WARNING!
Abbiamo iniziato a
scrivere questa storia un mesetto fa, molto prima che la Dontnod
rilasciasse Polarized (uscito due giorni fa): pertanto, oltre a qualche
somiglianza (del tutto casuale), troverete tante cose diverse e che
abbiamo solo potuto ipotizzare durante la stesura della shot, ma
speriamo comunque che questo What If? possa
piacervi.
Detto ciò,
vi auguriamo buona lettura!
Mana Sputachu
& Subutai Khan
****
"E il vincitore
è... oh, che shock! Victoria Chase!"
"Oh mio dio!"
Oh sì, un
vero shock. Such surprise. Mi chiedo se anche il resto dell'accademia
che ora l'applaude sia genuinamente incredula o semplicemente finga
bene.
"...e vorrei dedicare
questo premio a Kate Marsh, la vera Everyday Hero della Blackwell.
Spero che torni presto. Grazie!"
Non riesco a non
inarcare un sopracciglio, domandandomi se sia una recita anche questa.
"Wow, Victoria ha
vinto. Che sorpresa. Non posso credere che abbia cercato di ricattare
Jefferson... " borbotto tra me e me. "No, non è vero. Ci
credo eccome."
"Sai chi se ne fotte"
ringhia Chloe accanto a me, "Rachel è comunque morta. E io
voglio solo prendere Nathan a calci in culo. Adesso."
Annuisco, dirigendomi
insieme a lei verso l'uscita: "Anch'io. Andiamo a controllare i
dormitori!"
Siamo a pochi passi
dall'auto, quando Chloe si ferma di botto.
"Cosa c'è?"
chiedo, e noto che ha il cellulare in mano: "Nathan. Mi ha appena
mandato un messaggio."
Mi avvicino e leggo il
testo:
Sono
felice che tu abbia dato un'ultima occhiata a Rachel, perché
nessuno la troverà più dopo che avrò
finito.
Io e Chloe ci
scambiamo uno sguardo allarmato.
"Merda... dobbiamo
andare alla discarica, ora!" urla, correndo verso la sua auto.
Il mio primo istinto
sarebbe di seguirla ma... è la cosa giusta da fare?
Andare dalla polizia
sarebbe la soluzione più logica, ma non ci crederebbero
mai... e se chiedessimo aiuto a David?
"Max!"
Il tempo stringe, e io
non so cosa fare.
*
“Avanti
Max, non stare lì impalata come uno stoccafisso! Andiamo!
Dobbiamo fermare quel pazzo!”.
Zitta
Chloe, stai zitta un attimo.
Sto
cercando di capire se ci stiamo per gettare a peso morto dentro il
Monte Fato.
Insomma,
per mezza giornata e oltre Nathan sparisce e improvvisamente se ne
salta fuori con un messaggio del genere… che puzza
terribilmente di trappola per pesciolini ingenui?
Mi
tornano alla mente le parole di Joyce: “Spero che tu possa
essere una buona influenza per Chloe”.
Ecco,
quale momento migliore per dimostrare che la sua fiducia in me era ben
riposta?
“Va
bene, visto che come al solito mi dai buca nei momenti più
importanti andrò da sola”.
Oh
no, non ci provare. Stavolta il pistolotto del senso di colpa non
funziona.
La
trattengo per un braccio proprio mentre sta per riprendere la marcia.
“Chloe,
un attimo”.
“Che
cazzo vuoi, Max? Mi stai facendo perdere tempo prezioso!”.
“Vuoi
fermarti mezzo secondo a riflettere, per l’amor del cielo? Ti
pare normale che Nathan si faccia vivo solo adesso, dopo che alla festa
nessuno sapeva dove fosse?”.
“Cosa
vuoi che me ne fotta! Il bastardo sta andando a manomettere le prove
che lo incastrano!”.
Respira
Max, respira. Per te e per la tua avventata amica.
“Non
è vero, c’è sempre il bunker con le
foto! Inoltre, pensa a quanto sappiamo. Nathan dove cavolo la trova la
lucidità di fare tutto questo se nell’ultima
settimana era più drogato di un cavallo, o comunque
palesemente fuori di testa? E poi abbiamo noi il suo
cellulare”.
“È
un fottuto Prescott, userà i cellulari come carta
igienica!”.
“Chloe,
non ti posso permettere di andare. Non così a testa bassa.
Se anche fosse davvero Nathan… ti pare furbo andare ad
affrontarlo al buio sole io e te? Sai bene che ha una pistola e non ha
paura ad usarla!”.
“Perché,
questa cos’è? Uno stuzzicadenti?”
sbraita facendola volteggiare davanti alla mia faccia.
“D’accordo,
ma siamo noi ad andare nella tana del lupo. Chi o cosa gli
può impedire di prenderci alle spalle e riempirci di piombo
prima che noi ci si accorga di nulla?”.
“Maxine
Caulfield, se non sei con me… sei contro di me. Hai tre
secondi per decidere”.
Ecco,
l’ha fatto. Oltre al mio odioso vero nome…
l’ultimatum.
Questo
è stato un errore da parte tua.
Senza
controllo cosciente la mia mano si muove da sé e impatta con
la guancia sinistra di Chloe. La forza non è eccessiva ma il
gesto è grave.
“Non
ti devi azzardare mai più a mettermi con le spalle al muro
in questo modo, Price. Io sono dalla tua parte e non dovrei essere qui
ora a ribadirlo per l’ennesima volta, lo dovresti sapere
benissimo da te. E proprio perché sono dalla tua parte sto
cercando di impedirti di commettere una gigantesca stronzata che
potrebbe costarti la vita! Chloe, io… io ti ho vista morire.
In più di un’occasione. Se mi vuoi davvero bene, e
al contrario tuo io non lo metto in dubbio, risparmiami la
possibilità di vederti un’altra volta per terra
con un proiettile in pancia. Per favore…”.
Si
tiene la parte offesa, sconvolta dalla scenata.
Io…
temo di aver esagerato. Ma è troppo egoista e troppo idiota
da parte sua pretendere che la segua scondinzolando come il vecchio
Pompidou.
“Porca
eva” riprendo “il tuo patrigno è un ex
marine, o un ex berretto verde. O quel cazzo che è. So
perfettamente che non lo sopporti e non mi sento neanche di biasimarti
per questo, ma perché non rivolgerci a lui per un
po’ di protezione extra? Oppure… che ne so,
qualcuno che possa guardarci le spalle. Lo sto dicendo per il tuo bene,
brutta cretina che non sei altro! Come puoi non capirlo?”.
Un
passo indietro. Lacrime che mi salgono.
L’ho
ferita. So di averla ferita.
Ma
non me ne pento.
Se
si sente ferita vuol dire che è viva.
Cerco
di addolcire il tono quando riprendo a parlare: “Chloe,
scusami. Sono andata un po’ troppo oltre e lo schiaffo potevo
evitarlo. Ma mi è sembrato il modo migliore per bloccare
l’accelleratore che stavi schiacciando a tavoletta. Chiamalo
quinto senso e mezzo, chiamalo intuito femminile, chiamalo
Rosebud… ma mi sto convincendo che è una
trappola. Non trovo altra spiegazione logica per una mossa
così insensata da parte sua. Che amica sarei se ti
permettessi di andare a gettarti in questo modo sconsiderato nelle sue
fauci? Capisci che sei tu la mia prima preoccupazione in questo
istante? Capisci che il mio remarti contro ha come unico scopo la tua
salvaguardia?”.
E
niente, scoppio a piangere come una bambina.
In
questo istante emergono sensazioni che nel corso degli ultimi giorni ho
tenuto al guinzaglio dentro di me: tutto il dolore che ho provato
quando è ripetutamente stramazzata senza vita di fronte a
me; l’angoscia che anche una semplice ombra sapeva, e tuttora
sa, suscitarmi; quell’orribile presentimento che io e lei
saremmo finite a fare compagnia ai vermi o, in alternativa, ingoiate
intere dal tornado.
Pensieri
allegri.
Ho
represso tutto, cercando di nasconderlo sotto al tappeto. Ora che
però il suo scarpone ci ha camminato sopra con la grazia che
la contraddistingue, la polvere è stata sparata fuori.
“M-Max…”
è tutto ciò che riesce a dire. Nei suoi occhi
leggo rimorso, perché ha lo stesso sguardo che mi ha rivolto
in ospedale poco prima che andassi a trovare Kate.
Forse
l’ho convinta, ‘sta testona.
Abbassa
la mano.
“Sono
io a dovermi scusare. Come al solito mi sono fatta prendere dalla
fretta, me e questa mia maledettissima fretta. Nessuno prima
d’ora aveva avuto l’ardire di rifilarmi una sberla
pur di costringermi a starlo a sentire, e quel che hai detto e come
l’hai detto dimostra oltre ogni ragionevole dubbio che non
stai mentendo e che davvero sono la prima delle tue preoccupazioni.
Questa… è una cosa bellissima da parte tua,
Max”.
E
va bene, l’abbraccio te lo meriti.
GLOMP.
“Chloe
*sniff*... grazie… finalmente *sniff*... hai
capito…”.
“Non
sarei Chloe Price se prima non ti facessi sbattere cinque o sei volte
la testa contro un muro, d’altronde”.
“Ostinata…
come *sniff* sempre…”.
“È
per questo che ti piaccio, no?”.
“...”.
Non
farmi domande equivocabili quando sono così emotivamente
fragile, cacchio.
“Avanti”
dice poi con un cipiglio sicuro ma più posato
“andiamo dal mio adorato idiotrigno”.
Eh?
Alzo
la testa, incontrando puntualmente i suoi occhi.
“Sei
*sniff* sicura di volerlo fare? Ci sarà qualcun altro
*sniff* che…”.
“Non
posso negare che, per quanto mi stia sulle palle, in una situazione del
genere è la nostra opzione migliore. David Madsen
è sicuramente la persona più adatta per coprire
due adolescenti che giocano alle detective”.
Sorride.
Il
peggio è passato.
Sono
fiera di me stessa. Sento di aver fatto la cosa giusta.
*
"Andiamo Max, muoviti!"
"Shhh! Vuoi farti
sentire da Nathan?"
"Lo sa già
che siamo qui!" e sprinta verso la tomba della povera Rachel,
lasciandomi indietro ad ansimare. Lo so anche io che è qui,
ma sarebbe comunque il caso di non annunciarci in maniera
così plateale, ti pare?
Peccato mi manchi il
fiato per inseguirla e dirglielo.
Mi fermo un secondo a
riprendere fiato, davanti al piccolo rifugio di Rachel e Chloe... e,
per qualche strano motivo, sento di dover entrare. Non so
perché. Sarà il mio senso di ragno.
"Max! Ti muovi?"
No ma fatti sentire
fino in città, eh?
Le faccio cenno di
sì, ma prima voglio dare un'occhiata lì dentro.
Mi faccio luce con il cellulare e mi guardo attorno: tutto è
come l'abbiamo lasciato, le cianfrusaglie di Rachel, le bottiglie
vuote, le scritte...
Oddio.
Mi volto verso la
scritta Rachel era qui, a cui avevo aggiunto un Anche Max era qui.
Qualcuno ha coperto
era con una x rossa, sostituendolo con è.
E i nostri nomi -
Rachel, Chloe e Max - cerchiati in rosso, con il messaggio Morirete qui.
Senza pensarci due
volte mi fiondo fuori e raggiungo Chloe, accovacciata accanto al loculo.
"Ok, è
ancora qui..." sospira, visibilmente sollevata.
Mi guardo attorno, di
Nathan neanche l'ombra. Non so se questo sia un bene o un male. Poi lo
sguardo mi cade sul corpo.
"Chloe... non
guardare."
"Eh?"
Non faccio in tempo a
rispondere perché qualcosa mi punge sul lato del collo.
"Max, no!"
Il mondo comincia a
girare attorno a me, e le gambe cedono: tutto ciò che riesco
a vedere è Chloe alzarsi di scatto e puntare la pistola a
qualcuno.
E poi cadere a terra,
con un buco in fronte.
Vorrei urlare il suo
nome, disperarmi e riavvolgere il tempo ma non riesco a fare niente di
tutto questo: la mia bocca emette solo mugolii e la mano non obbedisce.
Posso giusto voltare
lo sguardo verso l'intruso.
"Mr. Je... Jefferson?"
Tutto il resto
è buio.
Quando riapro gli
occhi una luce bianca mi acceca.
Mi ci vuole un po' per
mettere a fuoco l'ambiente, ma quando ci riesco vengo colta da un senso
di nausea.
La Dark Room.
Il mio primo pensiero
è alzarmi ma il mio corpo non risponde; a malapena riesco a
girare la testa e biascicare qualche parola.
"Ah, vedo che ti sei
svegliata."
Una voce familiare.
Jefferson.
Mi volto per quanto la
posizione me lo consente ed è lì, davanti alla
scrivania: è di spalle, ma lo vedo armeggiare con quella che
mi sembra una siringa e... flaconi.
"Hnn... hmm..."
"Buona, Max, buona"
commenta, senza neanche voltarsi. "Non costringermi a drogarti ancora,
non voglio" prosegue, rimuovendo l'ago dalla boccetta. "Non ancora."
Dopo di che posa la
siringa sul tavolo e mi si avvicina, osservandomi dall'alto.
"Non volevo dover
arrivare a tanto Max, credimi" sospira, e sembra quasi... dispiaciuto?
Scuote la testa: "Ma
tu sei così testarda, così... ficcanaso! Te
l'avevo detto di non immischiarti troppo, no? E invece tutte quelle
domande su Kate... e Rachel" sussurra, rimanendo in silenzio per
qualche secondo. Poi: "Lei non sarebbe dovuta morire, sai. Non era mai
successo, nessuna di voi doveva farsi male."
Voi...? Significa che
ero in lista anche io, dopo Victoria?
La sola idea mi fa
vomitare, ma il mio corpo si rifiuta di fare anche questo. E da un lato
è un bene, sono così intontita che soffocherei
nel mio stesso vomito. Yuck.
"Ti assicuro che non
ti avrei torto un capello" continua, immerso com'è nel suo
soliloquio, "solo qualche foto artistica e saresti tornata a casa tutta
intera. D’altronde sono un creativo, io, mica uno psicopatico
da quattro soldi. Magari ti avrei fatto qualche foto assieme alla tua
amica punk, se solo non fosse stata così aggressiva... e
invece ora devo occuparmi di un altro cadavere." sbuffa infastidito.
Improvvisamente mi
torna alla mente l'immagine di Chloe stesa per terra in un lago di
sangue.
Oddio, oddio...
fa’ che sia ancora in tempo...
Ma ho le mani legate,
in senso letterale. Evidentemente quel pazzo di Jefferson non si fida
troppo dei suoi intrugli.
Dio, fa male pensare
che lo ammiravo così tanto... mi sono iscritta alla
Blackwell per lui, dannazione!
No, niente rimorsi.
Non per lui. Ho altro a cui pensare.
Mentre Jefferson
è immerso nel suo monologo da super cattivo dei fumetti
cerco in ogni modo di liberare le mani ma sono legate troppo strette.
Provo allora a riavvolgere, e sperare in un miracolo: per un attimo la
realtà attorno a me vacilla, ma è solo un istante
e poi tutto torna normale. Sono ancora troppo debole.
Ma se non mi sbrigo
sarà troppo tardi.
E Chloe... Chloe...
“Mi spiace
davvero Max, sai? Non scherzavo quando ti dicevo che eri tra i miei
migliori studenti.”
Cos’è,
prendi per il culo adesso?
Poi il suo cellulare
squilla. Si volta verso di me, poi si allontana per rispondere:
“Ti avevo detto di non chiamare!”
Purtroppo non riesco a
sentire la voce del suo interlocutore, ma lui sembra decisamente
alterato.
“Ho tutto
sotto controllo, sì. Smettila di darmi ordini, non sono tuo
figlio.”
Figlio? Sta parlando
con Sean Prescott?
“Nathan?
Tranquillo, lui sta bene.”
Non so
perché, ma quella frase mi gela il sangue, e un dubbio
terribile mi assale… poi noto sul divano una cosa che avevo
visto prima.
Una giacca rossa, come
quella di Nathan.
Oh merda…
anche lui…?
Comincio
istintivamente a dimenarmi, approfittando del suo momento di
distrazione: lo scotch sui polsi non sembra venir via e
l’unica cosa che ottengo è la maglia che mi si
solleva e dei fazzoletti che cadono dalla tasca.
Un momento.
Insieme ai fazzoletti
c’è qualcosa di familiare, una polaroid. Quella
che aveva scattato Warren, poco prima di entrare al party del Vortex
Club…
Forse…
Cerco in ogni modo di
avvicinarla a me, sperando di avere abbastanza tempo.
E che soprattutto
funzioni.
Funzionerà.
Deve funzionare.
Non accetto che
Chloe… Chloe… o santo cielo…
Cazzo. Cazzo. Cazzo!
DEVO farcela.
Quando ormai sono a
pochissima distanza dalla foto, con Jefferson che per fortuna continua
a darmi le spalle…
FLASH.
Vedo me e Chloe,
abbracciate. E mi vedo come se fossi un’altra persona.
FLASH.
Poi sono di nuovo
nella Dark Room.
Che… che
è successo?
Ah, ma bene. Sento il
naso sanguinarmi.
Zitta Max, non
distrarti.
Devi raggiungere
quella maledetta foto.
Striscia. Soffri.
Ignora la sensazione di intorpidimento. Ignora il naso che perde.
Ignora la paura di farti beccare e probabilmente ammazzare per
direttissima.
Questo è
più importante di tutto il resto.
Dopo quella che mi
sembra un’eternità, e che invece probabilmente
sono stati non più di quaranta secondi, ci riesco.
Sto osservando la mia
faccia e quella di Warren, una coppia di poveri ingenui che non sanno
nulla.
E la magia si attiva
da sola.
*
“Max,
toglimi una curiosità”.
“Dimmi,
Chloe”.
“Hai
pensato a cosa dovremmo dirgli?”.
Ehm.
Bella domanda, socia.
Solo
in questo momento realizzo le reali implicazioni della mia trovata.
Presentarci
davanti alla porta di David e parlargli di questo nostro piccolo
problemino… significa dover confessare che siamo andate a
ficcanasare nei suoi dossier. Più di una volta. E ho come la
vaga, vaghissima idea che questo si ripercuoterà in maniera
leggermente negativa sulla vita casalinga di Chloe.
Ancora
che non sono intervenuta contro di lui ieri, quando a casa Price
è scoppiata quella baruffa. Se lo avessi fatto non so da
quale parte del corpo avremmo tirato fuori la faccia tosta di farci
vive adesso.
“Dal
culo. E da dove sennò?”. Grazie, Chloe che vive
nella mia testa. Mi mancava la precisazione.
Oh
senti, è vero che non ci siamo comportate in maniera proprio
correttissima nei suoi confronti. Ma qua si parla di vita o di morte,
mie e della sua figliastra.
In
questi ultimi giorni, contro il comune buon senso, ho sviluppato la
bizzarra teoria che David sia sincero quando dice che a Chloe ci tiene
e che vuole solo il suo bene.
Quindi,
sempre che non abbia preso un granchio clamoroso, mi piace pensare che
sia disposto ad aiutarci comunque.
“Ebbene,
Mad Max? Aspetto una tua mirabolante risposta”.
“Perché
non ti preoccupi di guardare la strada mentre guidi questa
carretta?”.
“Mi
preme ricordarti che la carretta è ciò che ti ha
salvato le chiappe mentre Nathan stava facendo a pezzi il tuo
spasimante”.
“Beh,
non posso negarlo…”.
Per
un attimo ho avuto l’impulso di fare una battuta di cattivo
gusto sul fatto che la carretta era parcheggiata in maniera barbara
nella zona riservata agli handicappati. Lei non avrebbe capito dove
stava il cattivo gusto, ma io sì. Fin troppo bene.
So
che dovrei risponderle, e appena me ne sentirò in grado lo
farò. Ma non posso fare a meno di pensare a quella Joyce e a
quel William che hanno trovato il corpo senza vita…
Shush.
Non distrarti.
“Temo”
prendo parola senza alcuna esortazione esterna “che saremo
obbligate a dirgli come siamo giunte al punto in cui siamo. Il che
significa dovergli spiegare da dove abbiamo ricavato le informazioni.
Tutte le informazioni”.
“Tutte?”.
“Tutte.
Se vogliamo assicurarci la sua assistenza penso non sia il caso di
nascondergli nulla. E comunque è facile che, se anche
evitassimo di parlarne, ci possa arrivare da solo. A meno che Arcadia
Bay non pulluli di investigatori privati che pedinano tutto e
tutti”.
La
voce di Chloe si alza di qualche decibel: “Ti rendi conto che
questo mi mette in un bordello senza fine? Non potrò
più neanche respirare in santa pace là
dentro!”.
“Sì
che me ne rendo conto, e mi dispiace. Non era previsto. Ti chiedo
scusa”.
Prende
un sospiro profondo prima di rispondermi: “...non fa nulla.
Ho deciso di darti retta e sono disposta a pagarne le conseguenze.
Almeno per oggi eviterò scene madri, gelosie assortite e
tutto il carrozzone delle stronzate da egoista che mi contraddistingue.
Oggi guidi tu”.
“Veramente
sei tu al volante al momento…”.
“Cretina”.
Oddio,
quant’è bella la risata di Chloe. Me
l’ero quasi dimenticata.
“Ohi.
Max, il tuo naso!”.
Che
ha il mio naso? Starà mica ancora…
Eh
sì. Sanguina.
FLASH.
Sto…
sto strisciando per terra. Mi sembra di avere le gambe legate con del
nastro adesivo.
FLASH.
“Uoh.
Max, stai bene? È ancora come martedì?”
chiede Chloe inchiodando il furgoncino.
“Tutto…
tutto ok. No, non è come martedì. M-Mi sento solo
un po’... scossa”.
Ci
vogliono un paio di minuti ma riesco a convincerla a proseguire, che
abbiamo comunque poco tempo.
BEEEP.
“Max,
guarda tu il mio cellulare per favore”.
Eseguo.
Ah,
quindi non ti interessa della tua amichetta? Bene.
“Nathan…”
“Cosa?
Cosa dice quello stronzo?!”
“Guarda
la strada!” le urlo, tornando a guardare lo schermo del suo
cellulare: “Credo… credo che sia alla discarica,
da Rachel-ARGH!”
Quella
pazza frena di botto e quasi non finiamo fuori dal parabrezza.
