Era
un giorno normalissimo e, come tutti i giorni, era un giorno
disastroso!! Ero come al solito in ritardo a scuola. La prof di
matematica,come
al solito, aveva fatto la sua verifica a sorpresa che, come al solito,
era
andata male. Infine, una volta a casa, mi ritrovai,come al solito, a
fare una
marea di compiti.
Dopo una giornata
straziante, aprii la mia casella postale e trovai una strana e-mail.
Diceva: Domani
stai lontano dalla tua stanza se no ti romperai una gamba!
“Ah,
che stupidaggini” pensai.
Il giorno dopo,
quando mi alzai, appoggiai il piede sullo skateboart, caddi e mi ruppi
la
gamba. All’ospedale la gamba mi faceva troppo male per
pensare alla strana e
disastrosa coincidenza. La mia mente era chiusa, tutta quanta
concentrata sulle
fitte che mi lanciava la gamba in gesso. Ricordavo vagamente la voce di
mia
madre che mi chiedeva in continuazione come stessi e la voce del
medico… “giovanotto
hai la gamba rotta in 7 punti diversi…qualcuno ti deve avere
augurato parecchi
mali…” qualcuno…non ricordavo
chi avesse potuto mandare l’e-mail,
anzi…l’e-mail era spuntata fuori dal nulla come
stregata da una forza
superiore. “ bazzecole…è soltanto una
strana coincidenza” mi ostinavo a
pensare.
La gamba
ritornò in piena salute soltanto
dopo un mese e durante quel mese non ricevetti nessuna strana e-mail.
Un giorno
mi annoiavo tremendamente e mi collegai ad internet con
l’intenzione di giocare
on-line al gioco del momento. Raggiunto il sito dovetti aspettare
qualche
minuto per poter interagire con i giocatori on-line di quel momento.
Era da
almeno venti minuti buoni che giocavo quando entrò un nuovo
giocatore appena
registrato. Tutti lo accolsero come d’usanza col rito
iniziale e cominciammo a
giocare. Il nuovo giocatore era nella mia squadra e decisi che parlarci
un po’
in attesa di un attacco nemico non mi avrebbe rovinato la vita. Magari
non
avessi detto niente…
Lo salutai
presentandomi, parlando un po’ di me e concludendo chiedendo
informazioni sul
suo conto. La sua risposta mi ghiacciò letteralmente le
vene. Sentivo
chiaramente il sangue raggelare man mano che i mie occhi scorrevano
velocemente
sullo schermo.
“ Non ho bisogno
di sapere chi sei, ne da dove vieni, ne che cosa ti piace, che cosa non
ti
piace, i tuoi voti a scuola, le tue relazioni amorose perché
tu non lo saprai
ancora, ma io so chi sei, da dove vieni, cosa ti e non ti piace, i tuoi
voti a
scuola e persino tutti i tuoi più oscuri segreti”
mi scollegai immediatamente
dal gioco e tenni spento il computer fin quando non ebbi la forza di
riaccenderlo.
Un paio di giorni
dopo mi arrivò un’altra e-mail che diceva: Domani
la prof di matematica farà
una verifica a sorpresa e festeggerai il tuo impegno alla sera!
Il giorno dopo si
verificò tutto quello predetto dalla strana e-mail.
Coincidenza? Non ne avevo
proprio idea ma sapevo soltanto che tutta questa storia non mi piaceva
affatto.
Controllai più volte l’indirizzo dal quale
proveniva. Niente che avessi mai
visto in vita mia. Era un indirizzo inesistente. Mi arrivarono
anch’ora delle
e-mail una più strana dell’ altra. In questo modo
mi arrivarono anche notizie
sul futuro e naturalmente io, da bravo boccalone, le seguivo tutte alla
lettera. Alla notte mi sognavo il gracchiare della rana quando nella
mia posta
c’erano nuovi messaggi. Non volevo più ricevere
quelle e-mail. Mi stavano
rovinando la vita. Non potevo nemmeno evitarle perché in
qualche modo mi
trovavano sempre, trovavano sempre il modo di assalirmi e di torturarmi
con
frasi dalle mille interpretazioni. La mia mente doveva riuscire a
interpretare tutti
i possibili tranelli all’interno delle predizioni che mi si
aprivano davanti e
che i miei occhi erano costretti a leggere. Avevo tentato di
divincolarmi a
questa forza maledetta, ma era impossibile sfuggirgli. Una volta
addirittura
avevo ricevuto una chiamata da una voce registrata su un nastro che mi
cominciò
a predire la giornata successiva e che mi dava indicazioni ben precise
su come
avrei dovuto affrontarla. Per finire c’era stato il classico
ricatto, il
ricatto tremendo che mi costringeva ad esaudire tutti i desideri della
“voce”.
