tu come…?”
Improvvisamente, sentì la bocca asciutta.
Deadpool
conosceva
il suo nome. Era anche peggio della faccia. Era parecchio improbabile
che Deadpool lo avrebbe incontrato, e non lo avrebbe sicuramente mai
riconosciuto in mezzo alla gente, ma conoscendo il suo nome…
Conoscendo
il suo
nome avrebbe saputo sempre dove trovarlo.
“So
che pensi
che io sia tutto muscoli e niente cervello, ma so
come cercare
informazioni su qualcuno.”
“Non
puoi
dirlo a nessuno. Mai!”
Wade
lo sapeva. Wade
lo sapeva! Wade, che non riusciva mai a stare
zitto! Peter
grugnì fra sé e sé.
Gesù
Cristo.
Non
sarebbe dovuto
accadere. Neanche i suoi genitori sapevano che era Spiderman.
“Tu
il mio
nome lo conosci.” Wade puntualizzò.
“Tutti
lo conoscono! È diverso!”
“Forse.
Forse
no.”
Peter
tacque per un
momento. “Ho quasi diciassette anni. Mancano due mesi. Non
conta.”
“Col
cazzo che
non conta.” Ma non c'era vera e propria rabbia fra le sue
parole.
C'era
qualcosa che
non andava. Qualcosa non andava in Wade, o forse non è che
non
andava (per quanto non ci fosse mai qualcosa che andava
in
lui), ma era… strano, in un certo senso. Si comportava in
modo
diverso dal solito, docile e quasi trattenuto. Solo un po', ma
abbastanza per far sentire Peter a disagio nella propria pelle.
“Cosa?”
disse.
“Cosa
cosa?”
replicò Wade.
“Cosa
succede?”
“Nella
mia
testa? Molto. Non puoi neanche immaginare tutte le scatole gialle che
continuano a interrompere il mio monologo interiore, che è
pure abbastanza profondo e importante. Nella realtà?
Probabilmente non molto. Dev'essere colpa tua. Non sei comunque un
tipo da festa.”
“No,
intendo...” Peter si fermò e passò la
lingua
sulle labbra, insicuro su cosa dire. “Perché
è un
problema così grosso, per te?”
Wade
lo guardò.
“Indovina un po'.”
“Non
è
che ti importi di chi combatti!” Disse
Peter esasperato.
“Non dirmi che improvvisamente hai sviluppato una
coscienza.”
Wade
rimaneva zitto.
“Non
cambia
nulla.”
In
un unico, fluido
movimento che era più veloce di qualsiasi cosa Peter avrebbe
potuto prevedere, Wade attraversò lo spazio fra loro e gli
afferrò la maglietta. Peter cercò di alzarsi, ma
la
mano sul suo petto lo spinse nuovamente giù. L'altra mano
puntò verso il volto di Peter. Dita forti strinsero il suo
mento e lo forzarono ad alzare la testa. Si agitò e
annaspò,
più per la sorpresa che per il dolore.
La
stretta attorno
al suo volto si fece più solida e improvvisamente la
maschera
di Deadpool era vicinissima, troppo vicina al suo viso.
“Cambia
tutto.”
Peter
sentì i
propri occhi spalancarsi.
Wade
lo fissò.
I
polpastrelli
stavano affondando nelle sue guance e Peter si immobilizzò,
sentendosi improvvisamente travolto e sopraffatto senza alcuna via
d'uscita.
Wade
passò il
suo pollice sul labbro inferiore di Peter, la maschera solitamente
espressiva ora impassibile.
“Lasciami
stare,” Disse piano Peter, la gola secca. “Devi
lasciarmi
andare. Devo tornare a casa.”
Per
secondi che
sembrarono ore Wade non si mosse. Il suo corpo massiccio spinse
contro Peter e avrebbe dovuto fargli male, ma era troppo intontito
per sentire qualsiasi cosa. Stava succedendo qualcosa che lo faceva
sentire come se non avesse afferrato il significato di almeno
metà
conversazione.
Improvvisamente
la
presa sul suo volto svanì e in un battito di ciglia il peso
su
di lui era sparito. Peter respirò sonoramente. Una parte di
sé
sembrava quasi stordita dal sollievo. L'altra si sentiva come se
avesse ingerito qualcosa di bollente.
“Vattene,”
disse Wade senza guardarlo. Aveva la schiena rivolta verso Peter, le
spalle
rigide e quasi difensive. “Penso che tu abbia trascorso fin
troppo tempo in mia compagnia. I crossover dopo un po' diventano
noiosi. Tieniti la maglietta. Il verde proprio non mi dona.”
Peter
se ne andò.
Ma
lungo la strada
del ritorno la voce di Wade continuava a risuonare nella sua testa.
'Cambia
tutto...'
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