The silhouette

di Lady Moon
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The silhouette.

 
Era una notte calda ed afosa. Sedevo su una panchina bianca e rigida, graffiata un po' sui bordi. Da lontano mi parve di vedere una sagoma ristretta, misera, niente di esaltante, comunque. Quella stessa sagoma, dopo un po' si fece sempre più vicina, meno scura, più luccicante grazie al bagliore della luna, che sedeva tutta intera nel cielo, con qualche amica spensierata stella.
Era tutto tranquillo senonché quella sagoma incominciò dopo un po' ad impressionarmi. Si fermava, scalciava qualcosa di tondo e piccolo; non riuscivo a capire - ed in effetti neanche all'inizio capii - a quale animale, persona, cosa, potessi attribuire quell'ombra. Deviai lo sguardo, fortemente decisa a pensare ad altro. Dietro di me c'era il mare, esso era profondo, leggiadro, e di un blu che personalmente adorai. Ogni tanto una coppia di amici mi passava davanti. Non era un posto, quello dove mi trovavo, carico di gente, se non si ama la solitudine si gironzola sicuramente altrove.
Una foglia si staccò da un albero poco lontano da me, quell'improvviso vento che soffiò la trascinò sulle mie gambe. La guardai, era d'un verde consunto, si avvicinava al giallo, mi domandai se potesse esser stata un portafortuna. Incominciai quindi a fantasticare - come mio solito. - Pensai "ma chissá perché proprio a me, oh... sembra così malsana... cosa significherà?" 

Ma accadde qualcosa, effettivamente. Vedete, la foglia essendosi poggiata sulle gambe, ed esse essendo puntate in avanti, mi costrinsero, dopo la mia breve riflessione, a guardare nuovamente ciò che avevo di fronte. Rividi quella sagoma, quel muoversi velocemente e fermarsi di scatto, quella sfera camminare, sembrava quasi un pianeta in miniatura.
Un urlo, una risata, e un rumore di rami spezzati mi fecero spalancare gli occhi. Non riuscivo a capire -  e mi augurai non per l'etá che avanzava - chi potesse esser stato ad urlare per poi ridere. Divenni gelida, quel caldo di quella notte non lo rimembravo più. Dentro di me scorrevano brividi.
E fu un attimo, il tempo di voltarmi un istante e guardarmi intorno che quella sagoma sparì da quel muro.
Eccola, ora stava riapparendo, qualcosa si era alzato, e veniva verso di me. Che fare? Nulla. Decisi di aspettare, di verificare, di capire. Magari anche quella, che sembrava così misteriosa e lugubre, poteva essere un 'portafortuna.' O forse... non proprio...



:"Mi scusi, signora, non è che per caso ha un fazzolettino? Cadendo mi sono sbucciato un ginocchio" - furono le parole che udii da un esserino sofferente che mi piombò di fronte.
Sorrisi. Fu spontaneo per me farlo, giacché fu come ricevere una carezza. Quando qualcuno riceve una carezza, gli viene spontaneo ridere dopo poco, senza un ma, senza un perché preciso; è il bene di quel gesto che ce lo permette, è l'affetto che riceviamo e che ci solleva, anche se magari stiamo bene, anche se semplicemente dobbiamo riprenderci da una riflessione, soprattutto se poi abbiamo un dolore rinchiuso nel cuore. Ecco, con il cuore non si scherza. Esso non è una macchina, no; è vero, pompa in continuazione e sembra quasi un movimento meccanico il suo, ma le macchine non possono ammalarsi, il cuore sì. Le macchine non possono gioire, addolorarsi, esultare, percepire la dolcezza di chi ci ascolta o ci parla, o ci regala semplicemente un sorriso. Ebbene il cuore, invece, sì, ed io lo ritengo una di quelle cose più curiose e silenziose, con lui riusciamo a capire quanto sia importante una persona o una cosa per noi. Non è magnifico? Le macchine come farebbero? 
Tirai fuori dalla mia classica borsetta nera un fazzoletto, col sorriso stampato sul viso ne diedi uno al bambino, il quale a sua volta incominciò a sorridere. Si sedette, era affannato ed il pallone mezzo sgonfio. Poteva avere poco più di sei anni. 
Guardai adesso in alto, più in alto degli alberi. La luna continuava a brillare, le stelle a farle compagnia, il mare a risplendere e la terra a rinfrescarsi di tanto in tanto, quando uno sbuffo di vento lo permetteva, ed io, miss Burnett, da Londra, ero felice.









*Note dell'autrice: Salve, con questa mia piccola one-shot ho voluto far intendere - in sintesi - come una persona con un semplice gesto, donato appunto da un bambino, possa tornare a sorridere, dopo tanto tempo, o dopo un dolore. E in generale, di come una persona un po' triste possa sentirsi rincuorata per poco, purché ci sia una dimostrazione d'affetto, d'amore. 
Spero che il significato fosse chiaro.
A presto, e grazie mille per essere passati, spero anche, ovviamente, che abbiate gradito.
Alla prossima, lettori! ^^
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