“Non
avevi detto niente scene madri?!”
“Dobbiamo
tornare indietro!”
“No!
Dobbiamo andare da David, ricordi?”
“Ma
se non andiamo adesso quel bastardo potrebbe far sparire
Rachel!”
...un
punto per te, Price.
La
situazione è critica e tanto per cambiare non so che pesci
prendere.
*
Quando la testa smette
di girare mi accorgo di essere nel cortile della Blackwell.
Ce l’ho
fatta. Max the Ninja alla riscossa, anche se continuo a girare come in
quella vecchia canzone dei Dead or Alive…
“Solo una
foto per i poshteri… *hic*! Shento che il mondo potrebbe
finire shtashera… hic!”
Il flash mi acceca per
un secondo, poi un Warren ubriaco mi restituisce la polaroid e la foto
appena scattata: “Scushate, sono una shpina nel
fianco… ma volevo comportarmi da shtudente normale, per una
sera… *hic*!”
Caro Warren, se solo
sapessi quanto prezioso si è rivelato il tuo desiderio di
lasciare un ricordo di questa serata.
Lo lascio a biascicare
cose insensate (ma neanche tanto) e mi fiondo verso Chloe, che sta per
varcare la soglia del Vortex Club.
“Chloe,
aspetta!”
“Cosa?
Voglio pestare Nathan a sangue, ora.”
La afferro per un
braccio: “Non possiamo! Non è stato lui!”
“Cosa…
?” sussurra, guardandomi sconcertata. La tiro via
allontanandola dalla porta e da possibili orecchie indiscrete, poi
abbasso il tono di voce: “È stato
Jefferson.”
“Eh?!”
urla, ma le tappo al volo la bocca. I presenti penseranno che stiamo
facendo chissà cosa… oh, beh. Un bacio
c’è già stato… no ok, Max.
Concentrati.
“Come…
come diamine…?” balbetta, ma la interrompo prima
che lei interrompa di nuovo me: “È già
successo. Ci ha attirate alla discarica usando il cellulare di Nathan,
per poi drogare me e” inspiro, “...sparare a
te.”
Chloe sgrana gli occhi.
“Sei…
sei sicura?”
“Ho appena
riavvolto il tempo” mento. Non è il caso che
sappia delle foto, non ancora almeno. Non voglio che mi chieda di
William.
Chloe comincia a
girare in tondo, le mani alla testa: “Non posso
crederci… Mr. Bel Culo?!”
Alzo gli occhi al
cielo. Le tue priorità sono tutte sballate, Price.
“E quindi
cosa facciamo?” chiede, e l’unica cosa che posso
risponderle è: “Andiamo via di qui. Ora.”
La trascino
velocemente verso l’auto, e insisto perché vada
via di lì al più presto.
“Ok, siamo
fuori dal campus” riprende, “ma non capisco
perché! Eravamo lì, lo avevamo in
pugno!”
“E invece
no, lui aveva in pugno noi” replico, cercando di spiegare
come meglio posso. “Prima che riavviassi eravamo entrate al
Vortex Club a cercare Nathan, senza successo. Poco prima di andare via
abbiamo incrociato Jefferson, e immagino ci abbia viste uscire dopo la
premiazione del contest. Quindi ha inviato il messaggio usando il
cellulare di Nathan e ci ha precedute alla
discarica…”
“Ma ci
vogliono almeno venti minuti di strada, come ha fatto?”
“Conoscerà
qualche scorciatoia. È molto più furbo di quanto
non sembri” commento, ricordando con quanta attenzione dosava
la droga, e il modo in cui mi aveva legata… brr.
“Ma…
perché ha ucciso Rachel? Che motivo aveva?!”
“Credo ci
sia lui dietro alle foto nel bunker” rifletto,
“probabilmente insieme a Sean Prescott. D’altronde
Jefferson è un fotografo, e mentre ero legata come un salame
ha fatto un monologo degno del peggior villain…
però adesso mi chiedo il ruolo esatto di Nathan. Insomma,
sappiamo che è invischiato, ma se non è lui ad
avere interesse nelle foto…”
“Forse
forniva la droga per stordire le ragazze. Comprava la roba da Frank per
i suoi festini, ricordi?” ipotizza Chloe, e annuisco. La cosa
ha senso.
“La mia
domanda comunque rimane valida” insiste lei, “cosa
facciamo?”
Già.
Jefferson non ci ha
viste arrivare al party, quindi non ha motivo di lasciare la festa in
fretta e furia subito dopo la premiazione. Abbiamo trenta, forse
quaranta minuti di vantaggio. Ma per fare cosa?
Andare da David?
Sarebbe una buona idea, se lui non mi odiasse a morte. E dopo la
scenata di ieri ho seri dubbi sia disposto ad aiutarci.
Anche la polizia
è fuori discussione, se come pensiamo ogni poliziotto di
Arcadia Bay è sul libro paga di Sean Prescott.
Potremmo andare da
Frank… ma a che pro? Si è già arreso
alla morte di Rachel, e immischiarsi in questa situazione vorrebbe dire
avere gli sbirri alle costole.
Siamo di nuovo in un
vicolo cieco.
Ok Max, rifletti.
La parte
più suicida del mio cervello mi sta facendo presente che in
realtà abbiamo ben più di quaranta minuti di
vantaggio su Jefferson, nel senso che stando così le cose
è lecito pensare che lui non sappia che noi sappiamo.
Probabilmente sospetta qualcosa data la nostra poco salutare abitudine
di andare in giro a fare domande, ma non ha ancora nessuna
inequivocabile controprova… soprattutto perché
Chloe non è entrata alla festa minacciando Nathan di una
morte lenta e dolorosa. Questa teoria può essere convalidata
o smentita dall’arrivo o meno dell’SMS con mittente
Nathan.
Se così
fosse abbiamo una potenziale finestra d’azione molto
più ampia. Per pura ipotesi potremmo anche tornarcene a
casa, lasciar scorrere questa serata senza incidenti e pensare a un
piano a più lungo termine.
Non sarebbe neanche
una così cattiva trovata, se non fosse… non
credevo che l’avrei mai potuto dire, ma i miei timori
convergono principalmente su Victoria adesso. Stando a quanto abbiamo
intuito del suo/loro modus operandi, stasera tocca a lei farsi una
lieta gitarella nella Dark Room.
E se fosse possibile
vorrei evitarlo.
Se anche solo tre
giorni fa mi avessero detto che a un certo punto della mia vita mi
sarei preoccupata della salute di Victoria Chase… le risate,
le matte risate.
Eppure ora
è così.
Quelle foto sono
agghiaccianti. Nemmeno un’alpha bitch come la regina del
Vortex si merita simili sevizie.
E… porca
puttana! Non le ho detto nulla, neanche ho avuto l’occasione
di farlo.
Tutto ciò
che ricordo della festa non è mai avvenuto, adesso.
“Chloe!
Inversione a U, torniamo alla Blackwell!”.
“Max, ti sei
rincoglionita o cosa? Sei stata tu a costringermi ad
andarcene!”.
“Lo so, ma
non ho pensato a Victoria!”.
“Cosa
c’entra Victoria adesso?”.
“Non ricordi
che abbiamo visto il suo fascicolo? Era la prossima sulla
lista… nella quale appare il mio nome, fra
l’altro”. Ops, informazione di troppo.
“COSA? Come
lo sai?”.
“Me
l’ha detto Jefferson prima che riavvolgessi… non
è importante adesso, cazzo! Voglio salvare
Victoria!”.
“Spiegami
chi te lo fa fare! Devo essere io a ricordarti che quella è
una stronza patentata? Tu stessa mi hai detto che ha scritto sullo
specchio del bagno l’indirizzo del video di Kate!”.
“Vero,
è una stronza. Ma c’eri quando abbiamo visto le
foto di Rachel e Kate. Non so come la vedi tu Chloe, ma io non ho la
crudeltà necessaria a lasciarla in mano a quel malato di
mente di Jefferson. Per una volta sarò io a comportarmi come
una mocciosa egoista. Svolta! Se non ti frega nulla di Victoria va
bene, restatene in macchina. Io ho l’obbligo morale almeno di
avvisarla”.
“Ehilà
Max, non ti facevo capace di essere così autoritaria. Sai
che la cosa… mi piace?”.
Nonostante la tensione
a bomba non trattengo una risata e uno scappellotto di rimprovero.
“Aspetta,
puoi mandarle un messaggio!”.
“Oh
sì, certo. Ciao Vicky, sono la tua acerrima nemica Max. Fai
attenzione a Jefferson, il professore che volevi scoparti per vincere
il concorso. Ha intenzione di drogarti, legarti e farti delle foto
sconce in un bunker fuori città. Ti sembra? Devo poterle
spiegare faccia a faccia”.
“In
effetti…”.
“Allora, ti
decidi a tornare indietro o no?”.
“Tu mi farai
diventare isterica, Caulfield”.
“Benvenuta
nel mio mondo, Price”.
Ridiamo assieme della
nostra comune stupidità.
Dopodiché
sfodera un’ottima imitazione di Jimmie Johnson e in tempo
zero stiamo tornando sui nostri passi.
In qualche minuto
siamo nel parcheggio della scuola.
“Sei sicura
di quanto stai per fare, Max?”.
“No, per
nulla. È pericoloso. Molto pericoloso. Ma non posso
allontanarmi facendo finta di nulla, stanotte non riuscirei a dormire.
E non solo stanotte”.
“Vuoi la
pistola per essere più sicura?”.
“No grazie,
rischierei di farmi saltar via un occhio da sola. Se ti ricordi la
figuraccia che ho rimediato alla discarica con
Frank…”.
“Sì
che me la ricordo”.
“Ecco”.
Un breve silenzio.
“Sai,
nonostante tutto in questo momento ti stimo molto. Hai fatto la scelta
più difficile per te, ma i motivi che ti hanno spinto a
farla sono nobili. Io non ho la tua nobiltà
d’animo ed è per questo che me ne
rimarrò al riparo. Anche se ovviamente non lo ricordo, penso
di poter dire che una pistolettata mi è bastata per
stasera”.
Quando ci si mette
Chloe è una persona onesta fino al punto della
brutalità. Peccato che non accada spesso come vorrei.
Prendo un respiro
profondo.
“Buona
fortuna, sorella”.
Scendo.
O la va o la spacca.
*
“Hai
già un’idea su cosa dirgli?”
“Sinceramente?
No.”
“Mi
sembra un ottimo piano” sbotta Chloe, visibilmente nervosa.
“Ciao idiotrigno, noi avremmo trovato il cadavere di Rachel
dopo aver rovistato tra i tuoi file. So che le cose tra noi non sono
esattamente rose e fiori, ma dici che hai cinque minuti per salvarmi il
culo?”
So
che non dovrei ma scoppio a ridere.
“Lieta
che la mia ansia ti faccia ridere” ringhia, “pure
le mie ansie hanno l’ansia, adesso.”
Mi
ricompongo velocemente e mi volto verso di lei: “Non
c’è un modo indolore per farlo, lo sai.
Toccherà prenderci questo calcio in culo ma” le
stringo la mano per sottolineare meglio il concetto “insieme.
Non ti lascio sola durante l’uragano Madsen.”
Chloe
sorride ricambiando la stretta: “Insieme. Come ai bei vecchi
tempi?”
“Come
ai bei vecchi tempi” confermo, poi prendo tutto il (poco)
coraggio che ho e suono il campanello di casa Price.
Nessuno
risponde.
Pigio
di nuovo.
Rumore
di passi pesanti che si avvicinano.
“Chi
diamine è a quest’ora?”
“Ciao.”
David
ci guarda, non saprei dire se contrariato, disgustato o incazzato. O
tutte e tre assieme.
“A
cosa devo l’onore di una vostra visita?” chiede,
sarcastico. Sto per iniziare il mio spiegone, ma Chloe mi precede.
“Siamo
nei guai. Abbiamo bisogno di aiuto.”
“Sai
che novità” commenta lui, senza staccare lo
sguardo da Chloe. A quanto pare dà per scontato che la colpa
sia tutta sua.
Ti
piacerebbe, Madsen. Ma stavolta è un casino di proporzioni
epiche.
“Dopo
gli ultimi giorni… diciamo pure gli ultimi anni”
replica “non vedo perché dovrei aiutarti Chloe. Ti
sei scavata la fossa da sola, comportati da adulta e risolvi i tuoi
problemi.”
“Ma
possibile che proprio non capisci?! Non si tratta di un capriccio, ci
sono in gioco le nostre vite!”
“Piantala
di fare la melodrammatica, Chloe. Ormai non ti crede più
nessuno” tuona David mentre sta per chiudere la porta, ma
riesco a intercettarlo e fermarla col piede. Lui mi guarda torvo
attraverso lo spiraglio: “Tu… vuoi proprio andare
a fondo con lei, Max?”
“Ti
prego, ascoltaci! Non stiamo giocando” lo supplico
“siamo davvero in pericolo!”
Lui
rimane zitto un attimo, poi apre di nuovo la porta: “E
sentiamo, qual è questo pericolo di cui parlate?”
Io
e Chloe ci scambiamo uno sguardo in silenzio, poi lei decide di
prendere parole: “Abbiamo… trovato il corpo di
Rachel. E sappiamo chi è stato.”
David
sgrana vistosamente gli occhi, per poi aggrottare le sopracciglia:
“Spero per voi che questo non sia uno stupido scherzo dei
vostri o-”
“È
di Rachel che stiamo parlando, non potrei mai scherzare!”
grida Chloe. “È per lei che ho fatto tutto questo,
che ho appeso volantini in giro per questa fogna di città
quando tutti se ne fregavano! E per lei che mi sono messa nei guai pur
di scoprire la verità! Credi forse che sia un gioco per
me?” urla, e le lacrime le rigano il volto.
Oh,
Chloe…
David
ci osserva in silenzio, forse rendendosi conto che le parole della sua
figliastra non sono campate per aria: “Mettiamo il caso che
sia vero e che voi due abbiate ragione. Come avete scoperto il corpo? E
soprattutto, come avete fatto a scoprire il nome
dell’assassino?”
Adesso
tocca a me prendermi una dose di incazzatura alla Madsen:
“Abbiamo letto i tuoi file.”
“VOI
COSA?!”
Facciamo
qualche passo indietro cercando di evitare la sua ira, ma una voce alle
sue spalle lo ferma: “David, con chi ce l’hai?
Oh… Max, Chloe…”
Joyce,
ferma sull’uscio della porta, osserva suo marito in procinto
di saltare alla gola della sua figliastra e della migliore amica di lei.
“David,
cosa sta succedendo?” chiede, con un tono che non ammette
repliche. Che su David apparentemente non fa effetto: “Queste
due” ci indica “hanno violato i miei documenti
personali!”
Joyce
si volta a guardarci: “Chloe, è vero?”
“È
per Rachel, mamma! Lei… lei è morta, abbiamo
trovato il suo corpo” singhiozza “e senza i
documenti di David non avremmo potuto scoprire nulla!”
“Sappiamo
chi è stato” aggiungo io “e abbiamo
motivo di credere che possa avercela con noi.”
È
un eufemismo, ma non posso certo spiegare anche a lei dei miei viaggi
nel tempo. E proprio mentre lo penso, la realtà attorno a me
cambia: solo un secondo, un flash velocissimo in cui vedo me e Chloe in
auto sfrecciare lungo la strada allontanandoci dalla Blackwell.
Così
come è arrivato il flash sparisce, e mi ritrovo di nuovo nel
cortile di casa Price ad osservare i legittimi proprietari che litigano.
“Chissenefotte
se vuoi punirmi, fallo! Ma prima aiutami!”
“Scordatelo,
questa è l’ultima volta che ti cacci nei
guai!”
Vorrei
intromettermi tra David e Chloe, ma Joyce mi precede: “ADESSO
BASTA! Zitti, tutti e due!”
“Ma…”
“Zitto
David. Adesso entriamo tutti quanti in casa e parliamo.”
“Ha
violato la mia privacy!” ringhia David. Chloe ribatte dicendo
che lui lo fa giornalmente, con lei.
“Chloe
e Max hanno sbagliato e pagheranno le conseguenze” e mentre
lo dice ci guarda, “ma non adesso. È di Rachel
Amber che si tratta, capisci? Quella povera ragazza è morta
e tu non puoi rimanere impassibile di fronte alla loro richiesta
d’aiuto. Soprattutto se hanno le prove e sono in pericolo
come dicono.”
David
si limita ad osservare la moglie in silenzio, e lei incalza:
“Sai com’è fatta Chloe, ma sai anche che
si è fatta in quattro per trovare Rachel. Se ha ragione non
puoi abbandonarla. Non puoi. Sei un ex marine, ricordi?”
Joyce
ci lancia un altro sguardo che sembra dire: “Siete comunque
nei guai ma vedrò di diminuire la pena.”
Sia
io, sia Chloe le sorridiamo di rimando.
David
sospira ed entra in casa, facendo cenno con la mano di seguirlo
— non prima di aver dato un calcio alla porta,
s’intende.
Joyce,
sei una gran donna.
*
E quindi siamo di
nuovo all’ingresso di questo insopportabile badaboom
elettronico, eh?
Il frastuono si
insinua persino fra un pensiero e l’altro.
Non mi eri mancato,
Party della Fine del Mondo.
Ma almeno ho un
vantaggio rispetto a prima: conosco il mio nemico. So da chi devo
realmente guardarmi.
Sbrigo velocemente la
formalità con Stella ed entro.
“...la vera
Everyday Hero della Blackwell. Spero che torni presto.
Grazie!”.
Uh oh. Qualcosa non va.
Perché
Victoria è sul palco a ritirare il premio del concorso?
E naturalmente
c’è Jefferson al suo fianco.
Vaffanculo.
Ci abbiamo davvero
messo così tanto a tornare indietro? Ma… saranno
stati dieci, quindici minuti al massimo… e dopo che le ho
detto di muoversi Chloe è andata piuttosto veloce…
Vaffanculo.
Vaffanculo.
Vaffanculo.
...
Con calma Max, con
calma.
Prova a pensare come
farebbe un perverso col pizzetto.
Sei accanto alla tua
vittima designata, di fronte a decine di persone, dopo che
l’hai premiata per un cacchio di concorso.
Qual è il
modo migliore a tua disposizione per farla cadere nella ragnatela?
Così su due
piedi mi viene in mente appartarvi da qualche parte poco frequentata
prendendo come scusa il farle i complimenti per la vittoria, per poi
sfogarti iniettandole la tua merda chimica nel collo.
Non so, la mia
esperienza come perverso col pizzetto non è
granché. Ma mi sembra un piano abbastanza solido.
Per ora mi conviene
seguirli da distanza sostenuta.
Attorno a me
l’ambiente fa di tutto per ostacolarmi fra orribile musica a
tutto volume, tizi ubriachi che cercano di vomitarmi addosso e oggetti
volanti non identificati che tentano di decapitarmi.
Mi tappo le orecchie,
evito, scanso.
Ho una missione e
intendo portarla a termine.
Lui non la molla un
solo istante. Da qui non riesco a dirlo con precisione, ma dovrebbero
star parlottando in maniera tranquilla.
Il labiale
è difficile da leggere, anche se mi pare che la bocca di
Jefferson non stia ferma un solo istante.
Con la mia nuova
consapevolezza non esito a considerare tutto ciò che esce da
quelle affascinanti labbra stronzate.
Poi vedo una
cosa… impossibile.
Jefferson si china
verso di lei.
La bacia.
Cosa? Cosa? Cosa?
C’è
un’esplosione dentro di me. Non sapevo di custodire nello
stomaco una generosa quantità di dinamite.
I miei piedi prendono
vita da soli e in tre falcate gli sono praticamente dietro.
Lo afferro.
Lo spingo.
Lo scaravento nella
piscina.
Prendo Victoria per un
braccio e la trascino via.
L’intero
party mi sta guardando.
Me ne frego.
“Caulfield,
che cazzo fai? Mollami!”.
“Vieni con
me se vuoi vivere”.
“Chi ti
credi di essere, un fottuto T-800 dall’accento
austriaco?”.
Sento su di me un
migliaio… no, un milione d’occhi voraci.
Ho appena piantato una
scenata che entrerà negli annali del Vortex Club, della
Blackwell e dell’intera Arcadia Bay.
Tutto per una persona
che mi disprezza.
Fa nulla.
Nonostante i suoi
ripetuti tentativi di divincolarsi riesco a portarla fuori, per il
momento al sicuro. Per fortuna siamo sole.
La mollo.
“Allora! Mi
vuoi spiegare cosa ti passa per la testa, coglionazza?” urla
fuori di sé.
Prima di risponderle
mi prendo un istante per bearmi della sua voce. Vuol dire che
è viva.
“Ti chiedo
scusa per la piazzata, Victoria. Quando Jefferson si è
permesso di baciarti... “.
Portandosi le mani sui
fianchi chiede, sprezzante: “Sei gelosa, Maxine?”.
“No. Solo
incazzata. E non con te, con lui”.
“No no, sei
gelosa! Te lo si legge in faccia! Di’ la verità,
volevi essere al posto mio quando finalmente l’ho fatto
capitombolare ai miei piedi…”.
“...grazie
al tuo irresistibile charme. Certo. Ma fammi il piacere,
Victoria”.
“E allora
perché…”.
“...ti ho
presa in quel modo? Stavo cercando di salvarti”.
“Da cosa, da
un Predator invisibile?”.
“Da lui. Da
Jefferson”.
“Da
Jefferson?! Sei sicura di non aver sniffato della vernice?”.
“Vaffanselfie,
Chase. E comunque qui l’unica che può aver
sniffato la vernice sei tu. Adesso stai zitta un attimo e apri bene le
orecchie: che tu ci creda o meno Mark Jefferson è un uomo
pericoloso, molto pericoloso. Ha le mani in pasta in alcune delle
attività più squallide e illegali che si sono
consumate e si consumano in questa città. Tu eri in cima
alla sua lista questa sera, e probabilmente quel bacio era il primo
passo per spingerti in trappola”.
Silenzio. Bubolare dei
gufi. Manca giusto la balla di fieno.
“Cos’è,
uno scherzo di pessimo gusto? Sono su Candid Camera?”.
“Vuoi che
scenda nei particolari, eh? Lo vuoi? Ne sei sicura?”. Dopo
che negli ultimi secondi mi ero leggermente calmata, ora sento di nuovo
risalirmi quel torrente di lava.
“Dai, fammi
ridere”.
Grrrrrrr. E va bene.
