L'autunno singhiozza sotto i passi che spezzano i rami secchi e ne scoprono la malattia segreta. L'autunno cerca rifugio nella luce fioca delle case spossate dagli impegni, dalla prima condensa nelle docce. Lo accoglie il lamento di un asciugacapelli, l'alito caldo di una cena solitaria e il palinsesto televisivo, fitto di programmi, per compensare la medesima solitudine.
Un altro pasto è conservato nella pentola del riso e attende le mani impregnate di nicotina. La signora Yumi sorride a pensare al marito sbadato che ha sposato, schiavo del fumo e del fiuto da detective. Sua madre glielo diceva: "Prendi lui e prenderai anche il suo lavoro". Volta lo sguardo e le mani stringono il grembiule da cucina, mentre osserva la porta chiusa dello studio di Tatsumi. Lì dentro si agitano le urla di tante anime strappate ai loro cari con una morte violenta. Uno spiffero di freddo le penetra la carne e gira il coltello, insinuandosi nel suo terrore di restare sola, di perdere Tatsumi sul lavoro. Per la casa rimbalza il silenzio di una famiglia senza figli e Yumi carezza il grembo gelido, la sua pelle floscia di rana, che fissa la vita scorrere da uno stagno ingrossato dalle piogge fangose. E contempla, gracidando nel solito sguardo neutro, i movimenti che agitano strade e palazzi, mentre la sua vita diventa un lumicino più indistinto, uguale a tanti altri.
Il campanello la chiama e la vince un immediato sollievo al pensiero di un abbraccio. Non nota la finestra aperta: è l'ondata di calore della menopausa, che le scalda il volto, a ingannarla. Di fronte all'uscio, si dà un contegno e sistema gonna e spalline. Dallo spioncino, il pianerottolo le rinfaccia uno sguardo di troppo, desolato e buio. Una mano estranea le soffoca il primo urlo: un pugnale le morde il fianco e i talloni scalciano e battono il pavimento in legno.
La vita è una foglia che non sa dire addio al suo ramo: e il vento, senza un perché, la stacca e vi gioca un po'. E la foglia, che conosceva solo il sussurro delle altre sorelle, impara la crudeltà della terra e cade, senza gambe che la raddrizzino; cade, mentre l'albero curva invano la chioma e ne osserva la fine.