Finita la registrazione provai a richiamare il numero apparso sul
display. Con
le mani tremanti mi riportai l’apparecchio
all’orecchio e con i denti che
battevano per l’ansia cercai di prepararmi a una
conversazione con la “voce”.
Subito dopo una voce femminile annunciava che il numero che avevo
composto, era
un numero inesistente.
Se
prima
ero spaventato, adesso ero terrorizzato.
Ogni
giorno che
passava, non mi opponevo alla forza della “voce”
che mi voleva così tanto male.
Aspettavo con impazienza mortale, il suono stridulo della rana che mi
avvisava
di un nuovo messaggio di posta e come drogato, ero costretto a leggere
le
e-mail e a seguire in ogni minimo particolare le loro istruzioni. La
maggior
parte delle volte predicevano eventi di un futuro imminente disastrosi
per me e
per le persone che mi erano accanto.
Ero
diventato il paladino della città.
Sapendo
tutte le
cose in anteprima mi trovavo sempre nel luogo giusto al momento giusto.
Facevo
del bene, ma se avessi potuto avrei smesso. Perché aveva
scelto proprio me? Ero
sempre stato un ragazzo codardo, incapace di risolvere i disastri della
mia
vita figuriamoci quelli della mia città. Eppure le
responsabilità aumentavano e
ben presto mi ritrovai a dover sopportare tutte quante le tragedie
della mia
provincia. Non mi era concesso sbagliare, un ripensamento poteva
costarmi la
vita…si la vita…ecco cosa c’era in
gioco…la mia vita. Non mi dispiaceva portare
del bene, ma volevo che “la voce” non avesse scelto
me per il suo divertimento,
come se un dio superiore si divertiva ad assegnarmi le fatiche
più odiose
ricattandomi tenendo il filo della mia vita tirato. Bastava una minima
pressione per spezzarlo. La mia giovane vita stroncata ingiustamente
per un
volere mostruoso. Avevo soltanto 15 anni.
Dopo qualche anno
cominciarono ad arrivarmi e-mail diverse dal solito. Il mittente sempre
quello,
ma il contenuto incomprensibile. Tre coppie di numeri e due parole. La
prima
coppia di cifre era una coppia che andava generalmente da 01 a 31; la
seconda
andava 01 a 12 e la terza non era una coppia ma un numero formato da
quattro
cifre e che superava sempre il 2009. le due parole erano parole
scollegate tra
loro senza un senso logico che le univa. La prima era un aggettivo, la
seconda
un nome di luogo. Non riuscivo a capire cosa volessero dire. Era
cambiato anche
l’ordine d’arrivo delle e-mail. Non mi arrivavano
più a distanza massima di due
giorni, anzi, mi arrivavano a una distanza minima di due settimane
l’una
dall’altra precedute da strazianti dolori e gridi di morte
nella mia testa. I
mesi passavano e le mie e-mail non avevano ancora preso una forma ben
decisa.
Stavo dormendo
quando mi sentii chiamare. Una voce nella mia testa mi stava
tormentando e
questo era indice che avrei ricevuto a poco un’altra e-mail.
Questa volta però
la voce non era confusa. Sentivo chiaramente ogni singola parola
pronunciata da
quella voce nella mia testa. Una voce famigliare stava sussurrando il
mio nome.
Era debole, facevo fatica a sentire quello che diceva.
All’improvviso cominciò
a gridare. Grida di terrore, di morte affiorarono nella mia mente
colpendomi in
pieno petto. La voce la conoscevo alla perfezione. Era la voce di mia
madre.
Con le lacrime agli occhi, il cuore straziato, cercai di scacciare
quelle urla
che aumentavano, ululavano come lupi in preda alla disperazione, non
volendomi
lasciarmi dormire in pace. Raggiunsi a strafalcioni la stanza di mia
madre
sorprendendomi di non sentire realmente quelle urla terribili che non
volevano
abbandonarmi. Raggiunsi il suo letto gettandomi in ginocchio davanti a
lei. Era
lì distesa supina, gli occhi chiusi, il respiro troppo
veloce e il suono del
rumore del suo cuore rimbombava veloce nella stanza e come un orologio
dal
ritmo incostante nella mia testa. Le strinsi la mano capendo la
gravità della
situazione e subito lei mi ringraziò nella mia testa per
quel gesto. Non avevo
idea di come facesse a sentirmi, ma comunque il suo male se ne
andò e il suo
cuore smise di battere lasciandomi annegare in mezzo al silenzio
più profondo
che un uomo possa udire. Una settimana dopo, ricevetti
un’altra e-mail uguale
alla precedente. Erano ore che stavo davanti allo schermo del computer
per
capire il significato contorto che si celava dietro quei numeri e
quelle due
parole. Possibile che la morte di mia madre avesse senso con tutto il
resto?