“Perfetto,
non chiedevo di meglio. Jefferson e i suoi complici, tra cui
c’è sicuramente il tuo amicone Nathan, rapiscono
ragazze durante le feste. Le drogano. Le legano. Le portano in un
bunker appena fuori città e fanno loro delle foto
inquietantissime. Se tutto va bene le riportano svenute di fronte alla
porta della camera da letto, com’è successo alla
povera Kate Marsh. Altrimenti le ammazzano e le seppelliscono dove
capita, vedi l’ancora più povera Rachel Amber. Oh,
e non escluderei la possibilità di allegri stupri di
gruppo”.
Ora, non mi aspetto di
averla convinta con così poco. I nostri precedenti non
giocano a mio favore, e ammetto che se fossi in lei avrei
già bollato chi mi sta davanti come una demente appena
fuggita da una casa di cura psichiatrica.
Solo che la reazione
non è quella che mi prefiguravo. Invece di cominciare a
insultarmi per aver infangato l’onore del suo adorato
professore preferito… mi guarda stralunata.
Non è
l’espressione di qualcuno che può credermi, ma non
è neanche l’espressione di chi pensa di aver a che
fare con una pazza.
“Vai
avanti” mi esorta in tono neutro.
Vai… vai
avanti?
Non credo di capire.
“Come vado
avanti?”.
“Prosegui.
Ci sarà altro che devi farmi sapere, no?”.
“V-Victoria…
tu…”.
“No Max, non
ti credo. Un’accusa tanto grave ha bisogno di prove
inconfutabili a suo sostegno e per ora non ne ho vista neanche mezza.
Ma non so per quale astruso motivo… mi hai messo un tarlo in
testa”.
“Ma…
ma…”.
Non posso crederci.
Dopo quanto successo là dentro -e siano ringraziate tutte le
divinità per star facendo in modo che nessuno si sia ancora
precipitato fuori- Victoria Chase si sta astenendo dal farmi internare.
“Vuoi sapere
perché ti sto ancora ad ascoltare, nonostante il 95% del mio
cervello mi stia scongiurando di mandarti a Fanculo City e di lasciarti
là?”.
“S-Sì,
direi di sì…”.
“Si riduce
tutto a un semplicissimo motivo: per una e una sola volta in vita tua,
mi hai dimostrato di non essere la classica stronzetta che non combina
nulla di buono durante la sua giornata”.
Eh?
“E…
e quando… è successo?”.
“Quando sei
venuta a consolarmi dopo che la mia camicetta di cashmere è
stata vandalizzata da quel secchio di vernice. Mi aspettavo da parte
tua una grassa risata, un dito puntato verso il mio naso e una
più o meno figurata scarpata sulle gengive. Quel che mi hai
fatto vedere, invece, era genuino dispiacere per l’incidente.
Sei stata… gentile con me quando non ti avevo dato un solo
motivo per esserlo. Quel singolo, minuscolo episodio mi ha permesso di
rivalutarti, almeno in parte”.
Gentilezza.
Banale, innocente
gentilezza.
Non so che dire.
“Victoria,
io… io…”. Lascio cadere la frase
perché sono palesemente incapace di completarla con qualcosa
di sensato, adesso come adesso.
Lei non aggiunge
nulla, evidentemente convinta di non doversi spiegare oltre.
Dalle mie spalle
cominciano a giungere rumori inconsulti.
Starà
venendo qualcuno.
Va bene, credo che mi
convenga farmi uccel di bosco.
Prima di accomiatarmi
un’ultima cosa: “Victoria, so che quanto ti ho
detto suona incredibile. Impossibile. Inconcepibile. Ma è la
verità. Credimi. Io sono stata in quel posto. Ti prego.
Credimi”.
Non un suono giunge da
lei.
Poi me ne vado.
Risalgo in macchina
col fiato corto.
“Ehi Max,
tutto bene? Com’è andata?” mi accoglie
la mia partner dai capelli blu, il tono un po’ preoccupato.
“Chloe…”.
Senza motivo apparente
scoppio a piangere.
“Max? Max,
cosa c’è? Che ho detto?!” si impanica
Chloe, stringendomi nel tentativo di calmarmi. Scuoto la testa cercando
di farle capire che non è colpa sua: “No,
non… non c’entri tu, è
che…”
“Oh, vi ho
trovate finalmente.”
Il sangue mi si gela
nelle vene.
Ci voltiamo e
incrociamo lo sguardo di Mark Jefferson che ci sorride, falso e
pacifico.
Porca. Puttana. Eva.
*
"Fatemi
capire: voi due non solo avete rovistato tra le mie cose, ma avete
anche fatto irruzione nell'ufficio del preside, nella camera di Nathan
Prescott e... ottenuto informazioni da uno spacciatore? E lo dite
così, come se fosse cosa di tutti i giorni?!"
David
distoglie lo sguardo, massaggiandosi le tempie; Joyce rimane in
silenzio ma, al contrario di lui, non ci scolla gli occhi di dosso.
Ammetto
che prevedevo esiti peggiori dopo il nostro racconto, ma non escludo
che ci saranno conseguenze dopo che tutto sarà finito.
SE
finirà.
"Per
quanto possa condividere i sospetti su Jefferson e Wells, la storia del
bunker nascosto nella tenuta dei Prescott mi sembra alquanto
fantasiosa, volendo usare un eufemismo" commenta. Apprezzo molto il
fatto che non stia dando in escandescenze, grazie anche alla presenza
di Joyce.
"Sappiamo
di aver fatto parecchie... cavolate" replico, "ma erano a fin di bene!"
"Ne
sei proprio sicura?" chiede lui, e Chloe sbotta: "Abbiamo trovato il
corpo di Rachel! Quale prova migliore?"
"E
siete certe che sia lei?"
"Assolutamente"
annuisce, "insomma quanta gente vuoi che venga seppellita in una
discarica?!"
David
sta per rispondere ma un'occhiataccia della moglie lo zittisce, forse
prevedendo una risposta del tipo: "Più di quanta tu creda."
Joyce
è sempre stata una donna di polso.
Rimaniamo
per qualche minuto in silenzio, bloccati in un mucchio di se, ma e
però.
Decido
di interrompere questo stato catatonico: "Possiamo farti vedere il
corpo. E possiamo portarti al bunker."
"No
ehi, un momento" ci interrompe Joyce, "voi non andate da nessuna parte!
Volete irrompere in casa dei Prescott come delle ladre?"
Io
e Chloe ci scambiamo uno sguardo imbarazzato.
Joyce
alza gli occhi al cielo, David si copre il viso con le mani: "Avete
fatto ANCHE questo?!"
Preferiamo
tacere, tanto la risposta la sanno già.
David
sbuffa: "Ok, a parte il fatto che la fedina penale di Max comincia a
somigliare a quella di Chloe" la quale borbotta sottovoce "idiotrigno",
"cosa sperate che possa fare, esattamente? Che invada il bunker dei
Prescott senza un mandato? O che vada a recuperare il cadavere?"
"No,
ma" balbetto "almeno assicurarci che sia ancora lì..."
"Fantastico.
E poi?"
"Noi
abbiamo ancora gli indizi" interviene Chloe. "Sono in camera mia.
Insieme al corpo di Rachel sono abbastanza per richiedere un mandato? O
qualunque altra cosa si possa ottenere dagli sbirri?"
"Che
sono quasi tutti sul libro paga di Sean Prescott, ti ricordo."
...già,
dimenticavamo quel piccolissimo dettaglio. Sprofondo sulla sedia,
esausta; accanto a me Chloe ha il viso nascosto tra le mani, e se la
conosco si sta sforzando di non scoppiare a piangere qui in salotto. Mi
avvicino e le cingo le spalle con le braccia, sperando basti a darle un
minimo di conforto.
"David,
tu non conoscevi qualcuno all'FBI?"
La
voce di Joyce ci riporta alla realtà con un filo di speranza.
"Sì,
un mio ex commilitone dei tempi della guerra del Golfo" conferma lui,
"perché?"
Lei
gli si avvicina: "Non potresti chiedere a lui? Se la polizia di Arcadia
Bay è corrotta, è l'unica possibilità
di fare luce sulla morte di Rachel e di questo... traffico di
fotografie di minorenni."
David
rimane in silenzio, incerto sul da farsi.
"Per
favore" alza la testa Chloe, "è la prima volta che te lo
chiedo..."
A
quanto pare quelle due paroline da parte della sua figliastra
sortiscono l'effetto desiderato, e finalmente cede: "Ok,
proverò a fare una telefonata ma non vi assicuro niente...
intanto fatemi vedere questi fantomatici indizi."
Direi
che è più di quanto potessimo auspicare.
“Come
ha detto lei sono in camera sua” dico alzandomi. Per un
attimo ho pensato di aggiungere “vi faccio strada”,
poi sono rinsavita.
Mi
seguono senza un rumore.
Quando
giungiamo provvedo alla spiegazione dei vari oggetti, della loro
provenienza e della relazione che li lega uno all’altro.
Sento
una piccola fitta di colpa quando passo a David l’elenco dei
clienti di Frank. Dopo quel messaggio di auguri un po’ mi
dispiace rischiare di metterlo nei guai.
Ma
per il bene più grande questo ed altro. Al massimo
verrò a portarti le arance in prigione, Bowers. Fra
l’altro non è colpa mia se ti sei messo a
spacciare.
“Vedete?
Fra i tuoi file, gli SMS di Nathan e la lista di Frank siamo riuscite a
risalire sia al fatto che Nathan ha comprato della droga il giorno in
cui è stata aggredita Kate, sia al luogo dove si trova il
bunker. Ecco, è sotto questo fienile”. Indico la
foto.
“Incredibile”
si lascia sfuggire Joyce, decisamente meravigliata.
“Cosa,
che queste due anarchiche abbiano violato una mezza dozzina di leggi in
un arco di tempo così breve?” pontifica David con
quel suo carisma da uomo con una scopa in culo.
“No.
Il fatto che abbiano scoperto tutto questo da sole. Se fosse dipeso
dalla polizia… o da te, non sarebbe mai venuto a galla
niente”.
Grufola
infastidito al rimarco della moglie sulla sua incapacità. Da
una parte è un po’ ingiusto, Madsen il Paranoico
ha fatto un gran bel lavoro nel pedinare… le vittime.
Sì, forse la signora Price non ha tutti i torti.
“E
qui abbiamo tutto quello che siamo riuscite a raccattare in giro per la
placida Arcadia Bay” conclude Chloe, a quanto pare ripresasi
dal crollo emotivo di poco fa.
“Che
non è poco, figlia mia. Fermo restando che non vedrai le
chiavi della macchina da qui al 2050… beh, hai un futuro
come investigatore privato”.
La
mezza battuta di Joyce fa ridere un po’ tutti i presenti, a
parte David che deve tenere in piedi l’immagine del duro.
Ok,
adesso cosa…
FLASH.
Mi
vedo discutere animatamente con Victoria, sembrerebbe fuori dalla festa
del Vortex.
FLASH.
…
…
…
Oh
merda. E sangue dal naso.
In
tutto questo casino mi sono dimenticata di una cosa.
Stasera
toccava a lei.
*
Siamo morte siamo
morte siamo morte.
Il terrificante
sorriso di Jefferson sembra voler frantumare il finestrino che ho
tirato su in uno scatto nervoso.
Il fatto che grondi
acqua, per colpa mia, non aiuta.
“Apri, Max.
Avrei da farti una o due domande”.
Sogna, DILF
psicopatico.
“Avanti,
voglio solo sapere perché mi hai buttato in piscina. Sei
arrabbiata per non aver vinto il concorso?”.
Internamente sgrano
gli occhi. Ho diciotto anni, non otto. Ci arrivo da me che se non
presento una foto il concorso non lo vinco, genio del male.
Oh, inutile star qui a
farsi venire infarti multipli. Adesso riavvolgo e…
“Perché
non fai quanto ti chiede? Sembra innocuo”.
…
Chloe, per la santa
pazienza di qualche santissimo santo. Cresci.
“Sei
impazzita anche tu per caso?”.
“Ma…
guardalo! Sta solo chiedendo spiegazioni!”.
“Sì,
prima di piantarci un proiettile in mezzo agli occhi! Fatti passare la
cotta!”.
Al diavolo.
WHOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOSH.
Et voilà,
ecco qui… un bel niente.
Non ha funzionato.
Jefferson continua a
battere i pugni sul vetro, Chloe continua a farfugliare cose senza
senso, io… continuo a sentire qualcosa che mi gocciola sui
pantaloni?
Sembra…
sembra sangue.
“Max!”.
Porca miseria.
Mi porto
istantaneamente una mano al naso. Come sospettavo la perdita viene da
qui.
“Sembrano le
cascate del Niagara! Non te n’è mai uscito
così tanto!”.
Mi sento stordita. E
incazzata. Proprio adesso dovevi tirarmi il pacco, potere del cavolo?
A corto di opzioni,
con l’adrenalina data dalla paura che mi scorre nelle vene
come un fiume in piena, circondata da rumori molesti a sinistra e a
destra…
“Chloe, vai!
A tavoletta!”. Naturalmente sto cercando di bloccare
l’emorragia con le mani, ma sembra un’impresa
disperata.
“Ma…”.
“Vai ho
detto, maledizione! Via di qui! Via!”.
Per fortuna la mia
cocciuta amica decide di darmi retta senza piantar troppe grane, quindi
ingrana e sgomma via.
“Max, tu
stai male! Ti porto all’ospedale!”.
Vorrei poterle dire
che non serve, che non è niente e che presto
passerà. Prenderei per il culo lei e me tutto in una volta
sola.
No, non si ferma.
Continua imperterrito. Se ci riuscissi riderei vedendo i miei jeans
ricolorati di rosso.
E poi eccolo, torna il
senso di vertigine e di vomito che mi aveva assalito due giorni fa alla
discarica.
Credo di stare per
svenire.
*
“Andiamo,
rispondi…”
“Sono
Victoria Chase, lasciate un messaggio dopo-”
Blocco
la telefonata. Stupida voicemail, è la terza volta che la
sento.
“Ehi
Max, tutto ok?”
Mi
volto verso Chloe, sconsolata.
“Tutto
bene? Sembra tu abbia appena letto un necrologio.”
“La
tua ipotesi potrebbe rivelarsi vera, tra non molto” sbuffo,
lasciandomi cadere sul divano. “Stavo provando a contattare
Victoria, ma mi risponde solo la segreteria telefonica.”
“E
perché?”
“Ti
sei dimenticata che nel bunker dei Prescott c’era un
raccoglitore vuoto, in mezzo agli altri? Temo che stasera tocchi a
lei.”
Chloe
rimane in silenzio, impassibile; so che a lei non piace Victoria (come
darle torto, del resto?) ma mi sentirei meglio se riuscissi ad evitarle
un trauma, nel migliore dei casi: “Non voglio che finisca tra
le vittime di Sean Prescott. So che non la sopporti ma credo che una
Rachel sia abbastanza, e mi farei schifo se non provassi neanche ad
aiutarla.”
Chloe
rimane ancora in silenzio. Oh beh, almeno non ha avuto la faccia tosta
di dire cose come “Se l’è
cercata” o “La prossima volta non farà
la gatta morta con un professore.”
“Beh,
David sta provando a rintracciare il suo amico
all’FBI… se glielo diciamo adesso potrebbero
mandare qualcuno alla Blackwell.”
Eh?
Ho sentito bene?
“Perché
mi guardi con quell’aria sconvolta?” chiede, e io
mi fingo terrorizzata: “Chi sei, che ne hai fatto di Chloe
Price?”
“Ah.
Ah. Ah. Davvero spiritosa Caulfield. E smettila di benedirmi come il
prete de L’Esorcista!” strilla, lanciandomi un
cuscino.
“Hai
persino chiamato David per nome, senza stupidi nomignoli”
rido, “ti stai proprio ammorbidendo!”
“No!
Ho solo pensato che… potevo tenere a freno la lingua, visto
che ci sta aiutando.”
“Ma
come siamo cresciute!” rispondo, e lei mi tira un altro
cuscino. “E poi, come hai detto tu prima… una
Rachel basta e avanza.”
Annuisco:
“Il problema è come convincerli ad andare
lì, visto che” abbasso la voce “non
è successo nulla… in teoria. Insomma, se davvero
ci aiuteranno immagino che la prima cosa che faranno sarà
andare a controllare la discarica e assicurarsi che non sia una
segnalazione a vuoto.”
“Anche
questo è vero” replica Chloe, grattandosi la
testa, “e non possiamo prendere la mia macchina
perché mi tengono sotto tiro.”
Ridacchio,
voltandomi verso l’atrio dove Joyce osserva David al
telefono; di tanto in tanto si volta verso di noi come a volersi
accertare che non siamo svanite nel nulla.
“Sì,
anche la tua auto è off-limits” sospiro.
“Potrei sempre riavvolgere il tempo per tornare al momento
prima di andar via dal party del Vortex Club e…”
“...e
perdere tutto quello che abbiamo fatto adesso? Sai meglio di me che una
seconda chiacchierata con David potrebbe non dare gli stessi
risultati.”
Già.
Potrebbe andare meglio ma potrebbe anche andare molto, molto peggio.
“Non
mi sono ancora abituata alla Chloe saggia” la punzecchio, e
lei ridacchia: “Ehi, mica posso sempre farti da spalla! Mi
piacciono i ruoli intercambiabili.”
La
mia espressione deve essere più eloquente del previsto,
perché arrossisce di colpo e mi butta addosso
l’ennesimo cuscino: “N-non intendevo in quel
senso!” borbotta cercando di non farsi sentire,
“...forse.”
Ma
guarda quante cose interessanti si scoprono in dieci minuti di
chiacchierata. Che poi perché dovrebbero interessarmi, ci
siamo baciate per gioco… sì. Per gioco.
“Lieto
di vedere che la state prendendo con la serietà necessaria
alla situazione.”
L’arrivo
inaspettato di David ci coglie di sorpresa, ma ancora una volta
è Joyce a salvarci dandogli una gomitata: “La
situazione è grave, ma loro hanno diritto a cinque minuti di
respiro” e il suo sguardo non ammette repliche.
David
sbuffa e cambia subito argomento: “Ho parlato col mio amico
all’FBI… e ha detto che verrà qui con
un collega. No, non esultate!” ci blocca subito,
“verranno qui in via ufficiosa. Se secondo loro ci saranno
abbastanza prove interverranno ufficialmente.”
“Prenderanno
il posto della polizia di Arcadia Bay sul caso di Rachel?”
chiede Joyce, e lui annuisce: “Sanno che la polizia locale
è in mano ai Prescott, ma immagino non fosse un caso di
rilevanza per l’FBI… anche se la scusa che mi ha
rifilato è che non avevano abbastanza prove.”
Uno
sbuffo generico conferma che tutti, tra i presenti, la considerano una
balla.
“E
quindi cosa facciamo adesso? Quando arrivano?” chiede Chloe,
ma David la frena: “Per ora possiamo solo aspettare.
Arriveranno domani, è già tanto che abbia
accettato di aiutarci.”
Chloe
si volta verso di me.
“E
Victoria?” piagnucolo io, che proprio non riesco ad accettare
l’idea di dovermene stare con le mani in mano.
“Intendi
Victoria Chase?” chiede David, e io annuisco:
“Credo sia la prossima vittima. Quando… quando
siamo andate nel bunker dei Prescott c’era un fascicolo col
suo nome, e ho il sospetto che stasera potrebbe accaderle qualcosa di
brutto… per di più Nathan è sparito e
potrebbe essere coinvolto più di quanto
crediamo...”
“Il
party del Vortex Club sarà ancora in
corso…” dice Chloe, senza riferirsi a nessuno in
particolare.
David
non risponde, ma prende di nuovo il telefono e compone un numero.
“Chi
stai chiamando?” chiede Joyce.
“La
Blackwell. Chiederò al tizio che mi dà il cambio
di dare un’occhiata alla festa e vedere se la Chase
è ancora tutta intera.”
Io
e Chloe ci scambiamo uno sguardo sorpreso.
Price,
da adesso credo che dovrai davvero smetterla di chiamarlo
“idiotrigno.”
E
dopo l’inarrivabile perla di saggezza…
improvvisamente mi sento stanca. Indebolita.
Mi
lascio ingoiare dalla poltrona, lottando per impedire che i miei occhi
si chiudano.
Però
sto bene, non mi sembra di avere nulla fuori posto. Solo stanca.
Che
sia… forse è la tensione che se ne va lasciando
spazio alla spossatezza.
Mi
sto rilassando. Non so se considerarlo un bene o un male nella nostra
attuale situazione. Ma è pur vero che, a conti fatti, quel
che dovevamo fare l’abbiamo fatto: abbiamo avvisato David con
risultati sorprendenti, abbiamo messo in guardia Victoria seppur per
vie traverse, abbiamo…
Abbiamo,
sì. E anche se mi sento un po’ in colpa nei
confronti di Rachel pensandolo, credo che il nostro dovere si sia
esaurito questa sera.
Dopotutto
è giusto che sia compito di qualcuno più adulto e
preparato di noi occuparsi di chiunque sia realmente dietro a
‘sta schifezza, che sia Prescott o Satana in persona.
FLASH.
Buio.
Un rumore. Chloe si gira, fa per alzare la pistola e si prende una
pallottola in piena fronte.
FLASH.
“Oddio!”
mi lascio scappare senza volerlo, profondamente scossa dalla visione.
“Max!”
salta su la protagonista di questo mio ultimo trip “Tutto
bene?”.
Ci
metto un attimo per mormorare un sì. Le faccio cenno di
avvicinarsi e le spiego velocemente il motivo dell’urlo.
“Ma…
ma quando è successo?” mi chiede, e si vede
lontano un miglio che la novità la inquieta.
“Mai.
Non è mai successo” le bisbiglio, sapendo che il
territorio della conversazione si sta facendo scottante ed è
bene che i suoi genitori, naturali o adottivi che siano, non ci sentano.
“E
allora perché…”.
“E
che ne so? L’ho visto e basta”.
“Stai
diventando sempre più paragnosta ogni giorno che
passa”. Una risatina di divertito scherno.
Grugnisco
contrariata, anche se il sorriso che mi lascio sfuggire tradisce il mio
vero stato d’animo.
“Bene”
esordisco alzandomi con una certa dose di fatica “ormai si
sta facendo tardi e io sono letteralmente a pezzi. Visto che qui la
cosa si è sistemata in qualche modo, penso proprio che
andrò a far visita alle calde e confortanti braccia di
Morfeo. Possibilmente fino a mezzogiorno”.
