.L'amore dei fiori antropomorfi.
[Le margherite vivono tre giorni]
Nel giorno uno,
una matita colorata gialla, a impugnatura esagonale, cadde con grazia
da un buco nella stoffa e rotolò via dalle mie tasche
sdrucite. Continuai a camminare comunque, iperventilando, ignara,
ignobile, inetta. Affamata per un digiuno coatto. Accanto a me
camminavano un Fiore e una Farfalla.
Amavo quel Fiore per i suoi petali grossi, polposi e gialli come la mia
matita colorata.
Apprezzavo la Farfalla poichè con il suo stridio d'antenne
raccontava storie allegre che profumavano d'estate e anche un po' di
fragole.
Credevo che intessendo le trame del mio sapere sarebbe apparsa la mia
essenza fra le pieghe della gola. Perciò passai il primo
giorno a raccontare storie di mondi lontani, seduta ad un tavolo di
plastica vecchia, fino a farmi volare via la voce in un rantolo
soffocato. Tutto perchè il mio Fiore seguiva le mie
cantilene tonte facendo rotolare le sue biglie nere su di me, avanti e
indietro, seguendo la corrente dei miei sussurri azzurri.
La Farfalla, invece di ascoltare, svolazzava intorno al Fiore con le
sue ali lucenti. I miei capelli, che erano rami secchi, non avrebbero
mai retto ad un simile paragone, perciò mi allontanai
sbandando con la scusa di una sigaretta.
Procedetti invece al travaso della bile. Fu doloroso. Usai il
contagoccie, per paura di sporcare il pavimento del bagno
Non ero in un bagno, in realtà. Ero sotto ad un portico con
le piastrelle rosse, ma bathroom
floor è una parola che si arriccia sulla lingua
e sa di caramella frizzante al limone e anche di storie morbose, tipo
amori proibiti.
Ad ogni modo tornai a casa perdendo pezzi di me per la strada.
Ne dedussi che qualcuno mi stava strappando via qualcosa, probabilmente
petali.
Alla fine del giorno uno, compresi di essere una Margherita.
E quando Fiore saltellò contento per aver trovato una matita
colorata gialla ad impugnatura esagonale per terra, dedussi che era
certamente un Girasole.
Nel giorno due,
Farfalla si era stufata di volare, e si era appoggiata ad una sedia a
dondolo, con i suoi piedini su di un tavolo. C'era rumore dappertutto,
e nubi. Nubi grosse e bagnate.
Qualcuno parlava con una voce insopportabile, Girasole ripeteva
qualcosa e nessuno lo ascoltava, io sedevo lontano cercando di leggere
con le mani sulle orecchie, urlando "Lalala" per sovrastare il
frastuono, poi c'era chi rideva e chi dormiva e chi stava accasciato
sulla sedia fissando il vuoto e chi diceva che era proprio una cosa
difficile da fare.
Girasole, notando il mio nucleo simile a quello di una stella, credette
forse che fossimo della medesima specie, e mi si affezionò.
Mi piaceva il suo modo sciocco di raccontare le cose più
complesse. Trovavo divertenti i suoi capelli strani, ingarbugliati, e
il modo in cui piegava le labbra quando rideva. Ma, soprattutto, amavo
il suo naso assurdo. Lo trovavo adorabile.
A metà del giorno due, cercando di allontanarci dal caos
sonoro che infestava il pomeriggio, ci ritrovammo da soli a vagare per
il labirinto di cemento che ci accoglieva. Quando mi fermai a sfogliare
un giornale di quarta categoria appoggiata ad un tavolo, lui si
avvicinò per leggere al di sopra della mia spalla. Vicino,
così vicino che sentii chiaramente il suo respiro affannoso
che mi spostava i capelli.
"E' perchè ha fatto le scale" mi ripetevo
"E' perchè ha fatto le scale"
"E' perchè ha fatto le scale"
Ma non potevo non immaginare altro mentre la sua mano si avvicinava
piano alla mia e il suo respiro mi rimbombava in testa. Continuavo a
leggere la stessa riga aspettando il momento in cui qualcosa sarebbe
successo, poi il frastuono ci sopraffece di nuovo.
Girasole, seduto su un legno marcio, urlava frasi ambigue muovendo le
mani ad indicare cose che non potevo vedere, accecata e confusa dai
suoi petali brillanti. Leggevo fogli al contrario e sentivo i miei
pantaloni sciogliersi dal caldo.
Alla fine del secondo giorno la bellezza di Farfalla appassì
e il mio cuore di Margherita era infarcito di mi ama o non mi ama.
Nel giorno tre,
colorai d'ocra i miei petali e tinsi i miei sogni di porpora. Uscii di
casa e mi inoltrai in una via malfamata, ridendo per ciò che
la mia mente mi indicava e contenta del fatto che fosse notte.
Mi ritrovai a diventare vermiglia a causa del vino scadente. Ero seduta
in bilico su scale improbabili, parte di una geometria di corpi
assonnati che aveva una grazia inquietante. Girasole brillava girandomi
intorno, mentre sputacchiavo parole su una bilancia e le soppesavo con
cura.
E proprio mentre la brina che bruciava le mie vene di clorofilla da due
eternità cominciò a sciogliersi, il Vento
violento spalancò la porta.
Saltellanti impossibili improbabili struggenti entrarono i raggi del
Sole che rapirono il mio Fiore.
E io, che avevo provato a sfidare il Sole con il mio ridicolo cuore
giallo troppo pallido, appassii all'istante.
|