Feci roteare gli occhi e lo sguardo mi cadde sul santino di mia madre.
Nella
foto sorridente sembrava una donna felice, e sono contento che le
persone che
le volevano bene avrebbero potuto ricordarla allegra e spensierata.
Anch’io
avrei dato tutto me stesso per poterla ricordare come quando ritornavo
a casa
da scuola e mi faceva trovare un pezzo di torta al cioccolato fumante,
appena
sfornata, e del buon vecchio succo di frutta, appena fatto
appositamente per
me. Invece, che cosa mi rimaneva di mia madre? Le urla strazianti della
sua
morte che mi assalivano tutte le notti nei miei incubi più
rincorrenti. Sotto
l’immagine di lei, la data del suo decesso:
15/09/2012…una serie combinata di
numeri che avevo già letto e riletto, sui quali mi ero
tormentato non capendone
il senso che adesso appariva vivido in me. Controllai la nuova e-mail
per la
millesima volta. Appariva sotto un’altra
luce…davanti a me c’era la soluzione
all’enigma di mesi e mesi. Una data…la data di
morte di una persona che non
conoscevo. Controllai la vecchia
e-mail…l’aggettivo era cara il
luogo
era camera da letto.
I conti tornavano. La
persona
che cercavo sarebbe morta il 07/10/2012 ed era una ragazza bionda che
sarebbe
morta a scuola. Scuola…nella mia città
c’erano soltanto tre scuole ognuna con
un numero ristretto di alunni. Cominciai le mie ricerche facendo una
lista di
nomi su tutte le ragazze bionde. Mi ci volle più del
previsto e solo alla fine
mi sorse un dubbio. C’erano più di 60 nomi su
quella lista e io non potevo
trovarmi contemporaneamente, casualmente, vicino a più di 60
ragazze nel
momento giusto. Come avrei fatto a capire quale era la persona da
salvare?
Presto
arrivò la
data maledetta.
Dalla mattina
presto cominciai a percorrere la strada da una scuola e
l’altra. Avevo una mia
teoria. La mia testa mi avrebbe avvisato conducendomi dalla persona
avente
bisogno del mio aiuto. Doveva essere così, forse,
sperando…
Per la morte di
mia mamma, la mia mente mi aveva avvertito con urla strazianti. Mi
sarebbe
bastato avvicinarmi alla persona che stava per lasciare questo mondo
per capire
subito chi fosse. Erano più o meno le dieci e mezza quando
la mia mente
cominciò a localizzare qualcosa. Deboli lamentele.
“Solo pensare al
cibo mi viene male” i pensieri della ragazza mi arrivarono
forti e chiari. Mi
trovavo a cinquecento metri dal liceo della città. Ora di
ricreazione…così
sarebbe stato molto più difficile trovarla. Un ondata di
dolore mi raggiunse.
Non riuscivo a capire da dove venisse in mezzo a tutti quegli alunni
accalcati
per riuscire a prendere la pizza per poterla mangiare nel quarto
d’ora che
avevano a disposizione per rilassarsi un po’. Forse avrei
potuto aspettare che
suonasse la fine della ricreazione…delle altre ondate di
dolore mi arrivarono
invadendomi il corpo. Se avessi aspettato ancora un po’,
sarebbe stato troppo
tardi.
Mi feci largo tra
la folla cercando di raggiungere la parte opposta della scuola. Se
pensare al
cibo le faceva venire la nausea, allora non doveva trovarsi dove i
paninari
vendevano la pizza. Cercai in mezzo ai volti che incontravo per i
corridoi
quello della mia presunta vittima. Tutti volti apparentemente troppo
calmi e
sereni per poter provare quelle ondate di dolore che mi trafiggevano
come se le
stessi provando io in prima persona. Non avevo idea di dove fosse.
Sentivo che
mi stavo avvicinando, ma niente di concreto. Guardai ovunque: negli
angoli,
nelle aule… Ma dove? In bagno…raggiunsi la fine
del corridoio. Man mano che mi
avvicinavo sempre più al bagno delle ragazze, il dolore
aumentava straziandomi
il cervello. Entrato nella stanza sentii i rintocchi del suo cuore
ormai agli
sgoccioli. Sul pavimento stesa una ragazza bellissima che si contorceva
dal
dolore. Aveva ingerito una pasticca presa in discoteca la sera prima.
Corsi al
suo fianco e le strinsi la mano. Sul suo viso nacque uno splendido
sorriso.
Dolce, sensuale e
così…così…rilassato? Stava
per morire e rideva? Mi si poteva
leggere la meraviglia in viso. Le ondate di dolore si bloccarono
immediatamente
e la ragazza inspirò una lunga ultima boccata
d’aria che espirò all’ultimo
rintocco del suo cuore. Il sorriso ancora sopra le labbra, era
lì distesa per
terra, immobile, così ingiustamente giovane e bella.