“Max”
mi apostrofa Joyce avvicinandosi a noi “tutto bene? Te la
senti di tornare al dormitorio?”.
Oh,
sei un tesoro a preoccuparti per me.
“Dubito
che Nathan si prenda la briga di venire a sgozzarmi in camera, ma se ti
può far star tranquilla ti assicuro che chiuderò
la porta a tripla mandata. Mettendoci davanti anche una sedia per
ulteriore precauzione. Piuttosto, avrei un favore da
chiederti…”.
“Dimmi
pure”.
“So
che Chloe non può avvicinarsi a più di tre metri
dalla macchina, solo che di autobus a quest’ora non ne
passano più e la Blackwell è lontanuccia. Non si
può fare un’eccezione alla sua
punizione?”.
Devo
essere suonata particolarmente buffa perché si mette a
ridere, e nonostante la mano a coprirsi la bocca si vede che si sta
divertendo da matti.
“Va
bene, va bene. Solo per stavolta però, temo che
d’ora in avanti dovrai trovarti un altro autista
personale”.
“Ehi!”
borbotta lei, piccata.
Incredibile.
Mi sembra che persino David Madsen il Musone si stia unendo
all’ilarità generale.
*
No mamma, non voglio
andare a scuola. Solo dieci minuti, dai…
Nhf. Mamma? Scuola?
Max, non hai dodici
anni.
Aprendo gli occhi vedo
un soffitto a me estraneo. Dipinto pure male.
Ehi ehi ehi.
Cos’è ‘sto dolore alla schiena?
Dove sono sdraiata, su
un mucchio di sassi aguzzi?
“Santo
cielo, Max! Stai bene!” ulula qualcuno che nel mio stato
intontito faccio fatica a riconoscere. Poi una massa di qualcosa di blu
si avventa contro la mia faccia e mi sento come se mi stessero
stritolando.
Vacci piano, Hulk.
“C-Cos’è
successo? Ricordo Jefferson bagnato fradicio che sembrava Jack Torrance
nei suoi momenti migliori…”.
“Siamo
fuggite dalla Blackwell in fretta e furia poi hai cominciato a perdere
litrate di sangue e mi sono fatta prendere dal panico ho avuto paura
che potessi morire dissanguata ti ho portata all’ospedale ma
ti hanno lasciata su un lettino del pronto soccorso visto che non
sembravi troppo grave ero terrorizzata santo cielo santo cielo santo
cielo stai bene…”.
Uoh. Chloe, guarda che
poi la tua immagine di ragazza tutta d’un pezzo va a farsi
benedire.
“Ora sto
meglio, sì. Ma me la sono vista brutta. Però
dovresti mollarmi, a meno che non voglia finire il lavoro iniziato dal
mio naso”.
“Sì
sì sì scusa”, e si affretta a scostarsi.
Ohibò, cosa
vedono le mie fosche pupille? Quelli sono gli occhi
arrossati… di chi ha pianto. Davvero hai pianto per me?
Per quanto il momento
sia il meno adatto mi sento scaldata dalla cosa. In più di
un senso. Forse. O forse sto solo delirando.
Il mio primo movimento
cosciente da quando sono rinvenuta è di portarmi in maniera
istintiva le mani sulla zona del mio corpo che mi ha tradito. E a parte
un po’ di sensazione umida vicino alle narici non trovo nulla
di sbagliato.
Mi alzo lentamente,
provata sia dall’esperienza metafisica e sia dalla
scomodissima lastra di pietra che spacciano per materasso su cui mi
avevano sbattuta.
“Ce la fai?
Non devi sforzarti troppo, possiamo rimanere qui ancora per un
po’ e…”.
“Sto bene,
sto bene. Un po’ ammaccata ma sto bene”.
“Meno male,
è un sollievo grande”.
“Ho la pelle
dura, lo sai. E poi…”.
BLEEEP BLEEEP.
È il mio
cellulare. Arrivato un messaggio.
Lo tiro fuori dalla
tasca e controllo.
Victoria Chase.
Un nodo nella mia gola
fa sentire la propria presenza togliendomi l’aria per qualche
decimo di secondo.
Leggo.
Caulfield,
ho visto quando Jefferson ti ha inseguita fino alla macchina. Era uno
spettacolo francamente agghiacciante, con l’acqua che gli
colava da tutti i vestiti e una faccia… terribile. Per un
istante ho avuto la sensazione di star guardando Jack lo Squartatore.
Alla luce di questa novità mi sento di doverti ringraziare.
Ora la tua bizzarra storia ha un po’ più di
credibilità ai miei occhi. Per qualche giorno
cercherò di evitarlo.
…
Devo capire se questo
giramento di testa è merito dell’SMS o se
è un postumo del mio malore.
“Max? Tutto
ok?”
“Era un SMS
di Victoria. A quanto pare la scenetta di prima ha fatto effetto su di
lei” rispondo, mentre mi prendo la briga di scriverle
intimando di fare molta attenzione.
“Ottimo”
sospira Chloe, “anche se…”
“Se dici
ancora che sembrava innocuo ti picchio con l’asta della
flebo.”
“Ma
scusa!”
“Scusa un
corno! Ti ho vista morire per mano sua, non ho intenzione di rischiare
un’altra volta.”
“Va bene, va
bene” sbuffa lei, “non lo dico
più… dannato pizzetto sexy.”
Scoppio a ridere. I
tuoi ormoni ogni tanto riescono a salvarti in calcio
d’angolo, Price. Poi la vedo alzarsi e tirare fuori il
cellulare dalla giacca.
“Uh, che
fai?” chiedo, ma alza la mano per zittirmi:
“Pronto? Ciao mà… sì,
sì lo so che è tardi, sì ma- mi fai
parlare? Dicevo, stasera non torno a casa, sono in ospedale con Max. No
no, non urlare! No, non abbiamo fatto un incidente! No, non ero
ubriaca! Stammi a sentire! Max si è sentita male, le usciva
sangue dal naso a fiumi e non sapevo che fare e… cosa?
Sì, al St. Elsewhere… oh, ok. Ok. Ciao.”
Si volta verso di me.
“Tutto
ok?”
“Direi di
sì… mamma ha detto che sta correndo in ospedale
per vedere come stai. Ovviamente si trascinerà dietro
David…”
Sorrido al pensiero:
“Ma non c’era bisogno, sto bene!”
“Lo sai
com’è fatta… visto che i tuoi non sono
qui si sente in dovere di farti da vice-mamma.”
Mentre ridiamo della
cosa un’infermiera entra nella stanza: “Scusate,
c’è una visita per voi.”
Io e Chloe ci
scambiamo uno sguardo perplesso. Non credevo che anche Joyce avesse la
tendenza a schiacciare sull’accelleratore.
“Ragazze,
sono lieto di vedere che state bene.”
Quel poco di sangue
che mi è rimasto nelle vene mi si gela del tutto.
Jefferson è
lì davanti a noi, i vestiti stropicciati ma ormai asciutti e
il sorriso più falso che io abbia mai visto.
“Il vostro
insegnante è stato gentile a preoccuparsi per voi, ha detto
di avervi viste scappare in auto tutte insanguinate e vi ha seguite per
assicurarsi che steste bene” sorride, chiudendosi la porta
alle spalle e bloccandoci l’unica via di fuga.
Lui non si muove,
né smette di sorridere.
Ok Max, calma.
Finché siete qui siete al sicuro, non può
toccarvi. E tra non molto Joyce e David saranno qui. Dio, mai come ora
ho desiderato di avere attorno quel paranoico di Madsen!
“Mi avete
fatto prendere un colpo” riprende, accomodandosi su una delle
sedie, “perdevi così tanto sangue, Max…
ero davvero preoccupato.”
“Non…
non c’era bisogno di scomodarsi a venire fin qui”
replico, fingendo una calma che non mi appartiene.
“Oh nessun
problema, questo ed altro per la mia migliore studentessa. E poi
c’è un solo ospedale ad Arcadia Bay, andavo quasi
a colpo sicuro.”
Punto tuo, Jefferson.
“Comunque…
volevo sapere il perché di quella tua scenata alla
festa.”
Oh, già.
“Non sono
arrabbiato, vorrei solo una spiegazione.”
Chloe mi guarda, come
a voler dire: “E ora che gli diciamo?”
“Beh, il suo
comportamento con Victoria non è stato
esattamente… professionale” azzardo. Non
è una bugia in fondo.
Lui sospira:
“Hai ragione Max, non è qualcosa di cui andare
fieri” replica, e il modo in cui gira attorno alla sua
colpevolezza è irritante, “ma si poteva discuterne
in modi più civili.”
“S-sì”
annuisco, invocando mentalmente Dio, Buddha, Cthulhu o chiunque tenga
le redini della baracca.
“E in ogni
caso… non è qualcosa che ti riguarda.”
Il suo sguardo ora
è tagliente, il sorriso beffardo sparito: ha la stessa
espressione che aveva quando mi ha drogata.
“Ora che so
che stai bene posso andare” comunica, ma non faccio in tempo
a tirare un sospiro di sollievo perché aggiunge:
“Ricordati solo che chi si fa i fatti suoi campa
cent’anni, Max.”
Così
dicendo si chiude la porta alle spalle. Io crollo sul lettino.
“Era…
era una minaccia quella?” balbetta Chloe, e io non riesco a
trattenermi: “Credevo avessi abbastanza esperienza da saperne
riconoscere una, quando la ricevi.”
“Se riesci a
fare del sarcasmo non stai poi così male.”
“Scusa, non
dovevo. Comunque sì, era una minaccia bella e buona la
sua.”
“Dici che sa
che noi sappiamo?”
“Più
facile che sospetti e basta, e con quell’ultima uscita da
mafioso ha cercato di assicurarsi il nostro silenzio.”
“Che non
avrà.”
“Su questo
non ci piove. Ma per stasera magari lasciamo perdere.”
“...concordo.”
Super eroine
sì, stupide no. Non sempre almeno.
*
Yawn.
Erano
anni, anni che non dormivo così tanto. Ero davvero esausta,
non so come ho fatto a stare sveglia le ultime ore di ieri sera.
Mi
gratto le ascelle, le guance, la pancia.
Aprile
dolce dormire, e chissenefrega se è ottobre.
Non
ho neanche voglia di alzarmi, desidero passare questa giornata spalmata
sul letto a rigirarmi e rilassarmi. Ho ancora un sacco di scorie
residue da espellere e non può farmi che bene.
Da
qui riesco a intravedere fuori dalla finestra. Il tempo sembra
bruttino, ma non è che sia chiarissimo. Non aiuta il fatto
che stia in posizione svantaggiata.
Con
una mano tasto sul comodino e riesco a prendere il cellulare. Ancora
mezza rincoglionita, trovo con grande coraggio la forza e la
lucidità di mandare un messaggio a Chloe. Giusto per
assicurarmi che stia bene.
Tre
minuti dopo mi arriva la sua risposta, con tanto di solito rimprovero
sull’uso delle emoticon.
Grazie
a Dio. In fondo al mio cervello una vocina mi sussurrava che a
rispondermi sarebbe stata Joyce, dicendo che l’avevano
trovata smembrata in giardino.
Il
sospiro di sollievo riempie il silenzio.
Fisso
il soffitto, una sensazione di… difficile definirla, ma
credo sia accostabile al vuoto. Nel senso che sta tornando prepotente
in superficie ciò che ho provato ieri sera.
Noi
abbiamo finito. Abbiamo dato.
Max
Caulfield e Chloe Price hanno esaurito il loro compito.
Ora
ci meritiamo il riposo dei giusti.
Ora
devo solo sperare che il tornado vada a infestare il Nevada.
Ora…
sento bussare alla porta?
“Max!
Max, ci sei?”.
Sembra
sia la voce di Dana.
“Un
secondo, sono ancora in pigiama. Dammi un minuto che mi
cambio” le urlo di rimando.
Il
tono pareva concitato. Sarà mica successo qualcosa?
Un
improvviso moto d’agitazione mi spinge a darmi una mossa,
sebbene la voglia sia pressapoco sottozero.
Quando
sono vagamente presentabile giro tre volte la chiave nella toppa. Non
parlo a vanvera, Joyce.
Le
apro e… occavolo, che è successo? Sembra
sconvolta e, a giudicare dal suo aspetto, parrebbe aver appena finito
di piangere.
“Dana!
Che hai? Che c’è?”.
“Santo
cielo Max, è terribile! Terribile! È…
è… è… o santo
cielo…”.
Per
la miseria. Di qualunque cosa si tratti dev’essere stato
tremendo.
Le
dico di provare a calmarsi, anche perché in queste
condizioni non riesce neppure a spiegarsi, e la faccio entrare.
Quando
si siede sul letto e finalmente riesco a sentire un
resoconto… sarebbe stato meglio non averlo fatto.
“Hanno…
hanno trovato un cadavere nel campus, vicino
all’entrata…”
Oddio.
Victoria.
Mi
fiondo in corridoio, incurante di Dana che mi urla di aspettarla.
Non
farmi questi scherzi, Chase! Non provarci, non me lo perdonerei mai!
Quando
arrivo in cortile metà accademia si è
già radunata per sbirciare: tra le facce note vedo Julie,
Alyssa e… Warren che consola Brooke? Meno male che ho
rifiutato il suo invito al cinema, a quanto pare aveva il piano B
già a portata di mano.
Scuoto
la testa. Svegliati Max, la vita amorosa di Warren è
l’ultimo dei tuoi problemi. Poco più avanti noto
Courtney, Taylor e… Victoria.
Tiro
un sospiro di sollievo, ma viene subito sostituito da
un’altra domanda: di chi è il cadavere?
Riflettendoci,
Nathan ieri era introvabile, ma se si trattasse di lui la reazione di
Victoria non sarebbe così composta, in mancanza di altri
termini. Mentre cerco di fare mente locale un dialogo un po’
strano attira la mia attenzione: “Io lo sapevo che era
morta.”
“C’era
da aspettarselo.”
“Succede
questo quando vai a letto col tuo insegnante.”
Mi
avvicino alle voci, incuriosita.
“Non
meritava lo stesso di fare questa fine.”
“A
me alla fine non è che piacesse tanto, la
Amber…”
Amber…
Rachel Amber?
Cosa?!
Mi
faccio largo tra la folla fino ad avere una completa visuale del
campus: vicino ai tavoli c’è una buca, circondata
dalla polizia, alcuni insegnanti (compreso Jefferson) e il preside.
Ai
loro piedi il sacco che contiene il corpo di Rachel.
Ok,
no. Come diamine ci è arrivata qui? Chi ce l’ha
portata? Ma soprattutto, perché?!
Non
ho tempo di trovare delle risposte perché il preside Wells
si volta verso di me: “Ecco agente, quella è
Maxine Caulfield.”
Tutta
la scuola mi incolla gli occhi addosso.
Merda.
Perché
indica me?
Mentre
la polizia mi si avvicina, intimandomi di seguirli, istintivamente apro
la mano e lascio che il tempo si riavvolga, e pochi istanti dopo il
campus è deserto. Senza pensarci due volte torno indietro
verso il dormitorio e apro di scatto la porta della mia stanza, prima
che qualcuno decida di uscire. Non appena chiudo la porta alle mie
spalle qualcuno urla in corridoio. Afferro il cellulare dal comodino:
solo venti minuti. Ho solo venti minuti prima che mi accusino di aver
profanato una tomba in una discarica (o peggio, di aver ucciso Rachel!)
e meno di cinque minuti prima che arrivi Dana.
Va
bene Max, puoi farcela. Ricordati che puoi riavvolgere ancora il tempo,
se dovesse servire. Mi fiondo verso l’armadio, afferro dei
vestiti a caso, la mia borsa e corro in bagno appena in tempo per
sentire Dana urlare il mio nome in corridoio; il bagno per fortuna
è deserto, quindi mi lavo e mi vesto alla buona prima di
tornare in corridoio e… Dana è ancora
lì, che bussa alla porta di Julie. Non mi rimane che
riavvolgere ancora e scappare fuori dall’unica porta
disponibile, evitando accuratamente l’entrata. La mia unica
possibilità è aggirare l’edificio
principale passando da dietro e arrivare al parcheggio. Sperando che
nessuno mi becchi, ovvio. Guardo il cellulare: dodici minuti, e sono
ormai dietro la scuola. Puoi farcela, Mad Max.
E
mentre corro mi viene in mente che arrivare al parcheggio è
inutile, perché non ho nemmeno una bicicletta e Chloe
è confinata a casa e il bus passa davanti alla scuola e non
posso prenderlo se no mi vedono tutti a meno che non riavvio di nuovo e
però poi comincio a sanguinare dal naso e-
“OUCH!”
Cado
di culo per terra, e mentre mi lamento qualcuno mi dà una
mano a rialzarmi.
“Tutto
bene Max?”
“Samuel?”
“Spero
tu non ti sia fatta male.”
“No
no è che… sono di fretta, e potrei finire nei
guai e…”
“Non
succederà. Io non ti ho vista.”
“Eh?”
Samuel
sorride: “Ci sono in ballo cose molto più grandi,
e credo che l’universo per una volta sarà dalla
tua se glielo lascerai fare.”
“Ma
tu come…?”
“Gli
scoiattoli mi parlano, Max” sorride ancora, e poi va via
intimandomi di nuovo di non rimanere troppo qui.
Quest’uomo
sa troppe cose. Ma non è questo il momento di approfondire.
Senza perdere altro tempo corro verso il posteggio e mi nascondo dietro
un’auto.
Grande.
E ora?
Mentre
rifletto cominciano ad arrivare le prime volanti della polizia, quindi
metto in atto l’unica soluzione possibile al momento: tiro
fuori il cellulare e compongo il numero.
“Pronto?
Max? Sono a lavoro, cosa-”
“Joyce,
sono nei guai. Vogliono incastrarmi! Puoi venire a prendermi al
parcheggio della scuola?”
*
“Sicura di
voler tornare in accademia?”
“Sono
sicura, sto bene, davvero.”
“A giudicare
dai tuoi vestiti non direi proprio” commenta Joyce osservando
un po’ schifata i miei jeans, che sono per metà
rossi del mio sangue. Non un bello spettacolo in effetti.
“Magari
un’altra notte in ospedale non sarebbe male”
insiste Chloe, “dopo la visita di ieri…”
“Quale
visita?” chiede Joyce, e io guardo la mia amica dalla bocca
larga con uno sguardo eloquente che dice più o meno:
“Tapparti la bocca con una merendina del distributore,
no?”
“Ragazze.”
Ecco, questo
è il tono di Joyce che non ammette repliche.
“Quale
visita?” ribadisce, e se non vedo male il suo sguardo si sta
indurendo. Vuole una risposta e la vuole subito.
Bella storia. Cosa ci
inventiamo adesso?
“Ecco mamma,
vedi…” esordisce Chloe “...non volevamo
dirtelo, ma… è venuto Frank
Bowers…”.
Oh. Tiriamo in ballo
la pecora nera del paese? Non posso dire di esserne felice, ma capisco
l’urgenza di inventarsi una balla credibile.
La faccia di Joyce
viene attraversata da un’ombra scura: “Bowers? Che
ci faceva quel delinquente qui all’ospedale? E che cosa
voleva da voi?”.
“Niente che
riguardi Max, se è questo che ti preoccupa. Doveva parlare
con me”.
“Con te?
Signorinella, non mi starai facendo capire che ti rifornisci di
stupefacenti da quel brutto ceffo?”.
“La
questione è più complessa. Vieni, parliamone
fuori”.
“No,
non…” cerco di inserirmi, ma non faccio neanche in
tempo a finire la frase che le vedo andarsene senza
un’ulteriore parola.
Sempre più
bella storia.
Rimango a fissare la
porta da cui sono appena uscite e mi chiedo quale demone abbia
suggerito a Chloe di andare a mettersi nei casini fino a questo punto.
Perché
citare Frank, che data la reazione di Joyce immagino abbia una certa
fama qui ad Arcadia Bay, significa praticamente appendersi al petto un
cartello con su scritto sono uno sporco drogato. Ed è
l’ultima cosa di cui il mio sidekick ha bisogno, soprattutto
a livello familiare.
Quel che mi stupisce
di quanto accaduto è la generosità e la mancanza
di insicurezza che Chloe ha sfoggiato. E diciamocelo chiaramente, non
sono proprio le sue doti più risplendenti… in
special modo la prima. D’altronde non più tardi di
quattro giorni fa non ha esitato a tirarmi addosso, anche se solo in
maniera figurata, lo spinello che si stava fumando dicendo che era roba
mia.
Ci sono rimasta male
sul momento, non lo nego. E ora sono rimasta positivamente colpita, non
nego neanche questo. Chissà, magari si è resa
conto di avermi fatto un torto in quell’occasione e ora sta
cercando di espiare.
Potrei alzarmi e
andare a sentire cosa si stanno dicendo, ma preferisco essere prudente
e non prendermi possibili rischi. Di sicuro non mi sento al meglio
della forma, ecco.
Passano un
po’ di minuti, forse una decina. Poi la vedo rientrare da
sola, lo sguardo mesto e un’aria rassegnata.
“Cosa le hai
detto?”.
“Le ho
parlato di Frank e Rachel”.
C-Cosa?
“Non ci
credo. Non ti ho sentita urlare”.
“Poco
sarcasmo, per piacere. Fa abbastanza male così”.
“...scusa.
Indelicato da parte mia”.
“Puoi dirlo
forte”.
“SCUSA,
INDELICATO DA PARTE MIA”.
“Mi stai
facendo pentire di essermi presa la colpa”.
“...di nuovo
scusa. Oggi non ne azzecco una. Hai mica del nastro adesivo per
sigillarmi la bocca?”.
“L’ironia
in te forte scorre, giovane padawan”.
“Si fa quel
che si può, Yoda dal colore sbagliato”.
Un attimo di silenzio.
Una cicala che fa sentire la propria presenza. Poi uno scoppio
sincronizzato di risate.
“Siamo
sempre state così cretine, Max?”.
“Tenderei a
dire di sì, solo che gli ultimi giorni non ci hanno permesso
di esternarlo nel modo appropriato”.
“Beh, spero
che questo pasticciaccio brutto si risolva presto. La tua risata
è qualcosa di sublime”.
“Lo stesso
vale per la tua”.
Il silenzio che
scaturisce da queste due ultime frasi è diverso.
Più… imbarazzato.
Poi lei sembra
recuperare un decoro. Si avvicina e si siede sul lato del mio lettino.
“Prometto
che cercherò di essere seria, Chloe. Ma ora, per favore,
raccontami”.
Prende fiato prima di
rispondere: “Le ho spiegato cosa legava Frank e Rachel,
facendole credere che fosse quello il motivo per cui lui è
venuto qui a parlarmi”.
“Immagino
sia stato difficile per te…”.
“No, non lo
puoi immaginare. Ho tentato di mantenere una compostezza, ma temo di
aver lasciato trasparire troppo quel che provavo”.
Senza dire niente la
abbraccio. Se lo merita.
“E ora cosa
facciamo?” mormora.
“Non lo
so” rispondo, “stavolta siamo davvero bloccate in
un angolo.”
*
“Scusa
se ti ho chiamata mentre eri a lavoro, ma non sapevo
cos’altro fare…”
“Non
dirlo neanche per scherzo, non ti avrei mai lasciata nei guai. Anche se
davvero non capisco perché accusare te, non eri neanche ad
Arcadia Bay quando Rachel è sparita!”
Sorrido
e sprofondo sul sedile, ascoltando il soliloquio di Joyce: non potendo
contare su Chloe e la sua macchina ho dovuto… improvvisare,
ecco. “A Prescott avrà dato fastidio il
mio ficcanasare in giro” sussurro, e Joyce fa una smorfia:
“Non mi sorprende. Ma l’hai fatto a fin di
bene.”
Vero,
ma vorrei non finire in galera a fin di bene. E purtroppo rischio sul
serio se l’FBI non si sbriga. Mi volto a osservare il mare e
noto le balene spiaggiate. Con tutti i casini in cui sono invischiata
avevo quasi dimenticato il tornado che sta per abbatersi su Arcadia
Bay… quasi.
A
questo non so proprio come porre rimedio, però.
Quando
arriviamo a casa Price ad accoglierci troviamo David sul piede di
guerra.
E
anche Chloe? Che diamine…?
“Joyce!
Mi ha chiamato un amico dalla polizia chiedendomi se avevo visto Max
e… ovviamente l’hai portata qui.”
Mi
limito a fare ciao con la mano.
“MAAAAX!”
Vengo
travolta dal mio personale Tuono Blu che inizia a strillare:
“MAX! Ti hanno interrogata? La polizia sa che sei qui?
È stato Prescott, non è vero?!”
“Chloe,
calmati! E anche tu, David!” li rimprovera Joyce, chiudendosi
la porta alle spalle. “Secondo te” punta il dito
contro il marito “cosa dovevo fare? Mi ha chiamata
terrorizzata dicendo che volevano incastrarla per la morte di Rachel.
Hanno fatto trovare il suo corpo in mezzo al campus!”
“Avresti
potuto-”
“Portarla
dalla polizia? Che è sul libro paga di Prescott, e quindi
avrebbe fatto in modo che Max ci rimanesse in eterno?”
“...punto
tuo.”
“Lo
so, lo so che è estremamente rischioso e sto infrangendo non
so quante leggi” continua, facendo su e giù per il
soggiorno, “ma non potevo lasciarla lì!”
“Mamma,
sei figa!” trilla Chloe saltandole al collo, e Joyce
borbotta: “Ti ho detto cento volte di moderare i termini,
signorina. Ma è vero, sono stata… intraprendente,
ecco.”
“Beh,
spero che questa tua idea non ci costi cara” riprende David,
“ho detto loro che non avevo idea di dove fosse Max dato che
ieri sera non avevo il turno di guardia, e per un po’
dovrebbero lasciarci in pace. Intanto cerco di rintracciare il mio
amico dell’FBI, spero arrivi al più
presto.”
“Ci
vogliono poco più di due ore per arrivare qui da Portland,
nel migliore dei casi si tratta di nasconderla fino alle dieci
circa” sorride Joyce, ignorando tranquillamente lo sguardo
malevolo di David. “Accomodatevi ragazze, preparo la
colazione.”
“E
il lavoro?” chiedo, e Joyce risponde facendo
l’occhiolino: “Una delle mie colleghe mi doveva un
paio di favori.”
“Mamma,
come siamo biricchine!” la apostrofa Chloe, la cui faccia
lascia trasparire tutta l’ammirazione che prova per sua madre
in quel momento.
“Tesoro,
da qualcuno dovevi pur aver preso” è la serafica
risposta, “anche se ti manca il mio self control, ma vedremo
di rimediare. Ora silenzio, artista ai fornelli.”
Ok,
questo breve teatrino mi ci voleva: fuori luogo quanto volete, ma non
si può certo vivere in una tensione perenne.
“Allora
Mad Max, aggiornami” sussurra Chloe, sedendosi accanto a me
“che diavolo è successo?”
“Non
ne ho idea, so solo che stamattina Dana è venuta a
svegliarmi dicendo che c’era un cadavere in cortile. Sono
corsa a vedere perché credevo fosse
Victoria…”
“...e
invece era Rachel.”
“Già.
Poi il preside mi ha aizzato contro la polizia e ho dovuto
riavvolgere.”
“Ma
perché tirarti in mezzo? Che gliene viene a lui?”
“Non
lo so, ma non mi stupirei se fosse coinvolto in questo…
schifo” sbuffo, “in fondo ha coperto tutte le
malefatte di Nathan.”
“Sì,
è l’unica spiegazione plausibile. Prescott ha
deciso di passare al contrattacco” si incupisce, per poi
riprendersi quando arriva la colazione: “Pancakes!”
“Oh
sì, ne avevo proprio voglia!” dico fiondandomi sul
mio piatto.
Siamo
ancora con le bocche piene come due bambine di cinque anni quando
sentiamo la porta di casa Price aprirsi e chiudersi di nuovo, e David
tornare in salotto.
“Signore,
la cavalleria è arrivata” annuncia, presentandoci
due uomini totalmente vestiti di nero, “gli agenti Mulder e
Scully.”
Sono
salva. Voglio crederci.
...no,
aspetta un attimo.
“Scusate,
ma voi…” faccio per chiedere, salvo venire fermata
da una mano alzata e un laconico, muto “Non chiedere,
ragazzina”.
“Ehi,
Mulder Bocca di Fuoco!” si lascia andare David abbracciando
uno dei due tizi, ovviamente quello più grosso e
dall’aspetto che incute più timore.
L’armadio a quattro ante in questione ricambia con vigore
quasi animalesco l’abbraccio, apostrofandolo come
“Madsen Grillo Tonante”.
Ho
già capito: non chiedere.
“Allora,
a cosa dobbiamo la convocazione? Sai che sono sempre disponibile per
una birra con i vecchi commilitoni, ma il tono della tua telefonata era
piuttosto serio”.
“Sì,
confermo. Queste due ragazze” dice indicandoci con il pollice
“sostengono di avere scoperto un giro di foto illegali a
minorenni. Da parte mia ho già provveduto a controllare gli
indizi che hanno raccolto e mi sento di poter dire che la questione non
è affatto campata per aria, anche se non ho potuto visionare
niente di compromettente”.
“Sediamoci
che così ci spiegate per bene, mh?”.
Ammetterò
che, nonostante la presentazione fisica non del tutto rassicurante,
l’uomo compensa con un tono piuttosto affabile. E comunque
è stato disposto almeno ad ascoltarci, è
già qualcosa.
Ci
piazziamo tutti e sei sulle poltrone del salotto.
“Prego,
dite pure”.
“Non
c’è in realtà molto da dire”
prende la parola Chloe, anticipandomi per pochi istanti
“Siamo venute a conoscenza, in maniera non esattamente
casuale, di una probabile organizzazione criminale che di notte rapisce
delle ragazze e le conduce, sotto l’effetto di droghe, in un
fienile appena fuori città. Lì, dove
c’è un bunker antiatomico, hanno allestito uno
studio fotografico usato per immortalarle in pose… oserei
definirle sconce. La mattina successiva le riconducono a casa, o nella
stanza del dormitorio se si tratta di studentesse della Blackwell
Academy”.
Lo
stupore e l’incredulità si possono vedere
benissimo sui loro volti.
“Come
siete venute a conoscenza di tutto questo? E che prove avete a sostegno
di questa tesi? Sono accuse gravi, le vostre”.
“Tutto
è cominciato con Rachel Amber, una mia cara amica che
è sparita sei mesi fa. Visto che sembravo l’unica
a interessarsi del suo destino ho cominciato a ficcanasare a destra e a
manca, a fare domande, a raccogliere informazioni. Poi, e questa
è la parte dolente, io e lei ci siamo date da fare in
maniere… non esattamente legali”.
Qui,
come si poteva facilmente intuire, la faccia di David si rabbuia e
scuote la testa sconsolato. Un po’ mi dispiace per questo,
Madsen.
“Da
parte mia” dichiaro con voce ferma “sono disposta a
pagare per le mie infrazioni”.
“Parliamo
dopo dei tremila anni di carcere che ci aspettano, ok? Quel che questi
gentiluomini vogliono sentire è altro, e cioè che
la barra si è alzata quando abbiamo rinvenuto il corpo senza
vita di Rachel”.
“Dove?”.
“In
una discarica, avvolto in un sacco”.
“E
come fate a sapere di questo fantomatico bunker e delle
foto?”.
“...ci
siamo state” sussurriamo assieme, consce di star ammettendo
un crimine non proprio da due soldi.
“Esattamente
cosa ci avreste trovato?”.
“Come
le ho detto foto, un sacco di foto. Catalogate maniacalmente a seconda
del soggetto, con tanto di nome bene in vista. C’erano la
già citata Rachel Amber, un’amica di Max chiamata
Kate Marsh che a causa di tutto ciò ha recentemente tentato
il suicidio e altre persone che a dire il vero non conosco”.
“E
come detto c’era… un set
fotografico…” aggiungo tentennando. Tentenno
perché… credo di star avendo una rivelazione.
“Max?
Ti sei imbambolata, tutto bene?” mi chiede Joyce.
“Io…
io penso… di aver capito una cosa importante”.
“E
cosa?”.
“Il
bunker appartiene alla famiglia Prescott, i vicere di Arcadia Bay.
Tengono la polizia del posto sul palmo della loro mano, per questo ci
siamo dovuti rivolgere a un livello superiore. Ma non penso che
né Sean Prescott, il patriarca, né suo figlio
Nathan siano poi così interessati all’aspetto
più strettamente artistico. Solo che…”.
“Solo
che?”.
“Solo
che… conosco una persona che potrebbe esserlo”.
“Eh?”
mi chiedono in coro gli altri.
“«Potrei
prendere ognuno di voi, chiuderlo in un angolo buio e ritrarlo in un
momento di disperazione»”.
“Eh?
Ti stai dando alla filosofia decadentista?”.
“No,
scema. Sto cercando di dire che forse, e sottolineo il
forse… ho capito chi usava tutta la costosa attrezzatura che
abbiamo visto in quel posto”.
“Oh.
No, non starai dicendo che…”.
“Sì,
lo sto dicendo”.
“Ragazze,
si può sapere di cosa farfugliate voi due?” si
intromette David, presto seguito da Joyce e dallo Scully dal sesso
sbagliato.
Solo
per un istante il fiato mi si blocca. Se ho ragione è una
scoperta sconvolgente.
“Jefferson…”.
“Jefferson…?”
Mulder inarca un sopracciglio e mi fa cenno di spiegare. Sospiro:
“Mark Jefferson è il mio insegnante di fotografia
alla Blackwell, nonché un famoso fotografo. La frase che ho
sussurrato prima l’ha detta qualche giorno fa durante una sua
lezione e…”
“...ti
è venuto il dubbio che potrebbe essere coinvolto.”
“Io
lo dicevo di non fidarsi di un tizio col pizzetto”
è il fondamentale apporto del Madsen nazionale. Non che
abbia torto, sia chiaro.
“So
che non è una prova valida ma” mi alzo di scatto
“tutta l’attrezzatura presente nella Dark Room era
roba professionale e incredibilmente costosa. E anche se i Prescott
possono sicuramente permettersela, non credo che Prescott senior
l’abbia comprata per assecondare i capricci del
figlio.”
“Però
hai detto tu stessa che le foto in camera di Nathan erano
strane” interviene Chloe, per poi tapparsi la bocca. Troppo
tardi aggiungerei, tanto ormai abbiamo rivelato tutti i nostri peccati
all’ FBI… fatto trenta facciamo trentuno. Dal
canto loro i due agenti non sembrano particolarmente impressionati dal
nuovo reato; Scully, finora rimasto in silenzio, decide finalmente di
intervenire: “Queste però sono solo ipotesi, forse
non le accetterebbero nemmeno come prove circostanziali. Hai niente che
possa essere usato contro di lui? Anche solo qualcosa che giustifichi
una semplice verifica della sua fedina penale…
perché così abbiamo le mani legate.”
“E
ricordatevi che al momento siamo qui in via ufficiosa”
conclude Mulder, “e se dobbiamo pestare i piedi alla polizia
di Arcadia Bay vorremmo farlo con il culo parato.”
Io
e Chloe ci guardiamo demoralizzate, ben coscienti del fatto che non
abbiamo nulla in mano. Stupida Max, non potevi avere
quest’illuminazione ieri?
“Scusate
se mi intrometto, chiaramente non voglio dirvi come fare il vostro
lavoro ma… le ragazze hanno raccolto parecchi indizi che io
e David abbiamo visionato. Non è possibile che ci sia
qualcosa lì? Magari vale la pena dare un’altra
occhiata.”
Ci
voltiamo tutti verso Joyce, che ci sorride.
David
inarca un sopracciglio: “In mezzo a quelle carte
c’erano pure i miei file, che contengono informazioni anche
su Jefferson…”
“Io
e Max abbiamo già ricollegato date e targhe… ma
ci eravamo sempre concentrate su Nathan” Chloe sgrana gli
occhi, voltandosi di nuovo verso di me.
Joyce,
ti voglio bene.
*
Arrivata alla
Blackwell ho scoperto di non avere l’obbligo di andare a
lezione.
A quanto pare la
notizia del mio dissanguamento si era già diffusa, e i
docenti mi hanno caritatevolmente concesso una giornata di
libertà.
“Il signor
Jefferson ci ha raccontato tutto, per oggi devi solo
riposarti” dicevano. “Era così
preoccupato per te, Max!” miagolavano.
Oh sì,
preoccupatissimo.
Comunque non
sarò certo io a schifare ventiquattro ore di
libertà, quindi ho convinto Chloe a tornare a casa sua e
fare ricerche sul tornado imminente. Non ho idea di cosa possiamo fare
in realtà, dato che non ho controllo sugli agenti
atmosferici, ma visto che anche puntare su Jefferson per ora
è inutile…
“Questa
ricerca è un buco nell’acqua” borbotta
la mia hacker di fiducia, stiracchiandosi “non trovo
assolutamente nulla di diverso da pagine che spiegano scientificamente
il fenomeno dei tornadi. E non credo sia quello che ci serve.”
“Per questo
dobbiamo scavare più a fondo” replico, alzando gli
occhi dal cellulare — che sto usando per qualche ricerca
incrociata, giusto per non stare a fissare imbambolata i nuvoloni in
avvicinamento.
“E che
dovrei fare, una capatina nel deep web? Non credo ci siano studi
paranormali sulle tempeste.”
“Magari
trovi un qualche modo illegale di far funzionare la copertura di rete
durante il maltempo” ringhio, osservando le tacche del
cellulare azzerarsi a intermittenza. Chloe fa spallucce indicando le
tacche della sua connessione, anch’essa piuttosto altalenante.
“Ribadisco,
è una perdita di tempo” riprende Chloe,
“la cosa migliore sarebbe scappare via a gambe
levate.”
“Se hai
visto Final Destination sai che potrebbe non funzionare”
ridacchio, anche se non del tutto divertita. Fin troppe cose, in questi
giorni, sembrano aver seguito lo stesso schema di quel film. Chloe
sbuffa, accendendosi l’ennesima sigaretta, e io mi butto sul
suo letto: “E comunque la tua idea di andare in giro per le
strade di Arcadia Bay urlando che l’apocalisse è
imminente non era nemmeno da prendere in considerazione.”
puntualizzo, e con la coda dell’occhio noto che lei mi fa il
verso muovendo la mano come fosse un becco. Ah ah ah, che spiritosona.
In tutto questo la mia pancia reclama vendetta per la colazione
saltata, emettendo suoni inquietanti.
“A quando
risale il tuo ultimo pasto?” mi sfotte Chloe, e io
arrossisco: “Il budino che sapeva di colluttorio mangiato
ieri in ospedale conta?”
“Ok, qui ci
vuole una super colazione al Two Whales” decide, e si alza di
scatto per prendere la giacca. Io non posso che essere
d’accordo: “Approvo totalmente, la mia pancia brama
i pancakes di Joyce. Certo, potevamo anche arrangiarci noi in cucina e
non interrompere le ricerche. E poi uscire questo
tempaccio…”
“Ormai
uscire o no con la tempesta cambia poco, senza contare che necessito di
una pausa” replica lei. “E poi, tu sai
cucinare?”
“...no.”
“Nemmeno
io.”
“...ok,
andiamo al Two Whales.”
“Allora Max,
come ti senti?”
“Molto
meglio, grazie. La giornata libera ci voleva proprio.”
Joyce annuisce:
“Concordo. Pancakes per te e uova fritte per la ribelle in
arrivo.”
“Ricordati
il bacon!”
“Niente
bacon per te, signorina.”
Chloe sbuffa, e da
brava bambina di cinque anni fa le linguacce alla madre — che
deve avere gli occhi anche dietro la testa, perché la
sentiamo cinguettare: “Tanto ti vedo.”
“Dai, se fai
la brava ti faccio assaggiare un po’ dei miei
pancakes” rido, e la piccola Price sembra calmarsi un
po’, per poi borbottare di nuovo: “Stupido
cellulare, è totalmente isolato.”
Mi volto verso le
finestre, fissando i nuvoloni neri in lontananza: “Nella mia
visione il tornado arrivava dal mare, e qui siamo già
più vicine alla costa” rifletto, “forse
i problemi di copertura del segnale qui sono più
forti.”
“Lo sto
notando” ringhia, e rido: “Vado un attimo al bagno,
cerca di non lanciarlo contro una parete nel frattempo, se ci
riesci.”
Mi fa un gesto con la
mano che interpreto come sì, e mi dirigo alla toilette.
Faccio ciò che devo fare e mi appresto a lavarmi le mani,
quando noto una scritta su una delle porte:
Questo
è il settimo segno: vedrai il mare diventare nero e molte
creature viventi morire a causa di questo.
Ricordo di averla
letta quando sono venuta qui la prima volta con Chloe, cominciando
anche a notare parecchie… coincidenze inquietanti poco dopo,
come animali morti ovunque e vortici in ogni forma e dimensione.
Vortici…
Torno al mio tavolo,
dove trovo Chloe spiluccare dal mio piatto: “Ehi!”
“Avevi detto
che potevo!” farfuglia con la bocca piena.
“Potevi
almeno aspettare che tornassi” la rimprovero, e mi fa il
broncio. Un broncio molto carino.
Ok Max, per favore,
bastano già gli ormoni galoppanti della tua sidekick a far
casini. Prima che mi passi di mente tiro fuori il cellulare dalla borsa
e provo a fare una ricerca su Internet, ma non c’è
campo.
“Senti,
dovremmo tornare a casa tua. Potrei avere una pista.”
Chloe sgrana gli occhi
e mi indica il piatto di uova fumanti. E una, una sola, strisciolina di
bacon fritto. Joyce cuor di panna.
“Ma…
ma la colazione?” piagnucola.
“Di questo
passo potrebbe essere l’ultima che fai.”
Rimane in silenzio per
qualche istante, per poi voltarsi verso il bancone:
“Mà… ci faresti due confezioni da
asporto?”
Così ti
voglio, Price. Più o meno ligia al dovere.
“Allora,
trovato qualcosa?”
“Sembra
parte di una profezia hopi” borbotta, scorrendo la pagina
sullo schermo del suo PC. “Ma continuo a non capire in che
modo sia collegata al tornado.”
“Non ne ho
idea” rispondo, girando in tondo dentro la sua stanza,
“ma l’ho letta al Two Whales quando ci siamo state
qualche giorno fa, e da allora non faccio che notare segni
ovunque!”
“Segni?”
“Sì!
Le creature che moriranno a causa del mare nero” cito quasi
testualmente, “penso si riferisca a tutti gli animali morti
in questi giorni! Gli uccelli morti nel tuo giardino, le balene
spiaggiate… e vortici. Vortici ovunque.”
Inizio a pensare che
anche il nome Vortex Club e il party Fine del mondo non siano nomi poi
così casuali…
Chloe inarca un
sopracciglio: “Max, ti rendi conto che tutto ciò
è folle?”
“Riavvolgo
il tempo con la sola imposizione delle mani. Davvero hai ancora dubbi
su tutto questo?”
“Touché”
sorride, e in una strana imitazione di stamattina si alza dalla sedia e
va a prendere la sua giacca. “Avanti Mad Max, il dovere ci
chiama.”
“Che vuoi
fare?”
“Andare al
faro. Non è lì che hai avuto la visione della
tempesta?”
“Sì
ma…”
“Andiamo a
cercare qualche indizio. Magari abbiamo fortuna.”
“Tu
dici?”
“Ehi, hai
detto tu che arrivati a questo punto tanto vale buttarci a capofitto in
questo casino no?”
“Non proprio
in questi termini, ma sì.”
“E allora
andiamo!”
E andiamo.
Il viaggio in auto
è stranamente tranquillo, nonostante il memento mori dato
dalle nubi all’orizzonte e dai tuoni sempre più
forti; appena arrivate cominciamo a setacciare il faro in lungo e in
largo, alla ricerca di qualunque cosa che possa tornarci utile.
“Niente, non
c’è un fottuto niente di niente!”
“Cosa ti
aspettavi, un festone con su scritto ‘Congratulazioni! Avete
trovato il pulsante per fermare il tornado!’?”
“Ah. Ah. Ah.
Non fai ridere.”
“Non volevo
mica farti ridere” ghigno, accomodandomi sulla panchina.
Ovviamente la ricerca si è rivelata un buco
nell’acqua, non che mi aspettassi chissà
cosa… però è deludente comunque.
Mentre osservo il mare
sconsolata, sento un rumore strano provenire dalla mia borsa.
“Ma
che…?”
“Cosa
c’è, Max?” chiede Chloe, avvicinandosi.