Avrà avuto almeno qualche anno
in meno di me. Lentamente mi diressi alla macchina con le lacrime agli
occhi.
La morte era una cosa terribile e odiavo questo nuovo ruolo che mi era
stato
assegnato. Cosa ero? Una specie di mostro che portava le persone dal
mondo dei
vivi a quello dei morti? Un Caronte moderno oserei dire. Mi odiavo.
Tutte l’e-mail
precedenti mi avevano fatto fare soltanto cose che facevano del bene
almeno a
qualcuno. Adesso? Adesso nessuno ci guadagnava qualcosa. Mi arrivarono
altre
e-mail con sopra la data di morte di qualche persona che ancora non
conoscevo.
Continuai a compiere il mio lavoro, in silenzio senza lamentarmi. Cosa
ci
potevo fare…ero obbligato. Non me n’ero mai
accertato, ma avevo già provato a
sfidare la sorte non fidandomi di quelle e-mail.
Era
una sera
fredda. La luna risplendeva alta nel cielo sereno e pieno di stelle. Un
leggero
venticello soffiava sui miei capelli. Sulla terrazza del mio
appartamento mi
godevo la splendida vista in pace. Mi piaceva rilassarmi un
po’ prima di andare
al lavoro. Mi piaceva ricordare a me steso che non esisteva soltanto la
morte
al mondo. Il mondo era pieno di cose belle, ero io che non avevo mai
tempo per
farci caso. Ricordo ancora tutti i minimi particolari di quella sera.
Ricordo
di come ho stappato lo spumante brindando alle cose belle della vita.
Il rumore
sordo del tappo che è scappato via dalle mie mani andando a
sbattere contro il
muro. Il quadro appeso era traballato per poi tornare al suo posto
lentamente,
tropo lentamente. Il mio gatto schizzò in camera da letto
spaventato dal rumore
della bottiglia. La mia risata risuonava nella
stanza…perdendosi per
l’immensità improvvisa che aveva in quel momento
il salotto. Il calice in alto
e la mia solita frase “ A tutte le cose belle”.
Ricordo il sapore dolciastro e alcolico
dello spumante bagnarmi il palato e poi scendere giù fino ad
arrivare allo
stomaco. Ricordo tutto quanto con estrema precisione.
La
mia ultima sera
da mostro non la potrò mai dimenticare. Un
dolore allucinante mi colpì in pieno petto
trafiggendomi il cuore. Un dolore diverso dal solito. Sembrava che
provenisse
da…me. un secondo dolore mi colpì la testa. Un
dolore famigliare che avevo
sentito tante volte nella mia testa. Era il mio cercapersone naturale
che mi
stava avvisando che c’era bisogno di me. Cercai
di capire da dove provenisse il dolore. Il segnale
disturbato dalla troppa vicinanza con la fonte non mi permetteva di
capire da
dove provenisse. Eppure non c’era nessun altro
all’infuori di me nella stanza.
Una fitta tremenda mi colpì ancora in pieno petto seguita
subito dopo da una
mia fitta mentale. Che cosa stava succedendo? Era come se
stessi….se
stessi…morendo…l’avevo provata tante
volte quella sensazione adesso era veramente giunta
l’ora. Chiusi
gli occhi, lasciandomi trasportare dal dolore allucinante che si
assemblava al
dolore che provava il mio cercapersone. Aspettavo impaziente qualcosa
che
sembrava non voler arrivare. Non volevo morire. Allora di che si
trattava?
Ripensai ai sorrisi che vedevo sui volti della mie
vittime…centinaia di vite
stroncate per colpa mia…eppure mi tornava sempre in mente
quell’immagine… un
sorriso, uno splendido sorriso che si consumava con l’ultimo
respiro. Ecco che
cosa aspettavo…l’ultimo mio sorriso. Quel sorriso
che avrebbe resa bella la mia
morte. Allora capii. Non ero un mostro. Ero un angelo mandato dal
cielo. Il mio
compito era quello di rendere la morte lieta, non quello di portarla.
Improvvisamente il male sparì e inspirai il mio ultimo
boccone d’aria cercando
di ricordare quale fosse il suo sapore…l’aria
aveva un sapore? Mah…io la
ricorderò sempre con un sapore buonissimo. Espirai insieme
all’ultimo battito
del mio cuore. Il gatto mi leccava leggermente una mano preoccupato per
me. Io
immobile per terra e con un sorriso sereno sulla faccia. Quel sorriso
che
cercavo tanto. Il sorriso della libertà.
Arrivati a leggere fino a
questo punto, non mi resta che ringraziarvi tutti quanti!
|