“Sento un
rumore strano” borbotto, frugando nella sacca e tirando fuori
il cellulare. “Deve essersi attivata la radio per
sbaglio.”
“A furia di
venir sballottolato in mezzo al casino che tieni lì
dentro” sorride, a cui replico con un secco: “Colpa
della tua guida terrificante, Price.”
Mentre mi fa una
pernacchia il rumore statico aumenta di colpo e… sento una
voce. Una voce familiare.
“...senti-BZZZ”
“Abbiamo
beccato un’interferenza?” chiede Chloe, ma le
faccio cenno di far silenzio.
“...e mi
senti… BZZZZ-ono Max…”
Max?
Sono io?
Quella
è… la mia voce.
*
L’opera
di visione del tabellone degli indizi Pricefield (capito? Price +
Caulfield? Pricefield?) porta risultati non malvagi. I due ometti in
nero ritengono quanto raccolto da me e dalla mia Robin senza tutina
aderente sufficiente per almeno una piccola indagine informale, il che
ci basta. Pretendere di più sarebbe stato francamente
irrealistico.
Mentre
Joyce assiste Scully con la prenotazione di un alberghetto e Mulder e
David si tuffano nei ricordi di come, testuali parole, hanno fritto
assieme il culo di quell’insetto del terrore di Saddam
Hussein…
“Chloe,
puoi venire un secondo con me? Dovrei parlarti”.
“Fattore
T?”.
“Fattore
T”.
“Sono
tutta tua”.
Oh
santo cielo, una risposta più equivoca no eh? Siamo nel bel
mezzo di una crisi e tu hai la fantastica idea di andare a stuzzicare i
miei ormoni con un punteruolo. Brava.
Ci
appartiamo.
“Innanzitutto
toglimi una curiosità: se non si fosse trattato del fattore
T non saresti venuta?”.
“Non
fare la viziata del menga, Max. Ovvio che sarei venuta. Solo che questo
rende la conversazione più pressante, tutto qui”.
“Bof.
Sarà. Comunque, quel che volevo dirti è una cosa
un po’ preoccupante che ha preso ad accadermi da ieri
sera…”.
“Riguardante
quello?”.
“Se
parlo di fattore T non intendo tartufi, genialoide”.
“Permalosona.
Dai, dimmi”.
“Ti
ricordi le ultime bizze del mio naso?”.
“Me
le ricordo sì. Qualche problema?”.
“A
parte che non è normale in sé e per sé
sanguinare in quel modo, ma ormai credo di aver capito che quando
succede è sempre in qualche modo collegato col mio potere.
Martedì, quando c’è stato il casino con
Kate, non ho potuto usarlo per aiutarla”.
“Ti
era finita la polvere speciale?”.
“...Price,
non è il momento. Sto cercando di essere seria”.
“Eeeeh.
Scusa, scusa. Quindi? Ieri sera è stato lo
stesso?”.
“No,
almeno non credo. Non ne ho avuta la conferma pratica, ma so per certo
che si è presentato un ulteriore aspetto del
problema”.
“Sarebbe?”.
“In
entrambe le occasioni, assieme al sanguinamento, c’erano
delle visioni”.
“Visioni?
Come quella che mi hai raccontato?”.
“Sì.
E quando ti ho detto «non è mai
successo» non intendevo un avvenimento cancellato dal mio
riavvolgere, intendevo che a parte quello non ne ho mai avuta la minima
memoria. Non è proprio esistito in questo mondo,
ecco”.
“Capito.
Cosa può voler dire?”.
“Lo
devo sapere come? Non ne ho idea, Chloe. Ho visto cose mai accadute e
non me ne so spiegare il motivo”.
“Figata.
Oltre a manipolare il tempo hai le allucinazioni”.
“Ma
piantala. Sono preoccupata da ‘sta cosa. Il mio potere
potrebbe starmi facendo impazzire se mi metto a vedere quel che non
esiste”.
Il
tono mi si incrina e lascio trasparire un po’ di paura,
perché ammetto che la cosa mi fa paura. Davvero non mi so
spiegare questo fatto.
Perché
cavolo vedo immagini che in teoria, e volendo anche in pratica, sono
irreali?
Sento
una mano sulla spalla. Alzo la testa, che si era abbassata da
sé, e la vedo mentre con l’altra mano si avvicina
alla mia guancia e mi accarezza.
“Tranquilla,
la risolviamo in qualche modo”.
Price,
con il nervoso e le paranoie e tutto il resto che mi hai causato
ultimamente… grazie.
“Signorine!”
la squillantissima e per nulla appropriata voce dell’agente
Mulder ci distrae “Qua per ora abbiamo finito. Io e il mio
collega faremo un velocissimo salto all’hotel, giusto per
confermare la prenotazione, e poi cominceremo a lavorare sui dati che
ci avete fornito. Vi prego di ricordarvi che siamo qui in via
ufficiosa, quindi per il momento vi consiglio caldamente di non
aspettarvi mandati d’arresto e retate in grande
stile”.
“Volete
un ombrello?” si inserisce Joyce.
“Uh?”.
“Guardate
fuori dalla finestra”.
Anche
noi seguiamo il consiglio e… wowser, sta…
...arrivando…
...un
tornado.
Merdamerdamerdamerdamerdamerda.
Dimenticata.
Me n’ero completamente dimenticata.
Non
che io abbia idea di come fermare un tornado, ma anche starmene con le
mani in mano non mi pare un’idea fantastica. Sto per
rivolgermi a Chloe quando…
...sono
al faro. La tempesta è fortissima e il tornado sempre
più vicino, e... io e Chloe siamo sedute alla panchina.
E
quando diamine è successo? O è un’altra
visione del futuro?
Mi
avvicino cautamente, nella speranza di carpire qualche informazione
utile. A questo punto ci facciamo andar bene veramente tutto. Noto che
l’altra me ha in mano il cellulare, e sia lei sia Chloe hanno
un’espressione sconvolta in viso.
Le
vedo aprire bocca.
“Era
la mia voce?” dice l’altra Max, ma non faccio in
tempo a chiedermi cosa voglia dire che mi ritrovo di nuovo nel salotto
di casa Price.
“Max!
Max, tutto ok?”
“Come
ti senti?”
Mi
correggo: sono sul pavimento del salotto di casa Price.
“Che…
che cosa…” borbotto, con un tono di voce rauco che
non sembra appartenermi, e subito Joyce interviene: “Non
appena ho nominato il tornado hai cominciato a barcollare e sei
svenuta!”
“Sto…
sto bene, non è niente” protesto, ma Joyce non
sente ragioni: dopo avermi controllato la temperatura ordina a Chloe di
portarmi in camera sua, che sicuramente ho preso freddo durante i
nostri bighellonamenti notturni; quest’ultima obbedisce senza
fiatare.
Mi
trascina fino al suo letto, dove mi fa accomodare:
“Cos’è successo? Un’altra
visione?”
“Wow,
stai diventando un’esperta” ironizzo, prendendo
possesso del cuscino.
“Dopo
quattro o cinque volte che succede in mia presenza comincio a
riconoscerne i sintomi” sorride, poi torna seria:
“Allora, cos’era?”
Sospiro
e cerco di riordinare le idee. Stavolta non sono sicura neanche io di
cosa ho visto.
“Ero
al faro, e il tornado era vicino. Ho visto noi due sedute sulla
panchina del promontorio.”
“Wow,
passeggiata romantica con tramonto e tornado. Un primo appuntamento
indimenticabile!” ride, e vorrei che non l’avesse
detto perché sento una strana sensazione allo stomaco. Credo
di aver finalmente capito cosa voglia dire la frase “avere le
farfalle nello stomaco”. Le mie sono tutte blu.
“Quindi
era una visione futura?” chiede Chloe, riportandomi alla
realtà. Aggrotto la fronte: “Credo di
sì.”
“Ma…?”
incalza.
“Ma
non ne sono sicura. Quando mi sono avvicinata ho sentito
l’altra me stessa dire qualcosa riguardo l’aver
sentito la sua voce, e aveva il cellulare in mano… ma la
visione si è interrotta proprio in quel momento.”
Chloe
si gratta la testa, pensierosa: “Detto così
può voler dire tutto e niente. Sembrerebbe qualcosa che deve
ancora accadere, ma il particolare della tua voce sembra
importante…”
“Già”
sospiro, “se solo potessi avere queste visioni a
comando…” dico, quasi senza pensarci.
Tuttavia…
Potrebbe
funzionare. Voglio dire, con le foto l’ho già
fatto, cosa mi impedisce di tentarci anche in questo caso? Mi alzo di
scatto dal letto e la testa comincia a girare vorticosamente. E basta
con i vortici!
“Max,
che diamine fai?” mi rimprovera Chloe, “Sei ancora
troppo debole!”
“Voglio
provarci.”
“C-cosa?”
balbetta lei, arrossendo.
“Le
visioni. Voglio vedere se riesco a pilotarne una adesso.”
“Oh.
Sì. Giusto” balbetta, e noto il rossore sulle sue
guance. Se non avessi una fretta del diavolo approfondirei questo suo
imbarazzo.
“E
come pensi di fare?” chiede, cambiando subito discorso.
“Non
sono sicurissima” mento, perché in
realtà so come fare. Ma implicherebbe il rivelarle i salti
nelle foto e… William. E non è il momento. Forse
non lo sarà mai. Scuoto la testa: “Magari
concentrandomi su un particolare, come faccio quando riavvolgo il
tempo” sussurro, e riporto alla mente la scena: il faro, il
vortice, il promontorio. Io e Chloe sulla panchina.
Fisso
il mio sguardo su di loro — su di noi: dapprima è
tutto sfocato e tremolante, ma poco a poco diventa tutto più
nitido e la stanza di Chloe scompare lasciando il posto alla tempesta.
Di
nuovo mi avvicino alle Max e Chloe della visione, e ascolto.
“...e
mi senti… BZZZZ-ono Max…”
“Era…
era la mia voce?”
L’altra
Chloe si limita ad annuire, visibilmente turbata.
“Se
mi senti-BZZZZ-sono Max! Da -BZZZZZ-one differente!”
“Che
ha detto?” chiede Chloe, e l’altra me scuote la
testa: “N-non so… provo a cambiare
frequenza” dice, e smanetta col cellulare fino a trovare una
frequenza un po’ più chiara: “Se mi
senti, sono Max! Da una dimensione differente!”
Le
due si guardano sconvolte. Io le seguo a ruota.
Una
Max da una dimensione differente? La… la sta contattando
tramite la radio del cellulare?
“Oddio
sembra quel vecchio film, Frequency…” commenta
Chloe, dando voce ai miei pensieri.
“So
che è una follia” continua la voce dalla radio
“ma… beh tutto è folle, da una
settimana a questa parte! Se riuscite a sentirmi, vogliamo sapere
cos’è successo da voi! Cosa sapete di Jefferson?
Siete state nella Dark Room?”
E
proprio mentre l’altra me sta per rispondere tutto sparisce,
e mi ritrovo a fissare il soffitto tappezzato di tette e frasi emo
della stanza di Chloe.
“Max!
Maaax! Oddio, stai perdendo sangue a litri!”
La
sua voce mi riporta del tutto alla realtà. Mi tocco il naso
con una mano e scopro che apparentemente sto davvero morendo
dissanguata.
“Non
muoverti! Non muoverti! Oddio” balbetta Chloe, premendomi un
paio di fazzoletti sulla faccia.
“Ho
visto” sussurro, spostando leggermente la sua mano,
“ho visto tutto…”
“Me
lo dirai dopo, ok?” urla, totalmente in panico, ma la
interrompo: “Non era una visione futura, era… era
un’altra dimensione.”
“Silenzio!
Ora tu ti stendi sul letto e…”.
“Shush”
cerco di scacciarla con la mano. Non mi sento particolarmente male. Non
ho vertigini, non ho nausea, mi sento stabile sui miei due piedi.
“Sto bene e questo è più
importante”.
“Niente
è più importante della tua salute, specie quando
decidi di imitare una cascata!”.
“Price,
finiscila. Ti ho detto che sto bene e ‘sta cosa è
troppo freaky per ignorarla così”.
“Guarda
che non… oh, invece è proprio
venerdì”.
Si
scosta, pare un po’ ferita dal modo in cui mi sono rivolta a
lei. Mi spiace Chloe, non volevo essere aggressiva ma mi ci hai
costretta.
“Almeno
premiti bene i fazzoletti sul naso…” mormora.
“Signorsì
infermierina” la canzono, conscia del fatto di essere stata
forse un po’ troppo dura prima.
“Quel
che non capisco” riprende dopo qualche attimo di silenzio
“è il motivo che ti avrebbe fatto avere una
visione del genere. E poi perché dovremmo metterci in
contatto… con le noi stesse di un’altra
dimensione?”.
“A
me lo chiedi? Ne so quanto te, cara mia. Se la voce che
l’altra Max o presunta tale sentiva era davvero la
mia… non so come abbiamo fatto, né tantomeno per
quale scopo. So solo che ho visto la scena”.
“Max…”.
“Che
c’è? Cos’è quella faccia
preoccupata?”.
“Tu
credi alle self-fulfilling prophecies?”.
“A
cosa dovrei credere? Si mangiano?”.
“Brutta
scema. Siccome qualcuno di mia conoscenza ha cominciato a fare la matta
con i viaggi nel tempo, a me è toccato istruirmi in
proposito. Sfoglia libroni polverosi qua, sfoglia libroni polverosi
là... poi si trovano nozioni interessanti come appunto le
self-fulfilling prophecies. Per spiegarti, anche se non dovrei
perché dal nome mi sembra abbastanza chiaro: è
una predizione che si autoavvera. Sto cominciando a sospettare che noi
ci sia appena imbattute in una delle suddette”.
Davvero,
sarò tarda io ma non riesco a seguirla.
“Ti
spiacerebbe essere un po’ più chiara, per
favore?”.
“Oh,
guarda che non è davvero nulla di complicato. In parole
povere quel che hai visto diventerà realtà
proprio perché l’hai visto. Mi ricordo di un film
in cui succedeva una cosa del genere…”.
Anche
la presunta altra Chloe citava un film, Frequency.
“Fammi
vedere se ho capito bene: secondo te noi ora dovremmo andare al faro e
provare, non voglio neanche immaginare il come, a contattare le noi
stesse di un’altra realtà?”.
“Con
la settimana che abbiamo… che hai avuto, ti sembra poi
così inconcepibile?”.
Uh
dunque, vediamo. Riavvolgo il tempo, viaggio dentro le fotografie,
lunedì vedo che venerdì ci sarà un
tornado pazzesco che raderà al suolo l’intera
città…
Non
nego la verità delle tue parole, amica mia.
“Cosa
abbiamo realmente da perdere? Se quel che sai è vero,
probabilmente fra poche ore verremo spazzate via dalla furia di un
cataclisma. Io dico di farlo. Al peggio ci ricaveremo un po’
di nervoso e un buco nell’acqua, che nella nostra situazione
non è nulla di tragico”.
Più
ciancia e più mi convinco che quest’idea da folli
possa anche funzionare. E poi è vero quando afferma che
peggio di così è difficile.
“Avanti
Max” dice in tono deciso afferrando la giacca appoggiata
sulla sedia “io vado. Vorrai mica lasciarmi da sola con il
vortice mangiabambine, vero?”.
No,
va bene. Se la butta sul patetico non posso che cedere.
Sbufficchio
mentre la seguo.
“E
ora?”
“E
ora cosa?”
“Mi
hai trascinata fin qui, avrai pure un’idea sul da farsi,
no?”
“Io?
Sei tu quella che ha avuto la visione.”
Sbuffiamo
entrambe e ci voltiamo ad osservare la tempesta imminente: non so
perché Chloe abbia pensato che trascinarmi al faro potesse
farmi avere l’illuminazione su come contattare i nostri doppi
di un’altra linea temporale, come se fosse una cosa di tutti
i giorni poi.
“Non
so cosa tu ti aspetti che faccia” replico,
“contattare altre dimensioni non rientra tra i miei
hobby.”
“Beh,
dovrai fartelo piacere” borbotta Chloe, indicando
l’orizzonte “perché il tornado sta
arrivando e quella è l’unica pista che abbiamo al
momento.”
La
cosa assurda è che ha ragione.
Non
sapendo bene cosa fare prendo posto accanto a lei sulla panchina, e
tiro fuori il cellulare dalla borsa. Clicco su Radio FM.
“Nella
visione l’altra me ascoltava la mia voce dalla radio, tramite
il telefono” ragiono ad alta voce, “suppongo di
dover seguire le indicazioni… c’è gente
che così ci ha registrato voci di presunti fantasmi, mi
sento una di loro.”
“Se
non ricordo male c’era un vecchio film in cui il protagonista
riusciva a comunicare col padre morto anni prima tramite una vecchia
radio…”
“...durante
una tempesta?”
“Sì!
Te lo ricordi anche tu? Come diamine si chiamava…”
“Frequency”
replico. La Chloe dell’altra dimensione l’aveva
citato proprio qui al faro.
Ok,
facciamo che lo prendo come un segno del destino. La tempesta
c’è, la radio in qualche modo anche, e abbiamo
un’altra dimensione da contattare. Smanetto con le stazioni
radio fino a trovarne una particolarmente disturbata dal maltempo: non
c’è nulla di scientifico dietro quanto sto
facendo, vado assolutamente a caso. Diciamo che vado a sensazione, ecco.
Finalmente
ne trovo una che mi ispira, per così dire. Mi volto verso
Chloe, che annuisce.
Ci
siamo.
“Max?
Se mi senti, sono… Max! Da una dimensione
differente!”
*
“So
che è una follia” ma… beh tutto
è folle, da una settimana a questa parte! Se riuscite a
sentirmi, vogliamo sapere cos’è successo da voi!
Cosa sapete di Jefferson? Siete state nella Dark Room?”
Non ci posso credere.
Sono stata contattata
dalla me stessa di un’altra dimensione. E non credo di essere
pazza, perché Chloe è qui con me e l’ha
sentita. Può testimoniare. La faccia sconvolta non mente.
“Mi
senti?”
“Avanti!
Rispondi!” sussurra Chloe, intimandomi a gesti di risponderle.
“S-sì,
ti sento” balbetto, assolutamente terrorizzata e al contempo
eccitata all’idea di parlare con un’altra me. Dio,
quanto sono nerd…
La voce si fa
insistente: “Avete
qualche informazione in più?”
“Sì,
siamo state nella Dark Room” mi affretto a rispondere,
“e sappiamo che è stato Jefferson, forse con la
complicità di Prescott. Voi cosa sapete?”
“Non molto di
più in realtà” risponde
l’altra me, “di
Jefferson non avevamo alcun sospetto fino a qualche ora fa, ma ora
l’FBI sta indagando.”
Io e Chloe ci
guardiamo stupite: “L’FBI? Come diamine avete
fatto?”
“Abbiamo
deciso di andare a parlare con David, e abbiamo scoperto che un suo ex
commilitone lavorava all’FBI, e
così…”
Lo sguardo che lancio
a Chloe è pieno di significati più o meno velati,
tra cui spicca una sequela di “Non voglio dire che te
l’avevo detto PERO’ TE L’AVEVO
DETTO!”.
“Come cavolo
l’avete convinto a collaborare?” chiedo, e la
risposta non mi sorprende poi tanto: “Non è
stato facile, abbiamo dovuto ammettere tutte le nostre
malefatte… ma alla fine ha ceduto e ha deciso di darci una
mano. Ma voi, invece? Qual è la vostra situazione?”
“Beh…
noi abbiamo la certezza che si tratti di Jefferson. Ha…
sparato a Chloe e drogato me” ammetto, e dal telefono sento
versi di stupore e disgusto. “Ma sono riuscita a riavvolgere
il tempo, per fortuna. Solo che… Jefferson ora sa che noi
sappiamo. E abbiamo le mani legate, non possiamo fare nulla.”
Un attimo di silenzio,
poi: “Andate
da David! So che può sembrare folle ma con noi ha
funzionato! Forse può-BZZZZZZZZZZZZZZZZ!”
“Come?
C’è un interferenza, non vi sento!”
cerco di cambiare stazione, ma inutilmente. Comunicazione persa.
Però ci
hanno dato un suggerimento importante… il più
logico, a ben pensarci.
“Direi che
adesso sappiamo cosa fare” rompo il silenzio.
“Andare da
David?” chiede Chloe.
“Abbiamo
altra scelta?”
“Direi di
no” sospira, osservando il tornado. “Avanti,
sbrighiamoci.”
“COS’AVETE
FATTO VOI? VI SIETE PERMESSE DI ANDARE A FICCARE IL NASO NELLE MIE
COSE?”.
“David, ti
prego… calmati…”.
“NO CHE NON
MI CALMO! VI RENDETE CONTO O NO DI QUANTO È GRAVE? E ADESSO
OSATE VENIRE A MENDICARE IL MIO AIUTO?”.
Oh per tutti i santi
benedetti. Sapevamo si sarebbe incazzato, ma l’imitazione del
tornado che sta per scatenarsi fuori gli riesce davvero bene.
Non che la mia
esperienza in merito sia molto ricca, ma non ricordo di aver mai visto
David Madsen così fuori di sé. A giudicare
dall’espressione di Chloe lo stesso potrebbe valere per lei,
sembra sinceramente terrorizzata da quanto sta assistendo.
Sono convinta sia a
tanto così dal ribaltare il tavolo. Ci manca giusto il meme
umano.
Tentiamo di fargli
passare l’attacco isterico, ma vanamente. Ha davvero gettato
quel suo poco di razocinio e lucidità dalla finestra,
mandandolo proprio nell’occhio del ciclone.
Ci caccia di casa in
malo modo… ehi, puoi evitare di fare degli apprezzamenti sul
mio onore, brutto stronzo!
“Andate da
David dicevano. Sarà una scampagnata dicevano”
sarcasticheggia Chloe pochi secondi dopo che la porta di casa Price si
chiude con un boato alle nostre spalle.
“Veramente
hanno detto che non è stato per nulla facile. E poi
chissà, magari loro sono state semplicemente più
fortunate”.
“Sarà
stato quel che vuoi, Max. Rimane che siamo con la merda fino alle
orecchie”.
“E che
sarà mai. Siamo solo sotto scacco da parte di un professore
carismatico e con un buon nome che sa usare molto bene delle tattiche
intimidatorie tipiche della mafia. Una passeggiata di salute”.
“Vaffanculo”.
Uh. Questo mi ha fatto
male.
“Chloe, devi
proprio? Non è il caso di mettersi a litigare fra di
noi”.
“...respirone
profondo. Hai ragione, scusa. Ritiro. È che sono un filino
nervosa, nel caso non si fosse notato”.
“Ma non mi
dire”.
“Ingoiati il
sarcasmo con dei crauti marci, Caulfield”.
Ok, meglio smetterla o
mi mette le mani addosso.
Siamo ferme proprio
davanti al garage, nel corso dell’ultima discussione ci siamo
spostate in preda a dei passi involontari. E del vento, che sta salendo
sempre più.
Il tempo stringe.
Sento che anche il cappio attorno ai nostri colli sta facendo lo stesso.
In questo momento
riemerge la famosa parte suicida del mio cervello. Solo che, al
contrario di ieri sera, ora sussurra davvero pensieri con crisantemi e
tombe piene d’erbacce.
Si può
fuggire, volendo. Ci allontaniamo da Arcadia Bay perché un
tornado sta per mangiarsela intera, ci rifugiamo… che ne so,
nel primo paese vicino che c’è, torniamo a casino
finito e troviamo Jefferson impalato dal ramo di un albero.
Sì.
Qualcosa mi dice che lo scenario è appena appena
inverosimile. Alla fine sarebbe solo un evitare il problema
più pressante senza avere una reale soluzione per il
traffico delle foto zozze.
Altro di fattibile non
mi viene proprio in mente.
Cazzo cazzo cazzo.
“Chloe…”.
“Max…”.
Riusciamo nella
mirabolante impresa di prendere parola nello stesso preciso istante. E
sempre nello stesso preciso istante diciamo “Prima
tu”.
“No Chloe,
prima tu”.
“Io…
e se ti dicessi che io voglio tentare davvero il tutto per tutto?
Andiamo nel bunker, nella Dark Room. Arraffiamo tutto quello che
possiamo, aspettiamo che il tornado si calmi e poi portiamo la roba a
qualcuno in grado di aiutarci”.
Non ci credo.
È quanto stavo per dire io, pressapoco.
Siamo entrate talmente
in sintonia da pensare anche le stesse cose, adesso?
Meno male che ha
parlato lei. Almeno ho qualcuno a cui esporre il perché
questo piano è un’idea del cavolo. E soprattutto
vedere se condivide i miei dubbi sulle conseguenze.
“Dimmi che
ti rendi conto che è una vaccata colossale, visto che
è facile avere anche il bisnonno Jeremiah Prescott
là dentro. Quale posto più sicuro di un bunker
per ripararsi da una tempesta?”.
“Stiamo
parlando dei baronetti della città. Probabilmente hanno un
rifugio antiatomico anche sotto il cesso di casa”.
“Possibile,
ma dovresti conoscere Murphy e le sue simpatiche leggi. Se andiamo
lì siamo praticamente certe di fare una brutta
fine”.
“Lo so Max,
lo so. Ma adesso che fine faremmo, rimanendo qui con le mani in mano?
Te lo dico io: inghiottite da un fottuto tornado gigante. Non
c’è altra scelta possibile. La nostra unica,
pallida speranza di cavarcela consiste nel rischiare l’osso
del collo e sperare che qualcuno lassù ce la mandi
buona”
“Odio
dovermi trovare nella situazione di essere costretta a pregare per
sopravvivere. È… spiacevole”.
“Dillo a
me”.
“Chloe, se
noi adesso andiamo là rischiamo seriamente di morire. Lo
capisci o no questo?”.
“E tu lo
capisci o no che se non facciamo niente siamo morte comunque, che sia
per colpa del tornado o di Jefferson che ci spara o ci prende a colpi
d’accetta o qualunque sarà il modo?”.
Sto per ribattere
quando la malefica parte suicida di me mi fa presente con un ghigno che
quanto dice la mia amica dai capelli blu è la pura,
semplice, inoppugnabile verità.
Se restiamo qui a
grattarci i pollici siamo morte.
Se andiamo nel bunker
siamo quasi morte.
Nessuna delle due
prospettive mi aggrada, mi sembra ovvio. Ma dovendo proprio scegliere
preferisco lo 0,000001% che lo zero su zero.
E proprio quando sto
per confermare ad alta voce l’intenzione…
GLOMP.
C-C-C-C-Chloe?
Q-Q-Questo a-abbraccio?
“Max,
qualunque cosa succeda… qualunque, davvero
qualunque… io… io… ti ho voluto
bene…”.
Balbetto. Ansimo.
Boccheggio.
Mi ha presa totalmente
in contropiede. Non mi aspettavo nulla del genere. Nulla.
Vorrei esternare
questo mio stupore, ma qualcosa di caldo e soffice si poggia sulle mie
labbra.
È
importante dire che lo shock mi ha portata a chiudere gli occhi, quindi
non so di cosa si tratta.
Che sia… oh
porca eva, non mi starà mica…
Il contatto finisce.
Riapro gli occhi,
sconvolta oltre ogni dire.
Lei mi sorride, e
nonostante tutto è un sorriso mesto. Di chi sa che ha poco
da vivere.
“Piaciuto il
bacio?”.
Mi sento venir meno.
Ci guardiamo prima di
scendere dalla macchina, parcheggiata praticamente nello stesso posto
di ieri di fronte alla cascina.
“Quindi
è così che finisce, eh Max?”.
“Non
tirarcela, Chloe. Non siamo ancora morte”.
“Ho un
brutto presentimento”.
“Siamo in
due”.
No, va bene. Basta
portare sfiga. Bisogna pensare positivo.
Scendiamo ed entriamo.
Ripetiamo i gesti di
ieri e apriamo la botola che porta all’ingresso del bunker.
“Pronta al
tutto per tutto, Price?”.
“Io sono
nata pronta, Caulfield”.
Pfff. Sborona.
In un susseguirsi di
momenti topici mi avvicino al tastierino numerico che sblocca
l’ingresso. I tre tasti più consumati mi fanno
istantaneamente tornare alla mente, nel caso ce ne fosse stato bisogno,
la combinazione giusta.
5.
Il momento della
verità si avvicina.
4.
O la va o la spacca.
2.
DING.
Ingresso aperto.
“Prima le
signore” dico in tono provocatorio, con tanto di gesto come a
farle strada.
“Mpf”
commenta lei entrando.
La lascio avanzare.
È appena
dentro la soglia.
BANG.
Alla tempia. Le hanno
sparato alla tempia.
Crolla per terra.
“Max Max
Max. Credevi davvero che questo posto non fosse provvisto di telecamere
di sicurezza? Ero appostato sin da quando avete appoggiato i piedi sul
terreno”.
Jefferson.
TI. AMMAZZO.
Non penso nemmeno a
cosa sto facendo, agisco e basta.
Mi lancio contro quel
pezzo di merda con il solo desiderio di pestarlo a sangue fino a
cambiargli i connotati.
Poi un altro sparo. E
un dolore atroce allo stomaco.
“Mi
dispiace, Max. Dico sul serio.”
Tasto la pancia con la
mano e sento la maglietta appiccicosa e intrisa di sangue. Proprio come
Chloe, nel bagno della Blackwell… quanta ironia, quanta.
“Saresti
stata la modella perfetta, anche più di Rachel
Amber… ma ormai non c’è più
tempo. Peccato, un vero peccato.”
Le gambe cedono e mi
accascio per terra, i miei propositi di vendetta ormai a quel paese;
Jefferson mi si avvicina e, con la grazia di un paracarro, mi afferra
per un piede e mi trascina di nuovo fuori dal bunker: “Se
avessi seguito il mio consiglio e ti fossi fatta gli affaracci tuoi
tutto questo non sarebbe successo” mi rimprovera, non so con
quale faccia di culo. “Con quella ferita allo stomaco ci
vorrà un po’ prima che tu muoia, forse
un’ora. E sarà dolorosa. È
ciò che si meritano i ficcanaso.”
Quindi, se Dan Brown
aveva ragione ne Il codice Da Vinci, morirò lentamente e tra
atroci sofferenze, con gli acidi che mi avvelenano il sangue
e…
Vaffanculo Jefferson,
muori male.
Comincio a sentirmi
debole. Ho solo la forza di voltarmi e vedere il corpo inerme di Chloe,
gli occhi aperti e fissi verso il soffitto. Le lacrime mi scendono da
sole.
“Mi…
dispiace…”
“Come? Oh
sì, immagino tu stia implorando il perdono della tua
amica” commenta lui con lo stesso tono con cui commenteresti
la fantasia delle tende in bagno. Poi mi prende in braccio di
malagrazia ed emetto un gemito di dolore. Non ho abbastanza forze per
chiedere spiegazioni, so solo che a un certo punto sento il pizzicore
del fieno sulla pelle perché… perché
mi ha lasciata in mezzo al fienile, che sembra stia per crollare da un
momento all’altro.
“Il tifone
è ormai alle porte, e tu hai un posto in prima fila per
godertelo.”
Detto questo torna di
sotto, lasciandomi lì a morire dissanguata. O schiacciata da
una trave.
Provo inutilmente a
riavviare il tempo ma sono troppo debole, non riesco neanche a
sollevare la mano.
Vaffanculo.
Non è
così che dovevano andare le cose.
Una parte del tetto
vola via con rumori assordanti.
Perdonami
Chloe…
L’ultima
cosa che vedo è una trave di legno crollare. Proprio sopra
di me.
*
“Aaaah!”
“Max!
Che succede?”
“Io…
io non lo so.”
Stavo
per salire in camera di Chloe quando ho sentito improvvisamente le
forze venirmi meno e crollare per terra.
“Ti
senti bene?” chiede Chloe, accovacciandosi accanto a me.
“È
strano” balbetto, “è come se…
come se avessero strappato a forza una parte di me.”
“Strappato?
Cosa intendi? Hai una brutta faccia”.
“Non
lo so cosa intendo con «strappato»”
mormoro mentre mi aiuta a rialzarmi “E sì,
immagino di avere una brutta faccia. Capita quando ti viene un mezzo
coccolone”.
“Però
la parlantina made in Max è sempre rapida e
caustica”.
“Questo
dimostra che non sto poi così male” sorrido nel
tentativo di confortarla. Tentativo riuscito così bene da
farmi guadagnare un buffetto di rimprovero sulla spalla.
“No,
ma seriamente” riprende quando ormai sono in piedi
“Come ti senti?”.
“Te
l’ho detto, tutto sommato bene. È stato solo un
momento di debolezza, dovuto a un non ben precisato malore che
però se n’è già
andato”.
“Come
se fosse la prima volta che mi svieni addosso…”.
“Ehi,
stai muovendo una critica alla mia salute per caso?”.
“Chi,
io? Non mi permetterei mai. Ti paio il tipo?”.
Adesso
tocca a me darle un buffetto. “Mi sarei meravigliata del
contrario, sai”.
“Hai
davvero una così brutta opinione della
sottoscritta?”.
“No.
Peggiore”.
“Wowser
Max, provi a essere divertente fallendo miseramente”.
“No
hella shit, Sherlock”.
Va
bene, l’esserci rubate le parole tipiche è troppo.
Ci avvinghiamo l’una al fianco dell’altra con le
braccia e proseguiamo la salita.
Una
volta sedute sul suo letto, una consapevolezza pesante come plutonio ci
cade in grembo.
Se
davvero vogliamo credere all’esperienza paranormale con la
radio, il che non è automatico data la bizzarria
dell’avvenimento, sappiamo chi è il vero
mastermind di tutto questo schifo. Qualcuno che sembra godere della
disperazione di giovani ragazze inermi. E non è una
giapponesina coi capelli rosa.
Stando
alla me stessa *glomp* di un universo parallelo, una realtà
alternativa, il vattelapesca… il colpevole è Mark
Jefferson.
Era
un’ipotesi che avevamo già preso in considerazione
in maniera indipendente, ma Max 2 lo ha detto con convinzione. Non un
sospetto, una certezza.
Il
che corrobora la mia intuizione e fa bene all’autostima.
“Chloe…”.
“Dimmi.
Ehi, gradisci?” esclama allungandomi la canna che si sta
accendendo.
Ma
sai cosa. Viva i colpi di testa.
“Solo
un tiro però” sorrido accettandola.
“Uella.
Proprio l’ultima cosa che mi aspettavo da te”.
“Una
volta all’anno è lecito impazzire”.
“E
quindi cosa c’è?”.
“Beh,
pensavo al fatto che forse… forse…”.
“Forse?”.
“Forse…
stavolta ce l’abbiamo davvero fatta. David e Joyce hanno
creduto a quanto abbiamo detto loro, l’FBI non ci ha bollate
come due mitomani e sta indagando, potremmo anche avere scoperto chi si
cela davvero dietro Rachel e Kate e tutte le
altre…”.
Prendo
il famoso tiro. COFF COFF. ‘Sta roba è mortale.
“Si
vede che non sei abituata a fumare” ridacchia riprendendosela
“E per il resto: sì, potresti aver ragione. Ora ci
rimane un solo problema, e non solo a noi”.
“Il
tornado…”.
Per
qualche minuto solo il silenzio riempie la stanza. Di fronte a quello,
mi tocca ammetterlo, siamo impotenti. I miei fenomenali poteri cosmici,
per fortuna non contenuti in un minuscolo spazio vitale, non mi danno
nessun controllo sugli elementi atmosferici.
Vento,
pioggia e grandine non si piegano ai capricci di Padre Tempo.
Osservo
la schiena di Chloe che si è alzata ed è andata a
guardare fuori dalla finestra. Sta peggiorando, ma il grosso sembra
ancora abbastanza lontano.
A
un occhio privo della conoscenza futura per ora può
sembrare… toh, un temporale di medie dimensioni.
Poi,
come un fulmine che squassa l’oscurità…
“Max…”.
Uh
oh. Quello è il tono da Idea Pazza Price™.
“S-Sì?”.
“E
se… provassimo a…”.
“A
far cosa?”.
“A
dirlo a mia madre e al mio… patrigno?”.
“Dire
cosa?”.
“La
merda rosa. Secondo te cosa? Che sta per arrivare un tornado a
devastare tutto. A giudicare da quanto si vede fuori dovremmo essere
ancora in tempo per un allarme generale”.
Uhm.
“Pensaci
un attimo, Max: grazie a tutto questo gigantesco casino, non siamo mai
state così vicine a loro negli ultimi giorni. Se
c’è un momento in cui possono crederci
è adesso. E se ci credono possiamo mettere una pezza a
‘sto pandemonio”.
Sì
Chloe, tutto molto bello. Ma…
“Come
glielo spieghiamo che sappiamo di un cataclisma in arrivo?”.
“Non
glielo spieghiamo. Ci limitiamo a dire che è così
e basta”.
“Chloe,
non credo funzionerà. Vorranno sapere, giustamente
aggiungerei. Se io fossi nei loro panni pretenderei una spiegazione. E
se dovessero farsi insistenti… sarei costretta a dire dei
miei poteri”.
“Max,
io so solo questo: noi sappiamo cosa quelle nuvole e quelle per ora
limitate folate di vento stanno preparando. Se non facciamo niente per
impedirlo o arginarlo... non so te, ma io mi sentirei in parte
responsabile di ogni singolo danno, di ogni singolo osso rotto, di ogni
singolo bambino che piange”.
Chi…
chi è questa persona? Che fine ha fatto Chloe Price, la
Principessa degli Egoisti?
“Max?
Sei ancora qui con me?”
Rinsavisco:
“Sì, ci sono. E forse hai ragione, avvisarli
è la cosa migliore che possiamo fare… ma alle mie
condizioni.”
“Cioè?
Niente corsa in giro per Arcadia Bay urlando che l’apocalisse
è vicina?”
“Esatto”
rido mentre lei si finge contrariata, poi acchiappo il mio cellulare.
“Chi
vuoi chiamare?” chiede Chloe, mentre cerca disperatamente di
disperdere la nube di marijuana fuori dalla finestra.
“Se
vogliamo mettere tutti in guardia dalla tromba d’aria ho
bisogno di dati scientifici” rispondo, componendo il numero
“e quindi ho bisogno di uno scienziato.”
Chloe
inarca un sopracciglio: “Vuoi chiamare Warren?”
Sospiro:
“Non vorrei ma non ho scelta. Al momento non posso chiamare
la mia insegnante di scienze perché sono ricercata,
ricordi?”
“Vero,
vero. Ma perché non sei particolarmente contenta di chiamare
Warren?”
“Diciamo
che non mi piace tanto l’idea di fare il rimpiazzo”
borbotto. Davvero, non sono gelosa. Ma essere friendzonata da Warren?
Grazie ma no, grazie.
“Uuuuh,
mi sono persa qualche puntata Grahamfield?” ride lei, e
vorrei tirarle una scarpa ma finalmente il signor Graham risponde al
telefono: “Pronto, Warren? Sì sono Max.
Sì sto bene, senti… no, non ho tempo…
stammi a sentire un attimo per f-WARREN ZITTO.”
Persino
Chloe mi guarda incredula.
Cerco
di recuperare un po’ di compostezza: “Senti non ho
tempo di parlare di frivolezze, mi serve la tua conoscenza in campo
scientifico: cosa mi sai dire della tempesta che sta arrivando?
Sì, qualunque dato va benissimo.”
Chloe
mi fa cenno di mettere il vivavoce, e la accontento: “Max, ci
sei? Ok… quello che posso dirti è che la tempesta
sembra essere diminuita d’intensità. Non posso
esserne del tutto certo perché non ho i mezzi adatti, ma ad
occhio e croce direi che potrebbe essere un EF2… mentre
stamattina era decisamente un EF3. Senti, per quanto riguarda il
cinema-”
“Sì,
grazie, ciao” interrompo bruscamente la comunicazione.
“Bene, direi che abbiamo tutte le informazioni che ci
servono… Chloe, perché mi guardi
così?”
“Così
come?”
“Con
quel sorriso da stregatto stampato in faccia.”
Chloe
allarga il sorriso: “Niente, niente… ero solo
curiosa riguardo la tua freddezza verso Warren.”
Sbuffo:
“Quando stamattina sono andata nel cortile della scuola
l’ho visto insieme a Brooke, ok?”
“Oh,
Mad Max è gelosa!”
“Non
sono gelosa! Ma non mi piace essere il… piano di riserva,
ecco.”
“Hmm…
sì, in effetti essere friendzonata da uno come lui
è pesante” annuisce lei, poi tira di nuovo fuori
quel sorriso sornione: “però una cosa posso
dirtela: non verrai mai friendzonata da me.”
Cerco
di dissimulare le farfalle nello stomaco col sarcasmo: “Anche
perché se lo fai ti cavo gli occhi.”
Lei
si porta una mano al petto e una alla fronte con fare teatrale:
“Allora vagherò per le strade di Arcadia Bay
urlando che sono diventata cieca per amore!”
Le
tiro un cuscino.
Però
in fondo mi fa piacere sentirmi dire questo… qualunque cosa
sia.
Ok,
EF3 calato a EF2. Non è molto ma dovrebbe bastare.
Possiamo
andare.
…
…
…
No,
non ancora.
Ho
un’altra cosa da fare prima.
Sotto
lo sguardo vigile di Chloe mi alzo dal letto e senza dire una parola mi
avvicino a lei.
“Andiamo
o no?” chiede, dubbiosa. Evidentemente tradisco
l’intenzione di non muovermi di qui, almeno per il momento.
Non
le rispondo. Non a parole, perlomeno.
La
mia risposta arriva sotto forma di un abbraccio e di un bacio.
Perché
è giunto il momento di smetterla di navigare nelle mezze
frasi, nelle battutine sarcastiche, nei «lancio il sasso e
ritiro la mano facendo finta di nulla». Le cose col tornado
si stanno mettendo al meglio, ma quel senso di armageddon imminente
preme ancora sulla mia nuca e mi spinge a risolvere ogni possibile
punto in sospeso. Questo è decisamente il più
importante della lista.
Mi
aspettavo un gesto di meraviglia da parte sua, nel peggiore dei casi
anche una spinta per allontanarmi. Invece lei si immerge totalmente nel
bacio, rendendolo qualcosa di… no, è
indescrivibile. Suonerò melensa ma è troppo oltre
le parole.
Anf.
Resterei qui per il resto della mia esistenza, ma ho bisogno di fiato.
Mi stacco con la morte nel cuore.
Chloe
sorride come una iena, come se fosse appena riuscita a estorcermi
qualcosa di prezioso e ora se ne stesse vantando. Mica è
troppo lontano dalla verità.
“Era
ora che ti dessi una svegliata, Max”. Oh, quanto trovo hot
‘sto tono a metà fra il faceto e il “ti
butto sul letto e ti strappo i vestiti con i denti”.
“Ho
dei tempi lunghi, ok? Non rimproverarmi”.
“Non
volevo rimproverarti. Sono troppo contenta per troppe cose”.
“Chloe
Price la ribelle coi capelli blu e le mutande di pelle…
è contenta? Bada che ti si rovina l’immagine da
dura”.
“Che
me ne fotte. Finalmente quella testona della mia migliore amica ha
capito che fra di noi c’è qualcosa di
più profondo. E non solo, ma ha preso l’iniziativa
e si è mossa per prima. Sono orgogliosa di te Max”.
Va
bene va bene basta o mi scoppia la testa finiscila Chloe finiscila di
sorridermi in quel modo.
“Dai,
andiamo. Alle liete novità romantiche ci penseremo dopo.
Prima il tornado”.
Di
sotto troviamo Joyce ad accoglierci, mentre il Madsen nazionale
è ancora al telefono.
“Ragazze,
dove pensate di andare?”
“Vogliamo
avvisare tutti della tempesta in arrivo!” dico, ma Joyce mi
guarda perplessa: “Non per smontarvi l’entusiasmo,
ma credo se ne siano accorti un po’ tutti.”
“Vero,
ma non sanno che è una tempesta EF2 e volevamo mettere la
città in allerta…” insisto, ma Joyce si
limita ad indicarmi la TV: sullo schermo, in rosso, la scritta ALLERTA
METEO.
Oh.
“Non
potete sempre essere le eroine della situazione” ride Joyce,
“in questo caso lasciate fare ai meteorologi.”
“E
poi sei ancora ricercata, nel caso te lo fossi dimenticata”
si intromette David. Pensa alla tua bolletta telefonica, Madsen.
Però
ha ragione. Eravamo così convinte che ci eravamo scordate
questo piccolo dettaglio…
“Avanti,
tornate su” conclude Joyce, “vi chiamo quando
è pronto il pranzo.”
Noi
obbediamo, ma non prima che Chloe riesca a trafugare una confezione di
biscotti.
“E
ora che si fa?” borbotta, buttandosi sul letto.
“Non
saprei… è quasi strano non aver niente da
fare” replico. Ho avuto una settimana talmente infernale che
tornare ad un normalissimo stato di calma è addirittura
spiazzante. Devo reimparare ad essere una persona normale.
“Magari
potremmo… riavvolgere il tempo e-” tenta Chloe, ma
il mio sguardo basta a zittirla: “No. No. Neanche per
scherzo. Ho fatto fin troppi casini con il tempo che ancora mi chiedo
come non ci sia collassato tutto addosso, vediamo di non sfidare la
sorte!”
“Va
bene va bene, non lo dico più” replica, azzannando
un biscotto, “chome shei shushettibileh!”
“Magari
ingoia prima di parlare” rido, appropriandomi della sua
postazione pc. E per un po’ rimaniamo così, in
silenzio, lei intenta a mangiucchiare biscotti e giocare col cellulare,
io persa dentro Google a cercare notizie su Jefferson, sui Prescott, su
Rachel ritrovata nel campus della Blackwell, su qualunque cosa. La vita
da ricercata non mi piace.
Questo
silenzio si protrae per dieci minuti. Poi venti.
E
poi mi rompo.
“Chloe.”
“Hm?”
Mi
volto ed è li che mi guarda con l’ultimo biscotto
ancora in bocca, mezzo masticato. Io volevo farti un discorso serio,
Price. Grazie per aver ammazzato l’atmosfera.
“Tutto
ok?” chiede, e io annuisco:
“C’è…
c’è una cosa che volevo chiederti,
“Spara.
No aspetta, scelta di parole infelice. Va beh, vai avanti.”
Inspiro.
“Riguarda
quello… che è successo prima” balbetto.
“Oh”
sussurra, e nel giro di due secondi la sua spavalderia lascia il posto
al panico più totale: “Ho esagerato, vero?
Diamine, sono una stupida! Davvero Max, scusami, non volevo
innervosirti è che credevo fossimo sulla stessa lunghezza
d’onda ma giuro che non volevo-”
“Chloe.
Chloe calma! Non ho cambiato idea, tranquilla! Anzi, è per
questo che volevo…”
“Volevi…?”
“Ecco…”
balbetto. Maledizione, sono nerd su tante cose ma non
sull’amore. Ci riprovo: “Ecco, volevo
sapere… noi cosa siamo?”
“Ragazze?”
“Sì,
grazie per avermi tolto questo dubbio che mi teneva sveglia la
notte” sbuffo. “Intendevo dire… alla
luce di quanto ci siamo dette prima, io e te cosa siamo? Siamo ancora
amiche?”
Chloe
sorride: “Quello sempre. Finché morte non ci
separi.”
Sorrido
di rimando.
“E…
penso di aver capito cosa tu voglia dire” sospira,
grattandosi la testa. “Spero di riuscire a spiegarmi senza
passare per stronza, ma ci provo: quanto ti ho detto prima è
vero. Tutto, parola per parola. Ma… non sono ancora pronta
per passare al livello successivo, per così dire. Rachel
è morta e l’ho scoperto da poco, e
l’amavo… e ho bisogno di un po’ di tempo
per riprendermi. Solo questo.”
Rimango
in silenzio, gli occhi fissi su di lei e lo stormo di farfalle che
balla la macarena nella mia pancia.
“Insomma
non ti sto rifiutando, ho solo bisogno di un po’ di
tempo… capisci?” chiede. E io mi butto tra le sue
braccia. Sento Chloe tirare un enorme sospiro di sollievo.
“Hai
tutto il tempo del mondo, Price” rido.
Lei
ride di rimando: “Un’altra scelta infelice di
parole.”
Vero,
ma chi se ne frega. Sono davvero felice dopo tanto tempo,
l’universo mi perdonerà qualche battuta sarcastica.
Qualche
ora dopo stiamo digerendo il favoloso pranzo di Joyce distese sul
materasso di Chloe; il tempo fuori è orribile, ma non come
temevamo qualche ora fa: non mi azzarderei ad uscire neanche se mi
pagassero, ma non vedo alberi e tetti volare via e mi pare un buon
compromesso.
“Secondo
te com’è la situazione?” mugugno verso
di lei, intenta a giocare con il telefonino: “Arcadia Bay
è ancora integra, mi sembra” risponde, senza
voltarsi.
“Non
intendevo questo” faccio una smorfia, “parlavo
della mia situazione…”
“Se
non sono ancora venuti a cercarti direi che possiamo stare
tranquille” sorride, “saranno impegnati a
perlustrare il teatrino degli orrori di casa Prescott, almeno si
spera.”
“Ora
che ci penso… che fine ha fatto Nathan?”
“E
perché dovrebbe interessarci?” ringhia.
“Anche lui è colpevole della morte di
Rachel.”
“Hmm”
annuisco, anche… non so, qualcosa non mi torna. Non so
esattamente cosa sia, ma fino a stamattina ero troppo presa dai miei
casini per fermarmi a rifletterci. E proprio mentre spremo le meningi,
quasi fosse un segno del destino (davvero, piantatela) il mio cellulare
comincia a suonare come un pazzo.
“Che
gli è preso? Anche lui si sta ribellando al tuo uso smodato
di emoticon?” ride Chloe, a cui rispondo con una pernacchia:
“No, credo mi stiano arrivando tutti i messaggi e chiamate
che non mi sono arrivati a causa del maltempo” rispondo, poi
noto qualcosa di strano: “C’è un
messaggio vocale di Nathan, di ieri sera…”
“Cosa?
Fa sentire!”
Obbedisco
e premo ok per ascoltare:
“Max…
Max, sono… sono Nathan. Voglio solo dirti che…
che mi dispiace. Io non volevo fare del male a Kate, o a Rachel
o… io non volevo fare del male a nessuno! Tutti…
tutti mi hanno usato. Mr. Jefferson sta venendo a cercarmi,
adesso… e tra poco tutta questa merda finirà. Fai
attenzione Max… vuole fare del male anche a te. Mi
dispiace… mi dispiace.”
Il
messaggio si conclude così. La voce di Nathan era rotta dal
pianto.
Io
e Chloe ci guardiamo.
“L’ha
mandato ieri, hai detto?”
“Alle
21… poco prima della festa” sussurro.
Poco
prima che andassimo a cercare David.
“Ma
se questo messaggio è suo” chiede Chloe,
“chi ha scritto quello che è arrivato a me ieri
sera?”
L’unica
risposta plausibile, pur senza prove certe al momento, è una
sola: Jefferson.
E
improvvisamente ho un orribile presentimento.
Schizzo
fuori dalla stanza di Chloe, seguita poco dopo da
quest’ultima, e mi fiondo in salotto: “David!
David!”
Lo
trovo ancora al telefono, ma l’espressione che ha in volto
è funerea. Non ho tempo di essere educata quindi provo ad
avvicinarmi a lui, ma vengo bloccata da Joyce: “Max, che
succede? Perché urli?”
“Devo
parlare con David, perché Nathan è sparito da
ieri e…”
“Nathan
Prescott? Oh, Max…” e anche il suo volto si
incupisce.
“Mamma?”
incalza Chloe, e poco dopo David ci raggiunge, una mano a coprire la
cornetta del telefono: “Hanno trovato il corpo di Nathan
nella discarica dov’era sepolta Rachel, poco lontano da
lei” spiega, “erano andati a controllare se
c’erano altre prove e… ma perché vuoi
saperlo?”
Non
ho la forza di parlare.
Mi
limito a fargli sentire il messaggio audio sul mio telefono: lui
sospira, annuisce e poi richiama il suo amico dell’FBI. Io e
Chloe ci buttiamo sul divano e rimaniamo in silenzio, finché
lei non prende parola: “Perché…
perché mi dispiace per lui? Non dovrebbe essere
così…”
Dopo
un attimo di silenzio provo a darle una risposta: “Forse era
una vittima anche lui… in quel messaggio diceva che tutti
l’avevano usato” rifletto. “Immagino che
Jefferson fosse una di quelle persone. Nathan era debole, per lui
sarà stato uno scherzo manipolarlo come un
burattino…”
Chloe
non risponde, limitandosi ad annuire.
Non
c’è altro da dire, purtroppo.
E
adesso? Di nuovo la stanchezza accumulata in questi cinque giorni da
manicomio si fa sentire nei miei muscoli.
Adesso
non ci resta che aspettare i risultati della piccola indagine di Mulder
e Scully, pregando con l’intensità di mille soli
che possano trovare qualcosa di compromettente e far finire quel porco
di Jefferson in prigione per i prossimi dodicimila anni e un pezzo e
mezzo.
“Un
penny per i tuoi pensieri, Max”.
“Rilancio
con un dollaro per i tuoi, Chloe”.
“Piatto
ricco mi ci ficco. Niente, a essere sincera la mia testa in questo
momento è occupata da frivolezze, stupidaggini prive di
reale importanza. Mentre negli ultimi giorni era stato un continuo
ripensare a Rachel, a Nathan, a quello che dovevamo fare per avanzare
nella quest…”.
“Sì,
lo stesso per me. Non so se vale anche nel tuo caso, ma io sento di
nuovo la spossatezza addosso. Quando il cervello si sgombra da qualcosa
di così grande e pesante poi si rischia di risentirne anche
a livello fisico”.
“Ora
che me lo fai notare in effetti ho *yawn* un poco di sonno.
L’adrenalina avrà esaurito il suo
effetto”.
“Beh
Chloe, direi che *yawn* il nostro turno da eroine della situazione
può dirsi concluso. Lasciamo fare il loro mestiere ai
federali vestiti in nero”.
“Non
siamo dentro Men in Black, lo sai vero?”.
“Meno
male. Non sopporterei andare in giro su una Ford Superschifo
Deluxe”.
“Però
saresti stata in compagnia del meglio del meglio, signore. Con lode,
signore”.
“Non
assomigli neanche un po’ a Capitan *yawn* America”.
“Per
fortuna. Preferisco K, molto *yawn* più
affascinante”.
“Mi
stai dicendo che sei insensibile al magnetico fascino del culo di Chris
Evans?”.
“Oddio,
insensibile forse no. Però non basta un pur notevole quarto
di bue per titillarmi”.
Solo
ora mi accorgo che, forse in modo involontario o più
probabilmente no, io e Chloe abbiamo finito con
l’accoccolarci l’una all’altra. Il tepore
che ne scaturisce è davvero bello.
“Senti,
un riposino… ce lo vogliamo fare? Penso che ce lo
meritiamo”.
“Non
chiedo… di meglio…”.
Gli
occhi si chiudono e Hipnos poggia il suo benevolo sguardo sulle nostre
teste. Se riesco a essere così geek mentre sto per
addormentarmi, però…
“Oh
David, ma guardale. Non sono carinissime?”.
“Sì
Joyce, peccato che poi si svegliano. Inoltre solo a me paiono un
po’ troppo vicine?”.
“Sì,
solo a te. Se ti azzardi a tirar fuori una delle tue frase da
repubblicano inveterato ti faccio ingoiare la teca dove tieni le
pistole”.
“...detto
niente, io”.
Ecco
Joyce, brava. Difendi tu… i nostri diritti di
diversamente… etero… mentre noi
dormiamo…
“Maaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaax!
Esco, porto le ragazze a scuola”.
“Chloe,
aspetta! Non ricordo se è oggi che devi andare allo
Schnitz”.
“Si
chiama Arlene Schnitzer, porca miseria! Cazzo, è il
più importante teatro di Portland!”.
“Oh
santa paletta, non prendertela. È solo un soprannome. Lo so
che il tuo lavoro di attrice è molto importante per te,
dai”.
“Va
beh. Comunque sì, oggi. Quindi tocca a te recuperare Anna e
Victoria”.
“Nessun
problema, tanto ho l’esposizione di mattina e poi sono libera
e felice come una farfalla”.
“Provaci
solo a fare la farfalla con quella smorfiosa della tua assistente
personale che le costole gliele spezzo una ad una”.
“Oh
su, ho una sola signora dai capelli blu nel mio cuore”.
“Sarà
meglio. Anche se non mi tingo più da quindici
anni”.
SMACK.
SMACK.
…
…
…
No
no no, non svegliarti… mannaggia.
Apro
gli occhi.
Va
bene, gli scenari di vita futura me li terrò per me. Anche
perché c’erano un po’ di particolari
fuori posto. Tipo Chloe che fa l’attrice… naaaaa,
credo a Joyce quando pensa che sia tagliata per darsi
all’investigazione.
E
poi una nostra figlia non può chiamarsi Victoria.
Preferirebbe un’isterectomia. Stupido subconscio, tu e i tuoi
nomi dati a casaccio.
Siamo
ancora abbracciate. Universo, non osare provare a farmi muovere.
“Max,
sei sveglia?” sento alle mie spalle.
Joyce,
io ti voglio bene ma forse non mi sono spiegata.
“Oh
no ragazzina, non far finta di chiudere gli occhi. Ti ho vista. Alzati,
il collega dell’amico di David vorrebbe parlarti…
anzi, vorrebbe parlarvi. Quindi vedi di far venire anche quella
lavativa di mia figlia”.
...mi
sa che ci tocca.
La
scuoto piano e il vederla tornare alla vita con lentezza…
che spettacolo.
“Chloe,
Chloe… ci aspettano. Sorgi e splendi”.
“Hmmmno,
di’ a Frank che può aspettare ancora per i
soldi…”
Per
fortuna Joyce si è allontanata e lei ha borbottato sottovoce
o il suo risveglio non sarebbe stato proprio piacevole.
“Andiamo,
alzati” la scuoto un po’ più forte,
“siamo richieste dall’FBI” e a
quest’ultima frase finalmente apre un occhio, poi
l’altro. Inarca la schiena e si stiracchia con la grazia di
un bradipo, emettendo versi che poco hanno di umano e molto di bestiale.
Immagino
che ognuno abbia il primo amore che si merita.
Ok,
non voglio fare aspettare le forze dell’ordine. Scollo il
sedere dal divano e tiro Chloe per un braccio, intenta a lamentarsi di
avere ancora sonno e che il suo dovere di brava cittadina
l’ha già fatto; per fortuna ha avuto la decenza di
omettere “rispettosa della legge”.
“Buongiorno,
signorine.”
Scully
ci osserva seduto al tavolo del salotto. Io e Chloe arrossiamo
all’unisono. Joyce, avvisare no?
“B-buongiorno”
balbetto, prendendo velocemente posto al tavolo; Chloe invece fa sosta
in cucina nella speranza di trovare del caffè, presumo.
“Dunque,
sono qui perché ho un po’ di notizie da
darvi” annuncia Scully, senza scollarmi gli occhi di dosso.
Dio, il disagio. “Grazie ai vostri indizi e al ritrovamento
del cadavere di Nathan Prescott siamo riusciti ad ottenere un mandato
per rivoltare casa Prescott come un calzino, bunker compreso”
annuncia, e un lieve tic nervoso lascia intendere che anche lui,
apparentemente tanto composto, è rimasto disgustato da
ciò che ha visto. Più che comprensibile, io ho i
conati di vomito solo a ripensarci. E a proposito…
“E…
per quanto riguarda Mr. Jefferson?” chiedo, e il sorriso di
Scully si allarga diventando un pelo inquietante: “Al momento
lo stiamo interrogando riguardo Nathan, ma ci manca la prova
definitiva… il tuo telefono, Max.”
Immagino
che David lo abbia informato mentre io sognavo futuri alternativi
felici. Non faccio una piega e gli consegno il mio cellulare, con la
promessa di riaverlo tutto intero non appena concluse le indagini. Sono
tecnologia-dipendente, fatemene una colpa.
“Per
quanto riguarda me?” chiedo, temendo già il
peggio. “Sono ancora indagata?”
“Assolutamente
no” replica, “al momento stiamo indagando il
preside Wells per aver cercato di incastrarti.”
“Quindi
sono…”
“Scagionata
da ogni accusa. Anzi, forse potresti essere chiamata a testimoniare
contro Jefferson.”
“Ci
conti” annuisco. Figurati se mi lascio scappare
l’occasione di sbattere quello psicopatico in galera.
Scully
sta per andarsene, quando ricordo di dovergli chiedere ancora una cosa:
“Agente Scully!”
“Hm?”
“Senta…
per quanto riguarda i Price, che succederà?”
“Cosa
intendi?”
“Beh,
Joyce mi ha portata qui quando ero ancora indagata… credo
sia un reato federale, o qualcosa del genere?”
David
e Scully si scambiano uno sguardo, poi quest’ultimo si volta
verso di me e sorride: “Sta’ tranquilla,
è tutto apposto”. Ed è un sorriso che
non ammette repliche, con un sottotesto che sembra dire “Ho i
miei agganci ed è tutto quello che ti è dato
sapere”. Per carità, non mi intrometterei mai.
“Piuttosto
mi preoccuperei per la tua fedina penale e quella della tua
amica” prosegue, “se avessimo lasciato correre vi
sareste beccate almeno un anno di galera o più.”
Io
e Chloe ci guardiamo e cerchiamo di convincerci di aver fatto la cosa
giusta. Fallendo miseramente.
“Tuttavia…”
“Tuttavia?”
“Visto
che ci avete aiutato a risolvere un grosso caso, abbiamo deciso di
commutare la vostra pena in molti… molti, molti mesi di
lavori socialmente utili. Sono ancora convinto che alcuni reati
meritassero qualcosa in più” ammette, fissando
Chloe (che sta sudando freddo), “ma senza i vostri indizi e
le vostre bravate non saremmo riusciti a fermare Jefferson e Prescott.
Quindi chiuderemo un occhio… per stavolta”
conclude. Sempre fissando Chloe, che non osa fiatare.
Forse,
e dico forse, possiamo mettere la parola fine a tutto questo.
“Nel
1976 la Kodak lanciò un suo sistema di fotografia
istantanea, Kodak Instant. Le pellicole di questa
fotocamera…”
Dei
del cielo, riuscire a farmi dormire durante le lezioni di Fotografia
è un talento raro. La nuova professoressa è tanto
brava e preparata, ma non ha abbastanza carisma da riuscire a catturare
la nostra attenzione.
Però
non ha un ripostiglio pieno di raccoglitori con foto di ragazzine
drogate, si spera.
Sono
passati cinque mesi da quella terrificante settimana alla Blackwell e
tre mesi e mezzo dal processo che ha visto Sean Prescott e Mark
Jefferson condannati a non so più neanche quanti anni per
omicidio, sequestro e… com’era il termine tecnico?
Oh diamine. Va beh, chiamiamolo spaccio di foto di minorenni e di
droga.
Il
preside Wells non è stato accusato, la sua
“unica” colpa era di prendere mazzette da Prescott;
il consiglio studentesco ha però deciso di farlo dimettere,
e al suo posto adesso c’è la professoressa Grant.
La
vita in accademia sembra essere tornata la stessa, seppur con qualche
cambiamento: Kate si è finalmente tolta quell’aura
di tristezza che si è portata dietro per mesi, e sembra
anche aver ottenuto un po’ di libertà in
più dai suoi genitori… e soprattutto, sta
lavorando seriamente a un libro di illustrazioni per bambini; Victoria
è… Victoria, ma un po’ meno stronza di
prima: si lascia scappare ancora qualche
“vaffanselfie” ai miei danni, ma la morte di Nathan
sembra averla scossa profondamente. E il Vortex Club è stato
finalmente eliminato: nessuno voleva più frequentarlo dopo
quanto è successo. Non si hanno più notizie di Frank e del vecchio Pompidou: un messaggio anonimo gli ha suggerito di sparire per un po' da Arcadia Bay, almeno finché non si fossero calmate le acque. L'anonimo mittente si sentiva in colpa per aver fatto il suo nome all'FBI. Warren è il solito Warren, un
po’ nerd un po’ farfallone: quando gli ho detto del
bacio tra me e Chloe sembrava indeciso se scoppiare a piangere o
chiedermi di rifarlo scattando una foto per lui.
A
proposito di Chloe…
“Maledizione
a me e a quando ho deciso di riprendere a studiare. Nessuno mi aveva
detto che diventare detective fosse così
difficile!”
“Oh,
povero specialissimo fiocco di neve! :p”
“Smettila.
Con. Le. Emoticon.”
Metto
via il telefono prima di venire scoperta.
Sì,
Chloe ha preso sul serio la battuta di Joyce e si è messa in
testa di diventare davvero un’investigatrice, come la tipa
coi capelli viola di Dangan Ronpa. Solo che nessuno le
passerà il titolo di famiglia e le tocca sgobbare giornate
intere sui libri. Ed è ancora alle prese con i lavori
socialmente utili, così come lo sono io. Ne avremo per più di un
anno, mi sa.
Io?
Io continuo a fare fotografie e immortalare attimi qua e là
nel tempo, senza però scomodarlo per i miei capricci. Ho
perso i miei poteri, poco dopo la fine di quella brutta storia: senza
preavviso o spiegazione, così come sono arrivati sono
spariti.
Sarò
sincera, non mi dispiace per nulla: era qualcosa di troppo grande per
me e stava cominciando a sfuggirmi di mano… posto che io
abbia mai avuto quel casino sotto controllo, sia chiaro.
Una
volta ho provato a chiedere delucidazioni a Samuel. “Era
così che doveva andare” fu la sua risposta.
“A volte le cose succedono perché devono succedere
e basta. E probabilmente valeva anche per il tuo dono: ti serviva in
quel momento per sistemare quella situazione, poi così come
te l’ha donato l’universo se
l’è ripreso”
Non
mi ha mai detto come sapesse tante cose… ma non ha
importanza ormai. Certe cose è meglio che rimangano senza
spiegazione.
Per
quanto riguarda Chloe e me… ci è voluto un
po’, lei doveva superare il lutto per Rachel. Non credo ci
riuscirà mai del tutto, ma si è ripresa
abbastanza da permettermi di avvicinarmi a lei come voleva…
e come volevo io.
Dire
ai miei della mia… relazione? Sì, relazione.
Dicevo, dirlo ai miei genitori è stato un dramma…
fino a che non ho capito che ero io quella che aveva tutte le paranoie
del mondo, mentre loro hanno accettato la cosa senza battere ciglio;
certo, ci sono state le classiche domande sul futuro, cosa farete, e
questo e quello… ma il futuro per ora è lontano,
lasciamolo lì dov’è.
Per
ora voglio godermi il presente.
E
il mio è pieno di farfalle blu. |